LA LEGGENDA DI BEOWULF
Titolo originale: Beowulf
Nazione: USA
Anno: 2007
Genere: fantasy
Durata: 115
Produzione: Warner Bros
Distribuzione: Warner Bros
Regia: Robert Zemeckis
Attori:
Ray Winstone: Beowulf
Anthony Hopkins: Re Hrothgar
John Malkovich: Unferth
Robin Wright Penn: Regina Wealtheow
Brendan Gleeson: Wiglaf
Crispin Glover: Grendel
Alison Lohman: Ursula
Charlotte Salt: Estrith
Chris Coppola: Olaf
Sebastian Roché: Wulfgar
Lesle Zemeckis: Yrsa
Angelina Jolie: Madre di Grendel
Costas Mandylor: Hondshew
Doppiatori italiani:
Francesco Pannofino: Beowulf
Dario Penne: Re Hrothgar
Roberto Pedicini: Unferth
Chiara Colizzi: Regina Wealtheow
Emanuela Rossi: Madre di Grendel
Roberto Draghetti: Wiglaf
Massimo Popolizio: Grendel
Domitilla D'Amico: Ursula
Oreste Baldini: Hondshew
Emanuela D'Amico: Yrsa
Giacomo Vitullo: Olaf
Nazione: USA
Anno: 2007
Genere: fantasy
Durata: 115
Produzione: Warner Bros
Distribuzione: Warner Bros
Regia: Robert Zemeckis
Attori:
Ray Winstone: Beowulf
Anthony Hopkins: Re Hrothgar
John Malkovich: Unferth
Robin Wright Penn: Regina Wealtheow
Brendan Gleeson: Wiglaf
Crispin Glover: Grendel
Alison Lohman: Ursula
Charlotte Salt: Estrith
Chris Coppola: Olaf
Sebastian Roché: Wulfgar
Lesle Zemeckis: Yrsa
Angelina Jolie: Madre di Grendel
Costas Mandylor: Hondshew
Doppiatori italiani:
Francesco Pannofino: Beowulf
Dario Penne: Re Hrothgar
Roberto Pedicini: Unferth
Chiara Colizzi: Regina Wealtheow
Emanuela Rossi: Madre di Grendel
Roberto Draghetti: Wiglaf
Massimo Popolizio: Grendel
Domitilla D'Amico: Ursula
Oreste Baldini: Hondshew
Emanuela D'Amico: Yrsa
Giacomo Vitullo: Olaf
Note:
La storia narrata nel film è l’adattamento di un antichissimo poema epico scritto in lingua inglese arcaica, e datato intorno al VII secolo. Il nome del suo autore, o dei suoi autori, è sconosciuto. Unica certezza è che si tratti del più lungo poema epico in lingua anglosassone mai scritto.
La storia narrata nel film è l’adattamento di un antichissimo poema epico scritto in lingua inglese arcaica, e datato intorno al VII secolo. Il nome del suo autore, o dei suoi autori, è sconosciuto. Unica certezza è che si tratti del più lungo poema epico in lingua anglosassone mai scritto.
Recensione:
Riporto questo scritto del carissimo amico 7di9: una bellissima recensione de La leggenda di Beowulf, pellicola diretta da Robert Zemeckis, su Real Dark Dream. Il testo, pubblicato a suo tempo su Esilio a Mordor, per fortuna non è andato perduto, dato che è ancora consultabile in questa pagina:
Riporto questo scritto del carissimo amico 7di9: una bellissima recensione de La leggenda di Beowulf, pellicola diretta da Robert Zemeckis, su Real Dark Dream. Il testo, pubblicato a suo tempo su Esilio a Mordor, per fortuna non è andato perduto, dato che è ancora consultabile in questa pagina:
Eroe di una tribù di origine svedese e figlio di un sovrano, Beowulf è un guerriero, nel senso più puro del termine, un combattente che decide di partire per una fredda regione della Danimarca al fine di uccidere il temibile demone che la infesta. E' questa in sintesi la trama del film diretto da Robert Zemeckis, il quale ripropone, dopo Polar Express, una tipologia di cinema visivamente costruito attraverso la grafica virtuale generata al computer.
La colonna sonora è certamente uno degli elementi maggiormente riusciti della produzione. Alan Silvestri svolge un lavoro egregio, salvifico per certi versi. Il ritmo delle melodie è sempre incalzante e ben orchestrato quando le scene di guerra o di combattimento lo richiedono. Ed è incontrovertibile quanto questo aspetto aiuti sicuramente a meglio immedesimarsi nella storia. E' dunque d’obbligo riconoscere l’effetto riparatore che la musica opera in certe scene, le quali sarebbero risultate sicuramente meno digeribili e meno fluide, oltre che maggiormente macchinose, se private del loro accompagnamento orchestrale. Non si può dire lo stesso dell’effetto prodotto dalla recitazione dei personaggi, i cui volti perlopiù immobili e le cui pupille prive di vita non fanno che spingere lo spettatore lontano da una qualunque parvenza di partecipazione, di immedesimazione con le vicende narrate. Nonostante però la tendenziale, e a tratti fastidiosa, rigidità dei volti dei personaggi, le cui espressioni sono limitate, la tecnica tridimensionale è sicuramente di buona fattura – anche se ancora lontanissima da un’accettabile verosimiglianza in grado di sostituire, nella forma e nella sostanza, la recitazione, ma soprattutto la profondità recitativa – di attori in carne e ossa. In ogni caso, nota di merito deve essere riconosciuta per l’ambientazione, perfettamente ricostruita: il freddo, la neve e la temperatura proibitiva sono realmente percepibili. Bisogna ammettere che da questo punto di vista la regia ha svolto un ottimo lavoro, contrapponendo i colori freddi della flora danese ai toni accessi e maggiormente caldi degli abiti dei personaggi, che sembrano quasi ricoperti di fuoco e lapilli.
L’intera storia è costantemente immersa in una densa atmosfera di mistero, lugubre, profondamente oscura, che riesce a conferire maggiore forza alle figure dei demoni che la infestano. Particolarmente coinvolgente, e ben fotografata, è la scena del primo attacco di Grendel, il mostro che Beowulf ha promesso di uccidere. Violento al punto giusto, e caricato di un’equilibrata dose di effetti sanguinolenti, il momento dell’attacco del mostro è una sapiente macchina di suspense, dove le urla della creatura si mescolano alle luci blu, spettrali, del luogo, schiacciando le parole e le grida degli abitanti impauriti e alla disperata ricerca di una via di fuga.
Anche se accademica e sufficientemente fluida, la regia risente di un movimento di macchina troppo stereotipato, raramente arricchito da guizzi originali, che in molti tratti tende ad un tipo di ripresa vicina a quella di un moderno videogioco, con riprese che risultano poco plausibili, e per questo abbastanza inaccettabili per l’occhio dello spettatore: l’effetto fake del film è comunque diffuso più o meno in tutti gli strati della pellicola, e difficilmente viene via, contribuendo non poco ad alienare dallo schermo chi assiste alla proiezione.
I dialoghi, funzionali, risentono dell’arcaicità del testo originario dell’opera. Sopra le righe, la sceneggiatura potrebbe risultare irritante in certi frangenti, anche se mediata da diversi e ben dosati spunti ironici. Le esigenze da epopea sono però pienamente rispettate: l’intera storia è a tutti gli effetti un inno atto a glorificare le gesta dell’eroe Beowulf, nel bene e nel male. A parte questo, la scelta degli sceneggiatori Roger Avary e Neil Gaiman di non adattare il tono leggendario e altisonante dei dialoghi originali dell’poema ad un linguaggio filmico maggiormente fruibile è da premiare, soprattutto considerando la tendenziale piattezza – tanto dialogica quanto sintattica – di molti degli script moderni, soprattutto quelli destinati ad un pubblico eterogeneo.
La trama è semplice – potrebbe definirsi minimale – ed è giocata su di un paio di nodi narrativi che vengono reiterati per ben tre volte fino alla conclusione del film. Visti i difetti evidenziati finora, è palese come un simile intreccio diegetico non possa che peggiorare la già precaria stabilità del film. L’effetto finale sarebbe sicuramente cambiato se sullo schermo ci fossero stati attori reali, con espressioni realmente umane. L’empatia abita altrove, ed è un vero peccato, poiché l’operazione di voler riproporre una storia tanto antica, ancestrale, nel nostro tempo è scelta da ammirare, sicuramente coraggiosa.
La colonna sonora è certamente uno degli elementi maggiormente riusciti della produzione. Alan Silvestri svolge un lavoro egregio, salvifico per certi versi. Il ritmo delle melodie è sempre incalzante e ben orchestrato quando le scene di guerra o di combattimento lo richiedono. Ed è incontrovertibile quanto questo aspetto aiuti sicuramente a meglio immedesimarsi nella storia. E' dunque d’obbligo riconoscere l’effetto riparatore che la musica opera in certe scene, le quali sarebbero risultate sicuramente meno digeribili e meno fluide, oltre che maggiormente macchinose, se private del loro accompagnamento orchestrale. Non si può dire lo stesso dell’effetto prodotto dalla recitazione dei personaggi, i cui volti perlopiù immobili e le cui pupille prive di vita non fanno che spingere lo spettatore lontano da una qualunque parvenza di partecipazione, di immedesimazione con le vicende narrate. Nonostante però la tendenziale, e a tratti fastidiosa, rigidità dei volti dei personaggi, le cui espressioni sono limitate, la tecnica tridimensionale è sicuramente di buona fattura – anche se ancora lontanissima da un’accettabile verosimiglianza in grado di sostituire, nella forma e nella sostanza, la recitazione, ma soprattutto la profondità recitativa – di attori in carne e ossa. In ogni caso, nota di merito deve essere riconosciuta per l’ambientazione, perfettamente ricostruita: il freddo, la neve e la temperatura proibitiva sono realmente percepibili. Bisogna ammettere che da questo punto di vista la regia ha svolto un ottimo lavoro, contrapponendo i colori freddi della flora danese ai toni accessi e maggiormente caldi degli abiti dei personaggi, che sembrano quasi ricoperti di fuoco e lapilli.
L’intera storia è costantemente immersa in una densa atmosfera di mistero, lugubre, profondamente oscura, che riesce a conferire maggiore forza alle figure dei demoni che la infestano. Particolarmente coinvolgente, e ben fotografata, è la scena del primo attacco di Grendel, il mostro che Beowulf ha promesso di uccidere. Violento al punto giusto, e caricato di un’equilibrata dose di effetti sanguinolenti, il momento dell’attacco del mostro è una sapiente macchina di suspense, dove le urla della creatura si mescolano alle luci blu, spettrali, del luogo, schiacciando le parole e le grida degli abitanti impauriti e alla disperata ricerca di una via di fuga.
Anche se accademica e sufficientemente fluida, la regia risente di un movimento di macchina troppo stereotipato, raramente arricchito da guizzi originali, che in molti tratti tende ad un tipo di ripresa vicina a quella di un moderno videogioco, con riprese che risultano poco plausibili, e per questo abbastanza inaccettabili per l’occhio dello spettatore: l’effetto fake del film è comunque diffuso più o meno in tutti gli strati della pellicola, e difficilmente viene via, contribuendo non poco ad alienare dallo schermo chi assiste alla proiezione.
I dialoghi, funzionali, risentono dell’arcaicità del testo originario dell’opera. Sopra le righe, la sceneggiatura potrebbe risultare irritante in certi frangenti, anche se mediata da diversi e ben dosati spunti ironici. Le esigenze da epopea sono però pienamente rispettate: l’intera storia è a tutti gli effetti un inno atto a glorificare le gesta dell’eroe Beowulf, nel bene e nel male. A parte questo, la scelta degli sceneggiatori Roger Avary e Neil Gaiman di non adattare il tono leggendario e altisonante dei dialoghi originali dell’poema ad un linguaggio filmico maggiormente fruibile è da premiare, soprattutto considerando la tendenziale piattezza – tanto dialogica quanto sintattica – di molti degli script moderni, soprattutto quelli destinati ad un pubblico eterogeneo.
La trama è semplice – potrebbe definirsi minimale – ed è giocata su di un paio di nodi narrativi che vengono reiterati per ben tre volte fino alla conclusione del film. Visti i difetti evidenziati finora, è palese come un simile intreccio diegetico non possa che peggiorare la già precaria stabilità del film. L’effetto finale sarebbe sicuramente cambiato se sullo schermo ci fossero stati attori reali, con espressioni realmente umane. L’empatia abita altrove, ed è un vero peccato, poiché l’operazione di voler riproporre una storia tanto antica, ancestrale, nel nostro tempo è scelta da ammirare, sicuramente coraggiosa.
Considerazioni:
Aggiungo a questo punto qualche mio breve commento. Ottima la recitazione del poema in anglosassone, verso la fine del film. Non mancano però gli anacronismi: solo per fare un esempio si cita l'Islanda, che all'epoca della stesura del poema non era ancora stata raggiunta dai coloni norvegesi. Il tentativo di inserire in un contesto storico eventi più o meno liberamente ispirati al Beowulf, genera talvolta effetti surreali, ma questo è inevitabile: si è forse mai dato un solo americano in grado di produrre un film seguendo alla lettera una fonte senza apportarvi alcuna modifica? La mia opinione sul film è in ogni caso nettamente positiva. L'unica cosa davvero inguardabile è la strega con i tacchi a spillo.
Aggiungo a questo punto qualche mio breve commento. Ottima la recitazione del poema in anglosassone, verso la fine del film. Non mancano però gli anacronismi: solo per fare un esempio si cita l'Islanda, che all'epoca della stesura del poema non era ancora stata raggiunta dai coloni norvegesi. Il tentativo di inserire in un contesto storico eventi più o meno liberamente ispirati al Beowulf, genera talvolta effetti surreali, ma questo è inevitabile: si è forse mai dato un solo americano in grado di produrre un film seguendo alla lettera una fonte senza apportarvi alcuna modifica? La mia opinione sul film è in ogni caso nettamente positiva. L'unica cosa davvero inguardabile è la strega con i tacchi a spillo.