martedì 14 aprile 2020

IL CULTO DI GIOVE PENNINO E SUOI POSSIBILI LASCITI

Tempo fa mi capitò di reperire un'informazione di un estremo interesse. Negli ultimi anni del X secolo o nei primi del XI (non ricordo l'anno esatto), il Vescovo di Aosta, Anselmo, durante un viaggio nella sua diocesi si imbatté in un simulacro di Giove Pennino, che era ancora adorato dagli abitanti di una valle impervia. La lettura mi era rimasta impressa per via dell'epoca molto tarda del ritrovamento. L'Anno del Signore poteva essere il 999 o il 1001, la mia memoria non riesce a decidere quale delle due date sia quella esatta; Anselmo, che morì ad Aosta nel 1026, non deve essere confuso col famoso omonimo che formulò la prova ontologica dell'esistenza di Dio. Ero convintissimo di aver letto di questi fatti mirabili nel libro di Riccardo Taraglio, Il Vischio e la Quercia. Spiritualità celtica nell'Europa Druidica (1a ed. 1997). Eppure quando ho ripreso in mano il volume, ad anni di distanza, purtroppo non sono stato in grado di ritrovare la preziosa menzione. Le pagine erano molto ingiallite per il tempo trascorso. Non mi è andata meglio con la versione online dell'opera, nonostante le ripetute ricerche; riporto il link, nel caso qualcuno volesse cimentarsi. Forse giungerà un internauta più fortunato di me.
 

Se poi un giorno il link si romperà, amen. Non posso perdere altro tempo. Google non mi è stato di alcun aiuto nel mio studio su Giove Pennino, anzi, mi ha seriamente ostacolato. Se anche questa scoperta del Vescovo Anselmo si trovasse in qualche sito, è di certo nascosta da migliaia di siti insostanziali con un migliore posizionamento nel Web. Sono convinto che un giorno ritroverò la documentazione, peraltro abbastanza stringata. Intanto pubblico queste note. Quello che mi aveva colpito è che in un'epoca così tarda fosse stata trovata una reliquia pagana così ben conservata. Mi sono domandato se per caso non fosse sopravvissuta, magari in forma residuale, anche una lingua celtica poi estinta, sommersa dal mondo romanzo circostante. La cosa non è poi così improbabile. Già Johann Ulrich Hubschmied aveva supposto che fossero sopravvissute in Elvezia isole alloglotte celtiche in epoca molto tarda, traendo evidenze della sua tesi dalla toponomastica.
 
Una divinità preromana adorata dai Salassi e da altre genti alpine è stata assimilata nel Pantheon di Roma come Iupiter Penninus. Il teonimo Penninus /pen'ni:nus/ è di chiarissima origine celtica: in gallico abbiamo PENNO- "testa; sommità, vetta", ben documentato nel materiale onomastico e toponomastico. Si tratta di un sostantivo neutro, che nelle Gallie doveva suonare *pennom, *pennon, e in epoca più tarda *penno. La sua derivazione è da un protoceltico *QUENNO-, la cui origine ultima permane sconosciuta: c'è chi ha ipotizzato un artificioso protoindoeuropeo *KP-ENNO-, postulando la stessa radice del latino caput "testa", ma la costruzione è alquanto artificiosa, con apofonia aberrante, suffisso sconosciuto e via discorrendo. In antico irlandese la protoforma celtica *QUENNO- ha dato cenn "testa" (irlandese moderno ceann "testa"): proprio da questa radice ha avuto origine il cognome Kennedy. In gallese la forma protoceltica ha dato pen "testa", con consonante labiale come in gallico. In buona sostanza, Iupiter Penninus significa "Giove della Vetta". Accanto alla pronuncia /pen'ni:nus/ ne esisteva un'altra più volgare, /pe:'ni:nus/ (vocale breve più consonante doppia => vocale lunga più consonante semplice). Si trova chiara traccia di ciò nella variante ortografica Iupiter Peninus. Si è generata quindi una grafia ipercorretta Iupiter Poeninus, giustificata anche da una falsa etimologia, già stigmatizzata da Tito Livio, che associava la divinità ai Cartaginesi e all'impresa di Annibale: il ben noto etnonimo Poeni /'poeni:/ "Fenici", pronunciato dal volgo /'pe:ni:/, è proprio la causa dell'equivoco. 
 
Nel paese degli Umbri, sulle falde del monte Catria, esisteva un importante santuario dedicato a Iupiter Apenninus. Situato nei pressi della Via Flaminia, il luogo di culto distava 135 km dall'Urbe. Il territorio in cui sorgeva apparteneva alle città Iguvium (attuale Gubbio) e Luceoli. Ebbene, questo Iupiter Apenninus è ora della fine la stessa identica divinità di quella vista nelle valli dei Salassi. Il vocabolo apenninus /apen'ni:nus/, da cui deriva l'italiano appennino, Appennini, è di origine ligure e ha la stessa identica radice vista sopra per il celtico PENNO-. Evidentemente si tratta di una formazione indoeuropea con un antico prefisso AD-, ben noto anche al latino e al celtico, anche se la radice *PENN- non ha paralleli esterni credibili. In ogni caso *AD-PENN- ha formato APENNINUS. A quanto mi consta, nessuna forma derivata mostra una lenizione; nell'italiano appennino si deve vedere l'esito dello scontro tra la consonante finale del prefisso AD- e la consonante iniziale della radice *PENN-, anche se in latino si trova soltanto una -p- semplice.

Taraglio menziona nel suo libro le battaglie condotte da San Bernardo contro il paganesimo popolare, drammatizzate dagli agiografi come scontri diretti contro Giove e altre divinità dell'antica religione romana, o meglio celtica romanizzata. San Bernardo, che ha dato il nome al Gran San Bernardo, dove esisteva proprio un santuario dedicato a Giove Pennino, secondo una diffusa tradizione sarebbe stato di nobile famiglia e nativo di Mentone (attuale Menthon-Saint-Bernard, vicino ad Annecy, da non confondersi con Mentone in Costa Azzurra). In realtà è molto probabile che il suo luogo d'origine fosse proprio Aosta. In precedenza il Gran San Bernardo era chiamato Mons Iovis, da cui deriva l'attuale denominazione dell'ospizio fondato dal santo, Mont-Joux, situato sul versante svizzero della montagna. 
 
 
In realtà anch'io ho visto l'idolo di Giove Pennino, proprio come era successo al Vescovo di Aosta mille anni prima. Naturalmente non si tratta dello stesso manufatto, visto che le genti del luogo hanno sempre provveduto a costruirne di nuovi, per quanti ne fossero abbattuti dalla foga degli zelanti predicatori o dall'inclemenza degli elementi. Nel settembre del 2013 ho pubblicato queste mie memorie, in cui è menzionata la scoperta: 

Storia del declino e della caduta dell'Impero Americano 

In un rifugio, tra le montagne che furono di Salassi e Graioceli, mi sono imbattuto in alcune ragazze americane dai modi incredibilmente volgari. Le loro parole avevano il suono dello starnazzare di papere e oche, una vera e propria cacofonia assordante. Il significato dei discorsi che mio malgrado sono stato costretto ad ascoltare era a dir poco nauseante. Una di queste americane ha detto di aver avuto moltissimi amanti francesi, tedeschi e della Sierra Leone, e di essere stata una volta persino con un cinese a cui non lo ha succhiato perché gli puzzava di formaggio. Si è quindi esibita in una serie di lazzi in cui derideva questo suo amante etichettandolo come "Chinese Cheese", sghignazzando di continuo. Poi ha aggiunto di ritenere quelli della Sierra Leone "i migliori per scopare". Ovviamente non ha considerato il fatto che in tale orrido Feudo di Satana germoglia l'AIDS. La sua amica ha detto di amare i falli giganteschi, ma se si imbatteva in un esiguo falletto scoppiava a ridere e non le riusciva di combinare niente perché in genere l'uomo si offendeva o si imbarazzava. Dopo alcuni giorni ho marciato fino al confine con la Francia, giungendo in un luogo dove qualcuno aveva eretto un idolo fatto di pietre ammucchiate, avente sembianze di un omino rudimentale. Un'americana si è allora staccata dalla sua comitiva e starnazzando ha chiesto a gran voce come mai l'omino ce l'avesse così piccolo. Si è quindi fatta fotografare a braccetto del simulacro, urlando qualcosa che si può traslitterare così: "This is my small dick boyfriend". Dovunque vadano, le americane si esibiscono in oscenità di ogni genere, tanto che i loro discorsi sono pieni zeppi di parole come "suck", "suck it up", "sucking", "fuck", e via discorrendo. Pensano soltanto a fellare e a copulare, ed è una cosa impressionante: solo se hanno con sé figli piccoli si astengono dall'usare un linguaggio pornografico. Di fronte a tutto questo, comprendo i sentimenti di Nerone nell'atto di suonare la lira mentre Roma ardeva: se avessi davanti a me un pulsante per mandare in combustione l'intero pianeta, non esiterei un solo istante a premerlo, l'importante è che tutto bruci senza la minima possibilità che qualcosa sopravviva tra le ceneri. Sarebbe deprimente pensare che questo porcaio possa durare ancora a lungo, tanto da permettere a un futuribile emulo di Edward Gibbon di scrivere un'opera in più tomi intitolata "Storia del declino e della caduta dell'Impero Americano".
 
Il luogo dove ho trovato Giove Pennino è il valico conosciuto come Col de la Seigne, proprio dove c'è il confine tra l'Italia e la Francia. Tornato in quello stesso sito due anni dopo i fatti appena descritti, nel 2015, vi ho trovato ancora un simulacro, anche se più piccolo e rudimentale di quello che vi avevo visto in precedenza. C'era una compagnia di israeliani molto allegri che vociavano di fronte al singolare manufatto, domandandosi cosa fosse e a cosa servisse. Invano ho cercato di spiegare loro che si trattava di un idolo, usando qualche parola in ebraico e poi continuando in inglese. Mi sorprendeva che considerassero con tanta futilità un oggetto che la loro religione avrebbe dovuto considerare offensivo. Non c'è stato verso che capissero il senso del mio discorso: quando ho fatto notare loro che a rigor di logica non avrebbero dovuto considerare divertente un'immagine di Baal, un vecchio mi ha guardato come se fossi un clown. "Why?", mi ha chiesto a un certo punto. Sono rimasto interdetto, ma poi ho pensato che fosse un ebreo laico (un "ammonita", come dicono in gergo) e che la cosa non doveva essere così strana. A questo punto mi sono accomiatato e ho cominciato a scendere a valle. Prima di volgere le spalle all'allegra comitiva, ho fatto in tempo a vedere un giovane israeliano, robusto e biondiccio, che poneva un piccolo sasso sulla sommità di Giove Pennino. Due valligiani con cui aveva parlato fino a poco prima, non appena si è allontanato, hanno rimosso la pietruzza appena collocata e l'hanno gettata a terra con disprezzo. Sentivo alcuni loro commenti in lontananza: "Ha detto di essere del Neghev", ha commentato uno. "Quanti palestinesi avrà ammazzato?", ha chiesto l'altro con voce sarcastica. 
 
Mi è stato riferito dall'amico A., nativo del paese dei Salassi, che gli omini delle montagne sono manufatti di antichissima tradizione, presenti sui valichi montani e sulle vette da tempo immemorabile. Non mi stupirei se l'usanza risalisse al Neololitico, forse addirittura al Paleolitico. Esiste l'inveterata a tradizione di accrescerli con pietre e di ricostruirli quando sono crollati: ogni passante pone un sasso, possibilmente piatto, sulla struttura, quasi seguendo un rituale istintivo, suggerito dal genius loci. Si dice che la funzione di questi strani cumuli di pietre consista nel segnare un sentiero poco definito, affinché il viandante non si smarrisca. Ho potuto constatare una specie di omertà diffusa tra la popolazione locale, che non ama affatto parlare di questo argomento coi forestieri. Sembra quasi che temano ancora oggi l'arrivo di un furioso Bernardo di Mentone abbattitore di idoli o addirittura di qualche inquisitore dei tempi della Caccia alle Streghe: non penso di poter essere ritenuto un folle se affermo che molti secoli di oppressione ecclesiastica devono essersi stratificati a livello di memoria epigenetica. 

domenica 12 aprile 2020

 
SCHIAVI DEGLI INVISIBILI 
 
Titolo originale: Sinister Barrier 
Autore: Eric Frank Russell 
Anno: 1948
Paese: Regno Unito
Lingua originale: Inglese
Tipologia narrativa: Romanzo
Genere: Fantascienza,
thriller, horror, noir 
Sottogenere: Fantascienza gnostica, demonologia, ufologia
     radicale 
Editore: Arnoldo Mondadori Editore; Editrice Nord
1a ed. italiana: 1953 (Urania n. 7)
2a ed. italiana:
1964 (I capolavori di Urania n. 325 bis)
3a ed. italiana: 1978 (Serie Cosmo Oro n. 31)
4a ed. italiana: 1982 (Classici Urania n. 68)
Traduttori: Patrizio Dalloro (1953, 1982),
     Giorgio Monicelli (1964), Roberta Rambelli (1978) 

Sinossi (da Mondourania.com, n. 7): 
"Il genere umano è già stato conquistato da altre "intelligenze"? E' forse posseduto da forme di vita inimmaginabili, ma non per questo meno temibili e proterve? Si, l'umanità è schiava degli spaventosi Vitoni, sfere di energia elettromagnetica, invisibili all'occhio dell'uomo, di cui sfruttano spietatamente le energie nervose. Globi azzurri di un metro di diametro, fosforescenti, fluttuanti nell'aria, hanno bisogno, per ottenere le energie nervose di cui si nutrono, di provocare la più catastrofiche emozioni nella psiche umana: e per giungere a questo devono scatenare guerre, passioni, delitti, ininterrottamente. Ma un piccolo gruppo di uomini s'accorge di questa schiavitù a favore degli Invisibili e a sua volta dichiara guerra ai Vitoni. Questi hanno scatenato gli orrori di una guerra atomica tra asiatici da una parte ed euro-americani dall'altra. Ma gli uomini hanno scoperto finalmente il mezzo di "vedere" gli Invisibili. E da questo momento la sorte dei Vitoni è decisa."
 
Sinossi (da Mondourania.com, n. 325): 
"Nella ormai ricchissima galleria di creature maligne che la FS ha inventato, questi Vitoni di Russell occupano un posto altrettanto sensazionale dei Trifidi di Wyndham. Con una importante differenza: mentre i Trifidi sono visibili a occhio nudo e sembrano innocui, i Vitoni sono invisibili, e solo una fortuita scoperta permette all'umanità di capire infine che cosa stia succedendo, e anzi, di rendersi conto che il nostro passato e la stessa nostra storia millenaria, seguono forse da sempre il corso voluto da questi feroci e insaziabili parassiti."
 
Trama: 
Siamo di fronte a una vera e propria strage di professori. Un eccidio, una moria epidemica quanto inspiegabile. Sul mondo accademico sembano posarsi le Ali della Morte. Chi si suicida gettandosi dai piani alti di un grattacielo, chi viene stroncato da un infarto improvviso, chi impazzisce e spara nel vuoto a un aggressore invisibile, chi si schianta col suo veicolo contro un edificio, chi si getta sotto un camion dopo aver urlato in preda al delirio. L'investigatore Graham e l'agente Wohl pian piano, di fronte alla morte di un gran numero di eminenti scienziati, cominciano ad accorgersi che strani particolari legano tra loro i diversi casi. Subito prima di incontrare l'Angelo della Morte, le vittime sembravano in preda al delirio, alcune di loro avevano lasciato appunti sconnessi e altri indizi molto difficili da interpretare: l'uso enigmatico quanto diffuso di un intruglio composto da mescalina, tintura di iodio e blu di metilene. Man mano che le indagini di Graham e Wohl procedono, avvengono strani incidenti. Uno scienziato in preda al terrore si getta col suo veicolo contro un palazzo, facendolo esplodere. Un altro si getta urlando sotto un camion. Quando finalmente viene trovata la prova dell'esistenza di strani globi di luce simili a soli azzurrognoli, fotografati tramite una speciale emulsione, esplode un impianto chimico, annientando un'intera città. Non senza gravi difficoltà e peripezie, Graham riesce a comprendere ogni dettaglio della complicata situazione e ad averne le prove da uno scienziato che vive da eremita, rinchiuso in un loculo ctonio. I soli azzurrognoli sono proprio quelle entità a cui è stato dato un nome scientifico: i Vitoni. L'anziano studioso scovato da Graham finisce ucciso non appena osa mettere piede all'esterno. Con questa mole di tremende evidenze, l'investigatore superstite riesce a ottenere l'appoggio del Governo e del Presidente. La strategia adottata non è delle più furbe, anche se appare inevitabile come una necessità storica: viene deciso di rivelare ogni cosa al mondo intero. Le conseguenze di un atto tanto rivoluzionario non si fanno attendere. Se alcuni futili media irridono tutto ciò che è stato pubblicato sui Vitoni, la Cina adotta una tattica assai più incisiva: scatena una guerra contro gli States, radendo al suolo numerose città con bombardamenti incendiari e devastando interi continenti. Ogni resistenza in Asia viene travolta, New York è sotto il bombardamento, l'Europa è a un passo dalla disfatta. Il marasma imperversa ovunque e sembra condurre il mondo intero alla completa rovina, fino ad arrivare all'escalation nucleare. Proprio quando ogni speranza è sul punto di venir meno, le sorti della specie umana mutano come per un improvviso colpo di fortuna, con la scoperta di una nuova rivoluzionaria arma in gradi di annientare i Vitoni come in un videogioco fosforescente!
 
Recensione: 
L'opera di Russell è una gemma di pensiero gnostico e di anticosmismo, che irradia la Luce della Verità in mezzo a una massa di fantascienza priva di costrutto. Purtroppo le genti del mondo non amano chi scrive cose inquietanti che possono spiegare le miserie della condizione umana: ecco perché preferiscono materiale puerile e grottesco come Star Wars, Star Trek et similia, la cui utilità potrebbe essere paragonata a quella dei peti di un mulo. I Vitoni non sono fatti di materia, non appartengono alla biologia, eppure sono dotati di una grande intelligenza che usano a danno dei viventi. Possono quindi essere considerati cacodemoni a tutti gli effetti. Sono proprio gli Arconti, gli esseri maligni che tanta importanza hanno nell'architettura concettuale dello Gnosticismo. 

La vulgata corrente parla di due fonti di ispirazione all'origine di questo romanzo:
1) Il paradosso di Fermi ("Se l'Universo pullula di civiltà sviluppate, dove sono tutte quante?");  
2) L'opera di Charles Hoy Fort (1874 - 1932), scrittore e studioso di fenomeni inspiegabili.
Le conclusioni tratte da Russell sono le seguenti: 
1) Siamo già stati conquistati da alieni che impediscono qualsiasi contatto con altre civiltà;
2) Ogni fenomeno inspiegabile e paranormale è il prodotto dell'attività di questi alieni, che usano a proprio vantaggio la superstizione umana.
Non intendo certo mettere in discussione questi meccanismi della genesi di Schiavi degli Invisibili. Ci tengo però a far notare la considerevole affinità con un sistema religioso e filosofico dell'Antichità, che ai nostri tempi è stato quasi del tutto dimenticato. Dovremmo quindi aggiungere una terza fonte di ispirazione all'elenco sopra riportato: lo Gnosticismo è proprio la chiave che permette di dare un senso a tutto questo. Per convincersene è sufficiente a mio parere leggere con attenzione alcuni estratti significativi del romanzo, che riporto nel seguito: 
 
"Proprio come molte cose ci erano sfuggite per secoli, alcune rifugiandosi nell’infinitamente piccolo ed altre nell’infinitamente grande, così altre ci hanno elusi annidandosi nell’incolore assoluto." 
 
"La scala delle vibrazioni elettromagnetiche si estende su 60 ottave, e l’occhio umano può vederne una sola. Oltre la sinistra barriera dei nostri limiti, oltre questo campo visivo meschino e inefficiente, intenti a dominare ogni uomo dalla culla alla tomba, a depredarci spietatamente come parassiti, stanno i nostri maligni e onnipotenti padroni: gli esseri che sono i veri signori della Terra." 
 
"Poiché somigliavano a globi di luce viva, Bjornsen ha dato loro il nome di Vitoni. E non sono soltanto vivi: sono anche intelligenti! Sono i signori della Terra, e noi siamo il gregge dei loro campi. Sono i crudeli e spietati sultani dell’invisibile; e noi siamo i loro schiavi tremanti e stupidi, così indescrivibilmente stupidi che pochi nella storia si sono accorti delle catene che portano. L’ignoranza di essi può essere una fortuna, ma la conoscenza è un’arma. L’umanità deve conoscere i suoi oppressori per infrangere le catene." 
 
"Una morte immediata attende una mucca che guida una rivolta contro la mungitura. E c’è uno scacciamosche che aspetta la prima ape decisa a protestare contro il furto del miele." 
 
"Così anche all’uomo, semmai divenisse consapevole di essere bestiame, non è dato di protestare e di opporsi, pena la condanna a morte." 
 
"Noi mangiamo, ma non ci aggiriamo a caso alla ricerca di patate selvatiche. Le coltiviamo, e coltivandole le miglioriamo secondo i nostri criteri. Allo stesso modo, i nostri tuberi emotivi non bastano a riempire i ventri dei nostri padroni: devono essere coltivati, stimolati, selezionati, secondo le idee di coloro che provvedono furtivamente a tali colture."
 
"Questa è la sola ragione per cui gli esseri umani, altrimenti razionali e ingegnosi al punto da stupirsi delle proprie capacità, non sanno mandare avanti il mondo in modo degno della loro intelligenza. È per questa ragione che ancor oggi, mentre potremmo costruire cose splendide, viviamo tra i monumenti miserabili della nostra potenza distruttiva, e non sappiamo creare la pace, la sicurezza, la tranquillità. È per questo che facciamo progressi nella scienza e nella tecnica ma non nella sociologia e nella psicologia, che sono sempre state ingarbugliate e impotenti fin dal principio." 
 
"Se vi mostrassi una microfotografia dell'orlo di una comunissima sega, i suoi vertici e le sue valli sarebbero un grafico perfetto delle ondate emotive che hanno sconvolto questo mondo con atroce regolarità. L’emozione... la messe! L’isterismo... il frutto! Voci di guerra, preparativi di guerra, accuse e controaccuse di preparare la guerra, le guerre vere e proprie; le rinascite religiose, i disordini religiosi; i conflitti del lavoro; le rivalità razziali; le dimostrazioni ideologiche, la propaganda speciosa; gli omicidi, i massacri, i disastri naturali; le stragi in tutte le forme capaci di suscitare ondate emozionali; rivoluzioni e ancora guerre."
 
"La pace, la pace vera, è un periodo di carestia per i nostri superiori. Occorre che vi siano emozioni, energia nervosa: grandi e sterminate messi di estensione mondiale, create in un modo o nell’altro, con qualsiasi mezzo."
 
"La verità deve essere senz’altro un’arma, altrimenti quelle creature non avrebbero mai preso iniziative tanto drastiche per impedire che venisse conosciuta. Loro temono la verità, perciò il mondo la deve conoscere. La verità "deve" essere rivelata!" 
 
«Si è scoperto ben poco - disse Graham - ma quel poco ha un grande significato. Beach era convinto che i Vitoni non soltanto sono formati d'energia, ma che "vivono" di energia e  se ne nutrono: della "nostra" energia! Per quanto li riguarda, noi esistiamo come produttori di energia, che la natura premurosa ha messo a loro disposizione per saziarli. Perciò ci allevano, o ci incitano a riprodurci.»
 
"Come si sa da tempo, l’energia nervosa prodotta dall’atto di pensare e la reazione alle emozioni ghiandolari hanno natura elettrica o semielettrica: ed è questa produzione che nutre i nostri invisibili superiori. Loro possono incrementare il raccolto quando vogliono; e lo fanno, stimolando rivalità e gelosie e odii e suscitando emozioni. Cristiani contro mussulmani, bianchi contro neri, comunisti contro cattolici: tutto è farina per il mulino dei Vitoni, tutto nutre le loro inimmaginabili viscere. Come noi coltiviamo il cibo, così i Vitoni coltivano il loro. Come noi ariamo i campi e seminiamo e mietiamo, così loro arano e seminano e mietono. Noi siamo un suolo di carne, arato dalle circostanze imposte dai Vitoni, seminato di idee controverse, concimato da dicerie e menzogne e falsità, innaffiato da sospetti e gelosie: e tutto questo affinché possiamo produrre una ricca messe di energia emotiva, che viene mietuta con la falce dell’angoscia. Ogni volta che qualcuno grida ad una guerra, un Vitone usa le sue corde vocali per ordinarsi un banchetto!"
 
"Il loro metodo per «spiegare» errori e omissioni e sviste da parte loro, insinuando nozioni superstiziose per «giustificarli» e confermando tali nozioni per mezzo di cosiddetti miracoli quando necessario e della produzione di poltergeist e di fenomeni spiritici quando richiesto, dimostra l'infernale ingegnosità degli esseri che noi chiamiamo Vitoni. Costoro hanno fatto del confessionale e della sala per le sedute spiritiche i loro centri di mimetizzazione psichica: il prete e il medium sono stati i loro alleati nell’impresa diabolica di mantenere nella cecità le masse cieche."  

"I dati dell'"Herald-Tribune" costituiscono gli annali della credulità umana, la prova che gli uomini possono vedere in faccia la realtà... e negarla! Dimostrano che gli umani possono vedere un pesce e chiamarlo carne o pollo, secondo le convenzioni di tutori dogmatici chiechi quanto loro, secondo il personale timore di perdere invisibili partecipazioni a dimore celesti inesistenti, secondo la credula convinzione che Dio possa negare loro le ali se affermano che una visione autorevolmente garantita come emanata dal cielo proviene invece dall'inferno."
 
"Siccome tutti i nostri dati indicano che i Vitoni orientano le opinioni come vogliono, guidando sottilmente i pensieri nel modo per loro più conveniente, è quasi impossibile stabilire quali giudizi si sono evoluti naturalmente e logicamente e quali sono stati imposti."
 
"Per loro è un vantaggio enorme, perché possono conservare il potere sull’umanità mantenendo diviso il mondo su ogni questione, nonostante tutti i nostri tentativi di unirlo." 

"Secondo me sarebbe opportuno creare un apposito laboratorio in qualche località remota e poco frequentata, lontana dalle zone in cui imperversa la guerra, poiché tutto indica che i Vitoni si raccolgono dove gli umani sono più numerosi e che visitano molto di rado le regioni disabitate."  
 
"Un laboratorio nascosto nel deserto, in una località in cui il nutrimento emotivo scarseggia, potrebbe rimanere inosservato e indisturbato anche per anni." 
 
Incapacità predittiva 
 
Il problema cruciale è la tecnologia descritta nel romanzo di Russell. L'autore dà forma a un mondo in apparenza molto progredito scientificamente, ma com'è ovvio lo fa secondo le idee correnti negli anni '40 del XIX secolo, secondo il suo immaginario collettivo. Non può nemmeno concepire qualcosa di simile a Internet: i soli computer sono ancora scomodissimi armadi a muro pieni zeppi di valvole termoioniche. Se da una parte ci sono veicoli fluttuanti che funzionano tramite l'antigravità, dall'altra c'è una telefonia assolutamente incoerente e rudimentale. Il telefono si è evoluto in videotelefono (o videofono), ossia è stato messo uno schermo simile a un oblò proprio sopra il girello, mantenendo immutata la cornetta che si aggiancia. Non solo: c'è il centralino per smistare le chiamate! Nulla di portatile, è ovvio. Al massimo il videotelefono può essere montato su un veicolo fluttuante, ma nulla di più. I poliziotti sono ancora provvisti di walkie talkie, congegni di cui non è stata capita la portata rivoluzionaria (sono loro i veri progenitori dei comunicatori di Star Trek). Esistono persino i radioamatori! Sì, proprio loro, quei camionisti che continuavano ad farfugliare "brekko brekko!" al microfono. Qualcuno se li ricorda? Forse no, ormai sono estinti da tempo. Dubito che un millennial abbia mai visto un radioamatore, non più di quanto abbia visto un toxodonte o un megaterio. Fatto sta che l'idea del telefono portatile non è presente nemmeno allo stadio larvale nel mondo russelliano. Lo schermo dei videofoni fissi è capace soltanto di trasmettere tramite una telecamera o di mostrare le pagine dei quotidiani come se fossero foto. Non c'è interfaccia di sorta. Persino il televisore a colori ("stereoscopico, a sei colori") è presentato come un'audace invenzione della Faraday, il cui lancio sul mercato è stato interrotto dalla guerra. Ci pensate? Tutte queste cose dovrebbero far meditare. 
 
Fantascienza Noir 

Il navigatore N3ntalf1oss fa notare una cosa molto interessante sul sito Anobii.com: il romanzo di Russell in realtà è permeato di noir, al punto da essere ascrivibile a quel genere.  


"Fin da subito, infatti, la narrazione prende una precisa direzione e, rinunciando a qualsivoglia speculazione ontologica e metafisica, opta per ritmi e caratterizzazioni tipiche del noir e del poliziesco. A tratti pare davvero di leggere Mickey Spillane o di assistere a un film dell'epoca dei Bogart e dei Peter Lorre." 

E ancora: 

"Le attenuanti, però, non mancano. Il periodo - "Sinister Barrier" (titolo originale) apparve nel 1939 e fu rimaneggiato e rivisto tra il 1943 e il 1948 - è quello, appunto, dell'esplosione noir e dei duri con la sigaretta in bocca. L'influenza sul romanzo è infatti marcatissima e, a tratti, persino piacevole. Inoltre, siamo ancora lontani (o, perlomeno, non troppo vicini) all'epoca della Sci-fi americana degli Outer Space e degli Another World, e questo va a tutto merito dell'autore, che si è rivelato assai profetico nel proporre un intreccio che i posteri non esiteranno a clonare e a rivisitare.
D'altra parte non si può gridare al miracolo, vista soprattutto la semplicità - quasi ingenua - del canovaccio narrativo, e il taglio dato ai personaggi, tutti un po' troppo Marlowe, per essere credibili in una storia che, alla fin fine, parla di incontri con altre forme di vita e non di sparatorie tra gangster."
 

Di che lamentarsi? Fantascienza, gangster e pupe: non è poi troppo male, Diabole Domine! Ci fosse qualcosa di simile ai nostri tempi!

mercoledì 8 aprile 2020

I GREKS PORTANO DONI 

Titolo originale: The Greks Bring Gifts 
Autore: Murray Leinster 
Anno: 1964
Lingua originale: Inglese
Paese: Stati Uniti d'America
Tipologia narrativa: Romanzo
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Epica spaziale, fantascienza hard, invasione
     aliena
Editore: Arnoldo Mondadori Editore
1a ed. italiana: 1976 (Urania n. 695)
2a ed. italiana: 1985 (Millemondiestate n. 27)
Traduttore: Beata della Frattina 
Titoli tradotti: Non sono state trovate altre traduzioni
 
Sinossi (da Mondourania.com):
"Quando la gigantesca astronave dei Greks spunta da dietro la Luna, l'umanità è presa dal panico. Ma l'allarme, a quanto sembra, è ingiustificato, non c'è, a quanto pare, niente da temere. I Greks, socialmente e tecnologicamente avanzatissimi, sono come gli antichi Greci rispetto ai barbari: il loro scopo ultimo è di diffondere nei pianeti "sottosviluppati" la loro superiore forma di civiltà; la missione dell'astronave è di portare agli uomini degli spendidi regali energetici che trasformeranno la Terra in un paradiso. Per fortuna Jim Hacket, esperto in fisica moderna ma anche in storia antica, si ricorda dell'antico detto secondo cui bisognava "temere i Greci anche quando portano doni", e si chiede, tra l'altro, cos'abbiano messo i Greks nella profonda buca che dopo l'atterraggio hanno scavato di nascosto sotto l'astronave." 
 
Trama:
Il narratore ricostruisce i fatti recenti della storia del genere umano a beneficio dei lettori, presentando gli eventi portentosi di cui è stato testimone durante la sua gioventù. In questa ricostruzione ci sono molte sproporzioni temporali e incongruenze. In pratica le cose sono andate così: l'arrivo sulla Terra della grande astronave dei Greks ha prodotto una discontinuità traumatica nella storia del genere umano, ponendolo in gravissimo pericolo. Tuttavia, una volta sconfitto questo formidabile nemico col solo aiuto dell'ingegno di un uomo e dell'improbabile collaborazione delle autorità delle nazioni, ecco che il progresso dell'umanità accelera all'improvviso fino a portare all'instaurarsi di una civiltà a livello galattico. 
 
La reazione dell'umanità all'arrivo dei Greks e ai loro doni è stata paragonabile a quella indotta da una massiccia anestesia. Si è avuta la totale abolizione del senso critico e dello stesso concetto di razionalità. Abbagliati da un sistema che permette di captare e di trasmettere a qualsiasi distanza l'energia, come se fosse creata dal Nulla, i popoli della Terra hanno abbandonato in poco tempo le vecchie tecnologie, trovandosi così alla mercè degli alieni. C'è una sola persona su tutti il nostro pianeta a diffidare di questi politicanti scesi dagli abissi siderali: il dottor Jim Hackett, un fisico che cova un grande risentimento per non aver superato un esame sulle conoscenze scientifiche dei Greks. Con la sua assistente, la signorina Lucy Thale, l'accademico intraprende un defatigante viaggio in automobile verso il luogo in cui è atterrata l'astronave dei "benefattori" alieni. Nel corso del tragitto la coppia si imbatte in un aldariano che ha avuto un brutto incidente d'auto. Gli Aldariani sono alieni ipertricotici dal sembiante ferino, vagamente somiglianti a licantropi, che i Greks hanno condotto sull Terra come schiavi. Condotto l'aldariano ferito in un ospedale, Lucy scopre una verità fastidiosa. L'alieno peloso è sordo, i suoi padroni Greks gli hanno reciso i nervi acustici per impedirgli di percepire i suoni. Prima che le cose si mettano male, Hackett e la donna riescono a fuggire dall'ospedale e a far perdere le loro tracce - non prima che l'aldariano abbia consegnato a Lucy un misterioso congegno che aveva con sé. 

Giunti alla loro destinazione, dove le folle attendono nei pressi dell'astronave dei Greks, il dottor Hackett e la sua compagna iniziano a lavorare con alcuni uomini di Scienza che si occupano di scavi archeologici. Così concentrano la loro attenzione su una buca riempita dagli alieni con ogni sorta di rifiuti. La scavano e scoprono i corpi di numerosi aldariani uccisi, abbandonati nell'immondizia come se valessero meno degli escrementi. Da questo rinvenimento inizia la riscossa della Terra. Come per miracolo, tutti i governi del pianeta si convincono per incanto della pericolosità dei Greks e dei loro funesti doni. Si scopre così che i congegni per la captazione e la trasmissione dell'energia dal Nulla sono illusori, che sono soltanto giocattoli che ricevono ciò che i Greks trasmettono, che non funzionerebbero mai senza un simile input. Nel frattempo l'astronave dei Greks è decollata, diretta verso le vastità galattiche. Dall'analisi di questi meccanismi, il fisico ribelle riesce a produrre un'arma mortifera, in grado di annientare uno scafo alieno. L'intenzione è chiara: non appena i Greks faranno ritorno, su richiesta dei popoli tumultuanti, avrà inizio la rivincita. Proprio da questo atto audace avrà inizio l'Impero Terrestre!
 
Recensione:
Se devo essere sincero, i Puffi hanno più verosimiglianza di questo costrutto narrativo. La mia domanda non è poi così complessa. Se i governi della Terra non riescono a mettersi d'accordo nemmeno su un dettaglio insignificante, come si può credere che agiscano in concordia nei confronti di una grave minaccia esistenziale? A simile quesito c'è un'unica risposta. Non è possibile alcuna reazione organizzata e coerente. Molti troveranno che la mia risposta sia desolante, eppure le cose stanno così. Alle intelligenti premesse di Leinster non corrispondono conseguenze altrettanto plausibili. Sarebbe bastata una conoscenza elementare della termodinamica per rifiutare con sdegno le profferte dei Greks, ma è inutile sperare che questo possa avvenire dove imperversa un sistema scolastico ostile alla Logica, la cui essenza è quella di uno schifoso vivaio di bulli!    
 
Timeo Greks et dona ferentes 
 
Com'è risaputo, Virgilio fa pronunciare al troiano Laocoonte, gran sacerdote di Poseidone, alcune famose parole: Timeo Danaos et dona ferentis, ossia "Temo i Greci anche quando portano doni" (Eneide, Libro II, 49). La forma vergiliana ferentis, un interessante arcaismo (con -is in luogo di -es), è in genere emendata in ferentes quando si cita il verso, credo per evitare crisi a qualche insegnante isterica. Spesso ci si imbatte anche in Timeo Graecos et dona ferentes, in cui Danaos è stato opportunamente sostituito col più familiare Graecos. Proprio da questa versione ad usum Delpini ha tratto ispirazione Leinster. Sostituendo Graecos con Greks, ecco pronta l'idea portante del romanzo, che a giudicare dallo stile è stato scritto in fretta e furia, i modo quasi convulso. I celebri tagli di Urania hanno rimosse alcuni passaggi. La rivelazione che il fisico Hackett avrebbe dovuto fare alla bella Lucy è stata omessa. Era una cosa elementare: data l'assonanza di Greks con Graecos, i giganteschi extraterrestri grigiastri non potevano essere onesti!
 
Amenità politiche 
 
A un certo punto ne ho avuto la certezza. I Greks appartengono al Club Bilderberg! Provate a immaginarveli! Altissimi e segaligni, dalla pelle grigia e zigrinata come quella di un palombo, ma con fattezze ben riconoscibili: ricordano quelle dei membri del Governo dei Tecnici che ci ha afflitto dopo la caduta del Satiro di Hardcore! 
 
Altre recensioni e reazioni nel Web:
 
Credo che questo sia in assoluto uno dei romanzi di fantascienza meno conosciuti e con meno riscontri. Ho fatto una certa fatica a trovare pochi brevissimi commenti. Si trovano su Anobii.com e sono tra l'altro abbastanza datati. 

 
Mauro ha scritto:

"Forse si sono ispirati a questo romanzo per la serie TV "Visitors". Comunque l'idea dell'alieno apparentemente "buono", ma che in realtà ha brame di conquista è sviluppata in modo interessante e avvincente." 

VM71 ha scritto:

"Timeo danaos et dona ferentes
Quando i Greci recano doni, è buona regola tenere gli occhi aperti. :-)
Romanzo degli anni '50, un pò ingenuo ma piacevole da leggere, se vi piace la fantascienza classica."
 
Plutonio186 ha scritto:

"La storia è carina e originale , almeno non ho mai letto una storia simile , l'unica cosa è che essendo scritto quando è stato scritto , ho trovato difficile immedesimarmi in qualsiasi personaggio ." 

domenica 5 aprile 2020

 
IL DIVO 
 
Titolo originale: Il Divo - La spettacolare vita di
     Giulio Andreotti
Paese: Italia/Francia 
Anno: 2008 

Durata: 110 min
 
Colore: colore 
Rapporto: 2,35 : 1
Audio: sonoro

Genere: biografico, drammatico

Regia: Paolo Sorrentino 

Sceneggiatura: Paolo Sorrentino

Produttore: Francesca Cima, Fabio Conversi,
     Maurizio Coppolecchia,
Nicola Giuliano, Andrea
     Occhipinti

Casa di produzione: Indigo Film, Lucky Red, Parco
     Film, Babe Film
(Francia)  
Distribuzione (Italia): Lucky Red 
Interpreti e personaggi:  
     Toni Servillo: Giulio Andreotti 
     Anna Bonaiuto: Livia Danese (moglie di
         Andreotti)
     Fanny Ardant: Moglie dell'ambasciatore francese 
     Giulio Bosetti: Eugenio Scalfari 
     Flavio Bucci: Franco Evangelisti 
     Carlo Buccirosso: Paolo Cirino Pomicino 
     Paolo Graziosi: Aldo Moro 
     Giorgio Colangeli: Salvo Lima 
     Alberto Cracco: Don Mario Canciani 
     Lorenzo Gioielli: Carmine Pecorelli 
     Gianfelice Imparato: Vincenzo Scotti 
     Massimo Popolizio: Vittorio Sbardella
     Achille Brugnini: Fiorenzo Angelini (cardinale)
     Aldo Ralli: Giuseppe Ciarrapico 
     Giovanni Vettorazzo: Roberto Scarpinato
        (magistrato)
     Simone Carella: Rino Formica
     Michele Chiadò: Giovanni Pellegrino
     Bruno Di Luia: Carlo Alberto Dalla Chiesa
     Valentina Rossi Stuart: Emanuela Setti Carraro
     Piera Degli Esposti: Signora Enea

     Enzo Rai: Totò Riina
     Natale Russo: Leonardo Messina
     Antonello Puglisi:  Vito Ciancimino
     Cristina Serafini: Caterina Stagno
     Marie Biondini: Diletta Petronio
     Antonio Sarasso: Francesco Di Carlo
     Alvaro Piccardi: Raul Gardini
     Mario Prosperi: Salvatore Pappalardo (vescovo di
         Palermo)
     Lorenzo Rapazzini Regis: Gianadelio Maletti
     Angelo Zito: Gian Carlo Caselli
     Giuseppe Pappada: Arnaldo Forlani
     Giuseppe Perri: Tano Badalamenti
     Paolo De Giorgio: Stefano Bontate
     Renato Di Pietro: Stefano Rodotà
     Nicola Giraudo: Gioacchino Natoli
     Victor Goubanov: Mikhail Gorbachev
     Pietro Biondi: Francesco Cossiga
     Domenico Centamore: Balduccio Di Maggio
     Claudio Bonis: Pippo Calò
     Orazio Alba: Gaspare Mutolo
     Dezio Bettini: Licio Gelli
     Gaetano Balistreri: Tommaso Buscetta
     Domenico Gennaro: Francesco Marino Mannoia
     Orlando Gerace: Nino Salvo
     Fernando Altieri: Oscar Luigi Scalfaro
 
Fotografia: Luca Bigazzi 
Montaggio: Cristiano Travaglioli 
Musiche: Teho Teardo 
Scenografia: Lino Fiorito  
Costumi: Daniela Ciancio 
Trucco: Vittorio Sodano 
 
 
ANDREOTTI E L'USO DEL POTERE 
 
Propongo in questa sede la visione di un brano tratto dal film in questione. Fratello Kopelev così lo ha commentato in Facebook: La terribile giustificazione di Andreotti all'uso del potere "Bisogna amare così tanto Dio per capire come sia necessario il male". 
 
Sì, tutto questo è terribile. Al di là del suo tormento, non vedo però nel personaggio una reale incoerenza o segni di contraddizione logica: infatti egli parla del Dio del Male, che è Signore di questo mondo. Siccome il benessere e lo sviluppo terreno non vengono dal Vero Dio, è naturale che chi voglia perseguirli si debba rivolgere a Satana. Quando si capisce che il Dio di cui Andreotti parla nel filmato è proprio il Principio Maligno, ciò che egli dice è del tutto logico e immediatamente comprensibile. 
 
E ancora: "La mostruosa, inconfessabile contraddizione: perpetuare il male per garantire il bene". Un bene che è tale soltanto in apparenza, perché i frutti dell'albero malvagio non possono né potranno essere mai buoni. Ciò che viene garantito in questo modo, del Bene ha così soltanto il nome, perché le genti delle nazioni tale lo reputano. Ecco la chiave di lettura: "Bisogna amare così tanto il Dio <di questo secolo> per capire come sia necessario il Male". La conseguenza è chiara, visto che il mondo che è il suo prodotto è in tutto e per tutto il Male. Si vede quindi che coloro che intendono detenere il potere non possono che trarre i loro intendimenti dalla sua sorgente sempiterna e increata. Per questo si chiamano Malvagi. Tutto ciò è mostruoso, inconfessabile e contraddittorio agli occhi dei cattolici, proprio perché reca scandalo alla loro fede nell'esistenza di un unico Principio. 
 
Di fronte all'opera dei Demoni bisogna essere fermi. Un Credente dei Buoni Uomini non deve perseguire né il benessere né lo sviluppo materiale, ma soltanto l'impegno nell'unica risposta possibile alla mostruosità del potere: astenersi dall'imprigionare nuove vite in questo orrore e predicare l'estinzione della Specie. Una risposta giusta e mai violenta.  
 
Molta gente si chiede tuttora perché i Buoni Uomini sono stati perseguitati con tanta ferocia dalla Chiesa di Roma e dalle potenze temporali a lei asservite. Non bisogna stupirsi più di tanto, anche se la risposta più esplicita non si trova nel luogo più ovvio - quale potrebbe essere un libro di storia - ma proprio nel film di Sorrentino. Risuonano inquietanti le parole dell'uomo che più di tutti sa come si sta al mondo: "Noi non possiamo consentire la fine del mondo nel nome di una cosa giusta, abbiamo un mandato noi, un mandato divino"... Lo stesso Innocenzo III deve aver pronunciato qualcosa di molto simile quando ha emanato il suo infame Decreto di Sterminio. 
 
(Il Volto Oscuro della Storia, 9 gennaio 2010)  
 
Trama e recensione: 
Inizi anni '90, Giulio Andreotti presenta il suo settimo governo. Una serie di morti insanguina l'Italia, e le vittime sono tutte personalità in qualche modo a lui connesse: il politico Aldo Moro, il generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, il giornalista Mino Pecorelli, il magistrato Giovanni Falcone, i banchieri Roberto Calvi e Michele Sindona, l'avvocato Giorgio Ambrosoli. La narrazione prosegue con i caotici contrasti tra le correnti della Democrazia Cristiana: la fazione andreottiana briga per far eleggere il Divo alla presidenza della Repubblica. Questo piano ha tuttavia un esito fallimentare. Troppo pesanti i macigni che gravano sulla figura del callido leader politico, al punto da dimostrarsi inamovibili. Intanto prende corpo Tangentopoli, con la conseguente caduta della Prima Repubblica. Si arriva alla scottante questione dei rapporti tra Andreotti e Cosa Nostra, che lo porterà a subire un processo. L'esito, ancor più destabilizzante per la politica italiana è il seguente: i reati anteriori al 1980 sono accertati, ma estinti per prescrizione, mentre si ha assoluzione per i fatti successivi a tale anni. Assoluzione piena in un secondo processo, quello per l'omicidio di Pecorelli.   
 
Le battute al fulmicotone, annichilenti, mettono a nudo l'ontologia corrotta dell'Universo. Il regista ha trovato un modo geniale per far orientare lo spettatore nella vorticosa realtà politica, in mezzo a tutti quei malfattori: una didascalia in caratteri rossastri o di uno strano arancione, che illustra il nominativo e il ruolo di ogni personaggio alla sua prima comparsa in scena. Senza questo accorgimento, non sarebbe possibile capire quasi nulla della tumultuosa narrazione. La rappresentazione dei politici è realistica, ma al contempo presenta tratti grotteschi e satirici che rendono sopportabile la visione di una realtà tanto squallida. Se uno osserva bene la figura dell'Andreotti impersonato da Servillo, nota la stranezza delle orecchie, che presentano un angolo innaturale, a perpendicolo con le tempie, una caratteristica quasi vampiresca e certamente voluta. Ho trovato allucinante la figura di Cirino Pomicino che si esibisce in una danza scatenata, nel corso di una festa certamente poco consona all'ostentata morigeratezza dei dirigenti democristiani. L'attore che impersona Totà Riina è stato scelto davvero bene: gli occhi molto ravvicinati e la fisionomia massiccia del volto garantiscono una somiglianza quasi perfetta all'originale. Andreotti è mostrato senza infinigimenti come punciutu e omu d'unuri. Durante l'iniziazione mafiosa se ne esce con un poco virile "ahi!" quando l'ago gli penetra un polpastrello. Poi in una camminata rituale procede a fianco dei padrini imbracciando un fucile. Un elemento all'apparenza incongruo, innaturale, addirittura posticcio, ma che è in sostanza una visione apocalittica. 
 
Un breviario andreottiano 

"Livia, sono gli occhi tuoi pieni che mi hanno folgorato un pomeriggio andato al cimitero del Verano. Si passeggiava, io scelsi quel luogo singolare per chiederti in sposa – ti ricordi? Sì, lo so, ti ricordi. Gli occhi tuoi pieni e puliti e incantati non sapevano, non sanno e non sapranno, non hanno idea. Non hanno idea delle malefatte che il potere deve commettere per assicurare il benessere e lo sviluppo del Paese. Per troppi anni il potere sono stato io. La mostruosa, inconfessabile contraddizione: perpetuare il male per garantire il bene. La contraddizione mostruosa che fa di me un uomo cinico e indecifrabile anche per te, gli occhi tuoi pieni e puliti e incantati non sanno la responsabilità. La responsabilità diretta o indiretta per tutte le stragi avvenute in Italia dal 1969 al 1984, e che hanno avuto per la precisione 236 morti e 817 feriti. A tutti i familiari delle vittime io dico: sì, confesso. Confesso: è stata anche per mia colpa, per mia colpa, per mia grandissima colpa. Questo dico anche se non serve. Lo stragismo per destabilizzare il Paese, provocare terrore, per isolare le parti politiche estreme e rafforzare i partiti di Centro come la Democrazia Cristiana l'hanno definita "Strategia della Tensione" – sarebbe più corretto dire "Strategia della Sopravvivenza". Roberto, Michele, Giorgio, Carlo Alberto, Giovanni, Mino, il caro Aldo, per vocazione o per necessità ma tutti irriducibili amanti della verità. Tutte bombe pronte ad esplodere che sono state disinnescate col silenzio finale. Tutti a pensare che la verità sia una cosa giusta, e invece è la fine del mondo, e noi non possiamo consentire la fine del mondo in nome di una cosa giusta. Abbiamo un mandato, noi. Un mandato divino. Bisogna amare così tanto Dio per capire quanto sia necessario il male per avere il bene. Questo Dio lo sa e lo so anch'io."  
(Giulio Andreotti) 
 
"Lei ha sei mesi di vita", mi disse l'ufficiale medico alla visita di leva. Anni dopo lo cercai, volevo fargli sapere che ero sopravvissuto, ma era morto lui. È andata sempre così: mi pronosticavano la fine, io sopravvivevo, sono morti loro. In compenso per tutta la vita ho combattuto contro atroci mal di testa. Ora sto provando questo rimedio cinese, ma ho provato di tutto. A suo tempo l'Optalidon non accese molte speranze. Ne spedii un flacone pure ad un giornalista, Mino Pecorelli. Anche lui è morto.
(Giulio Andreotti)

"Chi non vuol far sapere una cosa, in fondo non deve confessarla neanche a se stesso, perché non bisogna mai lasciare tracce."
(Giulio Andreotti) 

"Mi creda, io so cos'è la solitudine; non è una gran bella cosa. Per il mio ruolo, per la mia storia, avrò conosciuto nella mia vita approssimativamente 300.000 persone. Lei crede che questa folla oceanica mi abbia fatto sentire meno solo?"  
(Giulio Andreotti) 

"Guerre puniche a parte, mi hanno accusato di tutto quello che è successo in Italia. Nel corso degli anni mi hanno onorato di numerosi soprannomi: il Divo Giulio, la Prima-lettera-dell'-alfabeto, il Gobbo, la Volpe, il Moloch, la Salamandra, il Papa Nero, l'Eternità, l'Uomo-delle-tenebre, Belzebù. Ma non ho mai sporto querela, per un semplice motivo: possiedo il senso dell'umorismo. Un'altra cosa possiedo: un grande archivio, visto che non ho molta fantasia, e ogni volta che parlo di questo archivio chi deve tacere, come d'incanto, inizia a tacere."
(Giulio Andreotti) 

Don Mario: "Montanelli diceva: «De Gasperi e Andreotti andavano insieme a messa e tutti credevano che facessero la stessa cosa. Ma non era così. In chiesa De Gasperi parlava con Dio, Andreotti con il prete»."
Giulio Andreotti: "I preti votano, Dio no."  
 
Colonna sonora

Riporto la tracklist dell'album della colonna sonora (le tracce sono di Teho Teardo, quando non specificato):

1) Fissa lo sguardo
2) Sono ancora qui
3) I miei vecchi elettori
4) Toop Toop - dei Cassius
5) Che cosa ricordare di lei?
6) Un'altra battuta
7) Il cappotto che mi ha regalato Saddam
8) Notes for a New Religion
9) Gammelpop - di Barbara Morgenstern & Robert
     Lippok
10) Non ho vizi minori
11) Ho fatto un fioretto
12) Possiedo un grande archivio
13) Double Kiss
14) Nux Vomica - dei The Veils
15) Il prontuario dei farmaci
16) La corrente
17) 1. Allegro - da Il cardellino di Antonio Vivaldi
18) Pavane, Op.50 (1901) - di Gabriel Fauré
19) Da, da, da, ich lieb' Dich nicht, Du liebst mich
     nicht - dei Trio
20) E la chiamano estate - di Bruno Martino
21) Conceived (Michael Brauer Radio Mix) - di Beth
     Orton

Frammenti musicali incorporati nella colonna sonora: 

Pohjolan tytär (La figlia di Pohjola, op. 49) di Sibelius
Concerto per violino e orchestra (op. 47) di Sibelius
Sinfonia nº 2 (op. 43, detta "l'italiana") di Sibelius
Estratti dalla Danse macabre (op. 40) di Saint-Saëns.
I migliori anni della nostra vita di Renato Zero
La prima cosa bella (scritta da Mogol e Nicola Di Bari), cantata dai Ricchi e Poveri.
Un pezzo del proprio repertorio di batucada della scuola campana di samba G.R.E.S. Unidos do Batacoto. 

Premi e riconoscimenti 
 
Oscar - 2010
  Candidatura miglior trucco
Festival di Cannes - 2008
  Premio della Giuria
David di Donatello - 2009
  Premio miglior acconciatore
  Premio miglior colonna sonora a Teho Teardo
  Premio miglior truccatore
  Premio migliore attore protagonista a Toni Servillo
  Premio migliore attrice non protagonista a Piera
       Degli Esposti
  Premio migliore fotografia a Luca Bigazzi
  Premio migliori effetti speciali visivi
  Candidatura miglior costumista
  Candidatura miglior film
  Candidatura miglior fonico di presa diretta
  Candidatura miglior produttore a Andrea
       Occhipinti, Nicola Giuliano, Francesca Cima,
       Maurizio Coppolecchia
  Candidatura miglior regista a Paolo Sorrentino
  Candidatura miglior scenografo
  Candidatura migliore attore non protagonista a
       Carlo Buccirosso  
  Candidatura migliore montatore a Cristiano
      Travaglioli
  Candidatura migliore sceneggiatura a Paolo
      Sorrentino

giovedì 2 aprile 2020

 
THE UNIVERSE IS COMING APART 
(Antinatalist Nihilist Anthem) 
 
Autore: Kel'Thuz
    (varianti ortografiche: KeltHuz, Kethuz) 
    AKA: Harjatugon, Warraha, Saluth
    Nome di nascita: Tomasz Paweł Czapla
Paese: Polonia
Lingua: Polacco
Anno prima pubblicazione: 2013 
Album:  Czas Zaorać Socjalizm
   ("It's time to pulverize socialism")
Anno uscita album: 2017
Genere: Nihilist Suicide Pop
Ispirazione: Anticosmismo 
Encyclopedia Metallum:
Canale YouTube per l'incorporazione del video:
   Radio Żelaza 

Testo:
 
WSZECHŚWIAT SIĘ ROZPADA

Bóg umarł 

Nie mogąc znieść istnienia
Wielki Wybuch, przekleństwo stworzenia 

Z jego truchła Wszechświat zrodzon

Nadal gnije, ludzkość trwożąc

Tam nic nie ma, w tej ciemności

Tylko pustka i fetor wieczności

Każde życie jest przeklęte

A świadomość razi lękiem

Teraz to czujesz

Truchło martwego Boga opłakujesz

Pójdź za nami do światłości

Tam, gdzie nicość kolor ma najprostszy


REF:

Wszechświat się rozpada 

Na naszych oczach rozpada on się

Wszechświat się rozpada 

A żywot śmieszków zakończy się więc 

Wszechświat się rozpada 

Na naszych oczach rozpada on się 

Wszechświat się rozpada 

Na końcu zawsze czeka cieplna śmierć


II

Demiurg w opiece 

Ma ten świat

Cierpienie i udręka od niezliczonych lat
 
Jego imię to Aryman 
W każdym dziecku na nowo się skrywa

Teraz to czujesz

Królestwo demona celebrujesz

Gwiazdy milczą, dusza śpiewa

Ku światłości czas uderzać!


Traduzione in inglese (sottotitoli del video):


God died 

Couldn't bear his existence 
The Big Bang, the curse of creation 

From God's corpse Universe was born 

It's still rotting, keeping humanity in awe 

Nothing's out there, in that darkness

Only void and the stench of eternity

Every life is cursed

While consciousness dazzled with terror


Now you can feel it 
Carcass of the dead God you mourn

Follow us into the Light

Where the Nothingness is the basic color
 
 
CHORUS:

Universe is going apart 
On our very eyes it's going apart 
Universe is going apart

And Polyannas are going extinct

Universe is going apart

On our very eyes it's going apart

Universe is going apart

And in the end the heat death always awaits


II 
 
Demiurg has this world

in his custody

Suffering and torment since the time immemorial

His name is Ahriman

In every child he is concealed anew


Now you can feel it

The realm of the demon you celebrate

Silent remain the stars while a soul sings

Towards the Light it's time to go
 
Traduzione in italiano: 
 
L'UNIVERSO STA ANDANDO IN PEZZI
(Inno Antinatalista Nichilista)

 
Dio è morto
Non poteva sopportare la sua esistenza
Il Big Bang, la maledizione della creazione
Dal cadavere di Dio è nato l'Universo  
Sta ancora marcendo, tiene l'umanità nella paura 
Non c'è nulla là fuori, in quella tenebra 
Solo il vuoto e il puzzo di eternità
Ogni vita è maledetta
Mentre la coscienza è abbacinata dal terrore 

Ora la puoi sentire
La carcassa del Dio morto per cui piangi 
Seguici nella Luce
Dove la Nullità è il colore di base 
 
RITORNELLO: 
 
L'Universo sta andando in pezzi 
Sotto i nostri occhi sta andando in pezzi
L'Universo sta
andando in pezzi
E le Pollyanne si stanno estinguendo 
L'Universo sta andando in pezzi
Sotto i nostri occhi sta
andando in pezzi
L'Universo sta
andando in pezzi
E alla fine la Morte Termica sempre aspetta

II 

Il Demiurgo detiene questo mondo
Nella sua custodia
Sofferenza e tormento da tempo memorabile
Il suo nome è Ahriman
In ogni bambino egli è di nuovo nascosto 

Ora lo puoi sentire
Il regno del demonio che tu adori
Silenti rimangono le stelle mentre un'anima canta
Verso la Luce è tempo di andare
 
Recensione: 
Faccio i miei complimenti a Kel'Thuz, bassista proveniente dalla Polonia, per questo notevole testo anticosmico, un vero capolavoro del Manicheismo Moderno e della Ribellione contro la Creazione Malvagia. Ritrovare opere tanto fulgide che spiccano nello sconfinato e marasmico flusso della Rete è qualcosa che rinfranca lo Spirito, rinforzando la determinazione! Possa questa Conoscenza diffondersi e radicarsi dovunque, portando alla rovina l'edificio del Demiurgo: è tempo di andare verso la Luce!

lunedì 30 marzo 2020

PULIZIE DI PRIMAVERA  

Saranno stati una decina. Tutti con la mascherina chirurgica e armati di spranghe. Sbucarono da Via Luciano Luberti e si avventarono contro il gruppo di anziani radunati davanti all’ufficio postale di Via Tasso. Fu un’azione fulminea, di una brutalità inaudita. Li vidi scagliarsi sui vecchi menando violentissimi colpi di spranga alla testa. Dal mio balcone, situato al quarto piano, potevo udire il suono prodotto dalle sbarre di ferro sulle scatole craniche dei pensionati. Nel giro di pochi minuti, sul marciapiede e sulla sede stradale giacevano una ventina di anziani con il cranio fracassato. Gli assalitori se ne andarono con la stessa velocità con cui erano venuti. Quando riuscii a mettermi in contatto con gli uffici della Questura, la strage si era già consumata. Scesi per strada e mi avvicinai al luogo della carneficina: lo spettacolo era terribile: sangue ovunque, materia cerebrale. Un vecchio rantolava in modo atroce, una schiuma rossastra gli usciva gorgogliando dalla bocca. Grida femminili assordanti rimbombavano dai palazzi limitrofi. Furono ben presto soverchiate dall’ululato delle sirene delle ambulanze e delle volanti che stavano sopraggiungendo a tutta velocità. Mi allontanai in tutta fretta, rifugiandomi sotto il portone, appena prima che l’area si saturasse di poliziotti e di infermieri. Appena varcata la soglia del palazzo, mi sentii chiamare per nome. Era l’inquilino dell’appartamento al pianoterra, un bevitore incallito:
“Ci ammazzano tutti! Lo ha detto la radio!”
“Detto cosa?”
“Che stanno ammazzando vecchi in tutta Italia!”.
Me ne tornai di sopra e accesi la televisione. Un’edizione speciale di Studio Aperto stava dando notizia di massacri di anziani in varie località del paese. Quindi si trattava di un piano preordinato, non di un’azione isolata.
Squillò il telefono. Era un funzionario della Questura.
“E’ lei che ha chiamato poco fa? Scenda, per cortesia, siamo sotto al suo palazzo. Porti con sé un documento di identità.”
Scesi maledicendo la sorte.
Davanti all’ingresso c’erano un paio di uomini in borghese.
“Ridolfi?”
“Sì, sono io.”
“Favorisca un documento.”
Il questurino esaminò la mia carta d’identità e la passò al collega.
“Adesso lei ci racconta tutto per filo e per segno. Dove si trovava quando si è svolto il fatto?”
“Sul balcone, stavo mettendo i rifiuti nel bidoncino che tengo lì.”
“Lei vive solo?”
“Sì.”
“E cosa ha visto, esattamente?”
“Ho dato un’occhiata giù e c’erano tutti ‘sti vecchietti davanti all’ufficio. Di solito succede quando pagano le pensioni.”
“E poi?”
“E poi ho visto una banda di tizi con le spranghe uscire di corsa da Via Luberti.”
“Me li descriva.”
“Avevano tutti le mascherine in faccia, quelle azzurre, dovevano essere giovani, data l’agilità e il colore dei capelli. Chiome grigie o bianche non ne ho viste.”
“Colore della pelle?”
“Con la pelle scura non ne ho visti.”
“Ne è sicuro?”
“Si è svolto tutto talmente in fretta che non posso dirlo con assoluta certezza ma credo proprio di sì.”
“Sono usciti da Via Luberti quindi”
“Sì, e si sono lanciati sui pensionati. Quelli sono venuti per uccidere.”
“E lei come fa a saperlo?”
“Cazzo, menavano sprangate tremende alla testa!”
“Eviti questo linguaggio e si attenga ai fatti.”
“I fatti sono davanti ai vostri occhi, distesi sul marciapiede davanti alle Poste, immobili.”
“E mentre questo avveniva lei cos’ha fatto?”
“Ho chiamato voi.”
“Non ha cercato di fermarli?”
“E come, con la fionda?”
“La diffido dal continuare su questo tono.”
“Scusi ma secondo lei cosa dovevo fare, gettarmi come Batman su quella banda di forsennati e sgominarli a mani nude?”
“Intendevo dire: non li ha invitati a desistere?”
Esterrefatto, guardai il questurino dritto negli occhi.
“Abito al quarto piano, e anche se mi fossi messo a urlare a squarciagola non mi avrebbero sentito: le grida dei pensionati presi a sprangate avrebbero coperto le mie. Ho ritenuto più utile chiamare la polizia, cioè voi.”
“Quanto è durata l’azione?”
“Cinque minuti, una cosa allucinante.”
“Perché allucinante?”
“Perché sono stati velocissimi, un’incursione micidiale.”
“E alla fine di questa ‘incursione’, come la chiama lei, cos’hanno fatto?”
“Si sono dileguati in Via Luberti. Dal mio balcone vedo solo la riga dello stop, quindi non so, poi, dove siano andati.”
“Lei è stato notato nei pressi dell’ufficio.”
“Sì, dopo che se ne sono andati sono sceso.”
“Per quale motivo?”
“Per vedere se ci fossero sopravvissuti.”
“Lei è forse un medico?”
“No.”
“E come contava di ‘vedere’, tastando il polso alle vittime?”
“No, semplicemente osservando coi miei occhi la situazione, da vicino.”
“Ha toccato qualcuno dei corpi?”
“No, nessuno.”
“Si è limitato a ‘osservare’, dunque.”
“Sì, ho osservato che c’erano corpi con la testa rotta e le cervella di fuori, e un poveraccio che rantolava. Per poco: poi ha smesso e gli occhi gli si sono rovesciati all’indietro. Quando ho sentito le sirene delle ambulanze, sono rientrato nel palazzo dove abito per evitare di creare intralcio ai soccorritori.”
“Può andare. La convocheremo per stilare la deposizione.”
Sacramentando in silenzio risalii al mio appartamento. “Mannaggia a me, potevo farmi i cazzi miei!”.
Quel giorno non combinai nulla di utile. Le immagini e i suoni della strage mi tornavano di continuo alla mente. L’edizione delle 13 di Rai News 24 esordì così: “Pogrom di anziani in tutta Italia: migliaia le vittime. Cordoglio unanime da tutte le più alte istituzioni. Ferma condanna da parte del Presidente della Repubblica: ‘Non consentiremo a una minoranza di violenti di trascinare il paese nella barbarie’.”
Si parlava di almeno trentamila morti. L’amara verità cominciava a farsi strada tra le nebbie dell’edulcorazione: i millennial stavano giustiziando gli odiatissimi veci. Su Internet circolavano le voci più disparate: i linciaggi e le esecuzioni sommarie non si contavano più. Mi imbattei in un proclama agghiacciante che così recitava:
“Voi ci avete fottuto il futuro e adesso noi fottiamo voi, vecchiacci di merda. Ci avete tolto la possibilità di avere un lavoro fisso e dignitosamente retribuito. Siete andati in pensione con quindici anni di anzianità. Avete drenato le risorse della nazione e ancora rompete il cazzo, vi lamentate e ci date dei fannulloni. Avete avuto tutto ciò che a noi viene negato: un lavoro fisso, un sistema di welfare. Vi restituiremo pan per focaccia. Quello di oggi è soltanto l’inizio, l’inizio delle pulizie di primavera!”.

Pietro Ferrari, marzo 2020