Ero poco più che un moccioso quando sentii per la prima volta la locuzione "far vedere i sorci verdi". Mia madre (R.I.P.) stava parlando a un'amica di problemi scolastici e di una insegnante terribile. Credo che la belva umana di cui si discorreva insegnasse matematica: nel mio immaginario tale ostica materia era una vera punizione da Inferno di Dante! Così mia madre disse che la docente vessava e perseguitava i poveri scolari. "Gli fa vedere i sorci verdi!", commentò. Subito si destò in me la curiosità di sapere perché si dicesse così. Raffazzonai prontamente una spiegazione. Com'è ovvio le parole erano più rozze, ma la sostanza era più o meno questa: "Quando un'insegnante-aguzzina tiene sotto pressione un alunno, quello va in uno stato di estrema confusione, al punto da sviluppare una vera e propria febbre; a questo punto, incalzato da continue domande e rimproveri, minacciato da urla, brutti voti e infiniti ricatti, la povera vittima ha le allucinazioni, come quando la temperatura sale troppo, oltre i 40 °C, tanto da vedere guizzi di luce verde ai margini del campo visivo." Ecco spiegati i sorci verdi. Non era poi tanto male. Al giorno d'oggi qui in Lombardia uno scolaro non saprebbe nemmeno dire cosa sono i sorci. Sembra che sorcio sia una parola ormai uscita dal vocabolario della lingua italiana, al massimo considerata un termine dialettale romano quasi sconosciuto al di fuori dell'Urbe. Perché un giovane della Generazione Z capisca di cosa si sta parlando, sarebbe necessaria la traduzione sorcio = topo.
Ecco, con grande stupore, che qualche anno dopo lessi su un libro l'origine attribuita alla locuzione "far vedere i sorci verdi", a cui sono attribuiti molteplici significati, da "provocare un estremo spavento" a "fare una sorpresa non molto gradita". Fui molto sorpreso da quanto appresi, perché mi sembrava qualcosa di controintuitivo. Stando all'opinione corrente degli accademici, gli amabili roditori non c'entrerebbero nulla con le allucinazioni indotte dalle vessazioni scolastiche o da altro! "Sorci Verdi" era infatti la denominazione della 205a Squadriglia da bombardamento della Regia Aeronautica, appartenente al 41° Gruppo BT (Bombardamento Terrestre) del 12° Stormo inquadrato nella III Squadra aerea. Piuttosto complicato, non è vero? Proprio per questo nel linguaggio comune si diceva Squadriglia "Sorci Verdi" per spirito di sintesi.
Correva l'Anno del Signore 1937, mese di marzo, nel pieno del Ventennio fascista che tante polemiche continua a suscitare a babbo morto da più di settant'anni. Guerra civile spagnola. Il sottotenente Aurelio Pozzi avrebbe udito un sottufficiale, romano de Roma, sbottare: "Domani annamo su Barcellona e je famo vede li sorci verdi!" Preso dall'ispirazione, lo stesso Pozzi avrebbe quindi disegnato i tre fatidici topi color menta, ritti sulle zampe posteriori. Due degli allegri animaletti erano intenti a conversare, mente l'altro dava loro le spalle; tutti e tre avevano un'espressione allegra. L'effigie fu dipinta dapprima sulla fusoliera dell'aereo del Pozzi, un trimotore Savoia-Marchetti S.M. 79, poi il suo uso fu esteso all'intera squadriglia, divenendo ben presto sinonimo di terrore e di devastazione, ma anche di strepitosi successi nelle competizioni. Nell'agosto del 1937 il capitano Bruno Mussolini, figlio di Benito, conquistò i primi tre posti nella gara aerea Istres-Damasco-Parigi, diffondendo la fama dei Sorci Verdi nel mondo intero. Sembra che in quell'occasione lo stesso Duce abbia esclamato: "Abbiamo fatto vedere i sorci verdi al mondo intero!" Ignorando l'aneddoto su Aurelio Pozzi e sul suo sottufficiale romano, alcuni attribuiscono l'origine del modo di dire proprio all'esclamazione mussoliniana - sulla cui origine sembrano però non interrogarsi. Questo è a mio avviso un controsenso, dato che i sorci verdi erano già l'emblema degli otto aerei della 205a Squadriglia portati alla vittoria dal capitano Bruno Mussolini. Il 7 settembre 1937 il generale Giuseppe Valle stabiliva con apposita nota che "il distintivo dei Sorci Verdi [con i tre topi in posizione eretta] contrassegnante i velivoli che parteciparono alla gara aerea internazionale Istres-Damasco-Parigi venga adottato come distintivo ufficiale del 12º Stormo B.T."
Benissimo. Appurati questi fatti sui famigerati "Sorci Verdi", resta una domanda profonda che i romanisti non considerano - a quanto pare per incompetenza e ignoranza essenziale. Perché diamine il sottufficiale romano avrebbe detto quanto disse? Senza questa domanda, tutto il ragionamento fatto dagli etimologi della Crusca è un mero circolo vizioso. Ebbene, il sottufficale romano usò i sorci verdi come allegoria di un estremo spavento per un motivo semplicissimo. La locuzione "je famo vede li sorci verdi" esisteva già! Non deriva dal simbolo della 2o5a Squadriglia da bombardamento, semmai è l'esatto contrario! È proprio il simbolo della 205a Squadriglia da bombardamento che deriva dalla locuzione. Questo perché si trattava di un modo di dire che doveva esistere già da tempo ed essere ben radicato a Roma. Le imprese belliche e sportive dei "Sorci Verdi" lo hanno semplicemente reso popolare dovunque. Quando tentai per la prima volta di dare un senso a questi benedetti roditori, non avevo quindi tutti i torti!
Cosa possiamo dedurre da quanto esposto? Una cosa su tutte: forse non è infondato il sospetto che persino tra gli accademici siano ben rappresentati i coglioni!
Correva l'Anno del Signore 1937, mese di marzo, nel pieno del Ventennio fascista che tante polemiche continua a suscitare a babbo morto da più di settant'anni. Guerra civile spagnola. Il sottotenente Aurelio Pozzi avrebbe udito un sottufficiale, romano de Roma, sbottare: "Domani annamo su Barcellona e je famo vede li sorci verdi!" Preso dall'ispirazione, lo stesso Pozzi avrebbe quindi disegnato i tre fatidici topi color menta, ritti sulle zampe posteriori. Due degli allegri animaletti erano intenti a conversare, mente l'altro dava loro le spalle; tutti e tre avevano un'espressione allegra. L'effigie fu dipinta dapprima sulla fusoliera dell'aereo del Pozzi, un trimotore Savoia-Marchetti S.M. 79, poi il suo uso fu esteso all'intera squadriglia, divenendo ben presto sinonimo di terrore e di devastazione, ma anche di strepitosi successi nelle competizioni. Nell'agosto del 1937 il capitano Bruno Mussolini, figlio di Benito, conquistò i primi tre posti nella gara aerea Istres-Damasco-Parigi, diffondendo la fama dei Sorci Verdi nel mondo intero. Sembra che in quell'occasione lo stesso Duce abbia esclamato: "Abbiamo fatto vedere i sorci verdi al mondo intero!" Ignorando l'aneddoto su Aurelio Pozzi e sul suo sottufficiale romano, alcuni attribuiscono l'origine del modo di dire proprio all'esclamazione mussoliniana - sulla cui origine sembrano però non interrogarsi. Questo è a mio avviso un controsenso, dato che i sorci verdi erano già l'emblema degli otto aerei della 205a Squadriglia portati alla vittoria dal capitano Bruno Mussolini. Il 7 settembre 1937 il generale Giuseppe Valle stabiliva con apposita nota che "il distintivo dei Sorci Verdi [con i tre topi in posizione eretta] contrassegnante i velivoli che parteciparono alla gara aerea internazionale Istres-Damasco-Parigi venga adottato come distintivo ufficiale del 12º Stormo B.T."
Benissimo. Appurati questi fatti sui famigerati "Sorci Verdi", resta una domanda profonda che i romanisti non considerano - a quanto pare per incompetenza e ignoranza essenziale. Perché diamine il sottufficiale romano avrebbe detto quanto disse? Senza questa domanda, tutto il ragionamento fatto dagli etimologi della Crusca è un mero circolo vizioso. Ebbene, il sottufficale romano usò i sorci verdi come allegoria di un estremo spavento per un motivo semplicissimo. La locuzione "je famo vede li sorci verdi" esisteva già! Non deriva dal simbolo della 2o5a Squadriglia da bombardamento, semmai è l'esatto contrario! È proprio il simbolo della 205a Squadriglia da bombardamento che deriva dalla locuzione. Questo perché si trattava di un modo di dire che doveva esistere già da tempo ed essere ben radicato a Roma. Le imprese belliche e sportive dei "Sorci Verdi" lo hanno semplicemente reso popolare dovunque. Quando tentai per la prima volta di dare un senso a questi benedetti roditori, non avevo quindi tutti i torti!
Cosa possiamo dedurre da quanto esposto? Una cosa su tutte: forse non è infondato il sospetto che persino tra gli accademici siano ben rappresentati i coglioni!
4 commenti:
Ho avuto lo stesso dubbio. L'espressione è più vecchia di quando fu adottata negli anni 30.
Altre informazioni non ne abbiamo però?
Ciao, benvenuto in questo spazio e grazie dell'intervento! Sono felice che anche tu la pensi così. Purtroppo al momento non dispongo di altre informazioni: è molto difficile reperire qualcoa di utile. Quando avrò qualche aggiornamento significativo lo pubblicherò senz'altro.
A conferma di quanto scrivi, qui c'è una raccolta di proverbi abruzzesi pubblicata nel 1901, prima dell'invenzione dell'aereo, dove è riportato il modo di dire: https://www.jstor.org/stable/27935438 (pag. 178)
Te facce vedé' le surge virde!
https://www.jstor.org/stable/27935450 (pag. 596)
Fa' vedé' le surge virde.
La definizione che ne viene data è "far cose inaspettate, prodigiose, non più viste".
Ciao Fabrizio, benvenuto in questo spazio! Grazie della preziosa documentazione!
Marco
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