giovedì 9 luglio 2015

PROVE INTERNE DELLA PRONUNCIA RESTITUTA DEL LATINO: SVILUPPI DI -G- INTERVOCALICA DAVANTI A -I- IN ITALIANO

Così scrive il Grandgent nel suo Introduzione allo studio del latino volgare:

259. G' verso il quarto secolo diventò prepalatale e si allargò in y, così nel latino popolare come nell'ecclesiastico: Gerapolis per Hierapolis, Per., 61, 3; "calcostegis non calcosteis", App. Pr.: CON.GI.GI = conjugi, S., 349; geinna = jejuna, Stolz, 275, Neumann, 5, Lat. Spr., 473; GENVARIVS, S., 239; GENARIVS, Pirson, 75; agebat = aiebat, Ienubam = Genavam, ingens = iniens, Bon. 173; agebat = aiebat, agere = aiere, Sepulcri, 205; Gepte, Tragani, Troge, Haag, 33; iesta, D'Arbois, 10. Ma prima che ciò avvenisse, frĭgĭdus nella maggior parte dell'impero era divenuto frįgdus (App. Pr., « frigida non fricda »), vĭgĭlat *vįglat e digitus in alcuni luoghi era divenuto dįctus (Franz. ∂, 1, 15-16): cfr. § 233.
Questo y, quando era intervocalico, si fuse, in quasi tutto l'impero, con e o i seguenti, se erano accentati: magĭster > *mayįster > maẹster; così *pa(g)é(n)sis, re(g)ína, vi(g)ínti, ecc.; così è forse da dire la proclitica ma(g)is. Cfr. Agrientum, βειεντι = vigínti, μαειστρο, ecc., Vok., II, 461 (cfr. maestati, Vok. II, 460); trienta, S., 349, Pirson, 97; quarranta = quadraginta, Pirsono, 97; aeliens, colliens, diriens, negliencia, Haag, 34; recolliendo, ecc. F. Diez, Grammaire des langues romanes, I, 250. Postonico e dopo consonante, l'y di regola rimase, tranne quando la sua scomparsa fu portata dall'analogia (come in colliens per *colliente, ecc.); légit, léges, plangit, argéntum. Ma talvolta si fuse nei parossitoni con un i seguente: roitus (= rógitus = rogátus), Vok., II, 461.
La Spagna, una parte del sud-ovest della Gallia, parte della Sardegna, della Sicilia e del sud-ovest d'Italiarimasero al grado y; altrove l'y proseguì il suo sviluppo nelle lingue romanze. Cfr. Lat. Srp., 473 (1)

(1) Un po' di luce sulla seriore pronuncia ecclesiastica ci è data dal ragguaglio contenuto in un frammento di trattato del decimo secolo sulla pronuncia latina, Thurot, 77,, secondo cui g ha il "proprio suono" (cioè quello dell'italiano g in gente) davanti ad e e i, ma è debole davanti ad altre vocali.

Già abbiamo trattato diversi casi di evoluzione della velare -g- intervocalica davanti a vocale anteriore: 


Passiamo ora ad altri casi non meno significativi, anche se non coinvolgono arretramenti dell'accento e cadute di vocali tra due consonanti.

Si vede come in diverse e importanti parole una occlusiva velare -g- intervocalica si è indebolita nella semiconsonante /j/ fino a scomparire se seguita da -e- e da -i-.

Il latino magis si è evoluto in /'majis/, dando origine all'italiano mai e ma.

Il latino magistru(m), accusativo di magister, si è evoluto in /ma'jistru/ e ha finito col dare in italiano maestro

Il latino sagitta si è evoluto in /sa'jitta/ e ha finito col dare in italiano saetta.

Se per assurdo la pronuncia di queste parole avesse avuto ab aeterno la consonante affricata /dʒ/ tipica del latino ecclesiastico, come pretendono i nostri avversari, questa non sarebbe scomparsa nel nulla, dato che non è nella natura di tale suono dileguarsi: avremmo *magi, *magestro e *sagetta

Si vede che la consonante /dʒ/ si è sviluppata a partire da /j/ dove questo non è scomparso: un simile mutamento si riscontra in numerosissime lingue. 

Ovviamente parole come magistrale e sagittario non provano nulla, visto che sono state reintrodotte come parole dotte direttamente dal latino ecclesiastico.  

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