IL POZZO DEI BRUCHI
Il sole è già tramontato da un pezzo. Camminando per strada, diretto alla mia dimora dopo un’estenuante giornata di lavoro, noto una macchia di bitume sulla strada. Mi fermo un attimo a fissarla, perché mi pare che abbia una forma singolare. Il mio sguardo ne viene subito catturato. All’improvviso si materializza nella mia mente l’immagine di un baratro di asfalto infero da cui emergono innumerevoli bruchi corazzati coperti di aculei, striati di giallo e di nero, senz’occhi, dotati di spaventose mandibole chitinose. Con un movimento rotatorio i bruchi catafratti si allungano dalla loro invisibile radice liquaminosa fino a raggiungere ogni recesso dei territori rocciosi sulle rive. Ne ho la certezza e tremo, sconvolto dall’orrore. Quelle crudeli larve si nutrono dell’Essere e ad ogni morso annientano una parte dell’anima delle miriadi di dannati accalcati sulle rive della gora nera, anima informe che sempre ricresce come il fegato di Prometeo, solo per essere nuovamente divorata in un gorgo di dolore tetro.
Marco "Antares666" Moretti
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