martedì 14 giugno 2022

PAT BENATAR NUDA

Ci sono tre soli nel cielo. Due sono gialli come quello della realtà di veglia. Uno è più chiaro, quasi bianco, ed ha la forma di una mezzaluna, come se un qualche satellite ne eclissasse la sagoma, invisibile in quel fulgore diurno. Il mare è di un turchese intenso ed è agitato da un vento fortissimo. Onde gigantesche si sollevano, sono impressionanti. Mi trovo qui, inchiodato a questa parete rocciosa, in preda a un senso di vertigine. Non vi pare che se avessi un corpo lo userei per muovermi? Purtroppo, anche il più piccolo spostamento è al di fuori della mia portata, come lo è per un cadavere alzarsi dal letto di morte per bersi un bicchier d’acqua. Solo la mia mente permane vulcanica. Sono spettatore e vittima passiva del paesaggio che mi ha inghiottito e fissato con un chiodo ontologico sulle rocce di questo dirupo. Il vento si fa più forte e mi lambisce l’anima col suo gelo interstiziale. Non dovrei sentire freddo, non vi sembra? I sensi hanno senso solo dove esiste un corpo fatto di materiale genetico, non è così? Ma allora perché sono qui, invisibile persino a me stesso? Non so neanche tramite quali occhi sto percependo questo pianeta trisolare. Sono sempre stato un uomo di buonsenso e un gran lavoratore, e adesso mi trovo imprigionato in un incubo. Nessuna religione ha mai immaginato una cosa simile, ne sono sicuro. Ecco che il vento diventa tempesta e straccia le nuvole, disperdendo quelle strutture di panna montata fino a sgombrare completamente il cielo. I tre soli mi fissano nel loro furente irradiare. Non esiste riparo dalla loro luce violenta eppur priva di ogni traccia di calore. Per un attimo un brandello di nube passa davanti al sole a mezzaluna, e un’ombra sinistra si proietta sulla mia autocoscienza. Il ruggito delle onde, dapprima subliminale, si accresce, come la colonna sonora di un film catastrofico. Mi coglie una paura assurda, che una specie di maremoto possa sradicare l’intera catena montuosa, precipitandomi negli abissi oceanici. Poi cerco di riflettere e di calmarmi. Che fondamento può mai avere la paura in questo contesto? Eppure, a dispetto di tutte le mie elucubrazioni, sono qui, inchiodato all’oggettività dei fatti. Come una lucertola crocefissa, soffro in modo atroce. Mi sembra di essere la vittima di un bambino crudele che si diverte a forare i polmoni di piccoli rettili servendosi di uno spillo e godendo di ogni loro sospiro. Mi trovo ingabbiato in questa trappola dell’Assurdo, non esiste un senso a tutto ciò che devo patire. Perché non riesco a placare la mia mente? Come ha potuto conservarsi ed accrescersi addirittura in lucidità? Quando mi sveglierò?

Marco Moretti (Antares666)

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