domenica 26 aprile 2020

ALCUNE NOTE SULL'ETIMOLOGIA DI DORK 'IDIOTA, SFIGATO'

Com'è risaputo, i secchioni hanno ricevuto epiteti come nerd e geek. Ebbene, c'è di peggio. Nell'inglese americano si trova un peggiorativo, dork, traducibile come "idiota" o "sfigato". Molti etimologi pensano che dork sia semplicemente un'alterazione eufemistica del più famoso dick "cazzo", dovuta alla puerile volontà di rimuovere tutto ciò che è ritenuto volgare o sconveniente, usando la magia del cambiamento di un suono. Sarebbe come se in italiano la parola pene potesse perdere ogni connotato traumatizzante diventando fene. Penso che tutto sommato sia una spiegazione abbastanza stupida e inconsistente. In ogni caso, è attestata in America una voce gergale dirk "cazzo".

Per quanto riguarda le dinamiche diffusive, gli studiosi americani suppongono che la parola dork sia emersa nel Midwest, dove le alterazioni di parole ritenute traumatizzanti e sporche sono molto comuni. Forse è stata proprio questa supposta origine nei puritani stati della cosiddettta Cintura Biblica (Bible Belt) a suggerire una sua origine eufemistica. La prima attestazione nota con l'inequivocabile significato di "pene" è nel romanzo Valhalla di Jere Peacock, pubblicato nel 1961, anche vi compare con l'ortografia fancesizzante dorque. Questa è la citazione esatta: "You satisfy many women with that dorque?" (con buona pace delle regoline e delle regolette sulle frasi interrogative). Pochi anni dopo, nel 1964, la parola compare con l'ortografia dork e con inequivocabile significato fallico in un articolo pubblicato su American Speech. Il serial killer Charles Schmid, detto "The Pied Piper of Tucson", dichiarò quanto segue in un'intervista a Life Magazine: "I didn't have any clothes and I had short hair and looked like a dork. Girls wouldn't go out with me.", ossia "Non avevo alcun vestito, avevo i capelli corti e sembravo un cazzone. Le ragazze non volevano uscire con me." Il non poter godere dei favori femminili a causa di un supposto aspetto fallocefalico sono stati addotti da questo soggetto proprio come la causa prima dei suoi impulsi omicidi. Gratta un serial killer: troverai una vittima perseguitata dai bulli, un poveretto disprezzato da tutti e schifato dalle ragazze! Quante aberrazioni sarebbero cancellate dal mondo se si colasse su ogni scuola un sarcofago di cemento come quello di Chernobyl! Torniamo alla scienza etimologica. Nonostante le inequivocabili attestazioni sopra riportate, va detto che il significato prevalente della parola dork nella cultura popolare era quello di "individuo bizzarro" o più in generale di "sfigato". 
 
La vera etimologia di dork è da ricercarsi nelle lingue scandinave. In norvegese (Landsmål), dorg significa "massa, mucchio", ma anche "persona stupida e lenta, tonto". Non è difficile postulare un passaggio diretto dal norvegese all'inglese d'America. Dalla Norvegia sono giunti nella Terra dei Coraggiosi moltissimi immigrati. Quando ho visitato Bergen, ho appreso che gli americani di origine norvegese sono paragonabili in consistenza numerica all'intera popolazione del paese scandinavo. Ho anche saputo che una conseguenza interessante di questo flusso migratorio è stata l'introduzione di numerosi focolai di lebbra: a Bergen ancora verso la metà del XIX secolo, tre-quattro persone su cento avevano la lebbra, e percentuali simili si ritrovavano anche nell'arcipelago delle Lofoten. Non è poi così assurdo pensare che un termine dialettale norvegese abbia trovato negli States un terreno favorevole per diffondersi. 

A causa di un post comparso nel 2018 su un blog americano ormai non rintracciabile (sarà sprofondato nel Nulla), si è diffusa una voce surreale quanto infondata. Il termine dork apparterrebbe al gergo dei balenieri e signficherebbe precisamente "pene di balena". Qualcuno addirittura diffondeva la voce che la parola comparisse nel celeberrimo romanzo Moby Dick di Herman Melville (1851). Nulla di più infondato. Non esiste nessun vocabolo tecnico dork per indicare il fallo gigantesco dei maestosi cetacei, né tantomeno Melville ha fatto uso di tale dubbia risorsa espressiva! L'accaduto dovrebbe insegnare qualcosa sulla diffusione e sulla pericolosità dei pacchetti memetici, che spargono ovunque informazioni degeneri quanto incontrollate. 

Molti accademici americani accreditano una derivazione di dork "pene" dallo Scots dirk "tipo di pugnale", di origine incerta e documentato anche nelle varianti ortografiche dork (1602) e durk (XVIII secolo). La grafia dirk è stata fissata dal Johnson's Dictionary of the English Language nel 1755. Chi pensa a una possibile origine gaelica rimarrà deluso. In gaelico l'arma in questione è invece chiamata biodag. Vero è che esiste anche duirc (XVIII secolo), ma è stato accertato che si tratta di un prestito dallo Scots. C'è chi pensa a una derivazione di dirk "pugnale" dal nome proprio scandinavo Dirk, preso a prestito dal tedesco Dietrich "Teodorico", usato per indicare alcuni attrezzi come i grimaldelli - ma mai armi. Altri pensano invece a un prestito dal tedesco Dolch "pugnale" (attestato nel XV secolo come dollich, dolch, tolch e di origine sconosciuta), adattato in Scandinavia come dolk, anche se la fonetica non è affatto soddisfacente. Direi che è una pista da lasciar perdere. 
  
A partire da dork si è formato l'aggettivo dorky "sfigato, stupido, inetto", da cui è derivato l'astratto dorkiness "stupidità, inettitudine". Mentre i Nerds e i Geeks sono riusciti a riscattarsi dalla loro condizione di intoccabili colpiti dall'interdizione come i Dalit dell'India, a cui erano stati costretti dalla malefica genia degli stramaledetti bulli, i poveri Dorks non sono riusciti a migliorare il loro fato: cazzoni erano e cazzoni restano.

ALCUNE NOTE SULL'ETIMOLOGIA DI GEEK 'SECCHIONE; PERSONA BIZZARRA'

Oltre alla ben nota parola nerd "secchione", esiste in inglese anche un quasi sinonimo, geek, che attualmente denota una persona ossessionata da hobby intellettuali e da complessi argomenti scientifici. Secondo l'uso corrente in America e altrove, geek è un peggiorativo di nerd. Per molti parlanti, le due parole sono intercambiabili. Il vero significato del termine geek è tuttavia "persona bizzarra, eccentrica", senza implicazioni intellettuali. Occorre innanzitutto far notare che la sua pronuncia è /gi:k/, con una consonante occlusiva ("dura") /g/, proprio come in girl "ragazza". Non si deve pronunciare la parola con la consonante affricata ("molle"). Trovo che sia sempre necessario specificarlo, visto che in Italia le pronunce ortografiche continuano a costituire un flagello. 
 
Mentre l'etimologia di nerd è oscura e presenta gravi criticità, quella di geek può essere tracciata meglio. La forma più antica del vocabolo è senz'altro geck "sciocco", attestato già verso il 1510, come riportato su Etymonline. Si tratta di una parola giunta in inglese dall'olandese gek "pazzo" o dal basso tedesco geck, con lo stesso significato. La stessa radice ricorre in verbi come l'olandese gekken e il tedesco gecken, entrambi col significato di "deridere, farsi beffe di qualcuno". Ne possiamo addirittura ricostruire una forma protogermanica, dal momento che se ne hanno anche testimonianze in danese (gjække "deridere") e in svedese (gäcka "deridere"). In norreno doveva esistere un verbo *gjakka "deridere", anche se non mi risulta documentato. Alcuni wikipediani reputano invece che le forme scandinave siano prestiti dal basso tedesco, ma rifiuto questa opinione per via della frattura vocalica (-ja- da -e-), che non può essere occorsa in epoca medievale. La protoforma germanica era dunque qualcosa come *gekkanan "deridere", in ultima analisi di origine preindoeuropea, riconducibile a un antichissimo sostrato, rimasuglio estremo di una lingua poi scomparsa.  
 
Non è poi così difficile spiegare come geek si sia potuto sviluppare da un originario geck. A mio avviso una variante /ge:k/, con vocale lunga dovuta a ragioni accentologiche, si è prodotta naturalmente da /gek/, complice il fatto che la parola era considerata straniera - per poi evolvere naturalmente in /gi:k/, visto che la vocale lunga /e:/ non è tollerata in inglese. Anche la semantica ha subìto mutamenti: dal significato di "sciocco; pazzo" la parola è passata a indicare una specie di fenomeno da baraccone. Si tratta di uomini che masticavano e ingurgitavano insetti per divertire o schifare il pubblico, non diversamente dai come-baratas, i mangiatori di scarafaggi che tuttora operano in Brasile. La parola era quasi estinta sul finire del XIX secolo, ma è poi riapparsa a distanza di tempo, come un fiume carsico che riemerge da una sterile pietraia. Sul finire del XX secolo ecco tornare in auge geek col senso di "secchione, intellettuale" o più in generale di "sfigato". Nei primi anni '80 è documentato l'uso di geek nel gergo degli adolescenti americani per indicare gli studenti ossessionati dalle nuove tecnologie e socialmente incapaci. 
 
Analogamente a quanto accaduto ai Nerds, anche i Geeks hanno avuto il loro riscatto e i loro momenti di gloria. Esiste un movimento geek che rivendica un uso positivo della parola. A un certo punto, un uso improprio del Backslang (gergo inverso) ha prodotto la forma keeg, con significato opposto a quello di geek e traducibile in gergo computerese italico come "utonto" (< utente tonto). Chiunque si trovi a disagio con le nuove tecnologie è definito un keeg, anche se il vero Backslang non inverte il significato delle parole.

ALCUNE NOTE SULL'ETIMOLOGIA DI NERD 'SECCHIONE'

La parola nerd "secchione" ha avuto origine nell'inglese americano e si è poi diffusa anche in italiano. La pronuncia originale è /nə:rd/, ma in italiano è stata naturalmente adattata in [nɛrd]. Qualcuno riterrà grossolana la mia traduzione, affermando che il nerd è molto più di un secchione. Si può dire che sia un individuo iper-intellettuale, ossessivo, introverso e privo di capacità sociali, che eccelle in attività tecniche considerate astruse e difficilissime dalla gente comune, spesso connesse con l'informatica o con la fisica e detestate perché considerate "roba da sfigati". Una specie di iper-secchione e di iper-sfigato, tanto più goffo quanto più è intelligente. Altra caratteristica del nerd è la sua incapacità di avere contatti sessuali, in un contesto in cui la condicio sine qua non per esercitare una qualsiasi attività sessuale è la futilità assoluta. L'immaginario collettivo attribuisce al nerd una serie di caratteristiche fisiche non attraenti: fisionomia grottesca, forte miopia che costringe a indossare occhiali molto spessi; acne, corporatura gracile ai confini del rachitismo, dentoni sporgenti, chiome incolte e via discorrendo. 
 
Qual è l'origine del termine in questione? Ebbene, è oscura. Come spesso accade con le voci di natura gergale nate nella Terra dei Liberi, ci si muove in uno scenario fangoso e indistinto che costituisce l'incubo di ogni etimologo del Vecchio Continente. Ci troviamo quindi a passare in rassegna ipotesi già fatte da altri e tutte di una fragilità logica molto spinta. 
 
Si deve allo scrittore, poeta e disegnatore Theodore Seuss "Ted" Geisel (1904 - 1991) la prima attestazione stampata della parola nerd, che compare nella sua opera per bambini If I Ran the Zoo, un testo in tetrametri anapestici con illustrazioni grottesche, pubblicato nel 1950. I versi, che ben rappresentano la tradizione anglosassone del Nonsense, sono i seguenti:   
 
"And then, just to show them, I'll sail to Ka-troo
And bring back an It-kutch, a Preep and a Proo,
A Nerkle, a Nerd, and a Seersucker, too!"
  

Essendo tra le altre cose un etimologo, sono subito partito in quarta non appena ho letto il testo: Nerkle mi è parso un derivato di Nerd, come se fosse derivato da un precedente *Nerdcle tramite un suffisso diminutivo -cle (come in article, corpuscle, cubicle, particle), quasi presupponendo un latino goliardico e maccheronico *Nerdculus.  
Il Seersucker è alla lettera colui (o colei) che pratica la fellatio a un veggente (seer), stando alla traduzione letterale. Non mi è sembrato possibile. Ho notato che in inglese esiste la parola seersucker, che invece indica un tipo di cotone, solitamente a righe, e deriva dal persiano shir "latte" e shakar "zucchero". Ogni connessione col verbo to suck "succhiare" è stata quindi ritenuta da me ingannevole. 
 

Non appena ho trovato le illustrazioni eseguite dallo stesso autore per i suoi testi, ecco che sono iniziate le sorprese.
1) Il Nerkle non ha nulla a che fare col Nerd: è una specie di bradipo allampanato, dotato di un esile collo di giraffa e di una lunghissima proboscide.
2) Il Nerd invece è un macaco con gli occhi strabuzzati dalle orbite, lo sguardo fisso e strabico, il capo ornato da vistosi ciuffi di capelli bianchi e di barba dello stesso colore. Non esiste modo di capire cos'è un Nerkle sapendo soltanto cos'è un Nerd
3) Vediamo anche che il Seersucker è proprio un effeminato succhiatore di uccelli e non ha nulla a che fare col tessuto a strisce che porta lo stesso nome: l'illustrazione lo mostra come un grosso scimmione giallastro, quasi glabro, dallo sguardo sognante e intento a masticare alcuni fiori. Senza dubbio Geisel voleva chiamare la sua creatura Cocksucker, ma non ha potuto farlo per ragioni di decenza. La figura è la caricatura di un corpulento omosessuale passivo, su questo non ci sono dubbi.
N.B.
Con grande costernazione ho appreso che di recente If I Ran the Zoo è stato accusato di diffondere "stereotipi razzisti" e di "incitare all'odio": i fanatici del buonismo politically correct hanno accusato il suo autore di essere un "suprematista bianco" e addirittura un affiliato del Ku Klux Klan. Adesso ci sono campagne per fare pile dei suoi libri e darli alle fiamme in nome dell'inclusivismo
 

Non c'è alcuna menzione nel testo dell'ineffabile Dr. Seuss alla reale semantica di Nerd e non è immediato riuscire a capire cosa gli passasse per la testa quando si è messo a scrivere. Fatto sta che già nel 1951, un anno dopo la pubblicazione di If I Ran the Zoo, su un quotidiano si trova attestata la parola nerd col significato di "persona non interessante" (drip) o "persona convenzionale, antiquata" (square). Si può pensare che un compagno di scuola dello scrittore facesse di cognome proprio Nerd e che fosse un albino rachitico con gli occhi arrossati strabuzzati dalle orbite. Forse era un pignolo, secchione e antipaticissimo? Forse, più che essere vittima di scherzi, questo Nerd era anche molesto? Si potrebbe credere che abbia fatto un torto a Ted Geisel e che questi si sia vendicato trasformandolo in un personaggio del suo libro? Oppure Geisel era il bullo che aveva preso di mira questo Nerd? Si noterà che il Nerd raffigurato nel libro è truce, minaccioso. Non ha l'aria di essere una vittima. 
 
Nel corso delle mie ricerche ho scoperto che il cognome Nerd esiste davvero, anche se è molto raro. È di origine ashkenazita. Ho trovato in un sito di genealogia una donna il cui cognome è Nerd (nata Abramowitz), e indovinate un po': la sua foto mostra che ha una fisionomia nerdesca al massimo grado, con tanto di occhiali spessi come fondi di bottiglia! Sono convinto che l'origine ultima della parola nerd sia proprio il cognome Nerd. Ora bisognerà capirne l'origine. Non è difficile. Viene dall'ebraico נֵרְדְ nēred "nardo". Sono pronto a sostenere a spada tratta questa etimologia. Sono più incline a credere che Geisel non amasse i suoi compagni di scuola e che per questo li abbia dipinti come strani animali. Com'ebbe a dire Philip K. Dick, se si colpisce uno scrittore bisogna essere sicuri di ucciderlo, perché altrimenti si rialzerà e si vendicherà, mettendosi a scrivere! A scrivere... e a disegnare, aggiungo.
 
Negli anni '60 cominciò a comparire la variante ortografica nurd. Philip K. Dick si attribuì la sua creazione nel 1973, anche se questa rivendicazione non ha reali basi. La prima attestazione di nurd compare in una pubblicazione universitaria del  Rensselaer Polytechnic Institute (New York). Proprio in tale università è tramandata oralmente una strana tradizione etimologica che attribuisce alla parola nurd un'origine non onomastica. Secondo questa narrazione, nurd, scritto un tempo anche gnurd o addirittura knurd, altro non sarebbe che drunk "ubriaco" scritto al contrario e pronunciato di conseguenza. La spiegazione data dagli universitari sarebbe questa: i secchioni, passando il loro tempo sui libri ed essendo malvisti, non frequentavano le feste a base di alcol tenute dagli studenti "fighi" (cool). Quindi erano sobri o astemi, il contrario degli ubriachi, anche perché nessuno avrebbe servito loro da bere. Così la parola drunk sarebbe stato invertita in knurd e usata per indicarli. Si noterà che esiste una tradizione anglosassone del Backslang. Si tratta di un gergo fondato sull'inversione grafica delle parole, con alcune modifiche per renderle pronunciabili. L'epicentro del Backslang è Londra, ma potrebbe essere usato anche in altri paesi anglosassoni. Ci sono però alcuni problemi: 
1) Il Backslang non inverte mai il significato delle parole. Così doog significa "buono" (< good) e non "cattivo"; dab, deb significa cattivo (< bad) e non "buono". Dog significa "Dio" (< God) e non "Diavolo", etc.
2) Il Backslang sillaba i gruppi consonantici ardui per renderli pronunciabili. Così bemal, beemal significa "agnello" (< lamb); kanurd significa "ubriaco" (< drunk): non si produce mai knurd "sobrio, astemio".
Naturalmente è possibile che al Rensselaer Polytechnic Institute fosse in uso un Backslang diverso da quello londinese. Si tratterebbe dunque di un gergo che invertiva le parole foneticamente e spesso anche nel significato. Il problema è che non mi risulta documentato. L'idea stessa dei Nerd astemi ha tutta l'aria di fondarsi su una storiella creata a bella posta per spiegare una parola difficile. In ogni caso, il termine nurd è attestato anche nel Massachusetts Institute of Technology nel 1971.     

Altre ipotesi sono ancor più surreali. Secondo una di queste, nerd sarebbe derivato da una nasalizzazione espressiva di turd "stronzo, grosso escremento". Gli etimologi americani prediligono invece l'alterazione di nut "pazzo" (alla lettera "noce", ossia "testicolo, coglione"), nutcase "persona eccentrica; pazzo" ("caso o condizione di pazzia", cfr. mental case alla lettera "caso mentale"), che sarebbe stato trasformato in nert per rimuovere la volgarità; la glossa corrente è "individuo stupido o pazzo" (stupid or crazy person). A quanto pare si registrano occorrenze di nert con questi significati già negli anni '40. Se questo fosse confermato, la teoria di una derivazione dal cognome Nerd potrebbe andare in crisi? Non necessariamente. Secondo me potrebbe anche darsi che l'origine di queste attestazioni precoci fosse proprio Ted Geisel, che avrebbe diffuso la parola ben prima della pubblicazione del suo libro illustrato per bambini. Un'altra ipotesi, un po' audace, è che nert e nerd non abbiano davvero la stessa origine, essendoci stata una sovrapposizione solo in un secondo tempo. Faccio notare che non si riesce a trovare la documentazione necessaria a risolvere una volta per tutte il problema. 
 
Un interessante derivato di nerd è l'aggettivo nerdy "da nerd; da sfigato" (detto di persona, di aspetto, di comportamento, etc.). Google permette di trovare un gran numero di siti con immagini e filmati delle nerdy girls, ragazze occhialute che fellano, copulano e si esibiscono con lo sperma in bocca.
 
La quadrilogia dei Nerds  
 
Attualmente la parola nerd non è più per necessità un insulto: sono sorti movimenti che ne hanno fatto un termine di orgoglio. Com'è stato possibile? Interamente grazie alla Settima Arte. Nello specifico, il merito va a quattro film che costituiscono una sorta di quadrilogia: 
 
1) La rivincita dei Nerds (Revenge of the Nerds), di Jeff Kanew (1984)
2) La rivincita dei Nerds II (Revenge of the Nerds II - Nerds in Paradise), di Joe Roth, 1987 
3) La rivincita dei Nerds III (Revenge of the Nerds III: The Next Generation), di Roland Mesa, 1992
4) La rivincita dei Nerds IV (Revenge of the Nerds IV: Nerds in Love), di Steve Zacharias, 1994  
 
Questa è una sintesi dei contenuti: I Nerd, bullizzati e perseguitati dagli energumeni sportivi dell'associazione universitaria Alpha Beta, per difendersi dalle angherie formano l'associazione Lambda-Lambda-Lambda (Tri-Lambda); servendosi del proprio grande intelletto riescono a vendicarsi dei loro aguzzini e ad annichilirli, passando da uno strabiliante successo all'altro. 
Il primo di questi film ebbe una certa popolarità in Italia e ricordo che veniva spesso passato in televisione. Senza dubbio ha introdotto nel Bel Paese la parola nerd.

venerdì 24 aprile 2020

ALCUNE NOTE SULL'ETIMOLOGIA DI OK

Tutti conoscono la locuzione Okay, scritta anche OK, Ok, O.K., che è sinonimo di "va bene". Si è diffusa a partire dagli Stati Uniti d'America - e su questo tutti sono d'accordo - ma pochi si domandano quale sia la sua vera origine. Eppure sono stati scritte così tante pagine sull'etimologia di OK che non si potrebbe nemmeno riuscire a contarle: si farebbe prima a pesarle. Non c'è una sola opera dell'ingegno umano che possa davvero fornire una soluzione certa di questo annoso problema. Possiamo dire che siamo di fronte a una realtà ben definibile come pantano etimologico
 
Spiegazioni acronimiche 
 
In qualche modo è sempre stato dato per scontato che OK non sia una vera e propria parola di un linguaggio naturale, bensì una sigla o un acronimo, una specie di abbreviazione composta dalle iniziali di un nominativo o di una frase. Non per niente una variante diffusa è proprio O.K., con tanto di lettere puntate che sembrano dare conferma di questa idea, così radicata nell'immaginario collettivo. Non fa qindi specie che siano state elaborati molti tentativi ad hoc per individuare il nominativo o la frase all'origine della supposta abbreviazione. 
 
Tra gli snob di Boston nel XIX secolo erano in uso due passatempi abbastanza futili: la costruzione di acronimi e le gare di ortografia umoristica (certo, a Sodoma si divertivano di più). Così è opinione comune che nei salotti qualche bostoniano durante una serata frizzante passata a ideare "comical mispellings" se ne sia uscito a scrivere oll korrect (o addirittura orl korrect, ole kurreck) anziché all correct, e da qui sarebbe derivato direttamente l'acronimo OK. Non per niente la prima attestazione di OK risale al 1939 e compare proprio sul quotidiano The Boston Post. Altri esempi di inutili creazioni dei questi cervellotici idioti di Boston sono le seguenti:  NG "no go", OFM "our first man", GT "gone to Texas", SP "small potatos". A quanto pare è stato addirittura individuato un predecessore di OK: all right, scritto comicamente oll wright, fu quindi abbreviato in OW.
 
Quando ero al liceo ero afflitto da un insopportabile genialoide, un biondino effeminato e molesto, fanatico pierangelista, convinto di avere la spiegazione definitiva di ogni cosa. Questo individuo era più irritante di una cimice dei letti. Un giorno la professoressa di inglese gli chiese se sapesse da dove ha avuto origine la locuzione OK. Lui rispose con supponenza che si trattava di una sigla formata dalle iniziali del nome di un club politico, il cosiddetto Old Kinderhook, che in occasione delle elezioni presidenziali del 1840 sosteneva il candidato democratico Martin Van Buren. Tale politicante era nato proprio a Kinderhook, nello Stato di New York, cosa che aveva dato nome al club. Il biondino odioso ne era convinto e non ammetteva dubbi: OK era proprio il nome di un club politico. Lo sosteneva con lo stesso fervore da pasdaran con cui propugnava la cosmologia del Big Bang, l'evoluzionismo di Darwin o l'origine della coscienza nella biochimica del cervello. Il contraddittorio non era previsto. Il biondino non era un essere umano, era un gelido androide. Per fortuna l'insegnante espresse dubbi su questa storiella dell'Old Kinderhook, e non gli diede soddisfazione, preferendo la teoria della derivazione di OK dalle iniziali di oll korrect
 
Il mondo accademico ritiene che le due spiegazioni appena riportate siano anche le più probabili. Quando un utente digita in Google la chiave di ricerca "OK etimologia", il motore mette in bella mostra un riquadro che riporta la storiella dell'Old Kinderhook e della candidatura di Van Buren alle presidenziali del 1840. La chiave di ricerca "OK etymology", in ingelse, fornisce un risultato simile ma più esteso e con anche un riferimento a orl korrect, postulando un'interferenza: l'abbreviazione di Old Kinderhook si sarebbe imposta sfruttando la popolarità della preesistente abbreviazione bostoniana di orl kurrect. Per molti è ragionevole che sia andata proprio così. Questo non toglie che siano state formulati molti altri tentativi di penetrare i misteri dell'OK. Sembrano tutte abbastanza stravaganti e surreali. Nella migliore delle ipotesi presuppongono storielle fabbricate a bella posta dal nulla. 

1) Greco: Ὅλα Καλά (ola kalá) "tutto bene"
Si suppone che la siglia fosse usata dagli immigranti greci nei telegrammi per limitare le spese; secondo altri sarebbe stata usata dagli insegnanti nella correzione dei compiti degli studenti; secondo altri ancora il suo uso sarebbe nato tra i marinai greci.
2) Russo: очень хорошо (očen' khorošó) "molto bene"
Si suppone che questa fosse un'esclamazione usata dagli scaricatori di porto ucraini a Odessa per segnalare che il caricamento delle merci era andato a buon fine. Ne sarebbe quindi derivata una sigla da scrivere sulle casse.  
3) Tedesco: ohne Korrektur "senza correzione" 
Si suppone che la sigla fosse usata dagli insegnanti nella correzione dei compiti; forse diffuso dalle minoranze germanofone del Texas? 
4) Tedesco: Ober Kommando "Alto Comando"
L'abbreviazione sarebbe nata tra i contingenti militari Assiani utilizzati dall'Impero Britannico per reprimere la Rivoluzione Americana. Oggi si scriverebbe piuttosto Oberkommando. Non manca chi suppone che OK stia invece per Oberst Kommandant, "colonnello in comando". La semantica è piuttosto forzata.  
5) Inglese: Order Received "ordine ricevuto", con la lettera R letta male come K.
L'errore sarebbe di lettura stato commesso un commesso nero semianalfabeta in una fattura di vendita, ma a quanto pare si tratta di una storiella inventata di sana pianta dallo storico Albigence Waldo Putnam.
6) Inglese: opposto di KO, abbreviazione di knockout.
Si presuppone l'origine della sigla nel gergo del pugilato, secondo l'idea che invertendo le lettere di una parola o di una siglia se ne invertirebbe magicamente anche il significato.
7) Inglese: cattiva lettura di 0k "zero killed", ossia "nessun ucciso"
Si tratterebbe di una specie di contrassegno usato dai militari americani per segnalare che una battaglia o una missione di combattimento si era conclusa senza nessuna perdita.
8) Inglese: Open Key "comunicazione aperta", ossia "pronto a trasmettere" 
Si presuppone l'origine della sigla nel gergo dei telegrafisti. Questa storiella sarebbe nata da un equivoco a partire da un telegramma in cui O.K. sta verosimilmente per oll korrect
9) Inglese: outer keel "chiglia esterna"
La sigla OK N° 1 sarebbe stata usata dai costruttori di navi dallo scafo di legno per contrassegnare la prima trave che doveva essere posata.
10) Inglese: King's Observatory "Osservatorio del Re" 
La siglia, a dire il vero KO, sarebbe comparsa sugli strumenti di precisione certificati dall'Osservatorio, che aveva sede a Richmond, nei pressi di Londra (la costruzione esiste ancora ma è una dimora privata). Questo KO era scritto in modo bizzarro, coi caratteri sovrapposti, tanto da essere letto erroneamente OK.   
11) Francese: au courant "al corrente", "consapevole di qualcosa" 
In una poesia dell'umorista Charles Godfrey Leland compare il personaggio di Hans Breitmann, immigrato tedesco semicolto, che avrebbe scritto male le iniziali della locuzione francese, dando origine a O.K. 
12) Latino: Omnis Korrecta (secondo altre fonti Omnes Korrecta) "tutta corretta" 
La sigla sarebbe stata usata dagli insegnanti nella correzione dei compiti degli studenti. Questa proposta di spiegazione è comparsa sul quotidiano The Vancouver Sun. I casi sono due: o l'autore non conosceva bene il latino, oppure presupponeva che la locuzione si riferisse a un sostantivo femminile sottinteso. Forse sarebbe stato meglio un neutro plurale, omnia correcta. La K si deve a una grafia fantasiosa come si è visto in altri casi simili.  
 
Sono assai numerosi i tentativi di ricondurre OK alle iniziali di qualche personaggio, reale o fantomatico, vissuto in passato. In genere si tratta di politici, ufficiali, funzionari o altre persone che si occupavano di controllare qualche tipo di merce apponendovi le proprie iniziali, di compilare elenchi o di firmare documenti. A parer mio si tratta di trovate ridicole, in ogni caso riporto quelle di cui sono venuto a conoscenza:  

i) Otto Kaiser, industriale tedesco che avrebbe apposto le proprie iniziali alla merce destinata all'imbarco, allo scopo di certificarla.
ii) Onslow e Kilbracken, parlamentari inglesi che avrebbero apposto le proprie iniziali alle proposte di legge da loro revisionate.   
iii) Orrin Kendall, produttore di biscotti e fornitore del Dipartimento di Guerra dell'Unione durante la Guerra Civile: su ogni biscotto ci sarebbero state le sue iniziali.
iv) Otis Kendall, controllore di merci nel porto di New York: su ogni cassa ispezionata avrebbe apposto le proprie iniziali.
v) Old Keokuk, capo degli Indiani Sawk, avrebbe siglato i trattati con O.K., dalle iniziali del suo nome.
 
Spiegazioni non acronimiche 
 
I Choctaw e i Chickasaw parlavano la stessa lingua. Nella lingua di questi popoli non esisteva un verbo in grado di tradurre "to be" dell'inglese (corrispondente a esse in latino). Si ovviava a questa carenza utilizzando una parola enfatica okéh, traducibile con "(è) così" o con "(è) vero", che concludeva ogni frase. La frase "l'indiano Choctaw è un buon compagno" si traduce con hattak upeh hoomah chahtah achookmah okéh (alla lettera "uomo corpo rosso Choctaw buono è così"). Il Generale Andrew Jackson abitò tra i Choctaw, quando ancora non era famoso, e deve aver sentito spesso pronunciare la parola in questione. Potrebbe quindi averla adottata come parte del proprio linguaggio colloquiale, mantenendo questo costume una volta diventato Presidente degli States. Questo è ciò che pensava William S. Wyman. Secondo un altro studioso, William H. Murray, l'origine di OK sarebbe sempre Choctaw, ma deriverebbe piuttosto da un'altra forma verbale: si hoka, traducibile con "sono io" o con "questo è ciò che ho detto". Si noterà che la forma riportata come okéh da Wyman oggi viene trascritta come okii e suona verosimilmente /o'ki:/.  
 
Nella lingua dei Lakota hoka hey significa "su, andiamo!" e traduce l'inglese "let's go!" o "let's do it". La pronuncia non è molto dissimile da quella dell'inglese americano OK e la semantica non è incompatibile. A proposito della locuzione Lakota, si menziona un singolare fraintendimento. Cavallo Pazzo (Tashunka Witko), che fu un valorosissimo condottiero degli Oglala, usava incoraggiare i suoi guerrieri con la frase "Hoka hey, oggi è un buon giorno per morire!" (in inglese "Hoka hey, today is a good day to die!"). Ebbene, negli States molti hanno creduto che la seconda parte della frase fosse proprio la traduzione di hoka hey, cosa che non corrisponde al vero. La frase originale in Lakota è "Nake nula wauŋ welo!", la cui traduzione accurata è "Sono pronto per qualunque cosa accada!" Certo, il succo del discorso è lo stesso. 
 
Nella lingua degli Wolof dell'Africa Occidentale (Senegal) waw-kay significa "sì, certo" ed è formata a partire da waw "sì" e dalla particella enfatica -kay. Le forme riportate non sono trascritte secondo l'ortografia anglosassone come potrebbe pensare a prima vista: c'è chi scrive waaw anziché waw, evidentemente la pronuncia è /wa:u/, /wa:u'kai/. La particella -kay si trova anche in axakay "sì", dove -x- è una forte aspirazione. Credo quindi che sia frutto di un fraintendimento la trascrizione "fonetica" uou-key che compare spesso nei siti web in italiano, venendo tra l'altro descritta come "Bantu". Una forma assai simile, waw-key, è considerata Bantu anche in siti web in inglese, anche se non ho potuto trovare la necessaria documentazione. Una forma simile al Wolof waw-kay si trova invece nella lingua dei Mandingo, ma con una fonetica forse più adatta a spiegare l'inglese OK: o ke "certo", "è così". Queste forme africane sarebbero state portate in America per via del traffico di schiavi. Trovo molto interessante notare che una forma kay "sì, certo", spesso scritta 'kay come se fosse derivata da un precendente okay, si trova nel linguaggio afroamericano: "Kay, massa, you just leave me, me sit here, great fish jump up into da canoe, here he be, massa, fine fish, massa; me den very grad; den me sit very still, until another great fish jump into de canoe;..." (J. F. D. Smyth, A Tour in the United States of America, 1784). 

Riporto una serie di altre proposte etimologiche non fondate su acronimi:  
 
1) Francese: aux quais "ai moli", au quai "al molo"
2) Francese: Aux Cayes "A Cayes", essendo Les Cayes una città di Haiti da cui si importava il rum. 
3) Francese: o qu'oui "certo che sì" 
4) Occitano: oc "sì". La parola sarebbe stata introdotta da coloni giunti nella Lousiana. 
5) Latino: hoc est "questo è" (usato come affermazione). La locuzione sarebbe stata diffusa a partire dal linguaggio degli studenti. 
6) Finlandese: oikea "corretto, giusto", ma anche "destro", proprio come accade nella semantica dell'inglese right. Esempio: se oli oikea vastaus "era una risposta corretta". Secondo le ricostruzioni degli uralisti questa parola deriva dal protofinnico *oikeda, a sua volta dal proto-finnopermico *wojketa
7) Scots: och aye (pron. /ox 'eɪ/, /oχ 'eɪ/) "oh sì". Non esistendo in inglese americano una consonante aspirata /x/ o /χ/ questa sarebbe stata adattata come una semplice occlusiva /k/. Nel Web in italiano la locuzione viene erroneamente attribuita al gaelico, ma si tratta di un errore. Lo scots è una lingua anglosassone come l'inglese. 

Mi sono imbattuto anche nel tentativo di ricondurre OK a una formula magica greca (di origine egiziana), ὤχ, ὤχ (okh okh), usata per scacciare le pulci. Credo che la proposta etimologica sia una pura e semplice burla.
 
Old Kinderhook e Old Kindersly  
 
C'è anche un altro O.K. negli Stati Uniti d'America, che nulla ha a che vedere con quello di cui stiamo trattando. Si tratta del famoso O.K. Corral, nei pressi di Tombston (Arizona), dove nel 1881 avvenne una sparatoria tra i fratelli Earp, sostenuti dal pistolero Doc Holliday, e la banda dei Cowboys. Questo microtoponimo deriva a quanto pare dall'abbreviazione di Old Kindersly Corral, a sua volta dal nome del primo proprietario di quel luogo desolato (corral significa "recinto"). Certo, non esiste alcuna connessione con OK "va bene", ma trovo bizzarra l'assonanza tra Old Kindersly e Old Kinderhook. Questo dimostra se non altro l'immensa diffusione della mania acronimica in tutto l'immenso territorio degli Stati Uniti, tanto da trovarsene esempi anche nelle zone più inaccessibili. 
 
Conclusioni  
 
A parer mio si salvano soltanto due ipotesi, che posso considerare decenti e abbastanza probabili: quella dell'origine dal Choctaw e quella dell'origine africana. Come terza possibilità potrei pensare al Lakota, anche se non mi convince del tutto. Il problema è che non riesco a decidere. Non possiedo tuttavia alcuna certezza definitiva. Troppo forte è il rumore di fondo. Rigetto senz'altro gli acronimi, le sigle e simili. Sfido chiunque a trovarmi uno straccio di prova materiale a favore di tali contorte fabbricazioni, tipo una trave con la scritta OK N° 1, una cassa con le iniziali di Otis Kendall, un documento militare che riporti il codice 0k e via discorrendo.

ALCUNE NOTE SULL'ETIMOLOGIA DI QUIZ

Tutti sanno che il quiz è una domanda (verbale o scritta), a cui una persona viene sottoposta per dimostrare la sua preparazione o per mettere alla prova la sua memoria. Il dizionario etimologico della lingua inglese Etymonline.com fornisce la seguente glossa: "brief examination of a student on some subject". La prima attestazione nota della parola quiz con questo significato è del 1852. Reso popolarissimo nell'epoca della radio, il quiz è passato anche in italiano. In inglese la pronuncia è /kwiz/, con la sibilante finale sonora (la cosiddetta "s dolce" o "-s- di rosa"), ma in italiano ha assumendo una pronuncia ortografica /kwits/, con un'affricata sorda, come di solito avviene in casi dimili. Molti danno per scontato che quiz altro non sia che un'abbreviazione di inquisitive "curioso, indagatore, inquisitorio" o di inquisition "investigazione". Google sembra dare per scontata questa spiegazione: se un utente digita la chiave di ricerca "quiz etymology", compare un riquadro che mostra proprio questa spiegazione. Tutto sembrerebbe acclarato, piano e semplice. Non potrebbe esistere un giudizio più avventato. L'etimologia di quiz è ben lungi dall'essere lineare. Procediamo con ordine. 

Lo stesso dizionario etimologico Etymonline spiega l'esistenza di un altro significato della parola quiz, che è documentato già nel XVIII secolo. Risale infatti al 1782 la prima attestazione di quiz col significato di "odd person", ossia "persona bizzarra", nel diario della scrittrice inglese Frances "Fanny" Burney (1752 - 1840). La stessa glossa "odd person" è riportata nel Random House Dictionary. Nel 1842 il compositore inglese Charles Dibdin scrisse quanto segue: 
 
The word Quiz is a sort of a kind of a word
That people apply to some being absurd;
One who seems, as t'were oddly your fancy to strike
In a sort of a fashion you somehow don't like
A mixture of odd, and of queer, and all that
Which one hates, just, you know, as some folks hate a cat;
A comical, whimsical, strange, droll — that is,
You know what I mean; 'tis — in short, — 'tis a quiz!
(tratto da "Etymology of Quiz") 

Un altro significato di quiz, attestato nel tardo XVIII secolo e oggi desueto, era quello di "giocattolo simile allo yo-yo" (Century Dictionary). Si pensa che in questa accezione quiz sia derivato una variante dialettale del verbo to whiz "muoversi velocemente con un sibilo". Non è impossibile, dato che in alcuni dialetti wh- ha conservato l'antico suono aspirato /hw-/. Questo suono può essere stato indurito in /kw/ da alcuni parlanti (forse bambini o minorati mentali): 
 
/hwiz/ => /kwiz/  
 
Questo mi fa venire un'idea. Se quiz "tipo di giocattolo" è dalla radice di to whiz "muoversi velocemente con un sibilo", potrebbe anche essere che quiz "individuo bizzarro" sia derivato da una simile alterazione infantile o dialettale di whims, plurale di whim "capriccio, fantasia, idea balzana": 
 
/hwimz/ => /kwiz/ 

A riprova di questo c'è il fatto che esiste un aggettivo quizzical "bizzarro, eccentrico, stravagante", senza dubbio molto simile foneticamente, morfologicamente e semanticamente a whimsical "capriccioso, impulsivo", ma anche "inusuale, strano (in un modo che può risultare fastidioso)". La stessa radice di quizzical potrebbe aver dato origine all'aggettivo quisby, attestato col senso di "strano, bizzarro" (queer, peculiar), anche se in origine aveva il senso di "meschino, miserabile, fallito" (mean, wretched, bankrupt). 
 
Mi sono imbattuto in un'ipotesi alternativa, ingegnosa quanto posticcia. Una frase latina di Orazio, vir bonus est quis? "chi è un uomo buono?", sarebbe stata trascritta male da uno studente. Il risultato, vir bonus est quiz, sarebbe stato interpretato come "l'uomo buono è un mistero", perché se si capiva benissimo il significato di vir bonus est, restava una parola residua quiz, che non compariva in nessun dizionario. Un caso simile è quello dell'italiano busillis, nato dall'errata segmentazione di in diebus illis "in quei giorni", scritto in die busillis e interpretato come "nel giorno del busillis", ossia "nel giorno del rompicapo", perché busillis non compariva in nessun dizionario. Così vir bonus est quiz sarebbe passato a significare "l'uomo buono è un individuo bizzarro"
 
L'estrema complessità di questa fabbricazione stride con l'estrema semplicità della derivazione di quiz da whims. Sono incline a considerare la questione risolta. 
 
Appurata l'origine di quiz "individuo bizzarro", dobbiamo cercare di chiarire anche la sua eventuale connessione con l'etimologia di quiz "esame di uno studente". 

Prima possibilità:
Da quiz "individuo bizzarro" si è innescata una catena di slittamenti semantici che hanno condotto infine a quiz "esame di uno studente". Considerata l'innata crudeltà degli ambienti scolastici, in cui i bulli fanno branco e sono alla perenne ricerca di qualcuno da perseguitare, si potrebbero supporre i seguenti passaggi, tutti abbastanza forzati: 

"individuo bizzarro" => "presa in giro rivolta a un individuo bizzarro" => "esame burlesco con cui si tormentava un individuo bizzarro" => "esame scherzoso" => "esame, questionario"   
 
Un'alternativa consisterebbe in una diversa catena di slittamenti semantici, a malapena più plausibili: 
 
"individuo bizzarro" => "persona incomprensibile, misteriosa" => "cosa che non si riesce a capire, mistero" => "interrogativo, domanda senza risposta" => "insieme di domande" => "esame, questionario"
 
Seconda possibilità:
La parola quiz "individuo bizzarro" non è in alcun modo connessa etimologicamente a quiz "esame di uno studente" e si tratterebbe soltanto di una coincidenza. 
 
La seconda possibilità è a mio avviso quella giusta. 
 
Una storiella ridicola 
 
Come sempre accade, anche nel caso dell'etimologia di quiz qualcuno si è preso la briga di inventare una leggenda apocrifa e meritevole soltanto di irrisione. Nel 1791 un impresario teatrale di Dublino, certo Richard Daly, avrebbe scommesso di essere in grado di diffondere per tutta la città una parola inventata e che nel giro di un paio di giorni sarebbe stata la gente a fornirle un significato. Così avrebbe incaricato il suo staff di mettersi a scrivere ovunque col gesso le lettere QUIZ, sulle porte, sulle finestre e sui muri Sia i popolani che i notabili sarebbero rimasti sorpresi nel vedere quella parola sconosciuta, presto adottata coi significati di "inganno",  "cosa strana", "mistero", "interrogativo". Mi pare superfluo aggiungere che non esiste uno straccio di prova di questo fantomatico Richard Daly - e nessuno potrà mai convincermi del contrario. La sua leggenda si sparse a causa della mala genia dei giornalisti, che cominciarono a pubblicarla nel 1835 sui loro rotoli di carta igienica (es. New York Mirror, The Mirror, The London and Paris Observer, etc.). Per quanto possa sembrare incredibile, c'è chi sostiene una storia simile a quella di Daly, ma ambientata a Londra, in cui la parola scritta coi gessi sui muri era invece QUOZ. Il gestore del sito Visual Thesaurus (www.visualthesaurus.com) sostiene che questa narrazione sarebbe attestata su diversi quotidiani addirittura nel 1789, aggiungendo che ne avrebbe parlato persino Thomas Paine nella sua opera The Rights of Man (1792). Riporto il link al sito in questione:
 

Che altro possiamo dire? Dopo QUIZ e QUOZ, adesso ci manca soltanto QUAZ!

Una spiegazione plausibile 
 
L'ipotesi più diretta e semplice è che quiz derivi dalle frasi interrogative latine quis est? "chi è?" e quid est? "cos'è?", "qual è?". Riporto alcuni esempi:
 
Quis est: 
 
Quis est iste qui venit? "Chi è questo che viene?"
Quis est ille vir? Agnoscine eum? "Chi è quell'uomo? Lo conosci?"

Quid est: 

Quid est homo? "Cos'è l'uomo?"
Quid est nomen tibi? "Come ti chiami?"
Quid est nomen huic cani? "Qual è il nome di questo cane?" 
 
La scuola è sempre stata una fabbrica di cattive pronunce delle lingue insegnate. Senza timore di essere smentito, affermo quanto segue: l'insegnamento scolastico ostacola in modo insormontabile ogni tentativo di apprendere qualsiasi lingua, moderna o antica. Con ben poche eccezioni, ogni insegnante è un capetto tirannico, un piccolo e miserabile feudatario che in concreto difende i propri interessi, protegge i bulli e trasmette informazioni distorte. Esiste una teoria secondo cui quiz sarebbe stato scritto quies e sarebbe derivato dalla domanda "qui es?", ossia "chi sei?", tradizionalmente la prima che veniva posta a un esaminando. Il punto è che in latino si deve dire "quis es?", perché il pronome interrogativo (maschile e femminile) è quis, non qui, che è il pronome relativo maschile. Questo "qui es?" è l'ennesima distorsione scolastica: chi lo ha postulato è arrivato vicino alla verità ma se l'è lasciata sfuggire. Fuochino, non fuoco.  
 
In Italia la scuola insegna a pronunciare quis est come se fosse scritto QUI SÈST, con un fortissimo accento su SÈST, e a pronunciare quid est come se fosse scritto QUI DÈST, con un fortissimo accento su DÈST. Gli studenti anglosassoni invece realizzano le forme interrogative latine in modo diverso e più realistico, ponendo l'accento sul pronome anziché sul verbo, e contraendo il più possibile la sillaba atona. Il problema è che la sibilante -s- di quis finisce col diventare sonora, come la -s- di rosa. Così ecco che pronunciano quis est come /'kwɪzest/  e quid est suona /'kwɪdest/. Orbene, /'kwɪzest/ e /'kwɪdest/ si riducono prima a /'kwɪzəst/ e a /'kwɪdəst/ rispettivamente. A questo punto entrambe le forme si contraggono ulteriormente diventando /kwɪzt/ e quindi /kwɪz/. Ecco spiegato l'arcano. Nel linguaggio scolastico quis est iste deve essere diventato *quiz iste e quid est nomen deve essere diventato *quiz nomen. A mio parere questa è la spiegazione, ultima e definitiva, del mistero del quiz
 
Forme contratte in latino 
 
Troviamo che nella lingua di Roma esistevano già forme contratte, anche se la pronuncia era diversa da quella degli studenti anglosassoni: 
 
quist < qui est
Plauto: Estne hic parasitus, missus quist in Cariam?
Plauto: Homini amico quist amicus ita ut nomen possidet / nisi deos ei nil praestare 
 
quist < quis est 
Plauto: Quist qui nostris tam proterve foribus facit iniuriam?

quidst < quid est  
Terenzio: Quidst mihi quod malim quam quod hinc intelligo evenire?
 
In particolare la forma quidst, la cui pronuncia somiglia davvero tanto a quella dell'italiano quiz, è guardata con tale obbrobrio dagli editori da essere stata ricostruita come quid est anche se così non sta nel verso. Ci si accorge che le stesse opere di Plauto mostrano talvolta goffe ricostruzioni editoriali, con quist qui riportato come quis est qui. Non stiamo parlando di autori tardi della decadenza, faccio notare. Le forme contratte sono una realtà, anche se nei licei italiani questo dato di fatto viene ignorato bellamente.

mercoledì 22 aprile 2020

ALCUNE NOTE SULL'ETIMOLOGIA DI ZOMBIE

Sono ossessionato dagli zombie! Non riesco quasi a pensare ad altro, forse perché io stesso sto lentamente trasformandomi in un morto vivente, sprofondato come sono nella mia reclusione da hikikomori. Nulla di più naturale quindi di un'accurata indagine etimologica sulle origini della parola zombie. Spero che fornirà interessanti spunti di riflessione agli eventuali lettori del mio spazio virtuale. 
 
Alcune false etimologie 
 
In inglese la parola zombie è stata documentata per la prima volta nel 1819 dal poeta romantico inglese Roberth Southey (1774 - 1843), in una storia brasiliana. Tuttavia non ci sono dubbi che il centro di diffusione del fatidico vocabolo sia l'isola di Haiti, nel cui creolo è attestato come zonbi
Come spesso accade, i romanisti cercano di ricondurre qualsiasi parola a un'origine romanza. Per quanto possa apparire assurdo, ci hanno provato anche con zombie. Queste sono le due banali teorie romanistiche in cui mi sono imbattuto: 
1) zombie deriverebbe dal francese les ombres "le ombre";
2) zombie deriverebbe  dallo spagnolo sombra "ombra".
Sia la parola francese ombre che quella spagnola sombra derivano in ultima analisi dal latino umbra (la forma spagnola viene da un composto castigliano antico con so "giù", naturale evoluzione del latino sub). Tutti questi balbettamenti sono meritevoli di irrisione e di scherno.  
 
La vera origine africana della parola   

In realtà la parola zombie proviene da una lingua di ceppo bantu dell'Africa Occidentale. La forma più adatta sembra essere il Kikongo zumbi "feticcio". In Kimbundu nzumbi significa "spettro" e più precisamente indica un fantasma che rientra nel mondo dei vivi per tormentarli. In altre lingue del Congo, sempre dello stesso tipo, abbiamo nzambi "divinità", vumbi, mvumbi "ritornante, cadavere che mantiene in sé lo spirito". Il significato originale doveva essere quello di "divinità". Questa è la catena di slittamenti semantici da me postulata: 
 
"divinità, simulacro" => "spirito di un morto" => "corpo che ha in sé lo spirito del morto" => "ritornante, morto vivente"
 
Il tentativo di ricostruzione di una protoforma deve tener conto dell'alternanza tra z- (zumbi, nzambi, etc.) e v- (vumbi, mvumbi), che conduce a una fricativa interdentale sonora dh- /ð/, la stessa che troviamo nell'inglese the, this, etc. Così ricostruisco *ndhuwambi "divinità, simulacro".  
 
Zumbi, lo Spartaco del Brasile 

A questo punto si comprende bene il significato del nome di Zumbi (1655 - 1695), l'ultimo leader del Quilombo di Palmares, in Brasile. Il Quilombo di Palmares era uno stato fondato nel 1600 da schiavi fuggiti dalle piantagioni di zucchero e rifugiatisi nella foresta. Era formato da un certo numero di villaggi fortificati, detti mocambo, e crebbe fino a controllare un'area vasta quanto quella del Portogallo. Zumbi nacque libero proprio a Palmares, ma fu catturato e venduto come schiavo a un prete. Apparteneva al lignaggio dei sovrani del Congo. A quindici anni fuggì e riuscì a ritornare tra la sua gente. Divenne un valoroso guerriero e un abile stratega. Dieci anni dopo il suo ritorno sottrasse il potere allo zio Ganga Zumba, che aveva accettato di sottomettersi al governatore portoghese in cambio di una promessa di libertà per le genti del Quilombo. Dopo 15 anni di fierissima resistenza, Zumbi venne catturato e infine decapitato. La sua testa fu esposta come monito, col pene reciso e collocato in bocca. Il governatore Caetano de Melo e Castro intendeva con questo terrorizzare i neri, dando un'evidente smentita di una strana superstizione che voleva Zumbi immortale. Ora posso dimostrare che questa superstizione aveva il suo fondamento nell'onomastica. Siccome Zumbi significa "divinità, feticcio, spirito", era già soltanto per questo creduto immortale. Gli schiavi in Brasile mantenevano le loro lingue africane ancora nel XVII secolo, come prova il fatto che Zumbi, rapito da piccolo, dovette imparare il portoghese, che non conosceva. Così si dice tuttora in Brasile di questo Spartaco, infaticabile difensore degli oppressi: "Eis o Espírito", ossia "Questo è lo Spirito". Non a caso: si tratta proprio della traduzione in portoghese del nome Zumbi

La zuvembie o zombie femmina
 
Pochi sanno che esiste anche la parola zuvembie "zombie femmina". In realtà è stata introdotta di recente, risalendo a un racconto di Robert E. Howard, Pidgeons from Hell (tradotto in italiano come I colombi dell'inferno), pubblicato postumo nel 1938 su Weird Tales. Howard, il creatore del celeberrimo personaggio di Conan il barbaro, non era esattamente un filologo. Mi domando come possa aver dato vita a una forma che conferma la mia ricostruzione protolinguistica. Bisognerebbe accertare se l'autore fantasy abbia preso la parola da qualche lingua africana o se abbia alterato capricciosamente zombie spinto dal proprio estro creativo. Purtroppo allo stato attuale delle conoscenze non mi è possibile approfondire la questione. Negli anni '70 la Marvel Comics sostituì con zuvembie la parola zombie, proibita dall'asfissiante censura buonista della Comics Code Authority, perché ritenuta "traumatizzante". In questa operazione si è persa l'originaria natura femminile della zuvembie, il cui nome è stato attribuito abusivamente anche a morti viventi resuscitati da cadaveri di maschi. Del resto, la Marvel non è proprio definibile come "Fronte della Cultura"
 
Un remoto prestito neolitico?  
 
Non può sfuggirmi la somiglianza che il nome dello zombie ha con la ricostruzione di una protoforma nordcaucasica, opera di Sergei Starostin, della Scuola di Mosca. Riporto in questa sede i dati, tratti dal database The Tower of Babel (starling.rinet.ru):    
 
Proto-Nord Caucasico: *ǝ̄mbi "dio, divinità" 
 
  Proto-Nakh: *c̣ēbV "divinità"
    Ceceno: c̣ū "divinità pagana"
    Ingush: c̣uw "prete"
    Batsbi: c̣ijb "idolo, dio"

  Proto-Avaro-Andi: *c̣:VbV "divinità" > "grazia"
    Àvaro: c̣:ob "misericordia, grazia"  
    Andi: c̣:ob "dio"

  Lak: c̣imi "grazia, misericordia, pietà"

  Proto-Dargwa: c̣um "pietà"
    Akusha: c̣um "pietà"

    N.B. I significati di "misericordia" e simili devono essersi formati a causa del passaggio all'Islam, che attribuisce a Dio gli epiteti "Misericordioso, Compassionevole". A parer mio non si può far risalire questa semantica alla fase di protolingua nord caucasica, come fa Starostin.
 
Hurritico: ažammi "immagine, figura" (ossia "idolo") 

La forma hurritica, che doveva avere una consonante sonora /ʒ/ e in cui -mm- doveva risalire a un precedente -mb-, è particolarmente simile alle forme africane. 

Questa è la mia ipotesi: da qualche lingua parlata nell'Europa del Neolitico, il nome del feticcio e del morto vivente è stato importato in Africa. La cosa non è poi così assurda come potrebbe sembrare a prima vista: è stata dimostrata l'esistenza di movimenti demici dall'Europa all'Africa, che hanno portato un'enorme quantità di materiale genetico europeo tra le genti africane, anche nelle aree più impervie. Si è potuto appurare che le genti neolitiche che hanno compiuto queste migrazioni, con ogni probabilità sotto la pressione di popoli indoeuropei, erano geneticamente simili agli odierni Sardi. Nel Web si trova molto materiale per approfondimenti. Riporto a titolo di esempio questo link:
 
 
Infine appongo una mia personale considerazione, con fede assoluta e incrollabile: GLI ZOMBIE ESISTONO!! 

lunedì 20 aprile 2020

ALCUNE NOTE SULL'ETIMOLOGIA DI GIZMO 'COSO, AGGEGGIO'

L'inglese d'America ha generato un numero immenso di parole che non hanno alcun riscontro nell'inglese britannico, a meno che non vi siano penetrate come prestiti. Tra queste peculiarità lessicali possiamo annoverare senza dubbio gizmo "coso, aggeggio, oggetto di cui non si conosce il nome". La consonante iniziale è un'occlusiva velare (la cosiddetta "g dura"). La -z- è sonora e suona come la -s- nella parola "rosa". La trascrizione fonetica IPA è /'ɡɪzmoʊ/ o /'gizməʊ/. Si trova anche la variante ortografica gismo, ma la pronuncia è identica. Questo vocabolo bizzarro ci è familiare perché è stato usato come nome di una simpatica creatura vista nel film Gremlins di Joe Dante (1984): il mogwai, un esserino che sembra una via di mezzo tra un omuncolo e un ghiro con orecchie di pipistrello, dal manto pezzato. Il mogwai ispira tenerezza, ma non è affatto innocuo: è una pericolosa forma di vita che si riproduce per abiogenesi. Perché è stato chiamato proprio Gizmo? Perché il moccioso che gli ha dato il nome, non sapendo cosa fosse, non ha trovato di meglio per definirlo. In pratica, quasi qualsiasi cosa che non si sa come chiamare è passibile di essere etichettata come gizmo. Esistono altri sinonimi come thingum, thingumy, thingamajig, thingamabob, whatchamacallit (< what you may call it), whatchamacallum (< what you may call me), whatsis (< what is it?), doodad (< do it dad), doohickey (< do a hickey), gimmick (< give me a hack) e simili. Non va poi dimenticato il celeberrimo gadget "congegno", anch'esso di etimologia incertissima. Sono tutte opere del fervido ingegno dello Zio Sam: simili stravaganze sarebbero inconcepibili nel paese di Jimmy Savile. Si converrà che la parola gizmo è di grandissima utilità. Infatti è molto usata dai marinai e dai meccanici, la cui vita sarebbe ben dura senza un gran numero di attrezzi difficilmente definibili, che spesso risolvono problemi di non poco conto e che sono tutti conosciuti come gizmos. La prima attestazione documentabile dello stravagante vocabolo in analisi risale al 1945, l'ultimo anno della Seconda Guerra Mondiale.
 
Un'audace proposta etimologica 
 
In ebraico geshem (גֶּשֶׁם) significa "corpo" (attestato 5 volte nelle Scritture); esiste anche una variante gishmā (גִּשְׁמָא) "corpo", che è in realtà un prestito dall'aramaico. La forma possessiva di terza persona maschile di geshem sarebbe proprio gishmō (גִּשְׁמוֹ) "il suo corpo", "il corpo di lui". Non sono sicuro se sia attestata nella letteratura rabbinica, ma la sua formazione è ineccepibile. La parola in questione non va confusa con l'omofono geshem (גֶּשֶׁם) "pioggia", pl. geshāmīm (גְּשָׁמִים). Ebbene, sono più che convinto della fondatezza di questa etimologia. Il corrispondente arabo di questa parola è jism "corpo", la cui consonante affricata iniziale è un naturale sviluppo dell'antica occlusiva. A partire da questi dati si può quindi ricostruire una forma protosemitica *gišmu "corpo". La domanda che sorge a questo punto è la seguente: com'è possibile che una forma protosemitica possa manifestarsi a distanza di millenni nell'inglese d'America nel 1945? 
 
Le possibilità a questo punto sono tre: 

1) Dall'ebraico geshem si è arrivati a gismo, gizmo tramite un suffisso espressivo -o, che ricorre anche in altre formazioni nell'inglese d'America. Basti citare ratso "sudicio", derivato da rats "ratti" con l'aggiunta di -o, oppure weirdo "soprannaturale", accrescitivo di weird.
2) Dalla forma possessiva ebraica gishmō "il corpo di lui" si è arrivati direttamente a gismo, gizmo, senza alcuna necessità di adattamenti morfologici. 
3) Dalla variante gishmā si è arrivati direttamente a gismo, gizmo, senza la necessità di postulare una forma possessiva. Del resto non è raro trovare pronunce ashkenazite della vocale lunga /a:/ realizzata come /o:/
 
La semantica sarebbe perfetta (corpo => oggetto => coso), l'unica difficoltà fonetica starebbe nella consonante sibilante: dovremmo infatti postulare il passaggio da -sh- a -s- e quindi alla sonora -z- a causa del contatto con -m-, in una lingua come l'inglese, che notoriamente non presenta alcuna difficoltà nella pronuncia di -sh-. Una criticità di non poco conto. A mio avviso l'ostacolo non è tuttavia insormontabile come potrebbe sembrare a prima vista. Il tramite potrebbe essere la pronuncia difettosa di qualche studente. Spesso le stravaganze più impensabili fermentano proprio negli ambienti universitari, che sono calderoni di tossine in perenne ebollizione.
 
Esistono altre ipotesi: in fondo una parola come gizmo non può passare inosservata. Sulla piattaforma di aggregazione Reddit.com mi sono imbattuto nell'utente Subpleiades, che fornisce la seguente spiegazione, frutto del suo ingegno e formulata sempre nell'ambito semitico: 
 
"gizmo is a corruption of the Maltese word "x'jismu" meaning "what's its name". It is used when the person momentarily cannot recall the name of a thing that they are referring to at the moment. It was picked up by the British when they were stationed in Malta and they integrated it into the English language. Also there are plenty of Maltese persons who had emigrated to Canada and the USA and they could have integrated the word."  
 
Pochi in Italia sanno che negli States vivono molti cittadini di origine maltese, la cui lingua d'origine è un dialetto dell'arabo. Tra questi possiamo menzionare anche un esponente politico, il democratico Pete Buttigieg (pron. /'butədʒɛdʒ/), il cui cognome significa alla lettera "Quello dei Polli". L'equivalente arabo della frase maltese x'jismu è ما هو اسمها  ma hu aismuha "qual è il suo nome?", che sembra un antenato un po' improbabile per il nostro gizmo
 
I romanisti non sono soddisfatti, com'è ovvio aspettarsi, da queste teorie semitizzanti, così frugano a fondo nel loro vocabolari alla ricerca di qualche appiglio. Favoleggiano dunque di una forma spagnola gisma, variante non ben spiegata di chisme "pettegolezzo; aggeggio; cosa di cui non si ricorda il nome", a sua volta ritenuto un diretto derivato dal latino cīmex "cimice, insetto" (gen. cīmicis). Si noterà che il latino c- davanti a vocale anteriore non diventa ch- in spagnolo: la derivazione non mi sembra ben fondata. La catena di slittamenti semantici sarebbe in ogni caso la seguente: 
 
cimice, insetto => essere di cui si ignora il nome => coso, oggetto => aggeggio  
 
Attualmente sembra prevalere l'opinione di quei linguisti inclini a scoraggiare con ogni mezzo la ricerca etimologica. L'idea di base è questa: parole come gizmo non hanno realmente un'origine, essendo piuttosto creazioni capricciose di singoli individui (in genere studenti degeneri), nate senza un perché e poi diffuse a macchia d'olio attraverso le reti sociali - universitarie ed extrauniversitarie. Si tratterebbe in altre parole di creazioni che potremmo definire "made of thin air", ossia "fatte di aria sottile", generate dall'intervento di folletti o di simili spiritelli. Se devo essere franco, a me tutto ciò non soddisfa affatto. Trovo ripugnante questo concetto secondo cui certe parole sarebbero prive di etimologia - pur riconoscendo il ruolo dell'univerisità e della goliardia nella formazione di neologismi. Neologismo che però devono avere un motivo e un fondamento, evidente a tutti o criptico, esoterico. Resto a cullarmi nei miei sogni e sostengo a spada tratta la derivazione di gizmo dal protosemitico!