Vediamo ora di capire come si è formata la famosa pronuncia ecclesiastica del latino, che alcuni in Italia si ostinano a credere genuina, come se fosse propria dei Romani fin dalla notte dei tempi. Siccome è usata nell'insegnamento scolastico e per scopi liturgici - o lo è stata fino a poco tempo fa - sembra naturale a chi non ha fatto studi specifici credere che sia la sola possibile e che non presenti problemi di sorta, complice la diffusa credenza nell'immutabilità della Chiesa di Roma. Eppure le cose non stanno affatto così. La pronuncia in questione ha di certo la sua tradizione e il suo contesto, questo nessuno lo nega. Può essere un oggetto di studio e di approfondimento, ma riguarda una fase storica in cui la lingua latina è lingua dotta e artificiosa che non è più la lingua nativa di nessuna nazione della Terra.
Popolarmente si ritiene che il latino sia una lingua morta, ma questo è comunque impreciso: il latino scolastico era un tempo parlato fluentemente in certi ambienti e ci furono in ogni epoca alcuni locutori che assimilarono la lingua già nell'infanzia al pari di una lingua viva. Tra questi possiamo citare ad esempio il filosofo francese Michel de Montaigne e il teologo calvinista Isaac Casaubon. Tuttavia possiamo dire per certo che la trasmissione del latino ecclesiastico non avviene da madre in figlio. Non siamo dunque lontani dal vero se affermiamo che non è più una lingua naturale.
In realtà non si dovrebbe parlare semplicemente di pronuncia ecclesiastica, ma di pronuncia ecclesiastica italica. Perché? Semplice. Perché sono esistite fino ad epoca abbastanza recente altre pronunce ecclesiastiche usate dalla Chiesa Romana nei vari paesi, molto diverse da quella a cui siamo abituati. In pratica ogni nazione aveva la sua pronuncia ecclesiastica, adattata ai suoni della propria lingua. Nel corso dei secoli, questo processo di assimilazione del latino agli usi fonetici locali diede origine a un gran numero di varianti con sistemi fonetici molto interessanti, che potremmo senz'altro definire "dialetti". Naturalmente, a causa del ruolo centrale che Roma e più in generale l'Italia rivestivano per il Cattolicesimo, la pronuncia ecclesiastica italica aveva notevole prestigio e finì per imporsi sulle altre. Questo accadde in un'epoca sorprendentemente vicina a noi. Alla fine del XIX secolo e agli inizi del XX si pose in modo sempre più pressante la necessità di una pronuncia uniforme che valesse per tutta la Chiesa Romana. Avvenne così che nel 1912 Pio X in una lettera all'Arcivescovo di Bourges, Louis-Ernest Dubois, raccomandò che l'uso della pronuncia ecclesiastica in vigore in Italia fosse esteso a tutto il mondo cattolico. All'inizio ci fu qualche opposizione: alcuni porporati recalcitranti non volevano saperne di abbandonare la loro pronuncia nazionale, ma la reazione del Pontefice fu così veemente da ridurli all'obbedienza, al punto che già prima della Grande Guerra le sue disposizioni erano riuscite a prevalere. Riporto il testo della lettera papale, che ho preso dal sito dei Cattolici Romani e che ho trovato anche in altri recessi del Web (es. Rassegna gregoriana per gli studi liturgici e pel canto sacro, in Google Books):
Vénérable frère,
Votre lettre du 21 juin dernier, comme aussi celles que Nous avons reçues d'un grand nombre de pieux e distingués catholiques français, Nous ont appris, a Notre grande satisfaction, que, depuis la promulgation de Notre Motu proprio du 22 novembre 1904 sur la musique sacrée, on s'applique avec un très grand zèle, dans divers diocèses de France, à faire en sorte que la prononciation de la langue latine se rapproche de plus en plus de celle qui est usitée à Rome; et que l'on cherche en conséquence à rendre plus parfaite, selon les meilleures règles de l'art, l'exécution des mélodies grégoriennes, ramennés par Nous à leur ancienne forme traditionelle.
Vous même, quando vous occupiez la siège episcopal de Verdun, vous étiez entré dans cette voie et vous aviez pris, pour y réussir, des dispostions utiles et importantes. Nous apprenons d'autre part, avec un vif plaisir, que cette réforme s'est déjà répandue en beaucoup d'endroits, et qu'elle a été introduite avec succès dans un grand nombre d'églises cathédrales, de séminaires, de collèges, et jusque dans des simples églises de campagne.
C'est qu'en effet la question de la prononciation du latin est intimement liée à celle de la restauration du chant grégorien, objet constant de Nos pensées et de Nos reccomandations, depuis le commencement de Notre Pontificat.
L'accent et la prononciation du latin eurent une grande influence dans la formation mélodique et rythmique de la phrase grégorienne; et par suite il est important que ces mélodies soient reporduites, dans l'exécution, de la manière dont elles furent artistiquement conçues à leur origine. Enfin la diffusion de la prononciation romaine aura encore cet autre avantage, comme vous l'avez fort bien remarqué, de consolider de plus en plus l'œuvre de l'unité liturgique en France, unité accomplie par l'heureux retour à la liturgie romaine et au chant grégorien.
C'est pourquoi Nous souhaitons que le mouvement de retour à la prononciation romaine du latin se continue avec le même zèle et les mêmes succès consolants qui ont marqué jusqu'à présent sa marche progressive; et pur les motifs énoncés plus haut, Nous espérons que, sous votre direction et celles des autres membres de l'épiscopat, cette réforme puisse heuresement se propager dans tous le diocèses de France.
Comme gage des faveurs célestes, à vous, vénérable frère, à vos diocésains et à tous ceux qui Nous ont adressé des demandes semblables à la vôtre, Nous accordons de tout cœur la bénédiction apostolique.
Du Vatican, le 10 juillet 1912.
PIUS PP. X
Sembra che il casus belli che portò alla crociata per imporre la pronuncia ecclesiastica italica si sia verificato nell'ambito del rilancio del canto gregoriano. Si notò infatti che le pronunce ecclesiastiche locali diverse da quella italica producevano risultati abbastanza sgraziati.
Riportiamo ora alcuni esempi concreti di queste pronunce ecclesiastiche locali, tanto per chiarire il concetto.
Nella pronuncia ecclesiastica italica ho potuto riscontrare una certa confusione tra il suono chiuso [e] con il suono aperto [ɛ], del suono chiuso [o] con il suono aperto [ɔ], anche se molti usano i suoni aperti in sillaba tonica chiusa e i suoni chiusi in sillaba tonica aperta, come in molte altre pronunce ecclesiastiche nazionali. Non ho mai saputo di un prete consapevole di questo problema: era costume tra quella gente usare i suoni aperti o quelli chiusi in dipendenza dal contesto sillabico e dal tipo di italiano parlato. Adotterò quindi una trascrizione semplificata /e/, /o/ - tranne che nella pronuncia ecclesiastica francese.
La quantità vocalica antica non è rappresentata in nessuna pronuncia ecclesiastica nazionale; in genere è lunga ogni vocale tonica in sillaba aperta, breve ogni vocale tonica in sillaba chiusa, così sarà omessa ogni notazione - tranne che nella pronuncia ecclesiastica tedesca.
Pronuncia ecclesiastica italica:
Caesar /'tʃezar/
caelus /'tʃelus/
gens /dʒens/
magnus /'maɲ(ɲ)us/
ascendit /a(ʃ)'ʃendit/
excelsus /eks'tʃelsus/
natio /'natsjo/
Deus /'deus/*
Deum /'deum/*
dicunt /'dikunt/
quercus /'kwerkus/
Venus /'venus/
*Dovrebbe pronunciarsi in due sillabe: De-us, De-um. Nella pratica si sente pronunciare con un dittongo, [dɛus] e [dɛum], per quanto in Wiktionary si riporti soltanto con iato, addirittura come ['de:us].
Pronuncia ecclesiastica rumena:
Caesar /'tʃezar/
caelus /'tʃelus/
gens /dʒens/
magnus /'magnus/
ascendit /as'tʃendit/
excelsus /eks'tʃelsus/
natio /'natjo/
Deus /'deus/
Deum /'deum/
dicunt /'dikunt/
quercus /'kverkus/
Venus /'venus/
Si noterà la somiglianza con la pronuncia ecclesiastica italica, tuttavia ha anche qualche caratteristica dissimile.
Pronuncia ecclesiastica tedesca:
Caesar /'tse:zar/
caelus /'tse:lus/
gens /gens/
magnus /'magnus/
ascendit /as'tsendit/
excelsus /eks'tselsus/
natio /'natsjo/
Deus /'de:us/
Deum /'de:um/
dicunt /'di:kunt/
quercus /'kverkus/
Venus /'ve:nus/, /'fe:nus/
Pronuncia ecclesiastica spagnola:
Caesar /'θesar/, /'sesar/
caelus /'θelus/, /'selus/
gens /xens/
magnus /'maγnus/
ascendit /as'θendit/, /a'sendit/
excelsus /es'θelsus/, /e'selsus/
natio /'naθjo/, /'nasjo/
Deus /'deus/
Deum /'deum/
dicunt /'dikunt/
quercus /'kwerkus/
Venus /'venus/
Pronuncia ecclesiastica francese:
Caesar /se'zaR/
caelus /se'lys/
gens /ʒãs/
magnus /mag'nys/
ascendit /asã'dit/
excelsus /ɛgzɛl'sys/
natio /na'sjo/
Deus /de'ys/
Deum /de'ɔm/
dicunt /di'kɔ̃t/
quercus /kɥɛR'kys/
Venus /ve'nys/
Notiamo che tutte queste pronunce hanno fenomeni di assibilazione o di palatalizzazione: nessuna corrisponde alla pronuncia classica del latino, le cui forme differiscono spesso in modo drastico.
A questo punto, per poter fare un rapido confronto, riporto per le parole in analisi anche la trascrizione dei fonemi e di alcuni allofoni della pronuncia classica o restituta:
Caesar /'kaesar/
caelus /'kaelus/
gens /ge:ns/
magnus /'magnus/, /'maŋnus/
ascendit /a'skendit/
excelsus /eks'kelsus/
natio /'na:tio:/, /'na:tjo:/
Deus /'deus/*
Deum /'deum/*
dicunt /'di:kunt/
quercus /'kwerkus/
Venus /'wenus/
*Vocalis ante vocalem corripitur - tranne che in pochi casi.
Dall'esposizione di questi fatti ben documentati, si possono trarre le seguenti conclusioni:
1) È un grave errore concettuale chiamare "tedesca" la pronuncia restituta del latino, come fanno i nostri avversari: semmai tale epiteto deve essere attribuito alla pronuncia ecclesiastica che vigeva in Germania e in Austria prima della riforma di Pio X.
2) È un grave errore concettuale affermare qualcosa senza cercare prima notizie sulla sua attendibilità. Le disposizioni di Pio X sulla pronuncia ecclesiastica italica provano che essa non fu universale, ma soltanto un particolarismo locale che si impose nella stessa Chiesa Romana solo a partire da tempi a noi prossimi.
3) Se la pronuncia ecclesiastica italica fosse stata la pronuncia degli antichi Romani, giunta a noi per tradizione ininterrotta, essa sarebbe naturalmente stata adottata già fin dall'inizio dell'evangelizzazione da tutte le genti, finendo poi per divenire l'unica possibile in tutta la Cristianità già nell'Alto Medioevo. Così non è. I nostri avversari, che danno per scontate moltissime cose senza provare il bisogno di conoscere nulla, non sono in grado di spiegare l'esistenza di un gran numero di pronunce ecclesiastiche, ossia di dialetti del latino scolastico. Già soltanto questo argomento non depone a loro favore.
Secondo lo studioso britannico Frederick Brittain (Latin in Church; the history of its pronunciation, 1955), la pronuncia ecclesiastica italica sarebbe semplicemente una pronuncia ortografica formatasi in Italia, applicando al latino le regole di pronuncia dell'italiano, considerando i dittonghi ae e oe come se al loro posto fosse scritta la lettera semplice e (non dimentichiamoci che nel latino medievale molto spesso si scriveva semplicemente e) e poche altre peculiarità grafiche. Certo, viene da chiedersi perché le altre pronunce ecclesiastiche dovrebbero essere ortografiche e quella italica dovrebbe invece essere genuina. Si scopre subito che è come chiedersi perché solo un dio dei pagani dovrebbe essere falso e non tutti quanti. Se uno analizza tutti questi sistemi di pronuncia, uno dopo l'altro, gli viene all'istante qualche sospetto. Sono creazioni artificiali e tutto sommato abbastanza recenti, che hanno sostituito tradizioni più antiche. In altre parole, la Chiesa Romana avrebbe subìto molteplici riforme della pronuncia nel corso della sua storia millenaria, in Italia e altrove, e le cose non sono affatto semplici come le si può credere a prima vista.