Ormai da anni siamo martellati quotidianamente da notizie della scoperta di miracolose panacee. Arrivano a ritmo serrato, impossibile non notarle. Sempre nuove ricerche mettono a nudo i meccanismi del cancro e dell'AIDS, trovando punti deboli che permetteranno di guarire da queste terribili malattie. Ogni tumore sarà presto come un raffreddore, ecco cosa ci promettono. Risultati strepitosi anche per il diabete e per altre patologie croniche, e persino le conseguenze di un ictus a quanto ci dicono saranno soltanto un ricordo. Grazie a una proteina o a un enzima, ecco che viene bloccato l'invecchiamento. Basta attivare o disattivare un gene per liberarsi di tutto ciò che non è gradito, demenza compresa. Non ci sono limiti. Tutti i ciechi riacquisteranno la vista. Come cantava Lucio Dalla, anche i muti potranno parlare. Ogni dolore sarà cancellato, in pratica sarà la Resurrezione dei corpi, persino i morti torneranno in vita come Giona sputato dalla balena, e in condizioni di perfetta, eterna salute. Per giunta tutte queste meraviglie preconizzate dai mass media saranno possibili grazie ai ritrovati e alle idee mirabolanti di ricercatori italiani. Ecco l'Italico Genio che ritorna! Tutto degno della massima attenzione, certo, ma quando si leggono questi articoli si scopre che sono tutti accomunati da una ben precisa caratteristica: sempre, senza possibilità d'eccezione, gli elisir in grado di far scomparire ogni malanno funzionano... soltanto sui topi. Nemmeno la più piccola conquista è diventata qualcosa di fruibile per gli esseri umani. Anni e anni che passano, e il solo risultato concreto che hanno potuto ottenere è stato quello di donare la vita eterna ai roditori!
A volte la gente non vuole ascoltare la verità perché non vuole vedere le proprie illusioni distrutte. Le convinzioni, più delle bugie, sono nemiche pericolose della verità.
(Friedrich Wilhelm Nietzsche)
domenica 15 marzo 2015
venerdì 13 marzo 2015
BRAZIL
Anno: 1985
Durata: 132 min (142 min director's cut)
Colore: colore
Audio: sonoro
Genere: fantascienza, grottesco, drammatico
Sottogenere: distopico
Regia: Terry Gilliam
Soggetto: Terry Gilliam
Sceneggiatura: Terry Gilliam, Tom Stoppard,
Charles McKeown
Produttore: Arnon Milchan
Fotografia: Roger Pratt
Montaggio: Julián Doyle
Effetti speciali: Ron Burton
Musiche: Michael Kamen, Kate Bush, Ray Cooper
Scenografia: Norman Garwood
Durata: 132 min (142 min director's cut)
Colore: colore
Audio: sonoro
Genere: fantascienza, grottesco, drammatico
Sottogenere: distopico
Regia: Terry Gilliam
Soggetto: Terry Gilliam
Sceneggiatura: Terry Gilliam, Tom Stoppard,
Charles McKeown
Produttore: Arnon Milchan
Fotografia: Roger Pratt
Montaggio: Julián Doyle
Effetti speciali: Ron Burton
Musiche: Michael Kamen, Kate Bush, Ray Cooper
Scenografia: Norman Garwood
Interpreti e personaggi:
Jonathan Pryce: Sam Lowry
Kim Greist: Jill Layton
Michael Palin: Jack Lint
Ian Holm: Mr. Kurtzmann
Robert De Niro: Archibald "Harry" Tuttle
Katherine Helmond: Ida Lowry, la madre di Sam
Bob Hoskins: Spoor, il tecnico del Central Service
Ian Richardson: Mr. Warrenn
Peter Vaughan: Mr. Helpmann
Jim Broadbent: Dr. Jaffe
Barbara Hicks: Alma Terrain
Charles McKeown: Harvey Lime
Jack Purvis: Dr. Chapman
Derrick O'Connor: Dowser
Kathryn Pogson: Shirley
Bryan Pringle: Spiro
Brian Miller: Mr. Buttle
Sheila Reid: Mrs. Buttle
John Flanagan: Intervistatore TV / venditore
Ray Cooper: Tecnico
Jonathan Pryce: Sam Lowry
Kim Greist: Jill Layton
Michael Palin: Jack Lint
Ian Holm: Mr. Kurtzmann
Robert De Niro: Archibald "Harry" Tuttle
Katherine Helmond: Ida Lowry, la madre di Sam
Bob Hoskins: Spoor, il tecnico del Central Service
Ian Richardson: Mr. Warrenn
Peter Vaughan: Mr. Helpmann
Jim Broadbent: Dr. Jaffe
Barbara Hicks: Alma Terrain
Charles McKeown: Harvey Lime
Jack Purvis: Dr. Chapman
Derrick O'Connor: Dowser
Kathryn Pogson: Shirley
Bryan Pringle: Spiro
Brian Miller: Mr. Buttle
Sheila Reid: Mrs. Buttle
John Flanagan: Intervistatore TV / venditore
Ray Cooper: Tecnico
Trama (da MYmovies):
"Ispirato a 1984 di George Orwell e diretto da un membro dei Monty Python, Brazil (che è il titolo della famosa canzone degli anni Quaranta simbolo di evasione) è una bizzarra e straripante metafora contro le dittature in nome della libertà. Il "portavoce" è Sam Lowry, addetto agli archivi del Dipartimento informazioni in un paese del futuro dominato dal potere e dalla burocrazia dove gruppi di terroristi seminano distruzione per reagire all'oppressione. In seguito ad imprevisti e a strani incontri (un idraulico che si oppone al sistema riparando abusivamente nelle case, interpretato da De Niro), Sam si scopre vocazioni di oppositore e di terrorista, ma verrà reso innocuo."
"Ispirato a 1984 di George Orwell e diretto da un membro dei Monty Python, Brazil (che è il titolo della famosa canzone degli anni Quaranta simbolo di evasione) è una bizzarra e straripante metafora contro le dittature in nome della libertà. Il "portavoce" è Sam Lowry, addetto agli archivi del Dipartimento informazioni in un paese del futuro dominato dal potere e dalla burocrazia dove gruppi di terroristi seminano distruzione per reagire all'oppressione. In seguito ad imprevisti e a strani incontri (un idraulico che si oppone al sistema riparando abusivamente nelle case, interpretato da De Niro), Sam si scopre vocazioni di oppositore e di terrorista, ma verrà reso innocuo."
Recensione:
Un film attualissimo e profetico, che descrive molto bene il mostruoso Moloch burocratico che stritola questo paese e il secchio di cagnotti che è la politica. Penso proprio che avrebbero dovuto intitolarlo Italy. È uscito un anno dopo il fatidico 1984, ed è difficile credere che si tratti soltanto di un caso. Guardandolo si viene proiettati in luogo terribile, dove l'essere umano è oppresso da un'infinità di procedure e di formalità inflessibili che soffocano ogni minimo aspetto dell'esistenza, rendendo ogni movimento impossibile, ostacolando ogni singolo pensiero. Per fare qualsiasi cosa si devono produrre quantità impressionanti di scartoffie, al punto che il proprio tempo viene impietosamente divorato da questa macchina di morte. Un atroce labirinto in cui non si può neanche andare al cesso senza avere un protocollo in entrata e un protocollo in uscita e senza compilare un modello 740 per pagare la tassa sugli escrementi. Mentre le sequenze scorrono si è colti da un'angoscia incredibile: ci si rende conto che il mondo descritto da Brazil è proprio quello in cui siamo costretti a vivere nel nostro presente! L'ingranaggio burocratico, che fino a qualche anno fa era soltanto elefantiaco, oggi è leviatanico. Il sangue dei cittadini stritolati serve a nutrire inetti politicanti che si gonfiano come grappoli di zecche, traendo prosperità dalle altrui disgrazie. Quando vidi il film per la prima volta non mi sembrava possibile immaginare che saremmo arrivati a sopravvivere in una realtà tanto degradata, eppure è così, ed ogni giorno che passa è peggio del precedente. L'unica speranza è che l'intero edificio collassi presto, come i tessuti ormai putrescenti di una carampana sottoposta a decine di interventi di chirurgia plastica.
Sequenze memorabili
La bellissima donna dai corti capelli rossi, vestita d'argento e con le ali di un angelo, che vola nei sogni del protagonista e gli porta un barlume di speranza; i chihuahua con l'ano incerottato per impedire la fuoriuscita di escrementi; la grottesca banda militare che intona inni natalizi; la laida vecchiaccia devastata dai lifting, al punto che il suo volto elastico si sfalda fino a diventare un'immonda poltiglia; i meccanici soffocati da una massa di feci umane pompate nelle loro tute di plastica direttamente dal pozzo nero; la battaglia onirica del protagonista contro il colossale mostro corazzato come un samurai; la sala di tortura dentistica con il seviziatore che indossa un'atrocissima maschera infantile.
Curiosità
All'inizio il titolo di questo film doveva essere 1984 ½, un chiaro riferimento al romanzo distopico di George Orwell, 1984, unito a un omaggio a Federico Fellini e al suo film 8½ (1963). Tuttavia quando nello stesso anno uscì Orwell 1984, diretto da Michael Radford, l'idea non poté più essere sostenuta, fu deciso di cambiare titolo per evitare problemi legali.
Terry Gilliam attribuisce a Tom Stoppard l'idea di uno scarafaggio morto che cade nel computer causando l'errore tipografico che porta alla condanna a morte di un uomo, innescando una catena di grottesche conseguenze alla base della struttura narrativa del film.
Il famigerato modulo 27B/6, senza il quale nessun intervento può essere eseguito dai riparatori del Dipartimento dei Lavori Pubblici, è un riferimento criptico a George Orwell, che visse a Canonbury Square nell'appartamento 27B al sesto piano, durante la scrittura di parti del romanzo 1984.
Le scene oniriche che concludono il film erano inizialmente pensate come una lunga sequenza iniziale. Un'altra scena onirica, già scritta e filmata, prevedeva che il protagonista volasse sopra un campo fatto di occhi che iniziavano a muoversi lentamente per seguire la sua discesa su un pilastro. Questi occhi erano palle da biliardo con false iridi dipinte. Il simbolo dell'occhio si ritrova anche in altri film di Terry Gilliam come L'esercito delle 12 scimmie (1995). Tuttavia, anche se l'idea sembrava buona, fu stabilito che non avrebbe funzionato. Quindi le sequenze oniriche furono ripartite nel corso del film.
Alcuni nomi sono significativi:
- Mr. Kurtzmann: (in tedesco "uomo corto"): di bassa statura e con scarso successo. Fu chiamato così da Harvey Kurtzman, l'editore della rivista Help, ove Gilliam aveva lavorato negli anni '60.
- Mr. Helpmann: aiuta Sam Lowry.
- Mr. Warrenn: lavora in un palazzo labirintico simile a una tana di conigli (in inglese rabbit warren).
- Harvey Lime: forse un riferimento a Harry Lime ne Il terzo uomo (1949).
Quasi tutta la colonna sonora è una variazione della canzone principale, Aquarela do Brazil (1939), di Ary Barroso. Il regista ha concepito l'idea di usare questa musichetta allegra e spensierata per via della dissonanza stridente con la realtà infernale rappresentata nel film. Aveva abuto modo di ascoltarla durante una visita alla desolata spiaggia di Port Talbot, in Galles, dove tutto era ricoperto da una nera polvere di acciaio.
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sabato 7 marzo 2015
UN WESTERN SCATOLOGICO:
PIÙ FORTE SORELLE
PIÙ FORTE SORELLE
Produttore: Silvio Battistini
Regia: Renzo Spaziani (Renzo Girolami)
Sceneggiatura: Franco Vietri
Anno: 1973
Genere: Western/Commedia
Durata: 79 min
Paese: Italia
Casa di produzione: New Films
Cast:
Lincoln Tate (Amen),
Gabriella Farinon (Jane),
Gianclaudio Jabes (Catapult),
Gilberto Galimberti (capo scagnozzo di Catapult),
Luigi Bonos (Timothy),
Clara Colosimo (suora),
Franca Maresa (suora),
Suzy Monen (suora),
Sandro Scarchilli (Tutti Frutti, scagnozzo gay),
Carlo Monni (veterinario, dentista),
Lorenzo Piani (cowboy),
Francesco D'Adda (scagnozzo),
Serafino Profumo (scagnozzo).
Regia: Renzo Spaziani (Renzo Girolami)
Sceneggiatura: Franco Vietri
Anno: 1973
Genere: Western/Commedia
Durata: 79 min
Paese: Italia
Casa di produzione: New Films
Cast:
Lincoln Tate (Amen),
Gabriella Farinon (Jane),
Gianclaudio Jabes (Catapult),
Gilberto Galimberti (capo scagnozzo di Catapult),
Luigi Bonos (Timothy),
Clara Colosimo (suora),
Franca Maresa (suora),
Suzy Monen (suora),
Sandro Scarchilli (Tutti Frutti, scagnozzo gay),
Carlo Monni (veterinario, dentista),
Lorenzo Piani (cowboy),
Francesco D'Adda (scagnozzo),
Serafino Profumo (scagnozzo).
Fotografia: Mario Parapetti
Colore: colore - widescreen
Musica: Nando De Luca
Canzone: Catapult, cantata da Eldorado Stones
Colore: colore - widescreen
Musica: Nando De Luca
Canzone: Catapult, cantata da Eldorado Stones
AKA:
Drei Nonnen auf dem Weg zur Hölle (Germania)
For a Book of Dollars (U.S.A.)
Más fuerte, hermanas (Argentina)
Kansas City (Francia)
Des dollars plein la gueule (Francia)
Drei Nonnen auf dem Weg zur Hölle (Germania)
For a Book of Dollars (U.S.A.)
Más fuerte, hermanas (Argentina)
Kansas City (Francia)
Des dollars plein la gueule (Francia)
Trama (da Spaghetti Western Forum):
Alcune suore assoldano un cacciatore di taglie di nome Amen (Lincoln Tate) per aiutarle a recuperare il loro denaro perduto. Il bottino era stato rubato da un sudicio branco di fuorilegge conosciuti come Banditi-Catapulta, dal nome del loro capo Catapulta (Gill Roland), appunto. Amen insieme alle suore, trova il bottino ed elimina la banda dei fuorilegge, per poi scoprire che le brave suorine, altro non sono che incallite donne fuorilegge. Amen le raggiunge e tutto finisce con un Happy End.
Alcune suore assoldano un cacciatore di taglie di nome Amen (Lincoln Tate) per aiutarle a recuperare il loro denaro perduto. Il bottino era stato rubato da un sudicio branco di fuorilegge conosciuti come Banditi-Catapulta, dal nome del loro capo Catapulta (Gill Roland), appunto. Amen insieme alle suore, trova il bottino ed elimina la banda dei fuorilegge, per poi scoprire che le brave suorine, altro non sono che incallite donne fuorilegge. Amen le raggiunge e tutto finisce con un Happy End.
Recensione:
Sono passati davvero molti anni da quando ho visto questo film, che non esito a definire un western scatologico. Alcune scene sono rimaste impresse in modo vivido nei miei banchi di memoria, per il resto i miei ricordi presentano numerose lacune (sono sparite chissà come le suore) e forse anche qualche distorsione. Riporto nel seguito quanto sono riuscito a recuperare dalle banche dati dei miei neuroni.
In una desolata regione desertica al confine col Messico imperversa un bandito conosciuto come Catapult, così chiamato perché in un lampo di genio ha concepito l'idea di riportare in auge la catapulta, utilizzandola per rapinare le banche. Le sue imprese hanno un successo travolgente, al punto che finisce con l'impadronirsi di interi distretti e a radunare un incredibile numero di malfattori. Un eroe solitario si incammina per le terre sotto il potere del bandito Catapult, con l'intenzione di portarlo alla rovina. È determinato ad ottenere vendetta, forse perché la sua amante è stata insidiata dal malvivente. Armato di un purgante drastico per muli, dopo varie vicissitudini riesce a diventare il cuoco di Catapult. Naturalmente la purga finisce nella zuppa e quello che ha inizio ha dell'incredibile: i banditi sono presi da una diarrea spaventosa, si contorcono come lucertole in preda a violentissime coliche intestinali e corrono verso le latrine emettendo scorregge rumorose come tuoni, finendo col produrre un vero e proprio lago di escrementi. Nel tumulto Catapult finisce con l'essere travolto dai suoi uomini e sepolto dalle eruzioni dei vulcani fecali fino ad affogare laidamente nello sterco.
A quanto pare si tratta di un'autentica rarità, che ha lasciato ben poche tracce di sé. Si segnalano numerose incongruenze: non si sa nemmeno qual è la reale identità del regista Renzo Spaziani, che in Germania è identificato con Renzo Girolami, mentre secondo altri sarebbe Mario Bianchi; l'attore che interpreta Catapult è secondo la maggior parte delle fonti Gianclaudio (Jean Claude) Jabes, ma alcuni sostengono che sia invece Gill Roland. Pochi e feroci i giudizi che si trovano nel Web: "detrito del fagioli-western" (Il Gobbo), "appuntamento irrinunciabile per tutti i cultori dell'orrido" e "penosissimo western demenzial-comicarolo" (Gestarsh99). Nel forum Gente di Rispetto, sezione La Colt è la mia legge, c'è una pagina dedicata al film, in cui si riporta questa citazione:
"Film che trova pochi riscontri [...] in cataloghi e annuari. Probabilmente inedito nelle pubbliche sale, se ne ricorda un "passaggio" televisivo in una piccola emittente privata [...]"
(Poppi-Pecorari, Dizionario dei film 1970-79, Gremese)
(Poppi-Pecorari, Dizionario dei film 1970-79, Gremese)
Quindi è per un purissimo caso che mi è capitato di imbattermi in quello che potrebbe essere l'unico film western di argomento escrementizio in tutta la storia del cinema!
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domenica 1 marzo 2015
FRULLATORI IN PARTENZA PER MARTE
Nel suo romanzo Labirinto di morte (A Maze of Death), Philip K. Dick parla della colonizzazione di altri pianeti. Descrive i frullatori, trabiccoli rudimentali con cui i coloni sono mandati sul mondo di destinazione con un viaggio di sola andata. Queste navi spaziali sono progettate per raggiungere la superficie planetaria e diventare rottami nell'impatto, vomitando l'equipaggio prima di sfaldarsi definitivamente. Nel romanzo, Dick dà un ben bizzarro nome a uno di questi frullatori: Pollo Morboso (Morbid Chicken in lingua originale). A causa della superficialità di un traduttore, il nome è stato per molto tempo reso in italiano con "Pulcino Morbido", che è errato: in inglese morbid significa "morboso" e non "morbido", pulcino non è chicken ma chick o poult. Non perdiamoci in queste disquisizioni e veniamo ai nostri giorni. Possiamo dire che quanto narrato da Dick si stia rivelando profetico: il famoso Progetto Mars One è quanto di più vicino ci sia ai frullatori di Labirinto di Morte.
Ecco un campionario di soggetti che si sono offerti volontari per andare a colonizzare Marte e che hanno ottenuto i migliori punteggi:
Christian O Knudsen
34 anni, dalla Danimarca: su Marte perché vuole testare i suoi limiti. «Credo che i benefici potenziali del progetto superano di molto i costi che potrebbe causarmi - spiega motivando la sua scelta di aderire a «Mars One» - Ma per quanto tutto questo possa suonare come idealista e altruista, io sono motivato dal desiderio di testare i miei limiti, personali e tecnologici».
34 anni, dalla Danimarca: su Marte perché vuole testare i suoi limiti. «Credo che i benefici potenziali del progetto superano di molto i costi che potrebbe causarmi - spiega motivando la sua scelta di aderire a «Mars One» - Ma per quanto tutto questo possa suonare come idealista e altruista, io sono motivato dal desiderio di testare i miei limiti, personali e tecnologici».
M1-KO
Al secolo Mikolaj Zielinski,
38 anni, dalla Polonia: su Marte perché crede di essere già un marziano. «Sono uno dei primi quattro marziani ad essere arrivati sul vostro pianeta - ha scritto - Ho identificato le specie più evolute della Terra ed ho imparato ad interagire con loro con l’obiettivo di capire se: le varie specie si faranno la guerra, saranno capaci di prendersi cura del pianeta, riusciranno ad avere scopi comuni e quali saranno».
Al secolo Mikolaj Zielinski,
38 anni, dalla Polonia: su Marte perché crede di essere già un marziano. «Sono uno dei primi quattro marziani ad essere arrivati sul vostro pianeta - ha scritto - Ho identificato le specie più evolute della Terra ed ho imparato ad interagire con loro con l’obiettivo di capire se: le varie specie si faranno la guerra, saranno capaci di prendersi cura del pianeta, riusciranno ad avere scopi comuni e quali saranno».
Josh Richards
29 anni, dall’Australia: su Marte per mettere insieme i suoi due profili di ingegnere e cabarettista. «Sono un ingegnere ma anche un cabarettista. Ho viaggiato, lavorato e insegnato nel campo militare ma anche in quello scientifico e artistico - dice di sé - finora il mio percorso è stato curioso ma sogno di utilizzare il mio background eterogeneo e la mia capacità di risolvere problemi per supportare la missione incredibile di «Mars One» ».
29 anni, dall’Australia: su Marte per mettere insieme i suoi due profili di ingegnere e cabarettista. «Sono un ingegnere ma anche un cabarettista. Ho viaggiato, lavorato e insegnato nel campo militare ma anche in quello scientifico e artistico - dice di sé - finora il mio percorso è stato curioso ma sogno di utilizzare il mio background eterogeneo e la mia capacità di risolvere problemi per supportare la missione incredibile di «Mars One» ».
Etsuko Shimabukuro
50 anni, dal Giappone: su Marte perché vuole aprirci il primo sushi bar. «Vorrebbe andare su Marte per essere in prima linea per l’evoluzione umana e anche per aprire il primo sushi bar di Marte», spiega, parlando di sé in terza persona.
50 anni, dal Giappone: su Marte perché vuole aprirci il primo sushi bar. «Vorrebbe andare su Marte per essere in prima linea per l’evoluzione umana e anche per aprire il primo sushi bar di Marte», spiega, parlando di sé in terza persona.
Dianne McGrath
45 anni, dall’Australia: su Marte perché pensa che niente sia impossibile. «Ciao! Io sono Di! Sono una leader, una team player, una project manager e anche una problem-solver creativa - racconta - E credo anche che niente sia insormontabile».
45 anni, dall’Australia: su Marte perché pensa che niente sia impossibile. «Ciao! Io sono Di! Sono una leader, una team player, una project manager e anche una problem-solver creativa - racconta - E credo anche che niente sia insormontabile».
Steve Schild
30 anni, dalla Svizzera: su Marte perché gli piace imparare cose nuove. «Sono giovane, motivato, amante del divertimento. Mi piace incontrare persone nuove, sono pieno di idee e non so cosa sia la noia - spiega - Per me nella vita non ci sono mai battute d’arresto, solo opportunità dalle quali imparare qualcosa di nuovo».
30 anni, dalla Svizzera: su Marte perché gli piace imparare cose nuove. «Sono giovane, motivato, amante del divertimento. Mi piace incontrare persone nuove, sono pieno di idee e non so cosa sia la noia - spiega - Per me nella vita non ci sono mai battute d’arresto, solo opportunità dalle quali imparare qualcosa di nuovo».
Ryan MacDonald
21 anni, dalla Gran Bretagna: su Marte perché per lui sarebbe impossibile dire no. «Niente di ciò che ho fatto finora regge il confronto con ciò che posso fare su Marte. - dice - Cercare le prove della vita, raccontare l’esperienza ai bambini quando ritornerò sulla Terra, costruire la prima forma di civilizzazione su un nuovo pianeta ....chi potrebbe dire no a tutto questo?.
21 anni, dalla Gran Bretagna: su Marte perché per lui sarebbe impossibile dire no. «Niente di ciò che ho fatto finora regge il confronto con ciò che posso fare su Marte. - dice - Cercare le prove della vita, raccontare l’esperienza ai bambini quando ritornerò sulla Terra, costruire la prima forma di civilizzazione su un nuovo pianeta ....chi potrebbe dire no a tutto questo?.
Joanna Hindle
42 anni, dal Canada: su Marte perché vuole vivere questa avventura. «Questa sarà un’avventura piena di speranza e curiosità, due caratteristiche che io credo abbiano sempre guidato l’umanità verso passi avanti positivi - dice - Sono pronta a rinunciare a tutto quello che conosco pur di prendere parte alla missione».
42 anni, dal Canada: su Marte perché vuole vivere questa avventura. «Questa sarà un’avventura piena di speranza e curiosità, due caratteristiche che io credo abbiano sempre guidato l’umanità verso passi avanti positivi - dice - Sono pronta a rinunciare a tutto quello che conosco pur di prendere parte alla missione».
Lennard Lopin
36 anni, nato in Germania ma ora vive negli Usa: su Marte perché crede nell’importanza di espandere la civiltà nel sistema solare. «Sono molto entusiasta di questo progetto - spiega - Il futuro della civiltà dipende dalla nostra abilità di vivere indipendentemente dal pianeta Terra e di espanderci nel sistema solare. Per me sarebbe un onore lavorare con questo obiettivo con gli altri coloni marziani».
36 anni, nato in Germania ma ora vive negli Usa: su Marte perché crede nell’importanza di espandere la civiltà nel sistema solare. «Sono molto entusiasta di questo progetto - spiega - Il futuro della civiltà dipende dalla nostra abilità di vivere indipendentemente dal pianeta Terra e di espanderci nel sistema solare. Per me sarebbe un onore lavorare con questo obiettivo con gli altri coloni marziani».
Robert P Schroder
27 anni, dalla Germania: su Marte perché vuole essere un esploratore. «Ho sempre voluto essere un inventore e un esploratore», racconta.
27 anni, dalla Germania: su Marte perché vuole essere un esploratore. «Ho sempre voluto essere un inventore e un esploratore», racconta.
Pietro Aliprandi
25 anni, non rientra nella rosa dei primi dieci ma è comunque l’unico italiano (e uno dei 31 europei) fra i 100 candidati. «Ho sempre sognato di visitare la Luna, i pianeti e le stelle. Ispirato dai più famosi film di fantascienza, fin da piccolo ho scritto brevi racconti su viaggi nello Spazio sognando sempre di essere uno dei protagonisti», scrive sul suo profilo Pietro, studente di medicina a Trieste.
25 anni, non rientra nella rosa dei primi dieci ma è comunque l’unico italiano (e uno dei 31 europei) fra i 100 candidati. «Ho sempre sognato di visitare la Luna, i pianeti e le stelle. Ispirato dai più famosi film di fantascienza, fin da piccolo ho scritto brevi racconti su viaggi nello Spazio sognando sempre di essere uno dei protagonisti», scrive sul suo profilo Pietro, studente di medicina a Trieste.
Nella massima parte dei casi si tratta davvero di motivazioni futili, non di rado meritevoli di irrisione. Mi sembra di essere davanti a un folle che si diverta a tuffarsi in un gran pozzo nero, e interrogato sul perché risponda: "Non lo so, mi sembrava una buona idea". Il soggetto che dichiara di essere un marziano è uno psicopatico che potrebbe dare qualche problema, non ci vuole un genio per capirlo. Si salva soltanto l'italiano, forse perché è di chiara ascendenza longobarda.
Gli aspiranti coloni sono quasi tutti troppo vecchi per una simile missione, considerato che il primo scaglione dovrebbe partire tra una decina di anni. Per fare un esempio, quando la signorina Dianne McGrath si ritrovasse a partire, sarebbe una ultracinquantenne, più vicina alla tomba che alla culla. Di questo non sembra esserci consapevolezza.
Grandissima stoltezza è mandare nello spazio equipaggi misti in un ambiente così angusto, senza tener conto degli impulsi sessuali e delle reazioni del genoma. Dubito che le signorine coinvolte lo capiscano, ma sono altissime le possibilità di essere costrette a fungere da giocattoli sessuali e di divenire oggetto di violentissime dispute tra i maschi, con conseguenti efferati omicidi. Non credo proprio che queste illuse se la caveranno con qualche bischero sotto il naso e con un po' di liquame spermatico addosso.
I folli che hanno organizzato questa dissennata avventura non sembrano comprendere la natura umana: a quanto pare essi presuppongono per ideologia che l'essere umano sia necessariamente sempre e comunque buono, o che i suoi impulsi siano in ogni caso controllabili tramite l'imperativo morale - anche in condizioni estreme. Questa cecità non porterà loro fortuna: se gli sventurati potranno sopravvivere in un simile ambiente per un po' di tempo senza soffocare e senza essere bruciati dalle radiazioni, la loro avventura terminerà in un'orgia cannibalica.
ZUCKERBERG OPERA ATTIVAMENTE PER LA DISTRUZIONE DELLE LINGUE MINORITARIE
Riporto una singolare notizia comparsa sul sito del quotidiano scozzese The Herald e in numerose altre pagine. Ho pensato di tradurla in italiano, visto che qualcuno ancora lo capisce.
Gavin McGowan si è indignato quando non è riuscito a collegarsi al proprio account di Facebook usando la stessa versione gaelica del suo nome - Gabhan Mac A Ghobhainn - che aveva funzionato per quattro anni. Ad aggiungere la beffa al danno, Facebook ha minacciato di chiudere il suo account se non avesse usato un nome "vero".
McGowan, 53 anni, da Glasgow, ha reagito organizzando una petizione che in pochi giorni ha attratto 2.000 firme.
Si ritiene che l'uso delle lettere maiuscole e degli apostrofi in molti nomi gaelici sia considerato un'infrazione dai software di Facebook progettati per bloccare gli scherzi o gli account fasulli in fase di realizzazione. Come risultato, i nomi che comprendono la versione gaelica di MacLeod - forse il cognome più comune a Lewis - non sono accettabili.
Facebook ora ha chiesto scusa e ha permesso l'utilizzo del nome gaelico di McGowan, ma il gaelico scozzese rimane non riconosciuto come opzione di lingua specifica.
Gli attivisti dicono che è ingiusto, quando il gaelico irlandese, la "lingua pirata" e l'inglese capovolto sono accettati. McGowan, che ha lavorato per la British Transport Police per 30 anni, ha imparato la nuova lingua da zero circa 10 anni fa e che ha cambiato in gaelico la sua patente di guida e il conto in banca.
Egli ha detto: "Ho cercato di accedere a Facebook. Di solito faccio il log-in automatico, ma non appena ho inserito la mia password mi reindirizzato a una pagina web appartenente a Facebook. Diceva: "Noi non crediamo il tuo nome sia il tuo vero nome e se non ne presenti uno accettabile a Facebook, chiuderemo il tuo account."
"Ho provato rabbia. Era un oltraggio - Come osano?"
Facebook ha risposto alla sua petizione entro pochi giorni, dicendogli: "Abbiamo accidentalmente chiesto di cambiare il tuo nome. Questo è stato un errore, e ci scusiamo. Abbiamo corretto il vostro nome, e dovrebbe ora essere in grado di vederlo."
McGowan si è detto personalmente contento, ma si doveva fare di più per i 58.000 parlanti della lingua in Scozia.
"Ciò che voglio che facciano ora, è che consentano l'uso di apostrofi nei nomi", ha detto. "L'intera struttura del gaelico utilizza apostrofi."
McGowan e sua moglie Gail, 55 anni, oggi sono entrambi locutori fluenti della lingua, che parlando in casa. Ha detto: "L'ho imparata per puro interesse, perché è una bellissima lingua. C'è una versione di Facebook in gaelico irlandese - ma non ce n'è una scozzese.
"I nomi gaelici scozzesi sono evidentemente inaccettabili."
I nomi comuni che rimangono off limits includono MacLeod (MacGilleChaluim). L'inventore scozzese Alexander Graham Bell (Brian Greum MacIlleMhaoi) sarebbe stato rifiutato per "caratteri non validi", come la magnate della minestra Ena Baxter (Ena Mac a' Bhacastair). Tuttavia la star del tennis Andy Murray (Aindrea Moireach) otterrebbe il pollice in alto.
Il linguista Àdhamh Ó Broin, che ha lavorato come consulente per la serie Outlander, ha detto: "Sono molto consapevole di tutta la questione. Ho un paio di amici che sono stati costretti a cambiare il loro nome."
"Naturalmente ci dovrebbe essere l'opzione Gaelico. Non c'è assolutamente alcun motivo per cui non possa accadere - dato che sono una società multi-miliardaria. Stiamo parlando di una lingua che è tra le più antiche d'Europa. È scandaloso."
Ha aggiunto: "Considerato che si può avere l'opzione "lingua pirata", in realtà è ridicolo."
Eilidh Scammell, project manager di Ainmean-Àite na h-Alba (Toponimi gaelici della Scozia), che indica i toponimi gaelici su mappe e segnali, ha detto: "Penso che Facebook dovrebbe riconoscere la lingua Gaelica scozzese."
"Ci sono 58.000 parlanti e altri 10.000 circa all'estero. Si tratta di una lingua minoritaria, ma non tanto quanto altre. Penso che sia solo ignoranza - non si rendono conto."
"Per le persone che sono in prima linea nel revival, Facebook è molto importante - soprattutto per gli studenti."
Il portavoce di Facebook si è rifiutato di commentare.
McGowan, 53 anni, da Glasgow, ha reagito organizzando una petizione che in pochi giorni ha attratto 2.000 firme.
Si ritiene che l'uso delle lettere maiuscole e degli apostrofi in molti nomi gaelici sia considerato un'infrazione dai software di Facebook progettati per bloccare gli scherzi o gli account fasulli in fase di realizzazione. Come risultato, i nomi che comprendono la versione gaelica di MacLeod - forse il cognome più comune a Lewis - non sono accettabili.
Facebook ora ha chiesto scusa e ha permesso l'utilizzo del nome gaelico di McGowan, ma il gaelico scozzese rimane non riconosciuto come opzione di lingua specifica.
Gli attivisti dicono che è ingiusto, quando il gaelico irlandese, la "lingua pirata" e l'inglese capovolto sono accettati. McGowan, che ha lavorato per la British Transport Police per 30 anni, ha imparato la nuova lingua da zero circa 10 anni fa e che ha cambiato in gaelico la sua patente di guida e il conto in banca.
Egli ha detto: "Ho cercato di accedere a Facebook. Di solito faccio il log-in automatico, ma non appena ho inserito la mia password mi reindirizzato a una pagina web appartenente a Facebook. Diceva: "Noi non crediamo il tuo nome sia il tuo vero nome e se non ne presenti uno accettabile a Facebook, chiuderemo il tuo account."
"Ho provato rabbia. Era un oltraggio - Come osano?"
Facebook ha risposto alla sua petizione entro pochi giorni, dicendogli: "Abbiamo accidentalmente chiesto di cambiare il tuo nome. Questo è stato un errore, e ci scusiamo. Abbiamo corretto il vostro nome, e dovrebbe ora essere in grado di vederlo."
McGowan si è detto personalmente contento, ma si doveva fare di più per i 58.000 parlanti della lingua in Scozia.
"Ciò che voglio che facciano ora, è che consentano l'uso di apostrofi nei nomi", ha detto. "L'intera struttura del gaelico utilizza apostrofi."
McGowan e sua moglie Gail, 55 anni, oggi sono entrambi locutori fluenti della lingua, che parlando in casa. Ha detto: "L'ho imparata per puro interesse, perché è una bellissima lingua. C'è una versione di Facebook in gaelico irlandese - ma non ce n'è una scozzese.
"I nomi gaelici scozzesi sono evidentemente inaccettabili."
I nomi comuni che rimangono off limits includono MacLeod (MacGilleChaluim). L'inventore scozzese Alexander Graham Bell (Brian Greum MacIlleMhaoi) sarebbe stato rifiutato per "caratteri non validi", come la magnate della minestra Ena Baxter (Ena Mac a' Bhacastair). Tuttavia la star del tennis Andy Murray (Aindrea Moireach) otterrebbe il pollice in alto.
Il linguista Àdhamh Ó Broin, che ha lavorato come consulente per la serie Outlander, ha detto: "Sono molto consapevole di tutta la questione. Ho un paio di amici che sono stati costretti a cambiare il loro nome."
"Naturalmente ci dovrebbe essere l'opzione Gaelico. Non c'è assolutamente alcun motivo per cui non possa accadere - dato che sono una società multi-miliardaria. Stiamo parlando di una lingua che è tra le più antiche d'Europa. È scandaloso."
Ha aggiunto: "Considerato che si può avere l'opzione "lingua pirata", in realtà è ridicolo."
Eilidh Scammell, project manager di Ainmean-Àite na h-Alba (Toponimi gaelici della Scozia), che indica i toponimi gaelici su mappe e segnali, ha detto: "Penso che Facebook dovrebbe riconoscere la lingua Gaelica scozzese."
"Ci sono 58.000 parlanti e altri 10.000 circa all'estero. Si tratta di una lingua minoritaria, ma non tanto quanto altre. Penso che sia solo ignoranza - non si rendono conto."
"Per le persone che sono in prima linea nel revival, Facebook è molto importante - soprattutto per gli studenti."
Il portavoce di Facebook si è rifiutato di commentare.
Secondo alcuni il Web potrebbe rappresentare una grande opportunità per apprendere lingue minoritarie e per impedirne il declino, ma resto scettico a questo proposito. La realtà è che per quanti siano i benefici che l'essere connessi alla Rete apporta alla conoscenza e alla conservazione di questi idiomi, i danni provocati sono incalcolabilmente maggiori. Un conto è imparare in qualche modo una lingua, un conto è parlarla. A che serve essere aiutati nella costruzione di castelli di sabbia su una spiaggia che sta per essere travolta da uno tsunami? Il livellamento linguistico causato da una realtà planetaria come Facebook è imponente. Se la lingua gaelica scozzese ha ancora la fortuna di avere un certo numero di parlanti combattivi e dotati di un forte senso di identità, numerose lingue minoritarie si trovano in condizioni di fragilità estrema: ogni ostacolo potrebbe rivelarsi fatale. Si arriverà presto al punto che per scoraggiare l'uso di una lingua e condannarla all'oblio saranno sufficienti poche diavolerie di Facebook, come una funzione, un codice informatico, un'applicazione o un semplice tasto.
sabato 28 febbraio 2015
SEMANTICA INCAICA
Il termine Quechua raka "vulva" è glossato come "voz espantosa de oproprio, dicha a las mujeres". Come esclamazione tra donne, questa parola è tradotta in spagnolo con "¡desgraciada!", in italiano con "puttana!" e in inglese con "bitch!". Una "fica" non era per quelle genti andine una fascinosa maliarda, ma una laida meretrice: un uso positivo del nome dell'organo genitale femminile era impensabile. Il mestiere più antico del mondo e la vulva avevano un legame così stretto che lo stesso suono della parola raka destava disgusto, raccapriccio, sia negli uomini che nelle donne. Il profondo turbamento che arrecava agli animi era maggiore di quello che avrebbe potuto causare la menzione dello sterco. In alcune varietà di Quechua (es. Imbabura, Cajamarca) per indicare la vulva è usato un termine eufemistico, più anodino, ossia chucha, di incerta origine, che è attestato negli stessi dialetti anche col significato di "opossum" - per quanto possa trattarsi di semplice omofonia. Mi rendo conto in un attimo dell'abisso incolmabile che separa l'Impero degli Inca dai giorni di Belén Rodríguez. Il tradizionale puritanesimo incaico al giorno d'oggi sorprenderebbe non pochi per le sue estreme conseguenze. Solo per fare un esempio, le sacerdotesse del Dio Sole, Inti, erano votate alla castità assoluta. Se il voto veniva infranto, ecco che lo sterminio colpiva l'intera popolazione del villaggio nativo della sacerdotessa: persino gli animali venivano uccisi e veniva sparso il sale sulle rovine e sulle sue terre coltivate. Una ferocia che trova paralleli nelle pagine dell'Antico Testamento.
Tale è la stoltezza del volgo ignorante che molti ritengono l'avversione ai genitali femminili come segno di tendenze omosessuali. A scanso di equivoci, le genti incaiche detestavano l'omosessualità, e la loro avversione per tali pratiche era feroce. Non erano ossessionate dalle teorie moderne sul cosiddetto "orientamento sessuale" e ignoravano l'ideologia "gender". L'Impero degli Incas era un autentico inferno per gli omosessuali, tanto che al confronto persino i più repressivi paesi moderni risulterebbero abbastanza tolleranti. È riportato il caso di un villaggio della nazione Huayllas in cui erano state scoperte tracce di attività omosessuali. Ciò aveva comportato la condanna a morte dei colpevoli tramite supplizi atrocissimi. Ancora a distanza di generazioni, il massimo insulto che si potesse fare a un uomo in tutto il Tawantinsuyu era "Astaya, Huayllas!", tradotto di solito con "Scansati, Huayllas!", sebbene astaya (variante astayau) sia piuttosto un'interiezione traducibile con "maledetto". A distanza di secoli, le genti di Cuzco sono rimaste inorridite nel vedere che la comunità omosessuale ha adottato la bandiera arcobaleno, che è il simbolo dell'Impero ed è chiamata Wiphala: qualcuno ha addirittura avanzato la proposta di abbandonarla, perché riteneva contaminante la semplice associazione con l'omosessualità.
En este reino del Perú pública fama es entre todos los naturales de él, cómo en algunos pueblos de la comarca de Puerto Viejo se usaba el pecado nefando de la sodomía—y también en otras tierras había malos como en las demás del mundo. Y nótase de esto una gran virtud de estos Ingas, porque, (...) jamás se dice ni cuenta que ninguno de ellos usaba el pecado susodicho, antes aborrecían a los que lo usaban, teniéndolos en poco como a viles apocados, pues en semejante suciedad se gloriaban” (356). Idéntica percepción sobre la repugnancia del soberano inca a las costumbres “costeñas” (incluso cuando éstas aparezcan en la sierra) tiene Garcilaso de la Vega en sus Comentarios Reales (1609): “El Inca Cápac Yupanqui tuvo a buena dicha que aquella nación se le sujetase, porque, según se habían mostrado ásperos e indomables, temía destruirlos del todo habiéndolos de conquistar o dejarlos libres como los había hallado, por no los matar, que lo uno o lo otro fuera pérdida de la reputación de los Incas, y así, con buena maña y muchos halagos y regalos, asentó la paz con la provincia Chucurpu, donde dejó los gobernadores y ministros necesarios para la enseñanza de los indios y para la administración de la hacienda del Sol y del Inca; dejó asimismo gente de guarnición para asegurar lo que había conquistado. Luego pasó a mano derecha del camino real, y con la misma industria y maña (que vamos abreviando, por no repetir los mismos hechos), redujo otras dos provincias muy grandes y de mucha gente, la una llamada Ancara, y la otra Huayllas; dejó en ellas, como en las demás, los ministros del gobierno y de la hacienda y la guarnición necesaria. Y en la provincia de Huayllas castigó severísimamente algunos sométicos [sic, por “sodomíticos”] que en mucho secreto usaban el abominable vicio de la sodomía. Y porque hasta entonces no se había hallado ni sentido tal pecado en los indios de la sierra, aunque en los llanos sí, como ya lo dejamos dicho, escandalizó mucho el haberlos entre los Huayllas, del cual escándalo nació un refrán entre los indios de aquel tiempo, y vive hasta hoy en oprobio de aquella nación, que dice: Astaya Huayllas, que quiere decir ‘Apártate allá, Huayllas’, como que hieden por su antiguo pecado, aunque usado entre pocos y en mucho secreto, y bien castigado por el Inca Cápac Yupanqui” (286).
3 Edición digital a cargo de José Luis Gómez-Martínez.
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antologia/XVI/lascasas/
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sabato 21 febbraio 2015
LONGOBARDO RICOSTRUITO: UNA FORMULA PER CURARE UN'INFESTAZIONE DI VERMI NELL'UOMO
Testo in longobardo (ricostruito):
IH CAPIUDU THIR, URM, THU IN THEMO FLAISCHE LICHIS, SI THIN AINER, SIN THIN ZUAINE, SUAUIO FILO THIN SI, IN NOMINE PATRIS ET FILII ET SPIRITUS SANCTI, PI IESU NAZARENO, THER ZO BETHLEEM CAPORAN GUARD, IN FLUMINE IORDANIS CATAUFIT UARD, ZO IERUSALEM CAMORDRIT UARD, ZO MONTE OLIUETI ZO IMILE FOR, THAZ THU FLAISCHES NIGUECT MAIR EZZES ANDI THES PLODES NIGUECT MAIR TRINCHES THES MANNES N.* AUH THES GUIPES. IN GODES NAMON AMEN.
*N. sta per il nome del paziente.
Appendice in latino**:
Quicumque homini hac medicina vermem emendare velit, caveat, ne alicui iumento per eam emendet, quia postea homini non proderit.
**La questione della pronuncia del latino medievale anteriore alla Riforma Carolingia è molto complessa, così si assume la pronuncia ecclesiastica italica.
Trascrizione fonologica (semplificata):
/iç ka'piudu θir 'urm 'θu: in θɛmo 'flaiske 'lixis 'si: θi:n 'aine:r 'si:n θi:n 'tswaine 'swawio 'filo θi:n 'si: in 'nomine 'patris et 'filii et 'spiritus 'sankti pi 'jesu nadza'reno θɛr tso: bet'leem ka'pɔran 'gward in 'flumine jor'danis ka'tauφit 'ward tso: jerusa'lem ka'mɔrdrit 'ward tso: 'monte oli'veti tso: 'imile 'fo:r 'θats θu: 'flaiskes 'nigwɛkt 'mair 'ɛttse:s andi θɛs 'plo:des 'nigwɛkt 'mair 'trinkhe:s θɛs 'mannes N. auχ θɛs 'gwi:pes/
Traduzione:
Io ti ordino, verme, tu che stai nella carne, che tu sia uno, due o che tu sia molti, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, per Gesù Nazareno che nacque a Betlemme, fu battezzato nel fiume Giordano, fu ucciso a Gerusalemme, salì al cielo dal Monte Uliveto, che tu non mangi più la carne e non beva più il sangue dell'uomo N. né della donna. Nel nome di Dio. Amen.
Traduzione dell'appendice in latino:
Chiunque voglia guarire un uomo dal verme con questo rimedio, badi di non curare con esso alcun animale, perché dopo non giova all’uomo.
Testo di partenza in antico alto tedesco:
Contra uermem edentem.
Ih gebiude dir, wurm, du in demo fleiske ligest, si din einer, sîn din zuene, suie filo din si, in nomine patris et filii et spiritus sancti, bi Ihesu Nazareno. der ze Bethleem geboren wart, in flumine Iordanis getoufet wart, ze Iherusalem gemarteret wart, ze monte oliueti ze himele fuor, daz du fleiskes niewet mer ezzest und des bluotes niewet mer trinkest des mannes. N. vel des wibes. in gotes namen amen.
LONGOBARDO RICOSTRUITO: UNA FORMULA PER GUARIRE UN CAVALLO DAI VERMI
Testo in longobardo (ricostruito):
GANG UZ, NASSIO, MIT NIUN NASSINCHLINON, UZ FRAM THEMO MARCHE IN THAZ PAIN, UZ FRAM THEMO PAINE IN THAZ FLAISC, UZ FRAM THEMO FLAISCHE IN THAZ FIL, UZ FRAM THEMO FILLE IN THIZ STRAL!
Trascrizione fonologica (semplificata):
/'gang 'u:ts 'nassjo mit 'niun 'nassinkhli:non 'u:ts fram θɛmo 'marke in θats 'pain 'u:ts fram θɛmo 'paine in θats 'flaisk 'u:ts fram θɛmo 'flaiske in θats 'fil 'u:ts fram θɛmo 'fille in θits 'stra:l/
Traduzione:
Vai fuori, verme, con nove vermicelli, fuori dal midollo nell'osso, fuori dall'osso nella carne, fuori dalla carne nella pelle, fuori dalla pelle in questa freccia!
Questo è il primo testo di partenza, in antico alto tedesco del IX secolo (con notazione delle vocali lunghe):
Pro Nessia.
Gang ûz, Nesso, mit niun nessinchilînon, ûz fonna marge in deo âdra, fonna den âdru in daz fleisk, fonna demu fleiske in daz fel, fonna demo velle in diz tulli.
Ter Pater Noster.
Ter Pater Noster.
Questo è il secondo testo di partenza, in antico sassone (con notazione delle vocali lunghe):
Gang ût, nesso, mit nigun nessiklînon, ût fana themo marge an that bên, fan theme bêne an that flêsg, ût fan themo flêsgke an thia hûd, ût fan thera hûd an thesa strâla. Drohtîn, uuerthe sô.
LONGOBARDO RICOSTRUITO: UN INCANTESIMO PER GUARIRE LE SLOGATURE
Testo in longobardo (ricostruito):
SUASO PLODRANCHI, SUASO PAINRANCHI, SUASO FLAISCRANCHI, SUASO LIDERANCHI, PLOD ZO PLODE, PAIN ZO PAINE, FLAISC ZO FLAISCHE, LID ZO CALIDIN, SUASO CALIMIDA SIN.
Trascrizione fonologica (semplificata):
/'swaso 'plo:drankhi 'swaso 'painrankhi 'swaso 'flaiskrankhi 'swaso 'lidirankhi 'plo:t tso: 'plo:de 'pain tso: 'paine 'flaisk tso: 'flaiske 'lit tso: ka'lidin 'swaso ka'li:mida 'si:n/.
Traduzione:
Sangue a sangue, osso a osso, carne a carne, membro a membro, così siano riparati.
Simili formule erano molto comuni tra gli antichi popoli germanici. Ciò che riporto è a fini di conoscenza e non deve essere inteso come invito ad abbandonare la medicina e a confidare nella magia.
Testo di partenza in antico alto tedesco (seconda formula magica di Merseburg):
Sôse bênrenki, sôse bluotrenki, sôse lidirenki: bên zi bêna, bluot zi bluoda, lid zi geliden, sôse gelîmida sîn!
Il longobardo era più conservativo: manteneva gli antichi dittonghi, non aveva la trasformazione di -a- in -e- causata da una -i- seguente (Umlaut), non dittongava -ô- in -uo-.
domenica 15 febbraio 2015
PROVE INTERNE DELLA PRONUNCIA RESTITUTA DEL LATINO: GLI ESITI ROMANZI DI DIGITUS
Il vocabolo latino digitus è andato incontro a diversi mutamenti. Una forma sincopata dictum (acc.) è riportata da Nonio Marcello ("non vituperamus, cum scimus dictum praecidi oportet", De compendiosa doctrina, citazione di Varrone). Questa variante è attestata in Gallia (Rydberg, 1896), dove è prevalsa. Altrove la sincope non ha avuto luogo e si è avuto un indebolimento di /g/ diventando /*'digjitu/ in latino volgare, evolvendosi in /*'dijitu/ e quindi in /*'di:tu/, che ha dato infine l'italiano dito. La vocale lunga presupposta dall'italiano /i/ è sorta per contrazione. È lampante che simili sviluppi non sarebbero mai stati possibili se la pronuncia dell'originario digitus avesse da sempre avuto un suono palatale /dʒ/, come invece i nostri avversari sostengono. In altre parole /gj/ ha dato /j/ e si è dileguato prima di poter divenire /dʒ/. Vediamo ora gli sviluppi di digitu(m) in altre lingue romanze:
Sardo logudorese: didu
Francese: doigt* /dwa/
Spagnolo: dedo
Lingua d'oc: deit /deit, detʃ/
Francese: doigt* /dwa/
Spagnolo: dedo
Lingua d'oc: deit /deit, detʃ/
*L'ortografia mostra un nesso -gt finale che è opera degli eruditi e meramente etimologico.
Si nota che la forma spagnola mostra una -e- che è normale evoluzione della vocale latina i breve. La forma /*'dijitu/ non si è contratta in /'di:tu/ come è avvenuto in italiano, ma ha dato /*'deitu/ e quindi /*'detu/, la cui consonante /t/ si è regolarmente lenita in /ð/.
Diverso è lo sviluppo che si è avuto nella lingua d'oc, in cui la forma originaria era il dictus attestato nell'antichità: /digitu-/ > /diktu-/ > /*deitu/ > /deit/ > /*detj/ > /detʃ/.
In antico francese (lingua d'oïl) lo sviluppo è stato simile a quello visto per la lingua d'oc abbiamo attestata le forme dei (nominativo deis) e deit (nominativo deitz, deiz), e accanto a queste anche doi (nominativo dois) e doit (nominativo doitz, doiz). È chiaro che a un certo punto /dei(t)/ è diventato /doi(t)/, che poi è giunto a pronunciarsi /dwa/ in francese moderno.
Siamo sempre alle solite. Il punto è che esiste disponibilità di una vastissima documentazione, di un patrimonio di dati che aspettano soltanto di essere esplorati. Eppure vediamo che sono numerose le persone che non ne tengono conto, chiudendosi con pervicacia in un mondo proprio privo di contatti con l'esterno: quando enunciano un'idea fallace, poi pretendono di farla valere come se potesse dimostrarsi da sé e non compiono il benché minimo sforzo per documentarsi. Come dice un proverbio, non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire.
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