venerdì 20 novembre 2015

LA MISTERIOSA LINGUA IBERICA: PROPOSTE DI INTERPRETAZIONE DEI FORMANTI ANTROPONIMICI

Quando la scrittura sillabica degli Iberi è stata decifrata e si è stati in grado di leggere con sicurezza i molti testi nella loro lingua, è emerso un fatto abbastanza sorprendente: l'Euskara si è rivelato inutile nella comprensione dell'iberico. Le molte "traduzioni magiche" raffazzonate da dilettanti sulla base di assonanze si sono dimostrate ridicole, oltre che piene zeppe di anacronismi. Tuttavia anche la ricostruzione della protolingua basca non ha migliorato di molto lo stato delle cose: neanche la forma antica dell'Euskara pare di grande aiuto. Basco e iberico non sono parenti prossimi. A parer mio, tuttavia, la parentela, anche se meno stretta di quanto pensato, sussiste. Non è rilevabile se non dopo attenti studi e numerosi tentativi fallimentari, per diverse ragioni. Quando due lingue hanno strutture fonetiche simile e relativamente semplici, sono possibili falsi parenti e identificazioni ingannevoli. 

Allego un elenco di radici usate come membri di nomi propri di persona attestati nelle iscrizioni. Siccome nella scrittura non duale non si distinguono le occlusive sorde dalle sonore (si scrive k per /k/ e per /g/; t per /t/ e /d/) ho fornito la trascrizione fonetica più plausibile dei morfi.

Con /ṛ/ indico una rotica diversa da quella vibratile, trascritta invece con /r/. È possibile che questa /ṛ/ fosse un suono retroflesso, come suggerito da Rodríguez Ramos; sembra improbabile che fosse uvulare. Le trascrizioni di nomi latini e celtici provano che la corrispondenza tra lettere e suoni è la seguente: r /ṛ/ contro ŕ /r/ o /rr/.

Per quanto riguarda le sibilanti, le trascrizioni di nomi celtici provano che ś è la sibilante semplice, mentre s è l'affricata /ts/. Sia /s/ che /ts/ possono occorrere in inizio parola. Non dispongo di evidenze di un'opposizione tra sibilante apicale (basco s) e sibilante laminale (basco z). Una situazione che non somiglia molto a quella dell'Euskara. 

A differenza di quanto accade in basco, l'aggettivo non sempre segue il sostantivo a cui si riferisce.  

1) abaŕ /'abar/ "confine" 
   basco amai 'limite, confine'
Falsi parenti: basco abar 'ramo', che suona allo stesso modo ma ha origine e significato del tutto dissimili.

Attestazioni: abaŕeskeŕ, abaŕtanban, abaŕtaŕ-ike (dativo) 

2) aibe /'aibe/ "splendore" < celt.
Attestazioni: aibekeŕen, aibeloŕ-ar (genitivo), aibeŕon, uśtaibi

3) ailur /'ailuṛ/ "immenso"
   basco ailur 'immenso; mostruoso'
La parola basca non sembra nativa e non ha etimologia nota. Le proposte fatte per spiegarla sono ridicole. Ipotizzo che si tratti di un prestito dall'iberico.
Attestazioni: ailur, uŕkaŕailur

4) aitu, aiduŕ /'aidu, 'aidur/ "fuoco, ardore" < celt. 
  basco aidur 'perverso' 
 
La parola basca, confusa dai vasconisti con andur 'vile', sembra un prestito dall'iberico, con uno slittamento semantico di questo genere: 'ardente' > 'libidinoso' > 'perverso'.
Attestazioni: aitikeltun, aituaŕki-ku (agentivo), aituatiboŕ, aitulaku, aituŕkin, aitutiker-ka (ergativo)

5) aiun /'ajun/ "eterno" < celt.
La strana struttura della radice, decisamente inconsueta, depone a favore del prestito dal celtiberico. 
Attestazioni: aiunatin-en (genitivo), aiuneskeŕ, aiunikaltuŕ, aiunortin-ika (ergativo),
aiunortin-iku (agentivo)

6) aker, akir /'ageṛ, 'agiṛ/ "appariscente" 
   basco ageri 'appariscente'
Falsi parenti: Non ha nulla a che fare con basco aker 'caprone', che ha /k/ e la rotica finale forte.
Attestazioni:  AGERDO, AGERNO, akerbikir, akirtibaś-batir, akirtiki

7) aloŕ /'allor/ "seminatore, agricoltore"  
  basco alor 'campo seminato'
La radice è a parer mio comune al basco ale 'grano; seme' < *aLe, ma la semantica è un po' diversa: il suffisso -or marca in basco un oggetto concreto e in iberico un agentivo. Traduce il latino Agricola.
Attestazioni: ALLORCUS, aloŕbeŕi, aloŕiltun, aloŕtikis, alostibaś, alotikeŕ-ei (dativo)

8) an- /an-/ "grande" (prefisso accrescitivo)
   basco handi, haundi 'grande'
Attestazioni: anbels, anḿbeŕ-ai (dativo), antalskar 

9) anai "fratello" 
  basco anai, anei 'fratello' < *aNaia
Attestazioni: anaiośar-en (genitivo) 

10) anaŕ /'anar/ "potente, forte" 
  
basco ahal 'potenza, forza' < *anaL < *na-naL- 
Falsi parenti: Non ha nulla a che fare con protobasco *anaR "verme"
Attestazioni: kaisuranaŕ-ika (ergativo), LUSPANAR

11) aŕan, aŕam /'arran, 'arrã/ "aquila"
        < IE pre-celt.
   basco arrano 'aquila'
Attestazioni: aŕamtaŕsu, ARRANES 

12) aŕki /'argi/ "splendore; splendente"
       < IE pre-celt.
    basco argi 'luce'
Nelle iscrizioni duali è scritto aŕgi.  
Attestazioni: aŕkaibe[, aŕkisosin, aŕkisosin-ka (ergativo), aŕkiteibas-e (genitivo), aŕkitibaś-ar (genitivo),  aŕkitiker

13) aŕs /arts/ "orso" < IE precelt.
   basco hartz 'orso'
Da non confondersi con l'omofono aŕs "fortezza, castello".
Attestazioni: aŕsbin, aŕsbikis-ku (agentivo), aŕskon-ḿi (ḿi = io sono)

14) asai /'atsai/ "fusto; fallo eretto" 
  basco
aza 'cavolo' < *fusto
Falsi parenti: basco
azai 'beccaccia'. Il termine azai deriva da un esito protoromanzo del latino acceia(m), di origine preindoeuropea. Esiste anche la forma akai, presa a prestito dal latino in epoca antica, prima che la velare si palatalizzasse.
Attestazioni:
OASAI, SOSINASAE 

15) ata /'atta/ "padre"
  
atan /'attan/ "parente paterno"
  
basco
aita 'padre' < *atta
Attestazioni: atabels, atabeŕ-ai (dativo), 
ATANSCER   

16) atin /'adin/ "coetaneo, compagno"
   
basco adin 'età'
Nelle iscrizioni duali è scritto adin.   
Attestazioni: atinbelauŕ, atinbin,  atin-e (dativo), atinkeŕe, BAESADIN, BALCIADIN, ikeatin

17) aunin, iaunin /'aunin, 'jaunin/ "signora" 
  basco jaun 'signore' 
Attestazioni:
BASTOGAUNIN, GALDURIAUNIN, SOCEDEIAUNIN, UNIAUNIN 

18) auŕ /aur/ "bambino" 
   basco
haur 'bambino'
Compare sempre come primo membro di composti. La parola basca potrebbe essere un prestito dall'iberico.
Attestazioni: auŕbimbatir, auŕbiuŕ

19) baiser /'baitseṛ/ "bosco"; "selvaggio" 
   basco: baso 'bosco', basa 'bosco; selvaggio'
Attestazioni: baisebilos, baiseltun-e (dativo), baisenios, beleśbaiser

20) balaŕ /'balar/ "ladro; avido" 
Ci è noto tramite una glossa che Balari significa "predoni". Attestazioni: balakertaŕ, tortonbalaŕ 

21) balke /'balke/ "forte; strenuo" < celt.
Attestazioni:
balkeatin-e (dativo), balkesbaiser, balkelakoś-ka (ergativo), BALCIBIL, bilosbalkar

22) bantoŕ /'mandor/ "cavallo, equino"
       < IE pre-celt.
   basco: mando 'mulo'
Attestazioni: bantoŕ-en (genitivo), MANDONIUS

23) bartaś /'badas/ "selvaggio" 
   basco: baso 'bosco', basa 'bosco; selvaggio'
Ha la stessa radice di baiser, ma con un diverso suffisso: < *bas-d-. Forme come barda "boscaglia" sopravvivono in vari idiomi romanzi.
Attestazioni: bartaśko, bartaśtolor, suisebartaś

24) baś /bas/ "possessore, signore" 
  basco ebazi 'possedere' 

Attestazioni: aiubas, baśbin, baśtaŕtin-e (dativo), beleśbaś, iltiŕbaś, sakaŕbaś-ka (ergativo) 

25) belauŕ /'belaur/ "prominente, sommo" 
  basco belar 'fronte'
Attestazioni:
atinbelauŕ, kuleśbelauŕ-te (ablativo), lakeŕbelauŕ

26) beleś, bels /'beles, belts/ "nero"; "il Nero"
   basco beltz 'nero' < *beletz
Attestazioni: ADIMELS (< *adinbels), anbels,
beleśbaś, beleśtar, bikibels-eś (comitativo), ikoŕbeleś, iltubeleś, LAURBELES, NEITINBELES, ORDUMELES (< *oŕtinbeleś), ultibeleś 

27) bene /'bene/ "piccolo" 
   basco mehe 'stretto'
Attestazioni: BENABELS, benebetan-er (genitivo) 

28) beŕ, beŕi /berr, 'berri/ "giovane; nuovo" 
   basco berri 'nuovo'
La forma iberica può comparire sia come aggettivo che come sostantivo.
Attestazioni: aloŕbeŕi, beŕiseti, beŕśir-ka (ergativo),
taśkabeŕ

29) beŕon /'berron/ "ragazzo" 
  basco berri 'nuovo'
Chiaramente un derivato della precedente radice.
Attestazioni: aibeŕon, kanibeŕon-ka (ergativo), kobeŕon-ka (ergativo), taŕbeŕon-iu (con congiunzione)

30) betan /'betan/ "pieno; obeso"
   basco bete 'pieno' 

Attestazioni: benebetan-er (genitivo), nḿlbetan, tuŕkosbetan

31) betin /'bedin/ "alto, sommo"
  basco mendi 'monte' 

Nella toponomastica è evidente la forma -beda negli oronimi Idubeda, Orespeda.
Attestazioni: biuŕbetin, sinebetin, unibetin

32) bikir /'bigiṛ/ "occhio; guardiano" 
   basco begi 'occhio' 
Nelle iscrizioni duali è scritto bigi, il che pone fine al dubbio di una parentela con basco behi 'vacca'
Attestazioni:
akerbikir, arsbikis-ku (agentivo), bikibels-eś (comitativo), bikilako  

33) bilos /'bilots/ "aquila"  
   basco mirotz 'aquilotto'
La parola basca è stata dai vasconisti ricondotta a miru 'nibbio', che è un prestito dal latino mi:lvu(m), ma la terminazione -otz non si spiega. A parer mio la parola non è affatto correlata con quella latina, la somiglianza è fortuita e si tratta di un
prestito dall'iberico, la cui etimologia è la stessa del basco belatz 'falco'.
Attestazioni: bilosban, bilosbin, bilosiun-te (ablativo), biloskeŕe, bilostibaś, bilostikis

34) bin /min, -bin, -pin/ "testa; cima"
   basco -pin 'punta' 
Questa radice non va confusa con il numerale bin, bi 'due'.
Attestazioni: aŕsbin, atinbin, bilosbin, tikirsbin

35) bios /'biots/ "cuore"
   basco bihotz 'cuore'
Attestazioni: biosiltun

36) bitu /'bitu/ "mondo; eterno" < celt.
Attestazioni: bitukibaś, iltuŕbitu-

37) biuŕ /biur/ "fiero; fierezza"
   basco bihur 'ritorto; perverso'
Attestazioni: biulako, biuŕiltiŕ-ka (ergativo), biuŕkeŕ-en (genitivo), biuŕtikis-en (genitivo), sosinbiuŕ-u

38) bolai /'bolai/ "capo"  
   basco buru 'testa' < *bulu
Attestazioni: śitubolai, tuitibolai, uŕkaboloi

39) ene /'enne/ "di me, mio" 
   basco ene 'mio' (arc.)
Attestazioni: ENASAGIN, tikirseni

40) ian, iar /jan, ja/ "gigante, orco" (lett.
      "divoratore")
   basco jan 'mangiare' 
Una simile semantica è attestata anche nel protogermanico, dove *itunaz "gigante" alla lettera significa "mangiatore".  
Attestazioni: ianbin, iaribeŕ, BELESIAR, lakeŕeiar

41) iltiŕ /'illir/ "città; popolo"
   basco (h)iri 'città'
Usato come aggettivo, significa "del popolo". La semantica non è dissimile da quella dei nomi greci formati a partire da δῆμος "popolo".
Attestazioni: baiseiltiŕ, iltiŕatin, iltiŕbaś, iltiŕtekeŕ-ai (dativo)
, oŕtiniltiŕ

42) iltun /'illun/ "cittadino, abitante" 
   basco irun 'città' (arc.)  

Attestazioni: baiseltun-e (dativo), iltuneskeŕ, UMARILLUN   

43) iltun /'illun/ "scuro" 
  basco
ilun 'scuro' 
Da non confondersi con l'omofono lemma precedente, da cui non è sempre facile a distinguersi. A decidere il significato sarà il contesto.
Attestazioni: aloŕiltun, biosiltun, iskeŕiltun 

44) iltur /'illuṛ/ "città; popolo" 
   basco irun 'città' (arc.)  
Attestazioni:
ilturatin, ilturbiltis, ILLURTIBAS 

45) inti /'indi/ "forza" 
   basco
indar 'forza'
Attestazioni:
eterint-u (con congiunzione), INDIBILIS, intebele<ś>

46) iskeŕ /'itskerr/ "sinistro; funesto"
   basco ezker 'sinistro'
Attestazioni: ikoŕiskeŕ, iskeŕatin, iskeŕbeleś, kaŕkoskaŕ, niosiskeŕ

47) iun, iuŕ /jun, jur/ "che colpisce"
 
basco jo 'colpire'
Attestazioni: bilosiuŕ, bilosiun-te (ablativo), ESCERIOR, iltiŕeuŕ 

48) iunstir /'juntsti/ "colui che concede in dono"
   basco eutzi, utzi 'lasciare, concedere'
Con ogni probabilità un termine connesso con il sacrificio.
Attestazioni: iunstibas, iuntibilos-e (dativo), iunstirlaku

49) kaisur /'kaitsu/ "grande, immenso" 
  basco gaitz 'cattivo' < *'grande'
Attestazioni: kaisuŕanaŕ-ika (ergativo), kaisuraŕbitan, kaisurtautin-en (genitivo)

50) kaltuŕ /'galdur/ "sommo; capo" 
   basco galdur 'sommità'
Attestazioni:
aiunikaltuŕ, balkakaltuŕ, balkaltuŕ, GALDURIAUNIN

51) kaŕes /'karrets/ "quercia" 
   basco haritz 'quercia'
Attestazioni: kaŕestabikiŕ, kaŕesir-te (ablativo), kaŕestar-eai (dativo)

52) katu /'katu/ "battaglia" < celt.
Attestazioni: karkankato, kato, katon, katuekaś, katuiśar 

53) keŕe /'ger(r)e/ "pietra"; "duro" 
In basco ho trovato attestazione della parola locale gerenda 'roccia', che è un prestito dall'iberico. Non sono convinto che l'equivalente basco sia harri 'pietra'.
Attestazioni: aŕskeŕe, βασιγερρος, beleskeŕe, biloskeŕe, niskeŕe 

54) kibaś /'gibas/ "che ci possiede" 
  basco ebazi 'possedere'
Appare evidente la comunanza della radice con tibaś (vedi sotto), ma con un diverso prefisso pronominale.
Attestazioni: ADINGIBAS, bitukibaś, kibaskitar, UMARGIBAS 

55) kitar /'kidar/ "compagno, amico" 
  basco -ide, -kide 'compagno'
Attestazioni: arskitar, bastokitaŕ

56) kon /ko(n)/ "figlio; piccolo"
   basco ume, -kume 'bambino; giovane animale' 
Attestazioni: koniltiŕ-ar (genitivo)
, lauŕko, saltuko, tautinkon-ḿ<i> (ḿi = io sono)  

57) kuleś /'kules/ "grande; anziano" 
   basco
gur(h)aso 'antenato'
Attestazioni: kuleśba, kuleśbelauŕ-te (ablativo)
, kuleśir, kuleśtileis

58) laku /'laku/ "simile" 
  basco lako 'simile a, come' 

Le iscrizioni duali provano che la velare è sorda. Non può andare con basco lagun 'compagno', che è da *largun.
Attestazioni: balkelakoś-ka (ergativo), bikilako, biulako, saltulako-ku (agentivo)

59) lauŕ /laur/ "corto" 
   basco labur 'corto'
Non deve essere confuso con laur /lau
ṛ/ "quattro"
Attestazioni: lauŕberton-ar (genitivo), lauŕberton-te (ablativo)
, lauŕiskeŕkate

60) luśban /'luspan/ "gigante" 
  basco luze "lungo" + bat "uno" 

Attestazioni: aŕbeiluś<ban>, LUSPANAR, LUSPANGIBAS 

61) nabaŕ /'nabar/ "grigio; screziato" 
   basco nabar 'grigio; screziato'
Attestazioni: nabaŕsosin, ustainabaŕ-ar (genitivo)  

62) nalbe /'nalbe, 'ãlbe/ "potente" 
  basco ahal 'potenza, forza' < *anaL < *na-naL- 
Attestazioni: NALBEADEN, nalbesosin, ḿlbebiuŕ

63) neitin /'neitin/ "eroe" < celt.
Un notevole prestito dal celtiberico, come prova la conservazione del dittongo.
Attestazioni: neitin-ke (dativo), NEITINBELES

64) neŕse /'nertse/ "forza, eroismo" < celt.
Alla radice celtica è stato aggiunto un suffisso iberico, noto anche al basco e all'aquitano.   
Attestazioni: neŕseatin, neŕseoŕtin-ka (ergativo), neŕsetikan-te (ablativo)

65) nios /'niots/ "signore"
   basco nagusi, nausi 'signore' 
Attestazioni:
biunius-en (genitivo), MANDONIUS, niosiskeŕ 

66) nḿkei /'nãkei/ "desiderio" 
  basco
nahi 'desiderio'
Attestazioni:
nḿkeiltiŕ-ar (genitivo), ikonḿkei

67) oŕtin /'ordin/ "valle"
   paleosardo
ORTU "valle"
Blasco Ferrer segnala l'identità formale tra iberico ORDUMELES e paleosardo ORTUMELE.   
Attestazioni: alosoŕtin-ar (genitivo)
, ORDUMELES, olośoŕtin, oŕtiniltiŕ

68) sakaŕ /'tsakar/ "violento; uomo violento" 
   basco
zakar 'rude, violento' 
Attestazioni: sakaŕatin-te (ablativo), sakaŕbaś-ka (ergativo), sakaŕbetan, sakaŕiskeŕ 

69) saltu /'tsaldu/ "cavallo" < IE pre-celt.
   basco zaldi 'cavallo'
Abbiamo la glossa thieldones "stalloni", attribuita ai Cantabri. 
Attestazioni: saltuko, saltulako-ku (agentivo), saltutiba-ite (ablativo)

70) silir /'tsilli/ "legittimo; pulito" 
   basco zil(h)egi 'lecito, legittimo'
   aquitano SILEX(S)-
Attestazioni:
etesilir, SILLIBORI

71) sosin /'tsotsin/ 'toro'
  basco zezen 'toro'
Ridicoli i tentativi di ricondurre la parola iberica al pronome dimostrativo gallico sosin, di chiara etimologia indoeuropea.
Attestazioni: aŕkisosin, belsosin, SOSIMILUS (< *sosinbilos), SOSINADEN. sosinbiuŕ-u (con congiunzione), sosintakeŕ.

72) suise /'tsuitse/ "fuoco, ardore" 
   basco
su 'fuoco'
Attestazioni: suisebartaś, SUISETARTEN

73) śalai /'salai/ "ricco" 
  basco
sari, sal- 'prezzo'
Attestazioni:
śalaiaŕkis-te (ablativo), śalaiatin

74) śani /'sani/ "bambino"
  
basco sehi, sein 'bambino'
Attestazioni: SANIBELSER, śanibeiŕ-ai (dativo), śaniśar-

75) śar, śaŕ /sa, sar/ "prezioso" 
  basco
sari, sal- 'prezzo'
Ipotizzo la sua derivazione da un precedente
*sal-r.
Attestazioni: katuiśar, iltiŕśar, śaniśar-, tolośaŕ

76) takeŕ, tekeŕ, tikeŕ /'tagerr, 'tegerr, 'tigerr/ "egli
        lo porta; che porta"

   basco dakar 'egli lo porta' 
Attestazioni: biuŕtakeŕ-ka (ergativo), sosintakeŕ, bakontekeŕ, bilostekeŕ, iltiŕtekeŕ-ai (dativo), abaŕtikeŕ, leistikeŕ-ar (genitivo), sosintikeŕ-ka (ergativo)

77) talsku /'taltsku/ "quello dell'ontano" 
  basco haltz 'ontano'
Attestazioni: antalskar, talsko[, talskubilos, TAUTINDALS 

78) taneke /'tanneg(e)/ "guardiano" 
  basco zain 'guardiano'
Attestazioni: biuŕtaneke, TANNEGADINIA, TANNEPAESERI (dat.)

79) taŕ /tarr/ "maschio" 
   basco
ar 'maschio'
Attestazioni:
abaŕtaŕ-ike (dativo), bintaŕ-e (dativo), ikoŕtaŕ, URGIDAR 

80) taŕban /'tarban, 'taban/ "uomo virile" 
  basco
ar 'maschio' + bat 'uno'
Attestazioni: ośortaŕban, tautintarban 

81) taŕtin /'tartin/ "forte come una quercia"
  basco
arte 'leccio'
Attestazioni: taŕtinskeŕ, SUISETARTEN

82) taśka /'taska/ "bianco" 
  basco
toska "caolino bianco"
Plinio riporta la glossa iberica tasconium "terra bianca", ossia *taśkoni. La parola basca non è genuina, per motivi fonetici: deve essere un prestito tardo da una lingua pirenaica simile all'iberico.
Attestazioni: taśkabeŕ

83) tautin /'tautin/ "principe, nobile" < celt.
In un caso si trova la variante teutin.
Attestazioni: tautinko, kuleśtauntin-ka (ergativo), tautintibaś 

84) teḿbaŕ /'dumar/ "possessore" 
   basco -dun, marca del possessore
Attestazioni: ASTEDUMAE (dativo), auŕteḿbaŕ-e (dativo), baniteḿbaŕ, oŕtintuḿbaŕs-ar (genitivo)

85) tibaś /'tibas/ "egli lo possiede; che possiede" 
  basco
ebazi 'possedere' 
Attestazioni: akirtibaś, alostibaś, bilostibaś, ikoŕtibaś 

86) tikan, tiken /'tigan, 'tigen/ "egli lo innalza;
        che innalza"

   basco igan 'alzarsi'
Attestazioni: bilostigen-ar (genitivo), neŕsetikan  

87) tikirs, tikis /'tigi()ts/ "egli gli porta;
        che gli porta"
 
   basco dakar 'lo porta'
Forma obliqua del lemma takeŕ, può comparire come primo o come secondo membro di un composto.
Attestazioni: aloŕtikis, tikirseni, tikirsikoŕ, tikirsur 
Notevole il nome tikirseni "egli mi porta", di significato augurale. 

88) torton, tortin /'totin/ "ruscello; impeto" 
  paleosardo TORTI "scaturigine" 
Attestazioni:
tortinai<be>, tortonbalaŕ, TURTUMELIS  

89) tuŕś /durs, turs/ "figlio, bambino"
  basco zurtz 'orfano'
Attestazioni: tuŕśbiuŕ-ar (genitivo), tuŕśiltiŕ 

90) unin "nutrice; che nutre" 
  basco unide, unhide 'balia'
Attestazioni: UNIAUNIN, unibetin, uniltun, sikeunin 

91) uŕke /'urke/ "oro" 
   basco urre, urrhe 'oro'
Attestazioni: URCHAIL, URCESTAR, uŕkaboloi

92) ḿbaŕ /'umar/ "appariscente"
    basco nabari 'evidente'
Falsi parenti: basco ume, -kume 'giovane animale' < *onbe, *-kon-be. La parola basca non spiega la voce iberica, dato che in iberico l'originaria /k/ iniziale si è conservata. Per il corrispondente iberico di ume, vedi invece kon.
Attestazioni: ḿbaŕatin, ḿbaŕseti, UMARBELES, UMARGIBAS, UMARILLUN

giovedì 12 novembre 2015

PRESTITI LATINI, TARDO-LATINI, PROTOROMANZI E ROMANZI IN BASCO (EUSKARA)

I contatti tra la lingua basca, il latino e i suoi discendenti romanzi sono stati molto intensi nel corso di due millenni, lasciando un'impronta profonda nel vocabolario. Questo mutamento è iniziato in epoca antica, nonostante la scarsa romanizzazione del territorio in cui gli antenati dei Baschi vivevano. Centinaia di parole latine sono passate nella lingua quando il sistema vocalico latino con cinque vocali brevi e cinque vocali lunghe non si era ancora organizzato nel sistema romanzo con sette vocali, e prima che iniziasse la palatalizzazione delle consonanti occlusive velari davanti a vocali anteriori.

Riporto un elenco di prestiti latini antichi, che comprendono numerosi termini culturali e anche alcune parole relative al Cristianesimo, anche se i Baschi rimasero pagani per molto tempo.

aditu "udire; comprendere" < lat. audi:tu(m)
adore "calore"
 < lat. ardo:re(m)
ahate "anatra" < lat. anate(m)
aldare "altare" < lat. alta:re
amore, amol- "amore" < lat. amo:re(m)
amu "uncino" < lat. ha:mu(m)
anoa "provvista di cibo" < lat. anno:na(m)
antzara "oca" < lat. ansere(m) 
asturu "fortuna" < lat. astru(m)
baba, aba "fava" < lat. faba(m)
bago, p(h)ago "faggio" < lat. fa:gu(m) 

bainu, mainu "bagno"
 < lat. balneu(m)
bake "pace" < lat. pa:ce(m)
balea, balen- "balena" < lat. ballaena(m)
baranthail "febbraio" < lat. Parenta:lia
barkatu "perdonare" < lat. parcere
bekatu "peccato" < lat. pecca:tu(m)
berna "coscia, gamba" < lat. perna(m) 
bike "pece" < lat. pice(m)
biko, iku "fico" < lat. fi:cu(m)
biper, piper "pepe" < lat. piper
biru, firu, iru, irun "filo"
 < lat. fi:lu(m)
borma, horma "ghiaccio"; "parete" < lat. fo:rma(m)
borondate "volontà"
 < lat. volunta:te(m) 
boronde "fronte" < lat. fronte(m)
bortitz "violento" < lat. fortis
damu "rimorso" < lat. damnu(m)
dekuma "decima"
< lat. decuma(m)
denbora "tempo" < lat. tempora (pl.)
diru "denaro" < lat. di:na:riu(m),
      variante di de:na:riu(m)
erika "erica" < lat. eri:ca(m)
errege "re" < lat. re:ge(m)
erregi(n)a "regina" < lat. re:gi:na(m) 
erreinu "regno" < lat. re:gnu(m) 
erripa "pendio" < lat. ri:pa(m)
Erroma "Roma" < lat. Ro:ma(m)
eztainu "stagno" (metallo) < lat. stamnu(m)
garaun, garau "grano" < lat. gra:nu(m)
garden "limpido"
< lat. cardinu(m)
gatu, katu "gatto"
 < lat. cattu(m)
gauza "cosa" < lat. causa(m)
gaztaina "castagna" < lat. castanea(m)
gaztelu "castello" < lat. castellu(m)
gela "stanza" < lat. cella(m)
gerezi "ciliegia" < lat. *ceresea(m),
    variante di cerasea(m)
gertu "sicuro" < lat. certu(m)
gisu "gesso" < lat. gypsu(m)
gorputz "corpo"
< lat. corpus
goru "conocchia" < lat. colu(m)
gura "desiderio" < lat. gula(m)
haizkora "ascia" < lat. asciola(m) (dimin.)
harea, haren- "sabbia" < lat. (h)are:na(m)
harma, arma "arma" < lat. arma (pl.)
hauzu "permesso" < lat. ausu(m)
hezkabia "tigna" < lat. scabie(m)
hira "ira" < lat. i:ra(m)
ingude "incudine" < lat. *incu:de(m),
     variante di incu:dine(m)
inguma "incubo; farfalla"
< lat. incubu(m)
ipizpiku "vescovo" < lat. episcopu(m)
ipuru "ginepro" < lat. iu:niperu(m)
izkutu "segreto" < lat. scu:tu(m)
ja, ia "già" < lat. iam
joku "gioco"
 < lat. iocu(m)
judu "ebreo" < lat. iu:daeu(m)
kabia, habia, abia "nido"
 < lat. cavea(m)
kaiku "tazza di legno" < lat. caucu(m) 
katea, katen- "catena" < lat. cate:na(m)
laket "essere piacevole" < lat. placet
lama "fiamma" < lat. flamma(m)
lapitz "lastra di pietra" < lat. lapis
laritz "larice" < lat. larix
laun, lau "piatto, piano" < lat. pla:nu(m)
lege "legge"
 < lat. le:ge(m)
lehoin, lehoi "leone" < lat. leo:ne(m) 
liburu "libro" < lat. libru(m)
liho "lino" < lat. li:nu(m)
lirio "giglio" < lat. li:riu(m)
lore "fiore" < lat. flo:re(m)
lukainka "salsiccia lunga" < lat. lu:ca:nica(m)
lukuru "avarizia, usura"
< lat. lucru(m)

luma "piuma"
< lat. plu:ma(m)
magia "baccello"
< lat. vagi:na(m)
makila "bastone" < lat. bacillu(m)
marti "marzo"
 < lat. <mense(m)> Ma:rtiu(m)
martitz "soldato"
 < lat. <vir> Ma:rtis
merkatari "mercante" < lat. merca:ta:riu(m)
merke "a buon mercato" < lat. merce(m)
mezpera "vigilia" < lat. vesper
midiku, miriku "medico" < lat. medicu(m)
mihimen "vimini" < lat. vi:men
mika "gazza" < lat. pi:ca(m)
miru "nibbio"
< lat. mi:luu(m)
moeta, mota "tipo; razza"
 < lat. mone:ta(m)
mutil "ragazzo"
 < lat. putillu(m)
mutu "muto" < lat. mu:tu(m)
neke "stanchezza"
 < lat. nece(m)
ohore "onore" < lat. hono:re(m)
oputz "sforzo" < lat. opus
orast "ora" < lat. ho:ra est
otu "richiesta, supplica" < lat. vo:tu(m)
ozte "armata, truppa" < lat. hoste(m)
urka "forca" < lat. furca(m)
xahu "puro"
 < lat. sa:nu(m)
zagita "freccia" < lat. sagitta(m)
zama "carico" < lat. sagma
zamari, zamal- "cavallo" < lat. sagma:riu(m) 
zamau, zabau "tovaglia" < lat. sabanu(m)
zartagin, zartagia "padella" < lat. sarta:gine(m)

zela "sella"
 < lat. sella(m)
zeta "seta"
< lat. se:ta(m)
ziape "senape" < lat. sena:pe
zigilu, zigulu "sigillo" < lat. sigillu(m)
ziku "secco"
 < lat. siccu(m)
zinu "segno" < lat. signu(m)
zorte "sorte"
< lat. sorte(m)
zoru "suolo"
 < lat. solu(m)
zuku "succo" < lat. succu(m) 

Alcune parole di origine latina antica sono cadute in disuso e sopravvivono soltanto nella toponomastica:

muru "muro" < lat. mu:ru(m)
zaldu "bosco, selva" < lat. saltu(m)*  


*Unico residuo è il roncalese zaltu "boschetto dove il bestiame pascola". Il roncalese, che secondo alcuni è da considerare una lingua anziché un dialetto, si è estinto nel XX secolo.

I prestiti dal tardo latino e dal protoromanzo mostrano alcune caratteristiche peculiari, che riflettono i cambiamenti subiti dalla lingua.
1) Le occlusive velari latine davanti a vocale anteriore (e, i) sono alterate: c /k/ diventa z o il suono palatale tx /tʃ/ (la c di cena), mentre g /g/ intervocalica sparisce o comunque mostra segni di palatalizzazione. Sussiste in ogni caso qualche esempio di pronuncia velare. 
2) Si ha assibilazione di t seguita da i semiconsonante.
3) Spesso le vocali brevi i, u si mostrano evolute in e, o.
4) Si ha minor tendenza ad adattare le occlusive sorde p, t, k come avviene invece nei prestiti più antichi, così ad es. p- iniziale diventa frequente.
5) La sibilante /s/ è resa spesso con un suono apicale (basco s), anche se non mancano esempi di passaggio a laminale (basco z).

abendu "dicembre" < lat. adventu(m) 
abere, abel- "grande animale domestico"

    < lat.
habe:re aingeru "angelo" < lat. angelu(m)
apal "umile" < protorom. < lat. ad valle(m)
apaiz, apez "prete" < lat. abba:s / abba:te(m)
arima "anima" < lat. anima(m)
autono "settembre" < lat. autumnu(m)
asentsio "assenzio" < lat. absinthiu(m)
atxeter "medico" (arc.) < lat. archiater
balezta, balesta "balestra" < lat. ballista(m)
bereter "prete" < protorom. *pretre < lat. presbyter
bilaun "contadino" < lat. vi:lla:nu(m) 
botere "potere" (n.) < lat. *pote:re,
     variante di posse
deitu "chiamare"
< protorom. *deitu < lat. dictu(m)
detxema "decima" < lat. decima(m)  

   Si contrappone al più antico dekuma, senza
   palatalizzazione.
deus "qualcosa" < lat. genus
doha, doa, doe "dono; grazia"
 < lat. do:nu(m)
domeka "domenica" < lat. <diem> dominica(m)
done "santo" < lat. dom(i)ne (voc.)
eleiza, eliza "chiesa" < lat. eccle:sia(m) 

errosa "rosa" < lat. rosa(m)
errota, errot "mulino" < lat. rota(m)
ezpata "spada"
 < lat. spatha(m)
fede "fede" < protorom. *fede < lat. fide(m) 
gurutze "croce" < lat. cruce(m)
imutu "imbuto" < lat. imbu:tu(m)
kampae "campana" < lat. campa:na (pl.)

koroa "corona"
 < lat. coro:na(m)
kuma "culla"
< lat. cu:na(m)
lizifrina "disciplina"
 < lat. discipli:na(m)

maiz "spesso"
 < lat. magis

maizter, maister "locatario"
 < lat. magister 
mazela "mascella" < lat. maxilla(m)

mendekatu "vendicarsi" < lat. vindica:tu(m)
Mendekoste "Pentecoste"
< lat. Pentecoste:
mendema "vendemmia" < lat. vinde:mia(m)
mesta "festa" < lat. fe:sta(m) <die(m)>
millu "finocchio" < lat. fe:niculu(m)
oilo "gallina" < protorom. *pollo < lat. pullu(m)
okela "bocone; carne" < lat. buccella(m)
okelu "angolo" < lat. locellu(m) "piccolo luogo"
okendu "unguento" < lat. unguentu(m)
onddo, onto "fungo" < protorom. *fongo
      < lat. fungu(m)
ondo, hondo "fondo" < protorom. *fondo
     < lat. fundu(m)
ordea "ordine religioso" < lat. ordine(m)
orio "olio"
< lat. oleu(m)
oste "parte posteriore"
 < lat. post
ostiko "calcio" < lat. posti:cu(m)
padura "palude" < lat. palu:de(m)
para "pala" < lat. pa:la(m)
paru, maru "palo"
 < lat. pa:lu(m)
pauma "pavone"
< lat. pavo:ne(m)
pinu "pino"
 < lat. pi:nu(m)
piztia "bestia" < lat. be:stia(m)

porru "porro" < lat. porru(m)
pundu "punto" < lat. punctu(m)
putzu "pozzo" < lat. puteu(m)
sagaramendu "sacramento" < lat. sacramentu(m)
saina, sain "grasso di pesce" < lat. sagi:na(m)
saindu "santo" < lat. sanctu(m)
tipula "cipolla" < lat. ce:pulla(m)
titare "ditale" < lat. digita:le(m)
tximitxa "cimice"
 < lat. ci:mice(m)

txitxirio "cece"
 < lat. cicer
zango, zanko "piede; gamba" < protorom. *zanco
zapatu "sabato"
< lat. sabbatu(m)
zekale "segale"
 < lat. secale
zeru "cielo"
< lat. caelu(m) 
zitu "raccolto" < protorom. *seitu < lat. sectu(m)
zuzulu "banco di cucina" < lat. subselliu(m)

Molto numerosi sono anche i prestiti introdotti a partire dal medioevo dalle lingue romanze finitime, in particolare dall'antico provenzale e dal guascone, ma anche dal castigliano. Mi limito a citarne alcuni, dato che non è possibile esaurire in così poco spazio un argomento tanto vasto.

adreilu "mattone" < cast. ladrillo
amatu "amare"
 < cast. amar
apaindu "adornare"
< cast. apañar 
arnegatu "maledire"
 < guasc. arnegà
arroda, adorra "ruota"
 < prov. roda
asmo "idea"
 < ant. cast. asmo
ausart "coraggioso"
 < prov. ausard
auztore "astore"
 < prov. austor
beinke "sebbene"
< cast. bien que
beira "vetro"
< prov. veire
berde, perde, ferde "verde"
< cast. verde
bort "bastardo"
 < prov. bord
burgoi "orgoglio" < prov. orgolh

busti "umido"
 < prov. musti
dolore "dolore"
 < cast. dolor
erresiñol "usignolo"
< prov. rossinhol
erroka "conocchia"
 < guasc. roca
galant "elegante"
< prov., fr. galant
ganbara, khanbera "stanza; attico"
 < prov. cambra

ganibet "coltello"
 < prov. ganivet
godalet, godale "bicchiere da vino"
< fr. gobelet
hanka "anca; gamba" < prov. anca
haro "faro"
< cast. faro
harrapatu "afferrare"
 < arag. arrapar
harroka, arroka "roccia"
 < prov. roca
hornitu "provvedere" < guasc. hornir
kabale "animale domestico"
 < arag. cabdal
kobre "rame"
 < cast. cobre
koloka, kolka "chioccia"
 < prov. cloca
lili "fiore" < prov. lilh 
Mendebal "Occidente"
 < cast. vendaval
   
< fr. vent d'aval 
morroin "borragine" < arag. borraina
onil, honil, unhil "imbuto"
< prov. fonilh
pintz, mintz "membrana"
< arag. binça
taberna, taferna "taverna"
 < prov. taverna
taula "tavola" < guasc., prov. taula
teila, tella "tegola"
 < arag. tella
tximino "scimmia"
 < cast. simio


Come si può vedere dagli esempi riportati, i prestiti sono fossili che conservano nella lingua ospite tracce ben precise delle caratteristiche della lingua che li ha forniti. Ha dell'incredibile il fatto che ci sia ancora gente che ignora la loro testimonianza. Le prove dell'antica pronuncia latina e del fatto che è mutata col tempo sono sotto gli occhi di tutti. Quando nell'idioma di Roma c e g suonavano velari davanti a vocali anteriori, il basco ha adottato parole che mantenevano questi suoni velari; quando hanno cominciato ad alterarsi, il basco ha mantenuto fedelmente i loro suoni alterati.

lunedì 9 novembre 2015

LA LINGUA AQUITANA E LA SUA RICOSTRUZIONE

Famosissime sono le parole di Cesare sugli abitanti della Gallia Transalpina, che sono insegnate in numerose scuole - o almeno lo erano fino a poco fa, prima che prendesse corpo l'uso di fissare l'Inizio della Storia del genere umano nel 1945 d.C.
Il condottiero romano scrisse quanto segue:

Gallia est omnis divisa in partes tres, quarum unam incolunt Belgae, aliam Aquitani, tertiam qui ipsorum lingua Celtae, nostra Galli appellantur. Hi omnes lingua institutis legibus inter se differunt. Gallos ab Aquitanis Garunna flumen, a Belgis Matrona et Sequana dividit. (De Bello Gallico)

Pur non conoscendo le lingue dei popoli contro cui ha combattuto, Cesare nota che gli Aquitani parlavano una lingua diversa da quella degli altri popoli della Gallia. Anche Strabone ci ha tramandato informazioni molto utili sulle genti dell'Aquitania. Così scrive nella sezione II del Libro IV della sua Geografia:

"Dobbiamo ora parlare degli Aquitani e delle quattordici nazioni galliche che li riguardano, situate tra la Garonna e la Loira, alcune delle quali si estendono fino al fiume Rodano e alle pianure della Narbonese. Generalmente parlando, bisogna dire che gli Aquitani differiscono dalla stirpe gallica, sia nella forma del corpo che nella lingua, somigliando più da vicino agli Iberi."   

Per molto tempo la lingua degli Aquitani è stata un mistero, ma si è scoperto che era una forma antica di Euskara. La stessa lingua era parlata dai Vascones, sull'altro versante dei Pirenei. In numerose iscrizioni funerarie dell'Aquitania romana, redatte in latino, compaiono nomi propri di persona e di divinità, maschili e femminili, che ci mostrano conservata la lingua indigena, con un'ortografia abbastanza accurata e diversa da quella latina, a causa della presenza di suoni estranei a quest'ultima. Ebbene, questi nomi sono formati a partire da radici che non hanno solo una vaga assonanza con parole basche, ma che sono praticamente identici alle protoforme basche ricostruite indipendentemente da Koldo Michelena. Riporto una lista di radici di antroponimi e di teonimi degli Aquitani e dei Vascones classificandole per area semantica e fornendo il corrispondente in basco moderno. Tratto anche diverse radici non più presenti nella lingua attuale, ma il cui significato è comunque in qualche misura deducibile da quanto conosciamo. Infine aggiungo alcuni prestiti dal celtico. 

1) Nomi di animali:

AHER- "caprone"
   basco
aker 'caprone'
ASTO- "asino"

   basco asto 'asino', arc. arsto
BELHEIO- "cornacchia"  

  basco bele, bela 'cornacchia'
ERGE- "manzo"
   basco ergi 'manzo'
HARS- "orso" 

   basco hartz 'orso'
HERAUS- "cinghiale" 

   basco herauts 'cinghiale'
IDI- "bue"
 

   basco idi 'bue'
OXSON-, OSSON- "lupo"  

   basco otso 'lupo'
SESENCO "torello"  

   basco zezen 'toro'
SOSONN- "toro"   

   basco zezen 'toro'
URDE "maiale"  

   basco urde 'maiale'

2) Nomi di piante:

ARIX- "quercia" 
   basco haritz, hareitz 'quercia'
ARTEHE "leccio"  

   basco arte 'leccio'
ELE, ELHE "albero, quercia"
 

  Questa radice sopravvive nell'antico composto
   basco eltzun 'pioppo'

HALS-, TALS- "ontano" 
 HALSCO-, TALSCO- "uomo-ontano"
 
TALSEIA "donna-ontano"  

   basco haltz 'ontano'
LEHER- "pino" 

   basco leher 'pino'
-SUNHAR "olmo" 

   basco zumar, zun(h)ar 'olmo'

3) Nomi di elementi della natura:

BAESER- "bosco; selvaggio"  
   basco baso 'bosco', basa 'bosco; selvaggio' 
   iberico baise-, baiser 'bosco; selvaggo' 
   Si trova anche bes- 'bosco' in toponimi baschi. 
BAI- "fiume, flusso"  

   basco ibai 'fiume'
GARR- "fiamma" 

   basco gar, kar 'fiamma'   

   Attestato come DEO GARRI 
HARBELEX(S)-, HARBELS- "ardesia" 

   basco harbel 'ardesia'
ITSA- "acque, mare"  

   basco itze (arc.), itsaso 'mare' 
LARRAHE "pascolo" 

   basco larre 'pascolo'
SELATSE, STELA(I)TSE "pianure" 
 

   basco zel(h)ai "pianura" 

4) Nomi di esseri umani:

ANDERE- "signora"  
   basco and(e)re 'signora'   
ANDOS(S)-, ANDOX- "signore"  
   Formato dalla stessa radice di ANDERE- 
   "signora"
, ne costituisce il corrispondente
   maschile.
 

ATTA- "padre" 
   basco aita 'padre'
CIS(S)ON-, GISON- "uomo" 

   basco gizon 'uomo'  
ERHE-, ERE- "femmina"  
   Ha la stessa radice di ANDERE-, basco and(e)re
   'signora'

HANNA- "fratello"  
   basco anai, anei 'fratello'
HAR-, -AR "maschio"  

   basco ar 'maschio'
   iberico taŕ 'maschio'

HAHAN(N)- "sorella"
 

   Ha la stessa radice di HANNA-, basco anai
   'fratello'
.
HAUTEN- "donna eletta, principessa" 
 

   In iberico si trova l'elemento tautin 'principe'
   in nomi maschili.

HOXS-, -HOX(S)-, -DOX- "maschio"
 

   Si trova un suffisso -ots, -dots in basco orots
   'vitello'
, ordots 'verro', bildots 'agnello'.
LELHUNN- "guerriero" 
 

   Attestato come epiteto di Marte.
NARHON-, NAR(H)UN- "lignaggio, nobiltà"
 
NARHONS- "nobiluomo"
 
NARHUNGES- "nobiluomo"
 
NARUNSE- "nobildonna"  
   basco narea < *narhena 'lignaggio'
NESCATO "ragazzina" 

   basco neska 'ragazza', neskato 'ragazzina'
OMBE-, UMME "bambino"  

   basco ume 'bambino; giovane animale' 
SEMBE- "figlio"  

   basco seme 'figlio'
SENI- "bambino"  

   basco sein, sehi 'bambino'

5) Nomi del corpo e di sue parti:

AHOISS- "bocca grande; chiacchierone"
  
basco aho 'bocca', ahotsu 'ciarlatano'
BAMBIX "midollo; caro"
 
   basco mami 'midollo'
BIHOX-, BIHOS- "cuore"
  BIHOSCINN- "facitore di coraggio, istigatore"
 

   basco bihotz 'cuore'
HON- "piede; base" 
 

   basco oin 'piede'
LOHI- "corpo" 

   basco (arc.) lohi 'corpo' 

6) Aggettivi:

AGIR- "appariscente"  
   basco ageri 'apparire'
   iberico aker, AGER- 'appariscente'
AND-, -ANDI- "grande"
 ANDE- "la Grande" 
 

    basco handi, haundi 'grande'
BELEX(S)-, BELS- "nero"
 BELEXCO- "il Nero"
 BELEXEIA "la Nera"  

    basco beltz 'nero'
BERHAX(S)- "benigno"  

   basco beratz 'soave, tenero, blando'  
BERRI- "nuovo" 

   basco berri 'nuovo'
BON-, -BONN-, -PONN- "buono" 

   basco on 'buono'
CORRI-, GORRI-, CURRI- "rosso" 

   basco gorri 'rosso' 
EDE- "bello"
   basco eder 'bello' 

EDUNN- "immacolata, bianca come la neve"  
   Ha la stessa radice di basco edur 'neve'.
ILUN(N)- "scuro"
 

   basco ilun 'scuro'
SAHAR "vecchio"  

  basco zahar 'vecchio'  
SILEX(S)- "chiara, legittima"   
   Ha la stessa radice di basco zil(h)egi 'lecito,
   legittimo'
. Si veda anche la semantica dello
   spagnolo limpio, limpieza, lindo


7) Altri nomi: 

ADEHIO-, ADEI- "rispetto"  
   basco adei 'rispetto, deferenza'
ADINN- "coetaneo, compagno"  
    basco adin 'età'; 'giudizio'
    iberico atin 'coetaneo, compagno'

ASTER- "studio" 
 

  basco azterren 'studio' 
-BOX "allegria"
 

   ENNEBOX "mia allegria"  
   basco poz, botz 'allegria' < *botz
ERDE- "straniero"

   basco erdera 'lingua straniera'  

ERTITSE "centro" 
 
   basco erdi 'metà', erditsu 'centro'
ESTEN- "lesina; dardo" 

   basco ezten, izten 'lesina, pungiglione'
ILI- "città" 
 

   basco iri 'città'
ILUR- "città"
 

   basco irun 'città' (arc.)
SORI "sorte, fortuna"
   basco zori 'fortuna'

8) Numerali:

BORS- "cinque" 
   basco bortz, bost 'cinque'
LAUR- "quattro"  

   LAURCO "quarto nato" 
   LAUREIA "quarta nata" 
   basco lau(r) 'quattro'

9) Pronomi:

ENNE- "mio"
 ENNEGES "uomo di me stesso"
 
  basco ene 'mio'
NEURE- "di me stesso"
 
NEURESE- "di me stessa"
   basco neure 'me stesso'

10) Verbi:

ERREN- "bruciare"  
   basco erre 'bruciare'

11) Suffissi:

-C(C)O : diminutivo  
   basco -ko
-T(T)O : diminutivo 
   basco -to
-X(S)O : diminutivo  

   basco -txo

-ENN- : genitivo  
   basco -en
-ENN- : superlativo (con aggettivi)  

   basco -en
-TEN, -TENN- : aumentativo (con sostantivi)  
   basco -
-DON- : marca del possessore   
 
  basco -dun 'che possiede' 

-E : femminile
   basco -
-EIA : femminile 
   basco -
-SE : femminile onorifico 
   basco -

-T(H)ARR- : marcatore di provenienza o
   di appartenenza (es. a un clan)

   basco -ar, -tar

-TSEHE : collettivo 
   basco -tze, -tza

12) prestiti dal celtico:

DUNO- "città" 
   gallico
du:no-  
DUNOHO- "mondo" 

   gallico dumno-, dubno-
-RIG-, -RIX "re"
   gallico -ri:x, -ri:go-

Alcune radici che non ho incluso nella trattazione sono ancora misteriose, ma avremo modo di parlarne in seguito. A partire da questo materiale e da quanto sappiamo della storia dell'Euskara, possiamo azzardarci a ricostruire qualche frase nella lingua degli Aquitani. Chiameremo questa lingua ricostruita con ottime basi conlang neoaquitana, affinché nessuno ci accusi di inventare dati.  

CISONHAR BON DA "questo uomo è buono" 
ENNE BIHOX GOGOR DA "il mio cuore è duro"
ARDANO BELEX EDANI DADUDA "ho bevuto vino rosso"*

*In basco il vino rosso è chiamato ardo beltz 'vino nero', mentre il rosato è detto ardo gorri 'vino rosso': è ben possibile che si un uso antico.

mercoledì 4 novembre 2015

PROVE INTERNE DELLA PRONUNCIA RESTITUTA DEL LATINO: DISPLICINA PER DISCIPLINA

Ci è attestata un'interessante forma metatetica displicina per disciplina (Consenzio, V secolo d.C.). Questa è la trafila dei mutamenti che si sono verificati: /diski'pli:na/ > /displi'ki:na/. Ovviamente la cosa sarebbe stata impossibile se il nesso /sk/ in disciplina avesse già avuto in epoca antica una pronuncia palatale /ʃ/, come i nostri avversari sostengono. L'origine della parola disciplina è chiaramente da discipulus, a sua volta dal vero discere "apprendere", che viene da un'antica forma reduplicativa (< *di-dek-sk-) imparentata con decet "conviene" e con doce:re "insegnare", tutti dalla radice indoeuropea *dek- "acquisire; rispettare". Nonostante l'assonanza, questa radice non è all'origine del greco διδάσκω "io istruisco", dal cui tramite sono giunte in italiano parole dotte come didattica, didattico: deriva da un'antica forma reduplicativa *di-dns-k-, a sua volta dalla radice indoeuropea *dens-, *dṇs- "apprendere; insegnare"

PROVE INTERNE DELLA PRONUNCIA RESTITUTA DEL LATINO: ASCILLA PER AXILLA, ITALIANO ASCELLA

L'italiano ascella deriva da una variante metatetica ascilla (attestato nelle etimologie di Isidoro da Siviglia) dell'originario axilla. Questa è la trafila dei mutamenti: /ak'silla/ > /a'skilla/ > /a'ʃilla/ > it. /a'ʃɛlla/. Se la forma latina originaria fosse sopravvissuta, l'italiano avrebbe invece *assella.

Il corrispondente germanico comune di questa parola è *axslo: "ascella", da cui norreno ǫxl "ascella", antico inglese eaxel "spalla", antico sassone ahsla "ascella", antico alto tedesco ahsla "ascella", tedesco moderno Achsel. Queste voci sono a riprova, se ce ne fosse bisogno, che la forma latina axilla è proprio quella originale. Dalla stessa radice indoeuropea deriva chiaramente anche il latino ala /'a:la/, che è da *axla /'aksla/, con regolare sviluppo fonetico.

La nullità degli argomenti dei nostri avversari traspare dalla loro totale ignoranza dell'origine delle parole latine e delle loro parentele in altre lingue. Detta ignoranza non consiste nel non conoscere le cose (il che sarebbe di per sé perdonabile), ma nel non voler conoscere. 

PROVE INTERNE DELLA PRONUNCIA RESTITUTA DEL LATINO: UNA FALSA ETIMOLOGIA DI GRACCHUS

Varrone fa derivare il cognomen Gracchus (da lui scritto Graccus) dal lemma tecnico gero, spiegato come "quod mater ejus duodecim mensibus utero eum gestaverit" (Lindsay, 1894). È del tutto evidente che all'autore non sarebbe nemmeno passata per l'anticamera del cervello l'idea di proporre una simile paretimologia se nella parola gero la consonante g- avesse avuto un suono palatale.

Ho trovato il brano a cui Lindsay fa riferimento in una raccolta di frammenti di grammatici romani. Lo riporto senza indugio: 

"Graccus et ortus sine aspiratione dici debere Varro ait; et ortum quidem, quod in eo omnia oriantur, Graccum autem a gerendo, quod mater eius duodecim mensibus utero eum gestaverit, vel a gracilitate."

Fornisco anche il link al file pdf in cui è contenuto il frammento: siccome la modalità di ricerca è disabilitata, aggiungerò che per trovarlo bisogna andare alle pagine 299 e 300. 


L'etimologia vera del cognomen Gracchus è probabilmente da una voce antica che indicava un tipo di corvo, da confrontarsi con gra:culus, gracculus "taccola", che ne sarebbe un diminutivo. Ancora oggi si usa comunemente gracula "merlo indiano", ma è soltanto un termine dotto, che in latino significava "taccola femmina" e che non è passato attraverso la genuina usura popolare. La corrispondente forma volgare è invece gracchio, che indica un altro tipo di uccello montano simile al corvo, con becco rosso e piumaggio nero dai riflessi metallici. Il verbo derivato *gra:cula:re, *graccula:re, ha dato *gra:cla:re, *graccla:re e quindi si è evoluto regolarmente l'italiano gracchiare, con il tipico sviluppo del nesso -cl-. L'antenato di queste voci sarà l'etrusco, come proposto dal Pittau, che riporta come possibile attestazione di tale radice il gentilizio Craca, (DETR 116). Una variante aspirata *craχa deve essere pure esistita. La natura ultima della radice è onomatopeica, così come accade con numerose forme indoeuropee per indicare uccelli della famiglia dei corvidi. 

Per quanto riguarda la parola gero, la proposta più ovvia è quella di derivarlo dal verbo gerere "portare con sé; produrre", come suggerisce anche la ripetuta occorrenza dello stesso verbo nella spiegazione fornita da Varrone: a gerendo, gestaverit. In questo genere di cose la soluzione più ovvia non è tuttavia sempre quella giusta. Non mi è chiaro per quali ragioni Varrone si sia ricostruito una forma alquanto cervellotica *Geraccus per spiegare Gracc(h)us, in ogni caso ci è stato di grande utilità nel testimoniare la pronuncia della sua epoca e nel formare un nodo che i sostenitori della pronuncia ecclesiastica ab aeterno non possono in alcun modo sciogliere. 

PROVE INTERNE DELLA PRONUNCIA RESTITUTA DEL LATINO: OCCORRENZE DI AE PER AU

In alcune iscrizioni romane si trova il dittongo ae per au: così abbiamo maeso(leum) per mausoleum; Paelinus per Paulinus (Lindsay, 1894). Non è affatto plausibile che simili grafie si debbano a errori dei lapicidi, data la grande diversità delle lettere V e E, così bisognerà ammettere che esse abbiano il loro fondamento in una qualche pronuncia volgare in cui il dittongo /au/ era giunto a suonare /ae/, con ogni probabilità passando attraverso una pronuncia intermedia /ao/, il cui secondo elemento si è indebolito. Se il dittongo /ae/ originario fosse già stato pronunciato come un monottongo /e:/, il digramma ae non sarebbe stato ritenuto idoneo ad esprimere il prodotto dell'evoluzione del dittongo /au/ nella particolare parlata degli artefici delle iscrizioni.

sabato 31 ottobre 2015

UNA FALSA INTERPRETAZIONE DELLA SHIBBOLETH DEI VESPRI SICILIANI: IL POTERE DELL'ANACRONISMO

Riflettendo sui ceci e navigando nel Web mi sono imbattuto in un interessante documento, di cui riporto in particolare un brano:


"Secondo quella che è ritenuta una leggenda, durante i Vespri siciliani gli abitanti dell'isola avrebbero ucciso i francesi che, interpellati, non erano in grado di pronunciare correttamente la  parola siciliana ciciri, 'ceci' (il fonema  [tʃ]  manca  in  francese,  dove  viene  adattata con [ʃ]; il fonema /r/ in francese è pronunciato in modo diverso dall'italiano)."

Il punto è che all'epoca dei Vespri Siciliani (1282) la lingua francese non era quella parlata al giorno d'oggi. Si trovava nella sua fase antica, denominata lingua d'oïl: non soltanto aveva il fonema /tʃ/, ma la rotica era trillata esattamente come in italiano. Così la parola chevaus, chevax "cavallo" si pronunciava /tʃe'vaos/ (-x era un monogramma usato per scrivere -us, -os). Il rotacismo francese, più noto come "erre moscia", è un costume molto più tardo: comparve dapprima tra i nobili come segno di distinzione, e si propagò all'intera popolazione soltanto nel tardo XVIII secolo. Nella sua opera Il borghese gentiluono, Molière (XVII secolo) descrive il suono della rotica come alveolare trillato (vibratile), non come una uvulare. Il Maestro di filosofia, volendo insegnare l'ortografia al borghese Jourdain, descrive in modo sorprendentemente preciso come formare i suoni corrispondenti alle singole lettere. Prima inizia dalle cinque vocali, poi continua con le consonanti. Quando arriva alla R, si esprime con queste parole: 

"Et l'R, en portant le bout de la langue jusqu'au haut du palais; de sorte qu'étant frôlée par l'air qui sort avec force, elle lui cède, et revient toujours au même endroit, faisant une manière de tremblement, RRA". 

"E la R, portando la punta della lingua fino al palato, in modo che la lingua, spinta dall'aria che esce con forza, ceda e ritorni sempre allo stesso punto, producendo una specie di tremolia: R, RA."

Tale suono, che un odierno parigino non saprebbe pronunciare, è ancora la norma tra i francofoni del Québec, rimasti a lungo isolati dalla Francia.

Le genti gnosimache queste cose non soltanto non le sanno, ma non le vogliono sapere: a moltissimi è naturale credere che il francese abbia sempre avuto la "erre moscia", ab aeterno, così proiettano l'attuale pronuncia fino ai tempi della Torre di Babele, senza nemmeno sapere che il francese all'epoca di Giulio Cesare era semplicemente... latino volgare.

Possiamo così concludere questo trattatello affermando che di certo i rivoltosi siciliani del XIII secolo giugulavano senza pietà chiunque anziché dire "cìciri" dicesse "cicirì", "cicìri"... o "cicìrri".