sabato 25 aprile 2015

TRADUZIONI IN KLINGONIANO: UN ESPERIMENTO FALLIMENTARE

Tempo fa il carissimo amico Lukha Kremo Baroncinij mi ha chiesto se potevo tradurgli nella lingua dei Klingon il seguente testo:  

Anche tu non ne puoi più di fatine, elfi e vampiri che sberluccicano? Anche tu non riconosci più le convention dove prima circolavano vulcaniani e si incrociavano spade laser, e ora sembra di passeggiare per la Terra di Mezzo? Anche a te sorgono impulsi assassini ogni volta che incroci una di queste creature? 

La spilla Kill the Fairy e Once Upon a Bloody Time - A Sci-Fi Manifesto sono per te! 

Un rabbioso Darth Vader che strangola senza pietà un’indifesa Campanellino. Quante volte abbiamo sognato qualcosa del genere? Potrebbe anche essere il tenente Worf che affetta un hobbit a colpi di bat'leth, o Roy Batty che tortura uno qualsiasi dei vampiri di Twilight... 

È con quest’immagine che Franco Brambilla ha voluto illustrare il manifesto in cui Selene Verri esprime l’esasperazione dei fan di fantascienza nei confronti dell’invasione delle icone fantasy nei nostri universi. 

C’è chi ha obiettato che però Darth Vader appartiene a quella che ormai è universalmente riconosciuta molto più come una saga fantasy che fantascientifica, Star Wars. Una realtà che non contestiamo, ma che anzi rafforza il messaggio che vogliamo far passare: questa non è una battaglia contro il genere in sé, ma contro la saturazione della presenza di icone fantasy in un universo che non gli appartiene.

Insomma, non se ne può più. Finché si vedeva qua e là qualche simpatico stregone o qualche eterea ninfea a festival e convention, perché no? Siamo gente ospitale e crediamo nell’incontro fra le culture. Ma ora queste creature hanno invaso e corrotto l’universo fantascientifico, ci stanno portando via il lavoro e gli alieni, e questo non possiamo accettarlo! 

Allora, Darth Vader, pur in un contesto fantasy, resta ben accetto in quanto icona dai tratti fantascientifici: alla fin fine, si tratta pur sempre di un cyborg. E questo noi vogliamo: cyborg, robot, alieni, cloni, astronavi e pianeti che esplodono... Li vogliamo tutti e li vogliamo ora! 

Unisciti anche tu dunque alla nostra battaglia.

Passa al Lato Oscuro: abbiamo i biscottini!

Non avendo dimestichezza con tale conlang, ho trovato nel Web un traduttore automatico che permetteva di tradurre testi anche in klingoniano. Ho pensato così di utilizzarlo per ottenere una prima bozza da sottoporre poi al necessario controllo. Così ho inserito tal quale il testo del Kremo nella finestra del traduttore, ho impostato il passaggio da "italiano" a "Klingon" e ho premuto il tasto "traduci". Questo è il testo che ho ottenuto come output

je ghewmey laH puS fairies, elves 'ej vampires sberluccicano? je convention not ghov nuqDaq wa'DIch vulcans ghom lightsabers 'ej circulating 'ej DaH law' botlh tera' wander? SoHkiller pulse whenever roQ wa' Hub'eghtaHvIS?

DaHoHta' Fairy vISovchu' wa'logh ghaH time-a Bloody Poster sci-fi 'ej SoHvaD! 

rabid darth vader 'e' undefend tink strangles mercilessly. poH 'ar naj vay'? wa' ra'wI' porgh chaq je vaj choS vampires vIvoqHa' luSIjchu' hobbit jI'ovlaHbe' pagh roy batty be'joy' Sogh wo'rIv. 

'oH je poster nuqDaq QeD fiction fans against fantasy icons qaStaHvIS 'u' yot exasperation vIHutlh selene verri illustrate neH franco brambilla 'e' ghItlhvam qar. 

'e' legh 'ach HoSHa'bogh DaH universally ghov je Huch law' latlh rur QeD-fiction fantasy saga, Hov wars SeH darth vader. vaj not qaD 'ach nongtaH reinforces QIn 'e' across vIneH reality qar: may' against genre per se, 'ach against fantasy 'u' icons presence saturation doesn't SeH 'e'.

je ngaj laH pagh vay' nI'qu'. until likable sorcerer 'op Ethereal bIQ lilies yupma' conventions, 'ej pagh legh naDev je pa' lu'? hospitable nuvpu' 'ej Har SabtaHbogh cultures encounter. 'ach DaH yot je QeD fiction 'u' qal roQ, Qap nov je qeng pagh laj!

vaj, darth vader, vabDot fantasy context, majQa' HoSqu'mo' QeD fiction icon 'oH: ultimately, ghotvam'e' cyborg. 'ej 'e' nuq wIneH: cyborgs, qoq, nov, clones, spaceships 'ej yuQmey jor. wIneH 'ej chaH DaH! 

muv DaH may'.Ha' Dop Hurgh cookies wIghaj! 

Davvero notevole. A parte un certo numero di frammenti in inglese e una parola rimasta in italiano - simili a pezzi di cibo non digerito nel vomito - tutto sembrava a posto. D'altronde mi era nota la tendenza dei traduttori automatici ad usare parole inglesi per sopperire alle lacune dei vocabolari, un po' come il DNA di rospo usato in Jurassic Park per rimediare alla frammentazione del corredo genetico dei dinosauri. Con un po' di tempo e di pazienza sarei riuscito a sistemare ogni cosa, magari trovando sinonimi, fino ad ottenere un testo accettabile. Ho provveduto allora ad invertire la traduzione. In un atto di coprofagia intellettuale, ho preso l'output e l'ho reintrodotto come input. Questa è la traduzione in italiano del testo pseudo-klingoniano, eseguita dal servomeccanismo: 

può qualche agitazione fate, elfi e pires in questo sberluccicano? Convenzione ed non riconoscerà mai dove una parte dei Vulcaniani ligtsabers e circolanti e ora sembra essere il mezzo di vagare la terra? pulse sohkiller ogni volta che uno giù la difesa? 

nuova fata dahoh, so che lui è un passo - tempo - sci fi poster sanguinante e a voi! 

rabbioso darth vader adenite undefend I tink senza pietà. quanto tempo per sognare? uno del corpo del leader e forse questa sera allora pires non hobbit fetta di sfiducia o r batty tortura tenente worf. 

è un poster dove i fan della fantascienza contro le icone di fantasia di tristezza insopportabile pervaso l'universo era che questo preciso vihuk selene verri esasperazione solo franco brambilla illustrare.

ma, ho visto che il hosha' ormai universalmente riconosciuto e altri prezzi come una saga fantasy-fantascienza, Star wars darth vader ha appartenuto a. Mi non opporrò mai, ma piuttosto rafforza la vista che la realtà, "voglio essere preciso attraverso la battaglia contro i tag genere: se, ma contro le icone di presenza di saturazione universo fantasy apparteneva a non.e quelli corti o lunghi. fino a qualche simpatico stregone ninfee etereo festival è visto qui e niente, e le convenzioni e la stanza, va bene? la gente è ospitale e l'incontro di culture che credeva. ma ora invadono l'universo della fantascienza e corrotti e Broken down e l'inverno o trasportare alieno!Beh, darth vader anche fantasia contesto, molto buono perché è un'icona della fantascienza: questo in ultima analisi l'uomo cyborg. e cosa ne pensi che vogliamo: Cyborg, robot, astronavi aliene, cloni e il pianeta esplode.

Noi vogliamo e che ora!reclutare ora, la battaglia è finita.Vieni sul lato oscuro dei cookie per andare!

Le nozioni di grammatica Klingon incluse nel traduttore dovevano essere a dir poco grossolane. A questo punto non mi è rimasta altra scelta che lasciar perdere e comunicare al Kremo il fallimento della traduzione: per ottenere qualcosa di decente avrei dovuto studiare a fondo la lingua dei Klingon - impresa in cui non avevo la benché minima intenzione di imbarcarmi.

Le lingue non sono sovrapponibili, questo è un dato di fatto. Non è soltanto una questione di parole e di grammatica. Anche trascurando la presenza di anglismi, se si prendesse il testo di partenza e lo si facesse leggere a un parlante italiano di cent'anni fa, quanto potrebbe capire? Ben poco, non c'è dubbio. Moltissimi concetti gli sarebbero completamente sconosciuti e impenetrabili. Frasi anche stringate come "passare al Lato Oscuro" nascondono in realtà interi universi, sono stenografie concettuali molto complesse. Nel caso specifico, si può tracciare uno spartiacque: la comparsa di Guerre Stellari. Una persona colta vissuta prima dell'era di Star Wars al massimo avrebbe inteso le parole che chiudono il testo come un invito a "vender l'anima al Diavolo in cambio di biscotti" - e non le avrebbe trovate comiche. 

domenica 19 aprile 2015

ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLA PAROLA ANOCRAZIA

La parola anocrazia (in inglese anocracy) sarebbe stata invece creata dallo storico e fisico statunitense Spencer R. Weart nella sua opera Never at War: Why Democracies Will Not Fight One Another (1998).

"Le anocrazie sono società in cui l’autorità centrale è debole o inesistente. Le relazioni principali sono legami di parentela estesi da alleanze personali con leader in vista. Una società può essere definita uno Stato in teoria, ma se le si attagliano i caratteri ora descritti, Weart la classifica come anocrazia. Ne sono esempi le società tribali, l’attuale Somalia, le città italiane medievali dove le famiglie influenti si affrontavano in battaglie per strada e vivevano in case fortificate. La cosa importante è che non esiste un’autorità centrale in grado di porre freno alla violenza individuale, di modo che i comportamenti violenti si estendono a parenti e amici in una sequela di vendette e guerre."
(Fonte: borislimpopo.com)

Wikipedia in inglese (11/04/2015) alla voce Anocracy mostra informazioni incompatibili con quelle sopra riportate: 

Use of the word "anocracy" in English dates back to at least 1950, when R. F. C. Hull's reprinted translation of Martin Buber's 1946 work Pfade in Utopia [Paths in Utopia] distinguished "anocracy" (neoclassical compound: akratia) from "anarchy" — "not absence of government but absence of domination"). 

È opinione comune che questa parola sia un adattamento della parola greca che significa "assenza di potere" (ἀκράτεια, meno correttamente ἀκρατία, trascritta akratia). Questo è riportato dal dizionario etimologico di Wikipedia (Wiktionary), che fino a poco fa inseriva nell'etimologia un pietoso punto interrogativo: 

Etymology
Apparently from an- + -ocracy.

Noun
anocracy (plural anocracies)

A political system which is neither fully democratic nor fully autocratic, often being vulnerable to political instability.  

Ebbene, questa etimologia non è proprio possibile, a meno che la parola non sia stata coniata da un idiota. Infatti il prefisso negativo greco è a- prima di consonante e an- prima di vocale. Non esiste e non è mai esistita una variante *ano- nella lingua greca antica o moderna, e neppure nei composti neoclassici derivati a partire da radici elleniche. Un uomo che non crede nell'esistenza di Dio è un ateo, non un anòteo. Una persona che ha perso la capacità di parlare è affetta da afasia, non da anofasia. Una persona che non prova emozioni è affetta da apatia, non da anopatia.  

La vera etimologia della parola anocracy è invece dal latino anus "ano". L'anocrazia implicherebbe concetti come "governo anale" o "governare col culo", e non è escluso che l'invenzione del termine sia da attribuirsi a un ignoto italiano. È significativo che lo stesso Steven Pinker, parlando delle anocrazie nel mondo, non esiti a chiamarle "governi di merda", segno che deve essere consapevole di questa derivazione (Fonte: The Better Angels of Our Nature: Why Violence Has Declined). Si tratta della solita accozzaglia di radici greche e latine mescolate tra loro, cosa sempre più comune di questi tempi. Tuttavia le lingue classiche non sono un'opinione: chi per primo ha suggerito la derivazione di anocracy da akratia aveva una fortissima vergogna nei confronti dell'orifizio anale, rifiutandosi persino di menzionarlo e fabbricando paretimologie fuorvianti, oppure ignorava le basi stesse della lingua greca. 

sabato 18 aprile 2015


IL MISTERO DELLE LUCERTOLE
COPROFAGHE DI GRAN CANARIA 

Tra i nativi di Gran Canaria a quanto pare sussiste un tabù di possibile origine preispanica: è vietato menzionare i costumi coprofagi delle lucertole locali, tra cui la lucertola gigante Gallotia stehlini. Il solo parlarne desta grave scandalo e chiunque voglia indagare sull'argomento si scontra con un impenetrabile muro di omertà. Un'altra tipica reazione consiste nel negare con veemenza l'attribuzione della coprofagia a questi animali. "No es posible!" è una frase spesso ripetuta in occasioni simili. Tuttavia non si tratta di una perversa fantasia: il fenomeno è reale. Riporto la testimonianza di un amico, M., che ha potuto verificare la cosa defecando in un'area della spiaggia e osservando da lontano gli escrementi deposti mentre venivano immediatamente attaccati da un gruppo di lucertole di diverse specie, alcune grosse e altre più piccole, finendo avidamente divorati. Tale è l'ingordigia di questi rettili che fungono da spazzini: per questo non ci si imbatte mai in depositi fecali su tali spiagge, che pure sono frequentate da un gran numero di persone dedite alla sodomia.

Una delle caratteristiche principali di un tabù è proprio l'occultamento di qualcosa. È una forma di "Santa Ignoranza": l'argomento colpito è ritenuto tanto pericoloso che ne viene impedita anche la semplice menzione. Inutile dire che un simile atteggiamento arreca gravi danni a chiunque sia animato da spirito di conoscenza e voglia appurare la realtà delle cose. Altra caratteristica del tabù, non meno importante, è che esso opera su chi lo porta avanti oscurando la propria origine e rendendo impossibile comprenderla. Ecco perché i nativi di Gran Canaria non sanno affatto a cosa sia dovuta questo loro interdetto: il tabù distrugge la sua stessa storia, cancella ogni memoria delle sue origini, proprio perché sottrae l'argomento colpito alla discussione e alla trasmissione di racconti che potrebbero farne comprendere la vera natura. 

La spiegazione dei costumi coprofagi delle lucertole canarie è verosimilmente di origine metabolica: i rettili avrebbero carenze croniche di sali minerali che li spingerebbero a gettarsi sulle feci di altre specie (per ora ho informazioni certe solo su escrementi umani, non è al momento appurato se sia consumato lo sterco di altri vertebrati come i cani). Più difficile dare una spiegazione soddisfacente dell'atteggiamento delle genti locali. In mancanza di informazioni credibili, posso ipotizzare che questi sauri, di dimensioni anche ragguardevoli, ricoprissero un ruolo importante nella religione della popolazione aborigena, e che in qualche modo il tabù sia sopravvissuto alla Conquista e alla successiva colonizzazione. Non ho neanche informazioni sulle altre isole dell'Arcipelago: ad esempio non mi è stato possibile appurare se la situazione sia la stessa anche a Tenerife e a Fuerteventura. Attendo lumi da persone che conoscono le genti delle Isole Fortunate per diretta esperienza. 

Penso che ci sia una certa urgenza nel compiere studi per far luce sull'argomento: le grandi lucertole di Gran Canaria corrono un serio pericolo di estinzione a causa dell'introduzione del serpente reale californiano (Lampropeltis getula californiae), una specie aliena all'ecosistema dell'isola. Questi ofidi di colore bianco sono stati introdotti a causa della dissennata usanza di allevare animali esotici per poi liberarli nell'ambiente alle prime difficoltà. Così è iniziata la pullulazione dei serpenti bianchi, il cui impatto si sta rivelando devastante. Sono stati stanziati fondi per estirpare questa specie aliena, ma gli sforzi non hanno avuto il successo sperato: solo nel 2011 nei municipi infestati di Telde e di Gáldar sono stati distrutti circa 500 serpenti, ma si sa per certo che gli esemplari in libertà sono ormai diverse migliaia. Le lucertole coprofaghe non hanno difese: vengono facilmente predate e ingoiate.  

lunedì 13 aprile 2015

 

UN WESTERN SODOMITICO:
LA TAGLIA È TUA...
L'UOMO L'AMMAZZO IO
 

Titolo originale: La taglia è tua... l'uomo l'ammazzo io
Titoli alternativi: El Puro
Lingua originale: Italiano, spagnolo
Paese di produzione: Italia, Spagna
Anno: 1969
Durata: 90 - 106 min
Colore: Colore
Audio: Mono
Rapporto: 2,35 : 1
Genere: Western
Regia: Edoardo Mulargia
Soggetto:
   Fabrizio Gianni,
   Edoardo Mulargia,
   Fabio Piccioni
Sceneggiatura:
   Fabrizio Gianni,
   Ignacio F. Iquino,
   Edoardo Mulargia,
   Fabio Piccioni
Casa di produzione:
   Filmar Compagnia Cinematografica,
   IFI Producción S.A.
Fotografia:
   Antonio L. Ballesteros,
   Edoardo Mulargia
Montaggio: Vincenzo Vanni
Musiche: Alessandro Alessandroni
Trucco: Gianfranco Mecacci

Interpreti e personaggi:
  Robert Woods: Joe Bishop 'El Puro'
  Aldo Berti: Cassidy 
  Mario Brega: Tim 
  Rosalba Neri: Rosie 
  Fabrizio Gianni: Fernando 
  Maurizio Bonuglia: Dolph 
  Giusva Fioravanti: Antonio 
  Marc Fiorini (Ashborn Hamilton Jr.): Gipsy
  Angelo Dessy: Charlie
  Attilio Dottesio:
Sceriffo
  
  Mariangela Giordano: Babe
  Gustavo Re:
Fernando 
  César Ojinaga: Vicesceriffo
  Fernando Rubio:
Barista

  Lisa Seagram: Proprietaria del saloon  

Doppiatori italiani: 
  Michele Kalamera: Joe Bishop
  Leonardo Severini: Tim
  Luciano Melani: Gipsy


Trama (da dbcult.com):
El Puro, un pistolero rovinato dall’alcool su cui pende una taglia di diecimila dollari, trova rifugio temporaneo in casa della ballerina di un saloon, Rosy, che ha avuto pietà di lui e della sua condizione. A sua insaputa; cinque uomini – Gipsy, Cassidy, Dick, Dolph e Shorty – lo tallonano, per ucciderlo e riscuotere la ricompensa. Seguendo un suo amico, il vecchio Fernando, costoro scoprono il suo nascondiglio, ma quando vi irrompono El Puro non c’è. Incolpato della morte di Rosy – uccisa invece da Gipsy e compagni – il pistolero finisce in carcere, ma Fernando lo libera con un abile stratagemma. El Puro rinuncia all’alcol e, nuovamente capace di usare la pistola, affronta la banda, ridottasi a quattro uomini, poiché Shorty ha preferito andarsene. Avuta la meglio su di loro, si mette in viaggio ma Shorty, appostato lungo il cammino, lo uccide a tradimento: la taglia è sua.
 

Recensione: 

Tra i tanti film western che venivano mandati in onda sulle reti private negli anni '70 questo è decisamente anomalo, in quanto incentrato su rapporti sodomitici e violenti tra uomini. Riporto la descrizione di una scena che fu da me vista quando frequentavo le scuole medie e che mi è rimasta profondamente impressa. 

C'erano due banditi in un bordello. Una prostituta era immobilizzata, legata al suo letto. I banditi volevano costringerla a rivelare un'informazione di vitale importanza, ma la donna non cedeva. Così uno di questi banditi la colpiva in faccia con pugni violentissimi, facendola sanguinare, e infierendo le urlava insulti come "schifosa puttana". Tra un cazzotto e l'altro, i due malviventi si baciavano in bocca. Alla fine, a forza di botte la prostituta moriva, e si capiva che i due malfattori nel vederla spirare raggiungevano il culmine dell'eccitazione. 

Fu la prima volta che venni a conoscenza dell'esistenza dell'omosessualità, per quanto potessi capirne, immaturo com'ero. Non parlo delle checche che si vedevano ogni tanto nelle commedie, ma di atti cruenti tra uomini, che non erano collegati a mancanza di virilità o a desiderio di imitare le donne, ma alla sorgente stessa di una violenza inaudita, di un odio assoluto che si esprimeva proprio contro il genere femminile. 

Mia madre, vedendo quelle scene truculente, decise di chiudere senza ulteriori esitazioni la televisione e mi disse che si trattava di cose orribili, come se non lo capissi da me. Come al solito, quando chiesi il perché, mia madre non fu in grado di darmi una risposta. "Le cose sono così e basta", era il suo ritornello. Del resto, all'epoca mi ero fatto strane idee sui malviventi guardando i film. Per me era del tutto ovvio che quei fuorilegge si baciassero tra loro, perché li ritenevo una specie a parte, biologicamente diversa dal resto dell'umanità. Solo per fare un esempio, credevo fermamente che non mangiassero mai cibi solidi, ma che si sostentassero bevendo unicamente liquori. In ogni caso mia madre non fu abbastanza lesta nell'estinguere l'apparecchio: il riverbero di quelle sequenze rimase in me. 

Film fosco, improntato a un profondo pessimismo cosmico, era di quelli in cui i buoni non riuscivano ad avere la loro rivincita sui malvagi. I banditi erano come onnipotenti, favoriti in ogni loro azione abominevole da una sorta di Cigno Nero, un genio malefico in grado di ostacolare scientemente i perseguitati. Così i malfattori spadroneggiavano. Un bandito entrava in un saloon e sparava al primo poveraccio che trovava a portata di tiro e lo uccideva senza alcun motivo. Le persone oneste morivano come mosche: se nella realtà ci fossero stati simili tassi di mortalità, si sarebbe trattato di un autentico genocidio. Questo filone di film dimenticati, che potremmo chiamare "spaghetti western satanici", destò per la prima volta in me la consapevolezza dell'esistenza di un Potere Maligno che regge l'Universo. 

lunedì 6 aprile 2015

IL QUADRATO MAGICO INCA: UN FALSO DI EPOCA COLONIALE

In ambienti esoterici si parla spesso dei quadrati magici, come il famosissimo SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS, attestato già in epoca romana. Si cita anche un meno noto quadrato magico in lingua Quechua, che sarebbe stato tramandato oralmente. Il testo è il seguente.  

M I C U C
I S U T U
C U Y U C
U T U S I
C U C I M

La traduzione sarebbe: "Un pedicello che mangia l'UTUSI che si dimena è felicità". Sarebbe. Il condizionale è d'obbligo, perché la grammatica del Quechua è completamente disattesa.  

Attorno a questo testo sono fiorite elaborate narrazioni e persino una fiaba peruviana.  


Orbene, è sufficiente una conoscenza anche superficiale del Runa Simi e dell'ortografia ispanica per dimostrare che questo è impossibile. 

Il problema sta infatti nella parola CUCIM, che è presentata come l'opposto di MICUC. L'opposto nell'ortografia ispanica, non nella fonetica Quechua. Questi sono i fatti: 

1) Il termine MICUC sta per MIKHUQ, cioè "che mangia". Le consonanti kh rappresentano un'occlusiva aspirata /kh/, simile al suono presente nell'inglese clockhouse, mentre q rappresenta una forte aspirata uvulare /χ/ in fine parola o seguita da altra consonante, un'occlusiva uvulare /q/ se seguita da vocale. 

2) Il termine CUCIM, che dovrebbe essere l'inverso di MICUC, ha come radice KUSI, ossia "felicità".   

Nei siti che trattano di questo quadrato si insiste sul fatto che la lingua del Tawantinsuyu era rigorosamente orale e che non c'era quindi niente di scritto (anche se i Quipu raccontano un'altra storia). Allora, qualche esoterista potrebbe spiegarmi come sia possibile che invertendo i suoni di MIKHUQ si ottenga KUSIM? Si dovrebbe a rigor di logica ottenere QUKHIM, che non significa nulla. 

Anche ammettendo che l'autore del quadrato usasse un Quechua incapace di distinguere vari fonemi come /k/, /k'/, /kh/, /q/, /q'/, /qh/ e li collassasse tutti in /k/, avremmo dovuto avere /mikuk/ invertito in /kukim/.  

La cosa acquisisce un senso ammettendo che il quadrato sia stato creato in forma scritta e in ortografia ispanica da una persona che non aveva alcuna conoscenza diretta della lingua Quechua. Così avrebbe preso MICUC e invertendo le lettere avrebbe ottenuto CUCIM, che avrebbe pronunciato secondo le regole della lingua castigliana (confondendo però /s/ e la laminodentale /s̪/, oggi interdentale /θ/, fenomeno chiamato seseo*), ottenendone così una parola assonante con il Quechua KUSI. Ecco spiegato il mistero. L'autentica inversione di /mikuk/, ossia /kukim/, sarebbe stata scritta CUQUIM, e la magia del quadrato sarebbe venuta meno.  

*Il seseo è tipico di alcune varietà di spagnolo dell'Andalusia, donde si è esteso dapprima alle Canarie e quindi all'America Latina.  

Veniamo ora all'unica forma nota di scrittura usata in epoca preispanica nel Tawantinsuyu, quella dei nodi chiamati Quipu, dalla parola Quechua khipu "nodo, legatura". È molto probabile che non si trattasse di un semplice sistema di computo, ma di una scrittura sillabica pienamente sviluppata: ogni nodo avrebbe espresso una sillaba. Alcuni manoscritti (Nueva Corónica, Documenti Miccinelli) forniscono prove abbastanza convincenti a questo riguardo. Presso i popoli dotati di scrittura sillabica, la sillaba è l'unità di base, non scomponibile in vocali e consonanti. 

Conclusioni: 

1) Il quadrato non risale a tempi preispanici, ma a un'epoca successiva;
2) I siti che parlano di una sua origine antica fanno disinformazione; 

3) Si tratta di una pataccata.  

UN TESTO NEOGOTICO PRESENTATO COME GIOCO ENIGMISTICO


In un blog di enigmistica, egpuzzles.blogspot.fr è riportato un testo in una conlang neogotica che trovo piuttosto grossolana. Si tratta di un'immagine con ogni probabilità scannerizzata da una pagina di un libro scritto in caratteri wulfiliani, con figure sul bordo (animali, un albero, montagne, un tavolo, armi).   

Il testo in questione è presentato dal gestore del blog come "impenetrabile", ossia "completamente incomprensibile", neanche fosse scritto in una lingua extraterrestre usata su un pianeta di Altair. Ne riporto qui la translitterazione: 

So amaliþa Kaisaris Walensis uns nasida fram frumistsaha hunnane. Uns fragaf farþa ufar Donaris jah in þraka friþu. 

Lupikinus jah Maximus unsis andnemun qairruba, dauht unsis gafun. Ana þamma dauhtiska atleweins þarei usqemun þans batistans unsarans. 

Alawiwus sa mikls gastikans warþ in hrukk þairh afmarzein Walensis. Halisaiw ana aleinai þlauh ik afarlaistiþs was swe dius. 

Sa bagms saei warþ gedrausiþs fram hindarweisein Rumone wahsjiþ aftra swinþs. Þai Þerwingos galesun aftra, miþgatimridedun aftra, gaswinþnodedun iþ þo tauidedun sniumundo. 

Ƕaiwa mag ik swa blinds Walensa jah allamma reikja Rumone, eis biqemun sinteino Gutþiuda ahaks friþaus wairþiþ niu aiw. 

Faur jera hunda jah mais tauhans warþ Ruma fram drauhtina balwaweisa. Fraujinodedun þairh gais swa managam kunjam ei wairþan þai ainahan. 

Walens skal wisan sa iftuma. Sunjis ist du biqiman þans Þerwingans. Þroþida ik faura laþon þo mikilon. Brukja þo fadreinskrama airizane meine. 

Attiuha eiz mein jah tiuha þiuda meina. Weis fraqistjam Lupikinau jah Walens usqiman. 

Ƕazuh dals miþ bloda fulniþ. Ruma drausjiþ. 

In realtà non è poi così incomprensibile, per quanto non manchino i punti poco chiari. Riporto una versione in italiano. Dove il testo originale non è coerente è stata adottata una traduzione libera.  

La forza dell'Imperatore Valente ci ha salvati dai primi ranghi degli Unni. Ci ha concesso l'attraversamento del Danubio nella pace Trace.

Lupicino e Massimo ci hanno accolto gentilmente. Ci hanno offerto una festa. Durante questa festa hanno ucciso a tradimento i nostri uomini migliori.

Alavivo il Grande è stato trafitto nella schiena per tradimento di Valente. A stento sono fuggito sui gomiti, sono stato inseguito come una bestia. 

L'albero che è stato abbattuto dall'inganno dei Romani ricresce forte. I Tervingi si sono riaggregati, si sono ricostruiti, si sono rafforzati e lo hanno fatto rapidamente.  

Come posso io <essere> così cieco a Valente e a tutto il regno dei Romani? Essi hanno attaccato ogni giorno, il popolo dei Goti non sarà più colomba di pace.  

Per cento anni e più Roma è stata guidata dal Male. Hanno dominato per mezzo della lancia così tante stirpi che sono diventati la sola. 

Valente deve essere l'ultimo. Mi sono allenato per invitare la Grande. Userò la spada dei miei antenati. 

Porterò il mio (?) e guiderò il mio popolo. Annienteremo Lupicino e uccideremo Valente. 

Ogni valle si riempirà di sangue. Roma cadrà. 

In genere si usa l'asterisco per etichettare le forme non attestate. Lo ometterò, trattandosi di considerazioni su una lingua ricostruita, usandolo solo con i lemmi proto-germanici e con le forme neogotiche errate. Mi permetto di aggiungo le seguenti annotazioni, di certo non esaustive: 

1) Se Valente è Walens, allora il suo genitivo deve essere Walentis, non certo *Walensis. Così il dativo sarà Walenta e non *Walensa. Infatti negli antroponimi il gotico tendeva a seguire la declinazione della lingua di origine, e non c'è alcun motivo perché la -s del nominativo debba essere estesa ad altri casi, andando ciò contro la logica non soltanto del latino, ma anche del gotico. Il carattere e rappresenta /e:/ lunga e chiusa è adatto a trascrivere il sono latino, essendo la vocale -e- resa lunga dal nesso -nt- in simili forme (cfr. pote:ns, pote:ntis, pote:ntia, etc.).

2) Il termine *frumistsaha è formato male ed è molto oscuro. Potrebbe essere un errore per frumistamma, dativo maschile o neutro di frumists "primo, migliore, prominente", anche se sembra che si debba leggere proprio *frumistsaha. Non si riesce a capire come l'autore abbia potuto coniare questa parola fantomatica. 

3) Il termine per indicare gli Unni sarà stato Huneis /'hu:ni:s/, ascritto alla declinazione con tema -i-, con un genitivo Hune /'hu:ne:/. In antico alto tedesco abbiamo ad esempio Hûn, pl. Hûni, con un genitivo Hûneo, Hûnio. Ascrivere questo etnonimo alla declinazione dei nomi maschili deboli è a mio parere ingiustificato. 

4) La forma *farþa, che non risulta attestata, è in effetti formata male. Infatti il proto-germanico ricostruito ha *farðiz, donde tedesco Fahrt, norreno ferð. La forma neogotica deve quindi essere fards, gen. fardais, pl. fardeis, della declinazione con il tema in -i-, di genere femminile.  

5) Con *Donaris si intende il Danubio, ma la ricostruzione è imprecisa. Infatti ci aspetteremmo un genitivo femminile in -os; la forma neogotica dovrebbe essere Donaujos. Cfr. antico alto tedesco Tuonouwa. La vocale gotica -o- è chiusa e lunga /o:/, e di certo compatibile con i dati dell'alto tedesco. Non si capisce tuttavia la rotica da dove sarebbe giunta, forse è solo un refuso per il carattere che trascrive /w/.   

6) Per essere chiari si dovrebbe dire in þrakiska friþu o in friþu Þrake "nella pace dei Traci" anziché in *Þraka friþu, posto che sia proprio questo il concetto che l'autore intendeva esprimere.   

7) La voce verbale *gafun per "diedero" è un marchiano strafalcione: la forma corretta, ben attestata, è infatti gebun. L'autore non mostra piena dimestichezza con la coniugazione dei verbi forti, così ha formato la III persona plurale a partire dalla forma singolare gaf "diede", senza accorgersi che la consonante sorda -f è secondaria e che la radice ha -b-: giban "dare", gibans "dato", etc.

8) L'antroponimo Alavivo (latinizzato in Alavivus) non è di chiara etimologia. La forma originale potrebbe non essere *Alawiwus, ma Alaweiws, associato dagli autori romani al latino vivus;(ei trascrive la vocale lunga /i:/). Il prefisso gotico ala- "tutto" è ben noto; il secondo membro sarà collegato a un antroponimo attestato in un'iscrizione runica norvegese, Wiwaz (Pietra di Tune), probabilmente da un più antico *wi:γwaz, dalla radice *wi:γ- / *wi:x- "combattere".  

9) La parola *hrukk semplicemente non poteva esistere in gotico. La radice proto-germanica era *xruγja- "schiena", e queste sono le forme germaniche attestate da essa derivate: norreno hryggr, antico sassone hruggi, antico frisone hreg, antico inglese hrycg, antico alto tedesco hrukki, rucki, donde tedesco moderno Rücken. In gotico non avrebbe mai -kk-, per nessun motivo. Evidentemente l'autore del testo è stato influenzato dall'attuale tedesco in modo considerevole. 

10) Il prefisso ge- nella forma *gedrausiþs "fatto cadere, abbattuto" è errato: tale prefisso suonava infatti /ga-/, così si deve scrivere gadrausiþs (da gadrausjan, causativo di driusan "cadere"). È possibile che l'autore si sia lasciato ingannare dalla sua conoscenza dell'attuale tedesco, pensando di utilizzarla come un riempimento delle proprie lacune. Siccome però in altri casi il prefisso usato nel testo è il corretto ga-, si può pensare a un semplice refuso.   

11) La forma Þerwingos è errata e tratta da una trascrizione latina fuorviante: l'etimologia garantisce che si debba scrivere *Tairwingos, con /ɛ/ aperta e breve trascritta col dittongo grafico -ai- e con /t/ iniziale, che nella pronuncia poteva suonare aspirata (ossia come /t/ più una lieve /h/; invece þ- è usato per trascrivere l'interdentale simile a quella dell'inglese thin).

12) La traduzione di *eiz appare impossibile: non si capisce da dove sia stata tratta questa parola fantomatica. Ci sono scarse probabilità che l'autore abbia inteso dire eisarn mein, ossia "il mio ferro". È escluso anche che intendesse eis mein "il mio ghiaccio", non solo perché non avrebbe il minimo senso nel contesto, ma perché la radice ha una chiara -s- in ogni lingua germanica e la protoforma è *i:sa- (poi bisognerebbe capire se la forma gotica fosse maschile come in norreno o neutra come in anglosassone).    

13) Il genitivo plurale di meins "mio" non è *meine, ma meinaize.

14) La parola per indicare la valle è dal, di genere neutro, come in antico alto tedesco. Tuttavia non è impossibile che esistesse anche una forma maschile, cfr. norreno dalr.

15) Una considerazione sintattica: i pronomi personali all'accusativo o al dativo dovrebbero seguire il verbo come nei testi di Wulfila, anziché precederlo. Dovrebbe così dirsi nasida uns, non uns nasida. Così fragaf uns e non uns fragaf

Non so chi sia l'autore del testo, nel Web non si trovano molte informazioni. È un vero peccato che la lingua in cui è scritto sia piena di inesattezze, in quanto si parla di importanti fatti storici. Pochi sono a conoscenza degli orrori che i Goti hanno sofferto per mano dell'infame Lupicino, prima di insorgere. Era costui un mostro e un pedofilo i cui crimini aberranti non possono essere dimenticati: arrivò ad approfittare della carestia per vendere a peso d'oro carogne di cani e altra carne infetta, pretendendo le figlie dei Goti per poterle sodomizzare. 

domenica 5 aprile 2015

IL MANIFESTO DI MARX ED ENGELS IN LINGUA GOTICA

Tempo fa ho rinvenuto in rete una traduzione del Manifesto del Partito Comunista e di parti del Capitale di Marx in lingua gotica - o forse si dovrebbe dire in conlang neogotica, per essere precisi, visto che i testi tradotti sono stati concepiti secoli dopo l'estinzione della lingua di Wulfila. A quanto pare esisteva un sito originale che è stato distrutto, e alcune sue pagine sono sopravvissute in un archivio del Web come snapshot: 


Anche se non è facilissimo trovarlo, il materiale in questione è tuttora presente nel blog Gutrazda su Wordpress:


Sulla stessa piattaforma esiste anche un altro blog, anch'esso non facilmente reperibile, in cui si trova il Capitolo 2 del Manifesto con la trascrizione in caratteri wulfiliani: 


Non è la prima volta che mi imbatto in forme di censura contro tentativi di utilizzare questa lingua. Le autorità sono forse preoccupate di impedire la diffusione di idee "sovversive" tra i Goti? L'ottusità di certi burosauri non conosce limiti. 

Com'è logico immaginare, l'autore si è trovato in grave difficoltà nel tentativo di tradurre non poche parole, e alcune sue scelte mi sembrano discutibili. Queste sono alcune mie osservazioni:  

1) A mio avviso "Zar" andrebbe tradotto con Kaisar Winiþe /'kɛ:sar 'winiθe:/, ossia "Imperatore dei Venedi" (antico nome degli Slavi, chiamati Venethi da Iordanes e da altri autori). 

2) Il termine "papa" in gotico indica un sacerdote, non il pontefice romano, che si può ben chiamare Aipiskaupus Rumone /ɛ'piskɔpus 'ru:mo:ne:/, ossia "Vescovo dei Romani"

3) Ridurrei al minimo indispensabile i toponimi moderni, usando dove possibile le forme latine o greche. Così "Londra" può ben tradursi con Laundinjum /lɔn'dinjum/, e via discorrendo. 

4) A volte potrebbe non essere necessaria la traduzione letterale di una locuzione moderna difficile, visto che l'importante è produrre qualcosa in grado di rendere il concetto: così penso che "artiglieria pesante" possa essere reso con stainos ballistos, ossia "pietre di catapulta" - essendo ballista un naturale prestito dal latino, a sua volta di origine greca.   

5) Cognomi come Metternich non possono essere ovviamente tradotti, ma non posso nascondere che suonano surreali in un simile contesto. Non mi sembra corretto tradurre il cognome Engels con Aggilisks in quanto il suffisso gotico -isks non può corrispondere a -s in tedesco. 

6) Si presentano alcuni problemi anche nella traduzione dei nomi propri. Se Friedrich è tradotto correttamente con Friþureiks, non posso nascondere che Karl tradotto con Kairls fa storcere il naso. Pur essendo l'antroponimo Karl di chiara origine germanica (significa "maschio"), è possibile che sia meglio renderlo nella forma latinizzata Karaulus /'karɔlus/. È vero che si tratterebbe comunque di un anacronismo (Wulfila visse secoli prima di Carlo Magno), ma rientrerebbe nello spirito della lingua. 

7) Alcuni neologismi, come baurgeins per tradurre "borghesia", lasciano un po' perplessi, pur essendo formati in modo corretto: sono infatti parole adatte all'uso moderno, ma un goto dell'epoca di Alarico non sarebbe riuscito a capire il concetto. Sarebbe meglio usare una perifrasi o un composto come baurgsþiuda. Invece il termine Kaummunismus mi sembra più accettabile: è vero che gli antichi non lo avrebbero capito, ma non avrebbero esitato a prendere a prestito un termine simile dal latino se fosse stato disponibile. Ottimo fairƕumaþl "mercato mondiale", in quanto composto da elementi che esistevano come parole indipendenti. 

8) La convenzione ortografica del trattino per separare i prefissi mi sembra inutile e pesante: si tenga conto che ai tempi per scrivere la lingua di Wulfila si usava addirittura la scriptio continua. Noto comunque che nel materiale più recente l'uso del trattino è drasticamente ridotto. 

9) Non perderei tempo a tentare di distinguere i digrammi ai e au con accenti per indicare dittonghi etimologici (ái, áu) o vocali brevi (, ) nella versione in caratteri wulfiliani: si tratta di una convenzione introdotta dagli studiosi per ragioni etimologiche, sconosciuta in epoca antica e poco utile ai fini pratici dell'apprendimento della lingua. Nel gotico di Wulfila del IV secolo gli antichi dittonghi /ai/ /au/ ormai suonavano rispetttivamente /ɛ:/ e /ɔ:/. Naturalmente uno potrebbe pensare di usare i suoni più antichi e di parlare un gotico del III secolo, ma in tal caso molti neologismi introdotti da Wulfila sarebbero anacronistici.  

In ogni caso è tutto molto interessante e faccio i miei più vivi complimenti al traduttore, che in un blog si firma Fredrik. Pur avendo ben poca simpatia per le dottrine marxiste, riporto in questa sede una parte dell'opera a beneficio dei lettori, promettendomi di contattare Fredrik per suggerirgli miglioramenti e se possibile per spingerlo a pubblicare la revisione. Come di consueto uso il carattere ƕ anziché hv.  

Swikunþi Gamainduþeiniskis Hiuhmins 

Ahma ist wrakjands Aiwropa — ahma kaummunismaus. Allos þruþjos sinaizos Aiwropos gagahaftidos sind in weihamma traustja bi us-dreiban jainamma ahmin: Papa jah Tsar, Metternich jah Guizot, fragkiskai uswaltjandans jah sahsiskai wardiggos. 

Ƕar ist sa andstandanda hiuhma, saei ni waja-meriþs swe kaummunistisks waurþans ist fram anda-staþjam raginondam is? Ƕar ist andstandanda hiuhma, saei ni ibuka-warp þata ga-tandjando id-weit kaummunismaus, wiþra þaim mais fram-gagganam and-lagja-liudim, jah wiþra ibuka-tilondam anda-staþjam ize?

Twos waihteis at-augjand sik fram þizai dediwaihtai: 

I. Kaummunismus ist ju-þan uf-kunþs swe þruþi af allaim aiwropiskaim þruþjom. 

II. Ist hauh þeihs þatei kaummunistans, and-augiba, faura allamma fairƕau, ga-swi-kunþjand kunþja, mundreins jah halþeins ize, jah spill bi ahman kaummunismaus wiþra-satjan miþ swi-kunþja af hiuhmin sa silba.

Bi þizai mundrein, sind kaummunistans missa-leikistaizo þiudo sik in London ga-gaggans jah und-waurpun iftuma swi-kunþi, þatei ist us-mernans wairþan in aggiliskai, fragkiskai, sahsiskai, italiskai, flamiskai jah daniskai razdai.

I — BAURGEINEI JAH AIHTILAUSAI

Spill allaizo and hita nu wisandeino ga-main-duþe ist spill bi stassiweiga. 

Sa frija jah þius, patrikjus jah plaibaijus, faþs jah libaigins, fasteis jah swains, maurguba: stodun uf-þrukjands jah uf-þrukidai, in un-ƕeilai wiþra-satein du misso, funsidedun un-af-brukan, suns ana-laugn, suns and-augi weig, weig þatei in allaim sinþam andida in us-waltjandein id-skapiþai ga-main-duþais þizos allons, aiþþau in ga-mainai qisteinai haifstjandeino stasse. 

In airizeim aldim spillis, bi-gitam neƕ in allaim stadim all-andja ga-tewein ga-main-duþis in missa-leikaim standim, aina manag-falda gridein stasse þizo ga-main-duþeinono. In fairnjai Rumai habam weis patrikjuns, knaihtans, plaibaijuns, þiwans; in Midjai Aldai, faihoþiskai fraujans, skalkans, fastjans, swainans, libaiginans; jah in neƕ allaim jainaim stassim aftra us-sindos ga-teweinins.

So, us qisteinai þizos faihoþiskons ga-main-duþais, ur-rinnaido and-wairþo baurgeino ga-main-duþs ni blauþida stassi-wiþra-sateinins. Si þat-ain ga-satida niujos stassins, niujos ga-qissins uf-þrukeinis, niujos laudjos weigis in stadai þizo fairnjono. 

So alds unsara, so alds baurgeineins, aþþan us-taikneiþ sik ei ain-falþida stassi-wiþra-sateineins. 

So allo ga-main-duþs dis-tahneiþ sik mais jah mais in twos mikilos anda-neiþos bi-baurgeinins, in twos mikilos stassins misso and-standandeins: baurgeinei jah aihtilausaliudeis. 

Fram libaiginaim Midjaizos Aldais ur-rinnaidedun baurgarjos baurge þizo frumistono, jah fram jainai baurgiþai and-waibidedun sik grundu-stomans þai frumistans baurgeineins. 

Und-þakeins Amerikos jah bi-fareins Afrikos skopun baurgeinein þizai reisandein niuja airþa. Þata austra-indisko jah sinisko maþl, þata landa-nem Amerikos, in-maideins miþ niujalandam, so manageins maidjakaupis jah tauje allis, gebun kaupa, farþonai, us-daudeinai, ainana iupa-swaggw ni faurþis kunþana, jah þaruh þan, du us-waltjandin grundu-stomin in ga-main-duþai faihoþiskai ga-tairandein, aina adra and-waibein. 

Sa and hita nu wisanda faihoþiska aiþþau gildaga waurstwei-haidus us-daudeins, ga-nohida juþan ni wahsjandeim þarbom maþle þize niujaize. So ga-smiþons nam staþ is. Af-skubanai waurþun gildja-fastjos fram midji-stassai þizai us-daudeinon; daileins arbaidais ana midumai leikoþiwe anþar-leikaize us-laiþ faur daileinai arbaidais in waurstwa-stada þamma ainaklin. 

Iþ bijands wohsun maþla, bijands aiauk so þarba. Jah so ga-smiþons ga-nohida juþan ni. Bi-þe, us-waltidedun staums jah tawilos ga-smiþons þo us-daudeinon. Þo staþ ga-smiþonais nam so and-wairþo mikilo us-daudei; þo staþ midja-stassais þizos us-daudeinons nemun þai us-daudeinans miljonarjos, þai waurkifaþeis allaize harje þize us-daudeinane, so and-wairþo baurgeinei. 

So mikilo us-daudei ga-skop fairƕumaþla, þammei manwida so und-þakeins Amerikos. Þata fairƕumaþl gaf du kaupa, farþonai jah landa-gawissai abra and-waibein. Þatuh aftratawida, in seinai tewai, ana uf-þaneinai þizos us-daudeins; jah in sama-leikamma melin swe us-daudei, kaup, farþons, eisarnawigos uf-þanidedun sik, in sama-leikamma melin and-waibida sik so baurgeinei, managida þana auþ izos, jah skauf ana hindargrundu allos stassins at-stiganons us Midjai Aldai. 

Weis saiƕam, þan-nuh, ƕaiwa so and-wairþo baurgeinei si silbo ist ain taui ainis laggis and-waibeinigaggis, ainaizos tewos miþ us-walteinim in haidau ga-smiþonis jah ga-wissis. 

Ƕarjizuh þizo and-waibeinigride þizos baurgeineins was miþ-qumana ainai ga-and-hafjandein raginiskai fram-gahtai, in þizai stassai. Uf-þrukida stass uf fraujinassau þise faihoþiskaize fraujane, sarwiþs jah silba-raginonds ga-qums in þamma baurgs-gauja: her ungilstragibandei baurgiska þiudawaihts (swe in Italjai jah Sahsalanda); þar gilstraskulda þridja stass þis þiudinassaus (swe in Fragkareikja); afar þata, in ƕeilai ga-smiþonos wiþrakauriþa wiþra aþala, in andizuh stasseinamma aiþþau all-andjamma þiudinassau, jah haubidagrundus þiudinassiwe þize mikilane allis, si ga-jiukaida sis bi spedistin, fram skapiþai þizos mikilons us-daudeins jah þis fairƕumaþlis, in þamma and-wairþin fulla-triggwin reikja, þana us-letandan raginiskan fraujinassu. Þata waldufni þis and-wairþins reikjis ist þatain us-skut, þatei faura-gaggiþ þaim ga-mainam kaupam þizos allons baurgeineins. 

sabato 4 aprile 2015

UN VIDEO SUI PAGANI DI LETTONIA: ALCUNE CONSIDERAZIONI


Interessante video di Franco Capone, pubblicato sul sito di Focus. Il documentario parla dei politeisti di Lettonia, che sono presentati come gli ultimi pagani d'Europa. Sono mostrati quindi alcuni loro riti, senza dubbio di origine antichissima. Esiste però qualcosa da rimarcare. Sappiamo che i paesi del Baltico sono stati sede di conflitti sanguinosissimi, perché i Cavalieri Teutonici e i Cavalieri Portaspada vi hanno condotto le cosiddette Crociate contro quelli che chiamavano Saraceni del Nord, facendo di tutto per cristianizzare con la forza quelle genti. Ci furono stermini e atrocità di ogni genere. La Lettonia fu divisa in feudi. Riga, capitale della Lettonia, era un importante centro dello Stato Monastico dei Cavalieri Teutonici, che si distinsero in efferatezza, dominando la regione con pugno d'acciaio. Unico stato pagano rimasto a resistere al loro potere fu il Granducato di Lituania, ma sul finire del XIV secolo anche lì giunse il tramonto per l'antica religione: nel 1386 il Granduca Jagellone (Jogaila) accettò il battesimo per poter sposare l'undicenne Edvige (Jadwiga), Regina di Polonia e diventare così Re di Lituania e di Polonia col nome di Ladislao II. Nel 1387 iniziò la cristianizzazione sistematica della nazione: i fuochi perenni che ardevano nei santuari pagani furono spenti. L'ultima regione ad accettare il battesimo di massa e ad estinguere i fuochi fu la Samogizia, cristianizzata nel 1413. Questo evento è tuttora celebrato dai Gesuiti come un "trionfo della civiltà sulla barbarie"Non entro nei dettagli, ma non posso fare a meno di notare che i culti antichi sopravvissero tra i contadini, ma finirono col subire una pressione crescente da parte del clero cattolico, disorganizzandosi e infine cessando di sussistere come manifestazioni di una religione indipendente. Va fatto notare che divinità dell'antica mitologia vengono spesso menzionate nei canti popolari chiamati dainas in Lettonia e dainos in Lituania. Si potrebbe tuttavia trattare di reminiscenze poetiche più che della prova di una continuità dei culti antichi fino al tempo presente.  

Dopo un periodo di letargo i culti antichi delle genti baltiche sono stati riportati in auge nel tardo XIX secolo dal lituano Wilhelm "Vydunas" Storost (1868 - 1953). Egli organizzò feste pagane riuscendo ad attrarre un certo numero di praticanti. Si trattava di un movimento revivalista e ricostruzionista: il suo scopo era quello di ripristinare una tradizione interrotta e perduta, ma ancora conoscibile nei dettagli, visto che la sua scomparsa era avvenuta in epoca abbastanza recente. Per questo motivo, va etichettato come Neopaganesimo anziché come PaganesimoNon era però destino che i fautori dell'antica religione di quelle terre godessero di un lungo periodo di pace. Come se una maledizione gravasse, terribili persecuzioni si abbatterono sui neopagani del Baltico a partire dal 1940, quando quelle terre furono invase dai Sovietici. Il politeismo baltico fu trattato come una pericolosa religione nazionalistica dalle autorità sovietiche, che fecero di tutto per eradicarla. Molti neopagani baltici espatriarono, trovando rifugio in America. I meno fortunati furono fucilati o deportati in Siberia. A partire dal 1967 tale religione cominciò a chiamarsi Romuva, dal nome antico prussiano del santuario. Riapparve nei paesi baltici e nonostante una nuova ondata di persecuzioni agli inizi degli anni settanta riuscì ad accrescere la propria influenza, finendo con l'essere riconosciuta come religio licita dopo il crollo dell'Unione Sovietica. 

Se vogliamo essere precisi, dobbiamo far presenti alcuni fatti che di solito vengono taciuti.

1) Wilhelm "Vydunas" Storost era un adepto della Teosofia, quindi proveniva da un ambito culturale esoterico, molto diverso da quello degli antichi pagani;
2) Egli era impregnato di idee come l'universalismo panteistico, il vegetarianismo etico e simili, tanto che fu paragonato a Tagore e a Gandhi;  

3) Per quanto Storost non si ritenesse un leader religioso, la Romuva acquisì una struttura affine a quella della Chiesa di Roma. Questo fatto ricorda il tentativo di Giuliano il Filosofo di costruire una Chiesa Ellenica. 

Inutile dire che i Balti pagani non erano filosofi. Praticavano sacrifici cruenti e mangiavano carne, come è sempre stata la norma tra la maggior parte dei politeisti. Non erano animati da un particolare afflato di amore tra i popoli e sapevano trattare con ferocia i loro nemici: decapitavano i missionari a colpi d'accetta e se catturavano un cavaliere teutonico lo bruciavano vivo assieme al suo cavallo (con buona pace degli animalisti). Difficile credere a una continuità diretta nell'opera di Storost e nell'etica della Romuva.     

Di tutto questo tuttavia nel video di Capone non si fa alcuna menzione, così come non si nomina la Lituania. Viene suggerita l'idea di una sostanziale continuità nella trasmissione del paganesimo lettone, come se nulla di traumatico fosse mai avvenuto, come se quel popolo fosse sempre vissuto in modo giulivo in un'ingenua adorazione della Natura. Un'idea che contrasta con la realtà dei fatti storicamente accertabile. 

Riporterò ora un breve esempio per illustrare la drammaticità del concetto di cessazione della continuità.

Immaginiamo cosa accadrebbe se qualcuno fosse colpito dal fatto che parlo la lingua dei Goti, inviasse un giornalista a intervistarmi e a riprendermi, pubblicando poi un video intitolato "L'ultimo Ostrogoto in Brianza". Ovviamente la cosa sarebbe assurda anche solo a pensarsi: non ho infatti appreso la lingua di Wulfila dai miei genitori, ma dai libri, e anche se a volte la parlotto tra me e me (è il modo migliore per imparare una lingua senza più locutori) non è la mia prima lingua. Essendo mancata la trasmissione ereditaria, non si può certo dire che esista un filo diretto che lega la lingua gotica da me conosciuta ai discorsi pronunciati dal Re Teodorico - e il discorso varrebbe anche se si potesse dimostrare tramite analisi genetica una mia discendenza dalla stirpe degli Amali.  

domenica 29 marzo 2015

ETRUSCOLOGIA TRAGICA: IL CASO PIRONTI

Riporto il link a un articolo di grande interesse di Riccardo Venturi sul caso Pironti, di cui al giorno d'oggi ben pochi conservano memoria: 


Francesco Pironti (1891 - 1935) fu un professore di greco e di latino che insegnava in un liceo a Napoli. Nell'articolo di Venturi il suo nome di battesimo è riportato erroneamente come Alberto, ma in calce compare la correzione. Pironti aveva una grande passione: l'etruscologia. La sua idea portante era l'identificazione della lingua etrusca come dialetto ellenico: pensava che la lingua dei Rasna dovesse essere una forma di greco difficile e mascherato, ma nonostante ciò riconoscibile. Allo scopo di dimostrare la sua tesi, raccolse nel corso degli anni una gran quantità di appunti e infine li organizzò in un volume, che intitolò "Il deciframento della lingua etrusca" e pubblicò nel 1933 (Venturi riporta la data 1930, che non è corretta). Il libro ebbe un successo strepitoso, in un anno ne furono vendute ben 3.000 copie, un numero davvero notevole per un argomento specialistico a quell'epoca. L'Osservatore Romano annunciò al mondo che il professor Pironti aveva trovato la chiave per la comprensione della lingua etrusca. Fu vantato come italico genio e ricevette premi e riconoscimenti per la sua opera: si pensava che il mistero della lingua etrusca fosse giunto a un definitivo chiarimento. Va detto che grande era l'ignoranza del pubblico, che confondeva "scrittura" e "lingua""lettere" e "fonemi", "decifrare" e "tradurre", e che si aspettava che ogni lingua sconosciuta dovesse per necessità avere una "chiave", trovata la quale tutto sarebbe stato ricondotto a qualcosa di noto.   

Negli ambienti accademici non tutti furono entusiasti delle controverse scoperte di Pironti. Il prof. Carlo Battisti lo attaccò dalle pagine dell'Archivio Glottologico Italiano, dando inizio ad un'accesa discussione che purtroppo non sembra essere reperibile nel Web. Battisti riuscì, servendosi dell'evidenza dei dati di fatto e del metodo scientifico, a stroncare le idee di Pironti, dimostrandone infine l'inconsistenza. Diciamo che andò anche oltre: tramite uno spietato sarcasmo massacrò il suo avversario. Alle confutazioni di Battisti fu data la massima eco possibile: come conseguenza Pironti da italico genio venne ad essere schiantato nella polvere. Il suo libro fu ritirato dalle librerie. A quei tempi non si scherzava. Ai nostri giorni scritti pseudoscientifici e nocivi come quelli di Alinei e di Semerano trovano accoglienza persino nelle università, e le assurdità che contengono prosperano nel Web. È concesso anche a consapevoli fautori di idee pseudoscientifiche andare avanti nella loro propalazione, nonostante si sia dimostrato in tutti i modi possibili che si tratta di cose assurde, vane e dannose. All'epoca non era così: il maglio dell'Accademia si abbatteva anche su persone in buona fede come Pironti, e chi era confutato era considerato un paria. Gli eventi ebbero un epilogo tragico. A Pironti mancavano pochi anni per andare in pensione, eppure fu costretto a dimettersi. Cadde in preda alla disperazione, si chiuse nel suo studio e si uccise, lasciando sei figli e una giovane vedova in stato interessante.  

Sul rapporto tra lingua greca e lingua etrusca     

Naturalmente l'etrusco non è affatto un dialetto greco, tuttavia esistono numerose isoglosse che legano le due lingue. La cosa non deve stupire, dato che la lingua greca è il risultato della sovrapposizione di una lingua chiaramente indeouropea con alcune lingue che gli invasori, giunti in più ondate, trovarono in loco. Essendo l'etrusco derivato dallo stesso ceppo di almeno due delle lingue preelleniche - l'eteo-cretese e l'eteo-cipriota - il fatto che ci siano isoglosse non è poi così strano. L'ottimo Giulio Facchetti ha esposto con ottimi argomenti questa tesi. Questi sono alcuni esempi di interessanti corrispondenze:    

Etr. farθan "genio" - Gr. παρθένος "vergine"*
Etr. netś- "interiora" - Gr. νήδυια "interiora"
Etr. puia "moglie" - Gr. ὀπυίω "prendo in moglie"
Etr. purθ "magistrato" - Gr. πρύτανις "signore" 

*La parola etrusca indica un nume tutelare femminile; la radice si trova anche come aggettivo nella locuzione śeχ farθ(a)na "figlia naturale" e nel verbo farθna- "generare"

In altri casi si tratta invece di prestiti entrati in etrusco dalla lingua greca in epoca più recente. Tra questi prestiti, che sono in genere di natura culturale, compaiono diversi lemmi vascolari e nomi di beni di consumo tipici del bacino del Mediterraneo: 

Etr. culiχna "bicchiere" - Gr. κυλίχνη
Etr. elaiva- "olio" - Gr. ἐλαιον
Etr. larnaś "contenitore" - Gr. λάρναξ
"scatola"
Etr. leχtum "vaso da olio" - Gr. λήκυθος
Etr. patna "scodella" - Gr. πατάνη
Etr. qutun "vaso potorio" - Gr. κώθων
Etr. vinum "vino" - Gr. ὀῖνος 

Alcune di queste forme sono passate in latino: 

Etr. elaiva- "olio" > Lat. oleum, oliva
Etr. patna "scodella" > Lat. patina
Etr. vinum "vino" > Lat. vinum* 

*La terminazione -um è stata reinterpretata come uscita del neutro (latino antico -om).  

È dimostrato che in moltissimi casi per spiegare la forma latina di un prestito dal greco è necessario un intermediario etrusco. 

Lat. amurca "morchia" - Gr. ἀμόργη
Lat. citrus "cedro (albero)" - Gr.
κέδρος 
Lat. groma "filo a piombo" - Gr. γνώμων (1)
Lat. taeda "torcia" - Gr. δᾷς, δαΐς
Lat. triumphus "trionfo" - Gr. θρίαμβος (2)

(1) Il termine greco indica tra le altre cose l'esaminatore e l'ago della meridiana.
(2) Il termine greco indica l'inno a Dioniso.

Anche il ricorso alle glosse di Esichio e di altri autori non deve essere disprezzato e deriso, come non di rado accade: infatti i lessicografi greci ci hanno tramandato moltissime voci di lingue sommerse parlate nel bacino del Mediterraneo, spesso e volentieri senza indicarne la fonte. Nei vocabolari si trovano termini di estremo interesse, come ad esempio la parola θάμνα "vinello", di cui non è fornita alcuna etimologia credibile. Ebbene, questa parola è tirrenica. In latino abbiamo la glossa tamnum "vino", e questi dati ci permettono di risalire all'etrusco *θamna "vinello, tipo di vino". La parola era simile nell'aspetto fonetico a *tamna "cavallo", glossato da Esichio come δάμνος. Questo dovrebbe porre fine all'ambiguità tra *tamna e *θamna (con una certa predilezione per la forma aspirata) nella ricostruzione della parola etrusca per indicare il cavallo, facendo propendere decisamente per *tamna

Pironti non aveva semplicemente compreso la differenza tra prestiti e voci ereditate, e tendeva ad applicare a parole etrusche il principio dell'assonanza per ricondurle a viva forza a una forma di greco. Un esempio è il termine hare che compare nel testo del Cippo di Perugia, con ogni probabilità una voce del verbo har- "entrare", che Pironti interpretò invece come "inferiore" a partire dal greco κάρ, forma breve di κατά "giù".   

Conseguenze del caso Pironti e suo uso strumentale da parte degli archeologi   

Come risultato del suicidio del Pironti, Massimo Pallottino scagliò un anatema e impose un diktat per proibire ogni ricerca delle origini degli Etruschi. Pur non menzionando Pironti, Massimo Pittau riporta nel suo sito un bell'articolo sul fantasma di Pallottino.


Anche se non condivido le conclusioni di Pittau sulla natura indoeuropea dell'etrusco, molte delle cose che dice sullo strapotere degli archeologi e sulla loro influenza deleteria sono assolutamente corrette. A causa della fatwa di Pallottino - postdatata da Pittau al 1947 ma in realtà già operante in piena età mussoliniana - in pratica per decenni è stata vietata l'applicazione del metodo scientifico agli studi sulla lingua etrusca, pena l'incorrere in conseguenze sgradevoli. Chiunque insista nelle indagini e porti avanti idee sgradite agli archeologi viene isolato, trattato come un lebbroso, boicottato, privato di ogni mezzo valido per assicurare ampia diffusione ai suoi studi e per promuovere un dibattito sereno quanto produttivo. 

Gli antefatti sono a dir poco stupefacenti. Ossessionato dalle richieste di Mussolini, a cui stava a cuore l'idea degli Etruschi "italici" e "ariani", Pallottino aveva trascorso non poche notti insonni, riuscendo infine a concepire l'idea del "farsi" della nazione etrusca a partire da diverse componenti tra loro fuse sul suolo italico. Un po' come Peppone, che pressato da Don Camillo e da un esercito di vecchie isteriche, dopo una notte di delirio concepisce l'idea di inglobare una cappella nell'edificanda Casa del Popolo anziché demolirla. Così teorizzando, Pallottino era riuscito a salvare la capra della Scienza e i cavoli del Duce. In quel contesto c'era una forte confusione tra origini linguistiche di un popolo e origini genetiche. Se non si poteva dire che l'etrusco fosse una lingua indoeuropea, ossia "ariana", tuttavia non si poteva nemmeno dire che non lo fosse, in quanto al suo "farsi" avrebbero partecipato componenti di vario genere. Naturale corollario di questa idea del "farsi" era l'impossibilità di indagare il processo di formazione e il rifiuto di identificare chiaramente le componenti d'origine del lessico e della grammatica della lingua dei Rasna. L'argomento di Pallottino non regge. Solo per fare un esempio, se l'inglese è il frutto di un "farsi" avvenuto in Britannia, è altrettanto vero che possiamo capire come questo processo è avvenuto e dire che l'inglese discende dall'anglosassone con influenze norrene e soprattutto con moltissimi prestiti dall'antico francese e dal latino accademico. Un giorno, forse non lontano, si potrà conoscere ogni dettaglio della formazione della lingua etrusca.   

Il testo di Pironti, i cui diritti d'autore sono verosimilmente estinti, si può scaricare qui: