martedì 27 settembre 2022

ETIMOLOGIA DI LANDFOGTO 'MAGISTRATO DISTRETTUALE'

Ricordo ancora nitidamente quando visitai il castello di Locarno in compagnia di amici. Accadde un fatto che ha dell'incredibile e che ancora oggi desta il mio stupore. C'era una camera con una scritta sopra l'architrave della porta d'ingresso. Incredulo, lessi questa scritta, chiarissima ai miei occhi: 

SALA DEI LINFOCITI 

Fui colpito da un intenso mal di testa e da un senso di grande confusione. Mi ci volle un po' per capire che il mio cervello mi stava ingannando. Non potendo in alcun modo darsi una spiegazione dei dati che gli giungevano dagli occhi, i neuroni increduli e le sinapsi sovraccariche hanno operato una distorsione percettiva che è culminata in un'autentica allucinazione. Il dato reale, oggettivo, è stato sostituito da un tentativo di interpretazione fallace. Una cosa atroce! Alla fine, con immensa fatica, sono riuscito a distinguere la scritta vera: 

SALA DEI LANDFOGTI 

Lì per lì mi sono chiesto che diamine di parola fosse mai quella che i miei occhi mi stavano mostrando, ma quasi subito sono riuscito a riconoscere un composto formato a partire dal tedesco Land "terra, terreno", "territorio". Il secondo membro del composto è mascherato da un'ortografia inconsueta ma non è poi così difficile da comprendere. Ho allora capito che era un prestito dal tedesco all'italiano incerto del Canton Ticino. Landfogto significa "magistrato distrettuale". Si pronuncia Lanfocto e spesso si scrive anche così. Ecco la trafila della seconda parte del composto:  

Latino classico: advōcātus "avvocato, attendente";
      "sostenitore", "mediatore", "aiutante", "difensore"  
  Latino medievale: (ad)vocatus 
  => Antico alto tedesco: fogat "balivo", "giudice", "avvocato",
           "patrono"
      Medio alto tedesco: voget "balivo, magistrato" 
           varianti: vogt, voit, woith, vougt 
      Tedesco moderno: Vogt "balivo, magistrato"
      Pronuncia: /fo:kt/ (standard); 
                           /fo:xt/ (Germania settentrionale e centrale; 
                           Franconia, Baviera settentrionale) 
      Declinazione: gen. Vogts, Vogtes; pl. Vögte  
      Derivati: Vogtei "protettorato; prefettura" 

Nel Canton Ticino i funzionari detti Landfogti operarono per ostacolare la diffusione della Riforma Protestante e per promuovere lo sviluppo economico (due obiettivi che fanno a pugni tra loro, si noterà). 
Vogt era il titolo usato in area tedesca per indicare chi gestiva un'avvocazia.  

Termini derivati: 

Olandese: (land-)voogd "governatore"
Danese: foged "ufficiale giudiziario"
Norvegese: fogd "ufficiale giudiziario"
Svedese: fogde "ufficiale giudiziario" 
Polacco: wójt "impiegato governativo"; "balivo,
     signore di un comune rurale"
Finlandese: vouti "balivo"
Lituano: vaitas "balivo" (desueto)
Rumeno: voit "balivo" (desueto) 

Sono numerosi i cognomi derivati dal tedesco Vogt, alcuni dei quali diffusi anche nell'area di lingua olandese. Lo stesso Vogt è comunissimo in Norvegia.  

Vogt 
de Vogt
 
van Vogt 
Vogd 
Vogdt 
Voet 
Voigt 
Voight 
Voit 
von Voit 
Voogd 
etc. 

Sicuramente ci saranno altre varianti ancora. Ecco che l'eventuale lettore potrà finalmente comprendere l'origine del bizzarro cognome dello scrittore di fantascienza Alfred Elton van Vogt (Gretna, 1912 - Los Angeles, 2000), come pure il nome del famosissimo test Voight-Kampff che compare nell'opera di Philip K. Dick (Chicago, 1928 - Santa Ana, 1982), Il cacciatore di androidi (Do Androids Dream of Electric Sheep?, 1968). Inoltre, Georg Voigt (Königsberg, 1827 - Lipsia, 1891) fu uno storico e umanista tedesco, che scrisse un'opera in tre volumi su Papa Pio II, al secolo Enea Silvio Bartolomeo Piccolomini. Se non vado errato, Dick era abbastanza fissato su questo pontefice. Riporto nel seguito un elenco di personaggi il cui cognome è formato a partire dal prestito latino in tedesco.  

VOGT  
Alfred Vogt (1879–1943), oftalmologo svizzero
Alois Vogt (1906–1988), Deputato Primo Ministro del Liechtenstein
Andreas Vogt (1880-1958), politico liechtensteinese 
Achim Vogt (1970, viv.), sciatore alpino liechtensteinese
Carina Vogt (1992, viv.), saltatrice con gli sci tedesca 
Carl Vogt (1817–1895), scienziato e filosofo tedesco 
Carl Vogt (1817-1895), filosofo e zoologo tedesco
Emil Vogt (1863-1936), architetto svizzero 
Erich Vogt (1929–2014), fisico canadese
Eskil Vogt (1974, viv.), sceneggiatore e regista norvegese 
Evon Z. Vogt (1918–2004), antropologo americano
François-Xavier Vogt (1870-1943), vescovo cattolico francese
Franz-Josef Vogt (1985, viv.), calciatore liechtensteinese
Fredrik Vogt (1892-1970), ingegnere norvegese
Gerhard Vogt (2003, viv.), calciatore tedesco 
Hans Vogt (1903–1986), linguista norvegese
Heinrich Vogt (1890-1968), astronomo tedesco
Heinrich Vogt (1875-1936), neurologo tedesco
Jakob Vogt (1902-1985), sollevatore tedesco
Jordan Vogt-Roberts (1984, viv.), regista, attore e sceneggiatore statunitense
Jørgen Herman Vogt (1784-1862), politico norvegese
Joseph Vogt (1895-1986), storico tedesco
Kevin Vogt (1991, viv.), calciatore tedesco
Lars Vogt (1970-2022), pianista tedesco 
Linda Vogt (1922–2013), flautista australiana
Lorenz Juhl Vogt (1828–1901), politico norvegese
Lothar Vogt (1952, viv.), scacchista tedesco
Luis Vogt (2002, viv.), sciatore alpino tedesco 
Marthe Louise Vogt (1903–2003), neuroscienziata tedesca
Mary E. Vogt (1950, viv.), costumista statunitense
Matthias Theodor Vogt (1959, viv.) storico e musicologo tedesco
Miriam Vogt (1967, viv.), sciatrice alpina tedesca 
Niels Nielsen Vogt (1798–1869), politico norvegese
Oliver Vogt (1980, viv.), cestista svizzero
Oskar Vogt (1870-1959), neurologo tedesco
Petra Kandarr, nata Vogt (1950-2017), atleta tedesca 
Ramona Vogt (..., viv.), fisico statunitense
Richard Vogt (1894-1979), ingegnere aeronautico tedesco 
Rochus Eugen Vogt (1929, viv.), fisico tedesco-americano 
Roland Vogt (1941–2018), politico tedesco
Roy Vogt (1934-1997), economista canadese e critico letterario 
Stephanie Vogt (1990, viv.), tennista liechtensteinese
Steven S. Vogt (1949, viv.), astronomo statunitense 
Svend Borchmann Hersleb Vogt (1852–1923), politico norvegese 
Thorolf Vogt (1888–1958), geologo norvegese 
Ulrich Andreas Vogt (1952, viv.), tenore tedesco e direttore di orchestra 
Von Ogden Vogt (1879-1964), teologo americano 
William Vogt (1902-1968), ornitologo americano e scrittore di problemi di popolazione globale

de VOGT 
Carl de Vogt (1885-1970), attore e cantante tedesco

VOGDT 
Eberhard Vogdt (1902-1964), cordaio estone,
Marion Vogdt (1956, viv.), politico tedesco 

VOGTS 
Berti Vogts (1946, viv.), calciatore e allenatore tedesco
Howard C. Vogts (1929-2010), allenatore di football americano 

VOET 
Alexander Voet il Vecchio (1608-1689), incisore ed editore fiammingo
Alexander Voet il Giovane (1637–1693/1705), incisore ed editore fiammingo
Gijsbert Voet (1589–1676), teologo olandese
Jacob Ferdinand Voet (circa 1639–1689/1700) ritrattista barocco fiammingo
Johann Eusebius Voet (1706–1788), medico, poeta, illustratore ed entomologo olandese
Johannes Voet (1647–1713), giurista olandese
Judith G. Voet (1941, viv.), biochimica americana e autrice di libri di testo
Willy Voet (1945, viv.), fisioterapista sportivo belga

VOIGT
Alexander Voigt (1978, viv.), calciatore tedesco
Angela Voigt (1951-2013), atleta tedesca
Brooke Voigt (1993, viv.), ex snowboarder canadese 
Cynthia Voigt (1942, viv.), autrice americana di libri per ragazzi 
Deborah Voigt (1960, viv.), soprano statunitense 
Edwin Edgar Voigt (1892–1977), vescovo metodista americano
Ellen Bryant Voigt (1943, viv.), poetessa tedesco-americana
Emil Voigt (1879–1946), ginnasta e multiplista statunitense
Emil Voigt (1883–1973), mezzofondista britannico 
Erika Voigt (1898–1952), attrice danese 
Eva-Maria Voigt (1921-2013), filologa tedesca
Frederick Augustus Voigt (1892–1957), giornalista inglese
Friedrich Siegmund Voigt (1781–1850), zoologo e botanico tedesco 
Georg Voigt (1827-1891), storico tedesco
Harry Voigt (1913-1986), velocista tedesco
Ian Voigt (..., viv.), tecnico del suono britannico 
Irma Voigt (1882–1953), Decano delle Donne all'Università dell'Ohio 
Jaap Voigt (1941, viv.), giocatore olandese di hockey
Jan Voigt (1928–1997), attore e ballerino norvegese 
Jens Voigt (1971, viv.), ciclista tedesco
Joachim Otto Voigt (1798-1843), botanico danese 
Johann Carl Wilhelm Voigt (1752-1821), geologo tedesco
Johannes Voigt (1786–1863), storico tedesco 
Margarete Voigt-Schweikert (1887–1957), compositrice tedesca e critico musicale 
Mario Voigt (1977, viv.), politico democristiano tedesco 
Noelia Voigt (1999, viv.), Miss USA 2023
Richard Voigt (floruit XX sec.), ciclista su strada tedesco
Teresa Fioroni-Voigt (1799-1880), pittrice italiana
Udo Voigt (1952, viv.), politico ultra-conservatore tedesco 
Vanessa Voigt (1997, viv.), biatleta tedesca
Wilhelm Voigt (1849–1922), criminale tedesco (il Capitano di Köpenick)
William "Will" Bryant Voigt (1976, viv.), allenatore di pallacanestro  statunitense
Woldemar Voigt (1850–1919), fisico tedesco
Woldemar Voigt (1907–1980), ingegnere tedesco 
Wolfgang "Gas" Voigt (1961), musicista tedesco 

VOIGHT 
Barry Voight (1937, viv.), geologo americano
Charles Voight (1887–1947), cartonista americano
Dutch Voight (1888–1986), gangster americano
Robert G. Voight (1921–2008), accademico americano
Jack Voight (1945, viv.), Tesoriere dello Stato del Wisconsin
Jonathan "Jon" Voight è un attore e produttore statunitense, nato a Yonkers, New York nel 1938. 
La famosa attrice Angelina Jolie è nata Angelina Jolie Voight  nel 1975 ed è proprio la figlia del sopracitato Jon Voight. Suo fratello James Haven è nato James Haven Voight nel 1973. 

VOIT 
Brigitte Voit (1963, viv.), professore di chimica 
Eszter Voit (1916-1990), ginnasta ungherese
G. Mark Voit (1961, viv.), fisico americano
Louis Linwood Voit III (1991, viv.), giocatore di baseball americano
Otto Emil Voit (1845–1906), soldato americano decorato 
Robert Voit (1889-1963), artista americano 

von VOIT 
Carl von Voit (1831-1908), fisiologo e dietista tedesco 
Richard Jakob August von Voit (1801-1870), architetto tedesco 

VOOGD 
Bob de Voogd (1988, viv.), giocatore olandese di hockey su prato
Floris de Voogd (circa 1228-1258), fratello e procuratore di Guglielmo II d'Olanda
Hendrik Voogd (1768–1839), pittore e incisore
Jan de Voogd (1924–2015), politico olandese

Abbiamo inoltre qualche altra ricorrenza interessante del termine: 

Herr Vogt è il titolo di una pubblicazione polemica pubblicata da Karl Marx;
Vogt è un comune del distretto governativo di Tubinga (Baden-Württemberg, Germania);  
Funker Vogt è un progetto tedesco di musica elettronica; 
4378 Voigt è un asteroide della fascia principale; 
L'Effetto Voigt è un fenomeno magneto-ottico; 
La Notazione di Voigt è un sistema di scrittura dei tensori.

venerdì 23 settembre 2022

ETIMOLOGIA DI VADUZ

Il Principato del Liechtenstein è una micronazione situata nell'arco alpino, incastonata tra la Svizzera e l'Austria. In effetti è uno dei paesi più piccoli del mondo. La lingua ufficiale è il tedesco standard ed è correntemente parlato un dialetto alemannico. Questa varietà di alemannico, usata dal 73% della popolazione (dato 2020), è molto divergente dal tedesco standard, che invece è usato dal 92% della popolazione (dato 2020). Tecnicamente parlando, vi sono due gruppi di dialetti; alto alemannico nel nord e altissimo alemannico nel sud. La capitale del Principato ha un nome che desta subito l'attenzione per il suo singolare aspetto fonetico: Vaduz. L'accento è sull'ultima sillaba. Riporto nel seguito alcuni dati sintetici:  

Tedesco standard: Vaduz 
   Pronuncia: /fa'dʊts/, /va'du:ts/ 
   Declinazione: gen., dat., acc. Vaduz 
Alemannico: Vadoz 
   Pronuncia: /fa'dots/
Prima attestazione: Faduzes
    Anno: 1175-1200 
Attestazioni successive (XIII sec.): Faduzze (1250), Vaducz, Vaduz (1249, 1304), Vadutzze, Vadutz  



Ci si pone ora una domanda. Qual è l'etimologia del toponimo Vaduz? A questo proposito, in letteratura si trovano due possibilità. 

1) Vaduz deriva dal latino Vallis Dulcis, ossia "Valle Dolce".  Il riferimento è alla grande bellezza dei luoghi e all'amenità del clima. Questa teoria in passato era molto accreditata. Friedrich Umlauft ha scritto in una nota nel suo libro "Das Fürstenthum Liechtenstein. Geographisch, historisch, touristisch" (1891): "Vaduz oder Valdulz, corrumpirt aus dem rätoromanischen Valdultsch, ist gleich "Süßthal", ehedem Valdulz, Valdultsch", ossia "Vaduz o Valdulz, corrotto dal retoromancio Valdultsch, è uguale a "Valle Dolce", anticamente Valdulz, Valdultsch" (i grassetti sono miei). Resta il fatto che non sono riuscito a trovare alcuna attestazione delle forme Valdulz e Valdultsch. All'epoca non erano diffusi gli asterischi per contrassegnare le forme ricostruite o congetturali. Fatto sta che la nota di Umlauft è stata citata centinaia e centinaia di volte, acquisendo un prestigio senza limiti.
 
2) Vaduz deriva dal latino Aquaeductus, ossia "Aquedotto". In romancio esiste la parola auadutg "canale del mulino", "conduttura" (glossa tedesca: Wasserleitung; offener Wassergraben, Kanal für Mühlen), da alcuni riportata come avadutg, che deriva direttamente dal latino aquaeductus "acquedotto". La sua pronuncia è /ava'dutʃ/ e presenta numerose varianti, come auadottel, aquaduct, etc. Il riferimento è ai canali che a quanto pare sarebbero stati usati già nel XII secolo per alimentare le numerose segherie e i mulini dell'area, che ferveva di frenetica attività imprenditoriale. Questa teoria alternativa sembra acquistare sempre più sostegno. 

Questo è quanto, allo stato attuale delle cose, è riportato sul Wiktionary in inglese: 


Etymology 

Via Rhaeto-Romance auadutg from latin aquaeductus.

Questo è quanto, allo stato attuale delle cose, è riportato sul Wiktionary in tedesco (i grassetti sono miei):


Zur Herkunft des Ortsnamens gibt es verschiedene Theorien: Einmal glaubt man, festgestellt zu haben, dass ein Bezug zum lateinischen vadum oder vadutium (Furt) bestehe. Dieser Ansatz gilt heutzutage als falsch. Es wird nun davon ausgegangen, dass Vaduz dadurch entstanden sei, dass aus dem Lateinischen das Wort aquaeductus (Wasserleitung, Wassergraben, Mühlgraben) in das Alträtoromanische als auadutg übergegangen sei. Die Übersetzung Mühlgraben oder Mühlgerinne ist den anderen vorzuziehen, da Wassergräben in Liechtenstein in früherer Zeit ungleich seltener vorkamen als Mühlgräben. Anlass zur Benennung des Ortes nach einem Mühlgraben hat aller Wahrscheinlichkeit nach eine Mühle am heute kanalisierten Altabach gegeben.[1]
Eine andere Quelle spricht davon, dass der Name der Gemeinde sich aus Valdutsch entwickelt hat, was sich aus dem lateinischen Wort vallis (Tal) und dem althochdeutschen diutisk (deutsch) zusammensetzt.[2]

1. Historischer Verein für das Fürstentum Liechtenstein: Vaduz
2. Wikipedia-Artikel „Vaduz“ 

Traduzione in italiano: 

Esistono diverse teorie sull'origine del toponimo: in primo luogo si ritiene sia stabilito un collegamento con il latino vadum o vadutium (guado). Questo approccio è oggi considerato sbagliato. Ora si suppone che Vaduz sia nata perché la parola aquaeductus (conduttura dell'acqua, canale dell'acqua, corsa del mulino) è stata trasferita dal latino nell'antico romancio come auadutg. La traduzione "fossato del mulino" o "canale del mulino" è preferibile alle altre, poiché in passato nel Liechtenstein i fossati erano molto meno comuni dei fossati dei mulini. Il motivo per cui la località prese il nome da una corsa di mulini era molto probabilmente un mulino sull'Altabach, che ora è canalizzato.(1)
Un'altra fonte afferma che il nome del comune deriverebbe da Valdutsch, composto dalla parola latina vallis (valle) e dall'alto tedesco antico diutisk (tedesco).(2)  

1. Associazione storica per il Principato del Liechtenstein: Vaduz
2. Articolo di Wikipedia “Vaduz
 
Non solvitur? Non proprio

Sono partito dal fatto che in romancio il digramma tg trascrive il suono palatale (affricata postalveolare) sordo /tʃ/.
Il passaggio dal latino volgare -ct- a /tʃ/ è molto comune: si trova anche nelle lingue galloitaliche, oltre che in spagnolo (es. octō "otto" > ocho). 
Invece in Vaduz si trova /ts/, che a quanto ne so non è mai il prodotto del latino volgare -ct- (se qualcuno può confutarmi portandomi esempi in qualche remota lingua locale, è di certo il benvenuto).  
Ho quindi dedotto che Vallis dulcis è possibile e plausibile, mentre Aquaeductus è comunque possibile ma abbastanza implausibile. 
Questa mia prima conclusione si è dimostrata troppo tecnicistica e frettolosa, non avendo tenuto conto dell'estrema variabilità dei dialetti della lingua romancia e del fatto che auadutg è  una voce semidotta. Rianalizzando la questione, ecco quanto ho appreso. 
Un esito /ts/ è il prodotto a partire dalla desinenza del plurale -s: aquaducts "canali del mulino", che è una forma attestata anche nella variante Avaduz (1725). Tutto mi è stato chiaro consultando il Dicziunari Rumantsch Grischun, disponibile online. Riporto il link (i grassetti sono miei): 


Flurnamen (aus RN.): als Adúts, Idúts (Tujetsch); Aquaduck, -dutgi, -dugt (Urk. 1448, Untervaz); Uadọ́tg (Bach, Lohn); Avaduz (Urk. 1725, Filisur); Suot Aguadottas (Äcker und Wiesen in Zuoz, urkundl. 1479 subter awadoytta, 1547 Sutaguaduttas, 1650 Suott aguaduattas, 1655 Suottaguaduottels). Gaduottel, Vaduottel (Wiese, Lavin, urkundlich 1742 guaduotel).  

Traduzione in italiano:   

Nomi di campi (da RN.): als Adúts, Idúts (Tujetsch); Aquaduck, -dutgi, -dugt (docum. 1448, Untervaz); Uadọ́tg (ruscello, Lohn); Avaduz (documento del 1725, Filisur); Suot Aguadottas (campi e prati a Zuoz, documentati nel 1479 subter awadoytta, 1547 Sutaguaduttas, 1650 Suott aguaduattas, 1655 Suottaguaduottels). Gaduottel, Vaduottel (prato, Lavin, documentato nel 1742 guaduotel).* 

*Tujetsch, Untervaz, Lohn, Filisur, Lavin sono cognomi di autori.

Conclusioni 

A questo punto non ci sono dubbi che la teoria dell'origine di Vaduz da Vallis Dulcis debba per necessità tramontare. Nel territorio del Liechtenstein era un tempo parlata una lingua retoromanza, con ogni probabilità affine al romancio dei vicini Grigioni. È possibile che questa lingua si sia estinta nel corso del XIII secolo. L'area è stata quindi interamente germanizzata da popolazioni di lingua alemannica: fa parte a tutti gli effetti della Romània sommersa

lunedì 19 settembre 2022

ETIMOLOGIA DELLO SPAGNOLO BRUJO 'STREGONE', BRUJA 'STREGA'

Il professor Fabio Calabrese, persona di cui ho la massima stima, molto spesso si diverte a fare battute argute fondate su assonanze. In una di queste, la parola spagnola brujo "stregone" è considerata omofona dell'italiano bruco "larva di lepidottero". In realtà la pronuncia non è proprio identica. L'omofonia è molto approssimativa: in spagnolo c'è una fricativa velare /x/, mentre in italiano c'è una semplice occlusiva velare /k/. In altre parole, -j- in brujo ha un suono simile a quello di -ch- del tedesco Achtung. Mi rendo conto che per un parlante della lingua italiana non sia facile distinguere suoni a cui non è abituato. Detto questo, sorge una domanda. Qual è l'etimologia delle parole spagnole brujo "stregone" e bruja "strega"? 

L'idea dei romanisti, che sono inclini a spiegare Omero con Omero, è che il brujo sia proprio un bruco, ossia una larva di lepidottero, intesa come manifestazione demoniaca. La parola viene quindi ricondotta al greco βροῦχος (brûkhos) "tipo di locusta senza ali", passato in latino tardo come brūchus, da cui per l'appunto l'italiano bruco. La parola greca, presente in liste di vocaboli di epoca bizantina, è attestata anche la variante βροῦκος (brûkos), senza consonante aspirata; Esichio ci riporta per Creta la variante βρεῦκος (brêukos). L'origine ultima è sconosciuta, anche se si riconosce il suo aspetto non indoeuropeo. Un possibile lontano parente potrebbe essere il latino ērūca "bruco", con la variante ūrūca (potremmo ricostruire una protoforma *ewrouka). L'idea evocata è quella di una masticazione immonda, di un rosicchiare magico che indurrebbe il maleficio, provocando un danno ai viventi - esseri umani o animali che siano.  

I romanisti in questione non tengono conto del fatto che la parola in analisi non è presente soltanto in spagnolo, ma anche in altre lingue romanze occidentali (in cui -x- ha il suono "palatale" /ʃ/, come sc- nell'italiano scia): 

Galiziano: bruxa "strega"
Portoghese: bruxa "strega"
Catalano: bruixa "strega"
Occitano: bruèissa "strega" 

Non tengono nemmeno conto del fatto che al tempo dei Conquistadores, anche j in spagnolo aveva lo stesso suono palatale /s/, del tutto dissimile dall'attuale aspirazione: bruja era pronunciato /ʃ/ e in italiano sarebbe trascritto come *bruscia. La parola non può avere nulla a che fare col bruco. Si tratta di una parola preromana sopravvissuta come elemento di sostrato. 

Ecco la protoforma ricostruibile:  

Proto-celtico: *bruχtijā "strega"  
  Celtiberico: *brūχsā "strega" 
  Note: 
Si è avuta un'assibilazione e la vocale tonica si è allungata per compenso. La forma proto-romanza evolutasi da queste premesse è *brùissa, da cui si sono originate le forme documentate nelle varie lingue della Penisola Iberica. 

Proto-celtico: *briχto-, *briχtu-, *briχtijā "magia" 
   Gallico: brictom, brixtia "magia" 
       (bnanom brictom "la magia delle donne", Piombo
       di Larzac; brixtia anderon "con la magia delle donne", 
       Piombo di Chamalières)
   Antico irlandese: bricht "incantesimo, formula magica"
        (gen. brechtobrechta
      Gaelico d'Irlanda: briocth "incantesimo"; "amuleto"
   Medio gallese: bryth-, -frith "magia"
         (brythron "bacchetta magica"; lledfrith "illusione",
         lett. "mezza magia")
      Gallese moderno: lledrith "illusione"  



L'etimologia ultima è incerta. Secondo alcuni potrebbe essere una variante di una ben nota radice di origine indoeuropea, comune al proto-germanico: 

Proto-celtico: *berχtos "splendido" 
   Antico irlandese: -bertach "splendido" 
      (Flaithbertach "Splendido Principe", antroponimo)
   Medio gallese: berth "bello"; "prospero, ricco"
      Gallese moderno: berth "bello"; "prospero, ricco" 
   Medio bretone: berz "prosperità" 
      Bretone moderno: berzh "prosperità" 


Proto-indoeuropeo: *bherg'h- "splendere", 
        *bherg'h-tó-s "splendente" 
   Proto-germanico: *berχtaz "splendente" 
      Gotico: bairhts "splendente" 
      Antico alto tedesco: beraht "splendente" 
      Norreno: bjartr "splendente" 
    etc.

La semantica non è affatto soddisfacente e sono incline a rigettare questo collegamento. L'idea più sensata è a parer mio quella di considerare il nome proto-celtico della magia un residuo preindoeuropeo oppure un resto di una forma di indoeuropeo preceltico ancora da chiarire. Siamo davanti a un percorso in salita! 

Esisterebbe un'altra possibilità, che non è priva di problemi fonologici. La semantica sarebbe connessa alla visione sfocata, all'inganno allucinatorio della magia. 
 
Proto-gallo-britannico: *briχtos "maculato, screziato" 
   Antico gallese: brith, glossa latina pictam 
     Medio gallese: brith "maculato, screziato" 
     Gallese moderno: brith "maculato, screziato"; "grigio"
         (detto di capelli)
   Medio bretone: briz "maculato, screziato" 
      Bretone moderno: brizh "maculato, screziato"
   Antico cornico: bruit "screziato, striato"
      Cornico: brith, bryth "screziato, striato"; "tartan" 
 
Il punto è che la forma proto-celtica da cui deriva ha *mr-

Proto-celtico: *mriχtos "maculato, screziato" 
   Antico irlandese: mrecht "maculato, screziato" 


Così in antico irlandese abbiamo mrecht "maculato" contro bricht "incantesimo, formula magica": due forme ben distinte tra loro e non assimilabili.

Esistono altre teorie alternative, a parer mio meno plausibili di quella sopra esposta. Le esporrò in questa sede per sommi capi. 

1) Il nome spagnolo della strega deriverebbe dal nome di un'antica divinità femmilile. Il significato sarebbe diventato negativo per via del processo di cristianizzazione. 

Proto-celtico *Brigantī "Somma Dea" 
   (gen. *Brigantijās "della Somma Dea") 
       Antico irlandese: Brigit
          Gaelico d'Irlanda: Bríd
          Gaelico di Scozia: Brìghde, Brìde
           Manx: Breeshey
Note: 
Il nome divino femminile è ben conosciuto. Ne deriva anche il nome della Brianza, ossia "(Terra) della Somma Dea". La radice è molto produttiva e ne è attestato un derivato notevole: 

Proto-celtico: *brigantīnos "capo", "sovrano"
  Antico bretone: brientin, brientinion "sovrano"
    Medio cornico: brentyn, bryntyn "sovrano"
    Medio gallese: brenhin "sovrano" 
      Gallese moderno: brenin "sovrano"
Note: 
In passato questi vocaboli sono stati erroneamente creduto l'etimologia del nome di Brenno.


Proto-indoeuropeo: *bherg'h- "elevare, ascendere"; "essere elevato"  


2) Il nome spagnolo della strega deriverebbe dal nome celtico dell'erica e della brughiera. 

Proto-celtico *wroikos "erica", "brughiera" 
Le parole attestate si sarebbero formate da un composto con un suffisso sibilante: 
maschile *wroiχsos, femminile *wroiχsā  
Significato postulato: "abitante della brughiera".
Dalla stessa radice deriva la parola italiana brughiera, oltre al desueto brugo "erica". Lo stregone, la strega, sarebbero gli abitanti della brughiera. 


Sono propenso a scartare queste etimologie per motivi fonetici. 

Conclusioni 

Spero che questo mio trattatello possa dare un'idea anche vaga di quanta ricchezza culturale è andata perduta per colpa di secolari pregiudizi portati avanti dai romanisti!

giovedì 15 settembre 2022

UN RELITTO CELTICO IN ROMANCIO: GIOP 'GINEPRAIO'

In romancio esiste la parola giop "ginepraio" (glossa tedesca: Wacholderbusch). Si capisce all'istante che è una voce prelatina e ha corrispondenze galloitaliche in un'area abbastanza compatta della regione alpina: valtellinese giupp "rododendro" (Sondrio), giub "ginepro nano" (Tre Pievi), ticinese gip "rosa delle Alpi" e molte altre forme simili (Stampa, 1937). Se ne parla nell'Archivio glottologico italiano, volumi 22-23, ove è riportata la variante engadinese inferiore gioc, giocca "ginepro" (Ascoli, 1929). Purtroppo non sono riuscito ad avere accesso a questi testi e ne ho ottenuto solo brevi stralci da Google Books.  

Rileviamo una glossa del medico e botanico Dioscoride Pedanio (circa 40 d.C. - circa 90 d.C.), vissuto a Roma all'epoca di Nerone, che si collega al vocabolo romancio.  

Voce riportata da Dioscoride: 
   ἰουπικέλλους
ον (iupikélluson
Glossa greca: 
   ἄρκευθος (árkeuthos
Traduzione italiana: "ginepro" 
Fonte: De materia medica libri quinque - Volume I, cap. CIII. 

Sono erronee e dovute a tentativi di razionalizzazione le trascrizioni ιουπικελλους (iupicellus) e ιουπικελλος (iupicellos) che spesso si trovano riportate nei testi dei romanisti e di altri studiosi. 

Questo è il testo di Dioscoride originale in greco: 

Κεφ. ργ'. [Πεr Ἀρκεύθου.] Ἄρκευθος ἡ μέν τίς ἐστι μεγάλη, ἡ δ μικρά. [οἱ δ ἀρκευθίδα, οἱ δ μνησίθεον, οἱ δὲ ἀκαταλίδα, Ἀφροί ζουορινσίπετ, Αἱγύπτιοι λιβιούμ, Ῥωμαῖοι ἰουνίπερουμ, Γάλλοι ἰουπικέλλουσον. Γνώριμος δ ἡ μεγάλη τοῖς πλεῖστοις, ἐμφερς κυπαρίσσῳ, γεννωμένη ἐν τραχέσι κα παραθαλασσίοις τόποις.] Δριμεῖαι δ ἀμφότεραι, διουρητικα θερμαντικα, θuμώμεναί τε θηρία διώκουσιν. Ὁ δ καρπς αὐτῶν ὁ μέν τις καρύου μέγεθος εὐρίκεται, ὁ δ καρύοι ποντικοῦ ἴσος, στρογγύλος τε κα εὐώδης κα γλυκς ἐν τῷ διαμασσᾶσθαι κα ὑπόπικρος, ἀρκευθìς καλούμενος, θερμαντικς μετρίως κα στυπτικς, εὐστόμαχος. ποιῶν πρς τ ἐν θώρακι κα βῆχας κα πνεuματώσεις κα στρόφους κα θηρία πινόμενος. ἔστι δè κα οὐρητικς, ὅθεν κα σπάσμασι κα ῥήγμασι κα ὑστερικαῖς πνιγομέναις ἁρμόζει.

Questo è il testo di Dioscoride in latino (il grassetto è mio): 

Cap. CIII. [De Iunipero.] Iuniperus quaedam maior est, minor altera. [Hanc nonnulli arceuthida, alii mnesitheum, alii acatalida, Afri zuorinsipet, Aegyptii libium, Romani iuniperum, Galli iupicelluson vocant, Maior est in vulgus nota, cupresso similis, proveniens in asperis et submarinis locis.] Utraque est acris, urinam movet, calefacit, accensaque animalia noxia fugat. Fructus vero earum, alterius nucem (euboïcam), alterius nucem avellanam mole aequat, rotundus est, odoratus, dulcis dum manducatur, ac subamarus, arceuthis vocatus. Moderate calefacit et astringit, stomacho utilis. Potus ad pectoris vitia, tusses, inflationes, tormina morsusque bestiarum noxiarum inservit. Urinas quoque ciet, unde et convulsis et ruptis et quae utero strangulantur, subvenit. 

Traduzione in italiano: 

"Un tipo di ginepro è più grande, l'altro più piccolo. [Alcuni lo chiamano arceuthis, altri mnesitheum, altri acatalis, gli Africani zuorinsipet, gli Egiziani libium, i Romani iuniperus, i Galli iupicelluson, e allontana gli animali nocivi incendiandoli. Ma il loro frutto, grande l'una come una noce (euboïca), l'altra come una nocciola, è rotondo, profumato, dolce quando si mangia e subamaro, chiamato arceuthis. Moderatamente riscaldante e astringente, utile per lo stomaco. La bevanda serve contro le malattie del petto, la tosse, le flatulenze, le convulsioni e i morsi di animali nocivi. Cura anche l'urina, dalla quale aiuta coloro che sono convulsi e lacerati e coloro che sono strangolati nel grembo materno."

Nei testi dell'Archivio glottologico italiano, il suffisso 
-ikel-, molto peculiare, è confrontato con quello della glossa celto-ligure aravicelus "pino cembro", "pinastro", trasmessa da Plinio e attribuita ai Taurini, di cui si parlerà in altra sede. Tuttavia, appurato che la forma trasmessa da Dioscoride termina in -ikell-us-on, si evince che le cose sono un tantino più complesse.

La protoforma ricostruibile a partire dalle forme romance e galloitaliche è la seguente: 

Proto-celtico: *juppos "specie di arbusto" 
      < *jukkwos 

Questo scrive Carlo Salvioni in Etimologie varie, Romania, Vol. 36, No. 142 (1907), pp. 224-251, proponendo una ridicola paretimologia, pur avendo il pregio di riportare dati altrimenti difficili da reperire:

ENGAD. giob -p GINEPRO 2

Ricorre anche di quà dall' Alpi : valtell. giùba, giub, gip, ginepro, ginepro nano, poschiav. giòb pianterella nana. Nella Valle del Ticino però e altrove, le è proprio il significato di ʻ rododendro ʼ 3: arbed. gip, valcoll. žüp, e inoltre žip, gep, ǧüp, v. Bollett. st. d. Svizz. it., XIII, 102. Evidentemente c'è qui un trapasso di significato, nè saprei dire se dal ʻ rododendro ʼ al ʻ ginepro ʼ o da questo a quello. Molto verosimilmente però la prima alternativa è quella che corrisponde meglio alla realtà, poichè a designare il rododendro, quei di Pontirone, una valletta tributaria del Blenio, adoperano ǧọpadrórz cioè ʻ giubba dell' orso ʼ; e qual pur si sia la concezione da cui s'è mosso per creare questa designazione, essa trae conforto dal sinonimo braga d'ors proprio di Leontica (Blenio). Mi par dunque che non andremo lontani dal vero ravvisando in giop ecc. come la riduzione elittica del composto ʻ giubba dell' orso ʼ. La gamma vocalica in cui la voce ci si fa davanti, questa già ce l'offre nel suo significato proprio (valtell. giùba e gíba, arbed. gípa, sopras. gieppa ; per l'o, v. il ted. Joppe, Diez, W, 166). Solo giǫ́pa è a me ignoto, e chi sa che l'ǫ́ non si debba a ciò, che scioltosi giópa dal composto, e non intendendosene più il primitivo valore etimologico, venne facilmente attratto da qualche altra voce ? 

2. Divariato anche per gioc -cca, jocca, nel basso-eng.
3. Nella stessa Valtellina, a Ponte, è giüp rododendro. - La Leventina ha anche un giópa pianta di patate, e simili. 

Incredibile e grottesca è la conclusione del Salvioni, nel tentativo di ricondurre l'ignoto al noto, spiegando a viva forza Omero con Omero e mettendo il tutto nel letto di Procuste. Un simile operato alla meglio si deve considerare futile, alla peggio intellettualmente disonesto; l'unica scusante possibile è la scarsità d'informazione e di mezzi tipica dell'epoca. 

UN RELITTO CELTICO IN ROMANCIO: CARMUN 'DONNOLA'

In romancio esiste la parola carmun "donnola". L'origine è chiaramente celtica. 

Proto-celtico: *karmū*karmon- "donnola; ermellino" 
   Gallico: CARMO (attestato come antroponimo maschile) 
   Celtiberico: CARMO (nome di città, oggi Carmona
 
   Gallese: carlwm "ermellino" 
   Bretone: kaerel "donnola" (*)  

(*) Si noti l'irregolarità fonetica, forse dovuta ad analogia con kaer "forte".

Esiste qualche parallelo in altre lingue indoeuropee: 

1) Proto-germanico: *χarmǣn "donnola; ermellino" 
(ricostruzioni alternative: *xarmēn, *harmǭ, etc.)
  Antico inglese: hearma "ermellino; toporagno; ghiro" 
     (gen./dat./acc. hearman; nom./acc. pl. hearman;
      gen. pl. hearmena
dat. pl. hearmum
  Frisone occidentale: harmel "ermellino" 
  Antico sassone: harmo "ermellino" 
     Medio basso tedesco: harm "ermellino" 
  Antico olandese: *harmo, *hermilo "ermellino" 
    Medio olandese: hermel "ermellino"
    Olandese: herm "ermellino" (obsoleto); hermelijn
        "ermellino" 
  Antico francone: *harmo "ermellino; furetto"; 
        *hermilo, *hermilîn "ermellino" (**)
  Antico alto tedesco: harmo "ermellino; furetto";
        harmiloharmilîn "ermellino"  
     Medio alto tedesco: harme "ermellino"; hermelîn
        "ermellino"  
     Tedesco moderno: Harm "ermellino" (obsoleto);
        Hermelin "ermellino"  

(**) L'antico francese ha ereditato ermine (ermin, hermin, hermine) "ermellino" dalla lingua dei Franchi. La parola francese è poi passata in medio inglese ermyne (armyn, armyne, ermin, ermine, ermyn, hermyn), dando infine l'inglese moderno ermine


2) Proto-baltico: *čarm-ō̃, *čarm-ul-ia- (/ -e-"ermellino"
  Lituano: šarmuõ "ermellino; gatto selvatico", 
       šermuonėlis "ermellino" 
  Lettone: sarmulissermulis "ermellino" 

A partire da queste forme è stato possibile ricostruire un possibile antenato: 

Proto-indoeuropeo: *k'ormōn, *k'ormen- "ermellino" 
  (Starostin ricostruisce *k'er
əm-)

La parola è con ogni probabilità un resto di un più antico sostrato, assorbito nel tardo indoeuropeo occidentale. Allo stato attuale delle conoscenze non si riesce a specificare di più sull'origine ultima della radice e sulle sue dinamiche di diffusione.   

Il caso del topo dell'Armenia 

I romanisti, come ben noto, ritengono un libro chiuso tutto ciò che va oltre le conoscenze di latino del liceo. Così hanno escogitato una grossolana pseudoetimologia. Partendo dalla forma latina medievale (XIII sec.) armeninus "ermellino", chiaramente derivata dall'antico alto tedesco harmilîn con assimilazione, hanno ricostruito un inesistente (mūs) armenīnus "topo d'Armenia", facendolo derivare da armēnus "armeno".  

lunedì 12 settembre 2022

UN RELITTO CELTICO IN ROMANCIO: UMBLAZ 'CORDA O ANELLO CHE UNISCE IL GIOGO AL TIMONE'

In romancio esiste la parola umblaz "corda o anello che unisce il giogo al timone", riferita all'aratro. L'origine è chiaramente celtica.   

Proto-celtico: *ambi-(s)lattijo- "corda o anello che unisce il giogo al timone" 

1) Il prefisso è eminentemente indoeuropeo e deriva da una ben nota preposizione:  

Proto-celtico: *ambi "attorno, intorno"
  Antico irlandese: imb "attorno, intorno" 
   Gaelico d'Irlanda: um "attorno, intorno"
   Gaelico di Scozia: mu "attorno, intorno" 
   Manx: mysh "attorno", "a proposito" 
  Medio bretone: am, em "attorno, intorno"
  Medio gallese: am "attorno, intorno" 
    Gallese moderno: am "attorno, intorno" 


Proto-indoeuropeo: *h2m̥bhi "attorno, intorno", "su entrambi i lati" 
Oltre all'esito in celtico, ha dato origine a questi discendenti:  
   Greco: ἀμφί (amphí) "attorno, intorno", "presso",
       "su entrambi i lati" 
   Latino: ambi-, amb-, am-, an- "attorno, intorno";
       "su entrambi i lati" 
   Proto-germanico: *umbi "attorno, intorno" 
   Sanscrito: abhi "verso", "sopra" 
   Antico persiano: abiy "verso", "contro", "sopra" 
   Armeno: ambołǰ "intero"


2) La radice del secondo membro del composto è ben attestata ed è con ogni probabilità un elemento di sostrato preindoeuropeo (come suggerito dal vocalismo e dalla presenza di una consonante geminata): 

Proto-celtico: *(s)lattā "asta", "stelo"
  Antico irlandese: slat "verga", "canna", "pene" 
    Gaelico d'Irlanda: slat "verga", "canna", "pene"  
  Medio gallese: llath "asta"
   Gallese moderno: llath "asta" 


A mio parere la protoforma dovrebbe avere una s- mobile, dato che non abbiamo la possibilità di appurare se il gallese llath provenga da *lattā o da *slattā. Nelle lingue germaniche esiste abbondante materiale della stessa antichissima origine, ma senza alcuna traccia di s- iniziale: 

Proto-germanico: *lattō, *laþþō "asta", "assicella" 
Antico inglese: lætt "assicella" 
   Medio inglese: laththe, laþþe, lathe, laþe "assicella"
   Inglese moderno: lath "assicella", "striscia sottile e stretta,
       fissata alle travi" 
   Scots: latt, lat, lath "assicella"
Antico sassone: latta "assicella" 
   Medio basso tedesco: latte "assicella"; lāde "tabellone
       espositivo, stand di vendita"
Medio olandese: latte "assicella"
   Olandese moderno: lat "assicella"
Antico alto tedesco: latta "assicella" 
  Medio alto tedesco: latte "assicella"; lade, laden "asse,
     mensola; imposta (di finestra)"
  Tedesco moderno: Latte "assicella" 

La parola italiana latta "lamiera di acciaio rivestita di stagno" è un chiaro germanismo, in origine utilizzato in ambito nautico col significato di "assicella".  

I romanisti hanno tentato con ogni mezzo di ricondurre la parola romancia al latino laqueus "laccio". Non tengono tuttavia conto di alcune cose: 

i) Il prefisso latino ambi- (am-, an-) "attorno, intorno" è stato ereditato in molti vocaboli, ma non è realmente vivo e produttivo in epoca classica. Non lo si trova in nuove formazioni, mentre è presente in molti composti sclerotizzati, spesso dotti, non presenti nella lingua volgare. Si noterà anche che è assente un elemento indipendente (preposizione) *ambi. Riporto un elenco di vocaboli, senza la pretesa di essere esaustivo: 

  ambedō "io mangio attorno, rosicchio" 
  
ambiguus "ambiguo, incerto, indeciso, dubbioso"
  ambiō "io vado attorno, circondo" 
  ambitiō "intrigo, ambizione" 
  ambitus "giro, orbita"
  ambivium "diramazione, bivio" 
  ambō "ambedue", "entrambi" (antico duale) 
  ambulō "io cammino, attraverso, viaggio" 
  ambūrō "io brucio in superficie, carbonizzo" 
  amptruō "io danzo attorno" (< *ambi-truō)  
  amputō "io taglio, recido" (< *ambi-putō
  anceps "che ha due teste" (< *ambi-caps
  ancīsus "tagliato attorno" (< *ambi-caesus)

ii) Il prefisso celtico ambi-, di identica origine indoeuropea, è vivissimo e alquanto produttivo anche nelle lingue celtiche moderne. A differenza di quanto accade in latino, si trova anche come elemento indipendente (preposizione). Riportiamo a titolo di esempio un elenco di parole gallesi formate con il prefisso am-

  amcan "idea, nozione"; "intenzione"
  amgáu "chiudere" 
  amgrwm "convesso" 
  amguedd "tesoro", "proprietà" 
  amgyffred "comprendere, afferrare, capire" 
  amgylchol "ambiente"; "circuito" 
  amgylchynu "circondare" 
  amchwaraefa "anfiteatro" 
  amddiffwn "proteggere, difendere" 
  amlaethai "erba del genere Polygala" 
  amlen "sviluppo" 
  amlosgi "cremare"  
  amnewid "rimpiazzare, sostituire"; "permutare" 
  ambell "occasionale" 
  amrwymo "legare con una fascia"
  amryw "vari, diversi" 

La conclusione è sempre la stessa. I romanisti conoscono soltanto il loro ambito limitatissimo. Non vanno oltre. In particolare, ignorano qualsiasi rudimento delle lingue celtiche. Non sono in grado di comprenderne i resti e fanno di tutto per consegnarli all'oblio eterno. Contro questa loro opera, insorgo ed insorgerò sempre.

UN RELITTO CELTICO IN ROMANCIO: TRUTG 'SENTIERO, PASSAGGIO A PIEDI SUI MONTI'

In romancio esiste la parola trutg "sentiero alpino", con le varianti trotg, truoch, truoi. Questi sono altri esiti della parola di sostrato in altre lingue retoromanze (friulano, ladino) e galloitaliche (veneto):

Friuliano: troi "sentiero"
Ladino: tru "sentiero" 
Veneziano: tróso "sentiero" 

L'origine è chiaramente celtica. Questa è la protoforma ricostruibile:  

Proto-celtico: *trogijo- "sentiero", "cammino" 

Non sono rimaste attestazioni di discendenti diretti, tuttavia la radice è ben nota nel mondo celtico con una variazione apofonica e un suffisso in dentale: 

Proto-celtico: *traget- "piede"    
  Antico irlandese: traiġ "piede" < *tragess  (< -ts),
         gen. traiġeḋ < *tragetos
     Irlandese moderno: troigh "piede" (di umano; unità
         di misura; unità metrica)
     Gaelico di Scozia: troigh "piede"    
     Manx: trie "piede"   
  Medio gallese: troet "piede" < *tragess  (< -ts),
        traet "piedi" < *tragetes  
     Gallese moderno: troed "piede", traed "piedi"   
  Antico bretone: troat "piede", treit "piedi"
     Bretone: troat "piede"
  Antico cornico: truit "piede"
     Medio cornico: troys, tros "piede"
     Cornico: troes "piede"
  Gallico: *trageđ
    Neogallico (1): treide "piedi" < *tragete (duale),
        *tragetes (plurale)  

(1) Glossario di Vienne (VIII sec.): treide "pedes". 


Questo è un notevole derivato, che mostra la stessa vocale tonica -a- ma non ha il suffisso in dentale: 

Proto-celtico: *wer-trago- "cane da caccia" 
     < *uper-trago- 
   Gallico: *VERTRAGOS "cane da caccia"  
      => Latino: vertragus "cane da caccia" 
        Antico francese: veltre "cane da caccia" 
        => Italiano (obsoleto): veltro "cane da caccia" 

L'antico significato letterale doveva essere qualcosa come "super-corridore". La parola vertragus (variante: vertraha) è uno dei più notevoli prestiti dal gallico in latino. Il prefisso ver-, ben noto anche nell'onomastica gallica (es. Ver-cingeto-rīx "Supremo Re dei Guerrieri), è discendente dalla stessa radice indoeuropea che ha dato il latino super e il greco ὑπέρ (hypér) "sopra". 
La radice proto-celtica -trag- doveva avere il significato originale di "camminare, correre". La protoforma indoeuropea ricostruibile, che ha pochi discendenti in germanico e in slavo, è la seguente: 

Proto-indoeuropeo: *tregh- "camminare", "correre" 
    Gotico: þragjan "correre"
    Serbo-croato: trâg "traccia" 

Con ogni probabilità si tratta di una variante di un'altra simile radice proto-indoeuropea, *dhregh- "correre", "trascinare", "spingere", che è più produttiva: numerosi esiti si trovano in greco, armeno, celtico, germanico, baltico, slavo. L'origine ultima permane comunque sconosciuta.  

giovedì 8 settembre 2022

UN RELITTO CELTICO IN ROMANCIO: TEGIA 'MALGA, BAITA D'ALPE, CASCINA DI MAGGENGO'

In romancio esiste la parola tegia "malga, baita dl'alpe, cascina di maggengo". La sua origine è chiaramente celtica. 

Proto-celtico: *tegos, *teges- "casa"   
  Antico irlandese: teġ "casa"
    Gaelico d'Irlanda: teach "casa" 
    Gaelico di Scozia: taigh "casa" 
    Manx: çhagh, thie "casa" 
  Medio gallese: ty "casa" 
    Gallese moderno: "casa" 
  Antico bretone: tig "casa" 
    Bretone moderno: ti "casa" 
  Antico cornico: ti "casa" 
    Cornico: chi, chy "casa" 


Già in epoca antica ci è attestato nella toponomastica di area celtica la parola attegia "capanna" (attestata da Giovenale), che deriva chiaramente da un precedente *attegesā e che costituisce un chiaro esempio di neutro plurale/collettivo in , divenuto poi un femminile singolare (con vocale lunga, a differenza del latino -a). Si danno molti casi di scomparsa della sibilante -s- intervocalica in gallico, anche se non è un esito generalizzato: eias < *esijās; eianom < *esijānon e via discorrendo (Piombo di Larzac). Non accade mai questo dileguo nel suffisso superlativo -isamos, probabilmente perché in questo caso deriva dalla semplificazione di un gruppo consonantico (cfr. latino -issimus, etc.). 
In veneto la parola attegia si è conservata ed è diventata tesa /'teza/ "capanna". È perfettamente analoga alla forma romancia tegia. 

È molto facile ricostruire l'origine più lontana della parola celtica che ha dato questi chiari esiti in romancio e in veneto. La riportiamo con un sintetico elenco di discendenti (ben lungi dall'essere esaustivo): 

Proto-indoeuropeo: *(s)teg- "coprire" 
   Greco: στέγω (stégō) "io copro"; στέγος (stégos) "tetto" 
   Latino tegō "io copro", tectustēctus "coperto", "nascosto"  
       contegō "io nascondo" 
       dētegō "io scopro" 
       integō "io copro", "io proteggo" 
       praetegō "io proteggo" 
       prōtegō "io copro" 
       retegō "io scopro", "io rivelo"
       tector "pittore", "decoratore di muri"
       tectum "tetto", "rifugio"
       tegulum "tetto" 
       tegumen, tegmen, tegimen "protezione"  
       tegumentum "copertura", "armatura" 
       tēgula "tegola"   
       toga "tipo di veste" 
   Sanscrito: sthagati "egli copre, nasconde" 
   Proto-germanico: *θakan "tetto" 
      Antico inglese: þæċ "tetto" 
        Inglese moderno: thatch "tetto di paglia" 
      Tedesco: Dach "tetto" 
      etc.

mercoledì 7 settembre 2022

UN RELITTO CELTICO IN ROMANCIO: MÈLLEN 'GIALLO' - E UN SUO PARENTE IN SARDO

In romancio esiste la parola mellen "giallo". L'accento è sulla prima sillaba: mèllen /'mellen/. In sardo abbiamo una parola molto simile: mélinu "giallo". La sua origine è chiaramente celtica.

Proto-celtico: *melinos "giallo"  
  Antico irlandese: -
  Gallese antico: melin "giallo"
   Medio gallese: melyn "giallo"
   Gallese moderno: melyn "giallo"
  Cornico: melyn "giallo"
  Bretone: melen "giallo"

Proto-celtico: *melissis "dolce"
  Antico irlandese: milis "dolce"  
    Gaelico d'Irlanda: milis "dolce"
    Gaelico di Scozia: milis "dolce"

Proto-celtico: *melissos "dolce"
  Gallico: Melissos "Il Dolce" (antroponimo)  



Il nome del colore giallo è un derivato del proto-celtico *meli- "miele", tramite un comune suffisso aggettivale -no-. La vocale mediana è breve. L'accento cade sulla prima sillaba. Ci è documentato in latino l'aggettivo melinus "giallastro", con la -i- breve nella seconda sillaba: è un evidente prestito dal celtico. 

Proto-celtico *meli- "miele" 
  Antico irlandese: mil "miele"
    Gaelico d'Irlanda: mil "miele"
    Gaelico di Scozia: mil "miele"
    Manx: mill "miele"
  Gallese: mêl "miele"
  Cornico: mel "miele"
  Bretone: mel "miele"  


La radice è di chiara origine indoeuropea: *melit "miele". Ecco un elenco di discendenti:  

Greco: μέλι (méli) "miele", gen. μέλιτος (mélitos
Albanese: mjaltë "miele" (< *melita
Armeno: mełr "miele"; mełu "ape" 
Gotico: miliþ"miele" 

La stessa radice è documentata anche nelle lingue anatoliche: 

Ittita: mallit- / millit- "dolce; miele"
Luvio: mallit- "miele"
Palaico: mallitanna- "dolcezza (del miele)" 


Il latino melinus non va confuso con il quasi omofono mēlinus "fatto di mele; fatto di cotogne", "del colore delle cotogne", derivato dal greco μῆλον (mêlon) "mela", che ha la prima sillaba con vocale lunga. Esiste anche un omografo, non realmente omofono: mēlīnus "relativo a martora o tasso", da mēlēs "martora", "tasso" (animale): il suffisso in questo caso ha la vocale lunga -ī- e porta l'accento: /me:'li:nus/.  

In latino mel "miele" presenta in modo sistematico una consonante doppia nel corso della flessione e nei derivati.

nominativo: mel
genitivo: mellis
dativo: mellī
accusativo: mel
ablativo: melle, mellī

Questa consonante doppia proviene dall'assimilazione di un più antico gruppo -ld-, abbastanza anomalo come derivato di un precedente -l-it-, tramite un'antichissima lenizione. Ecco le protoforme ricostruite: 

Proto-latino: *meld "miele" 
  nominativo/accusativo: *meld
  genitivo: *meldes / *meldos
  dativo: *meldei
  ablativo: *melded / *meldīd  

Si ritrova naturalmente la doppia -ll- nei derivati, per questo ovvio motivo, che a scuola viene insegnato come "da imparare così e basta". Ecco un elenco: 

mellārium "arnia, alveare"
mellārius "apicultore"; "relativo al miele"
mellātiō "raccolta del miele"
melleus "di miele", "simile al miele", "dolce come il miele"  
melliculum "dolcezza" (vezzeggiativo) 
mellifer "che produce miele"
mellificāns "che produce miele"
mellificium "raccolta del miele", "produzione di miele" 
mellificō "produco miele" 
mellificor "produco miele"
mellifluēns "dal dolce parlare fluente" 
mellifluus "che versa miele", "dolce come il miele" 
mellīgō "propoli", "resina delle api" 
mellilla "dolcezza" (vezzeggiativo) 
mellīna "dolcezza" (vezzeggiativo)
mellītula "dolcezza" (vezzeggiativo) 
mellītus "mielato", "dolce come il miele" 
Mellōna "Dea del miele e delle api" 
Mellōnia "Dea del miele e delle api"
mellōsus "del miele", "simile al miele"

Notiamo che melinus "giallastro" presenta per analogia la forma mellinus, ma ha in origine una consonante semplice, proprio perché deriva dal celtico.

In proto-celtico, la parola indoeuropea *melit è passata da un tema in -i-:

Proto-celtico: *meli "miele" 
  nominativo/accusativo: *meli
  genitivo: *melois
  dativo: *melei
  locativo: *melei
  strumentale: *melī

Un altro derivato presente in latino:

melina, mellina "idromele"
Nota: 
Sembra un sinonimo di medus, medu "idromele", anche se più probabilmente indica la bevanda non fermentata. 

Nelle lingue celtiche non abbiamo attestati discendenti di *melinā "idromele", ma dovette essere esistito, come dimostra la forma latina. Tradurrei questa protoforma come "idromele non fermentato".