Come è ben noto, la terminazione caratteristica del nominativo singolare dei nomi latini ascritti alla II declinazione è -us. Questa uscita proviene dall'antico latino -os, che continua la terminazione indoeuropea. È anche ben noto che alcuni nomi non hanno questa uscita, e hanno una ben precisa caratteristica: la loro radice termina in -r e non mostrano alcuna desinenza al nominativo singolare. Identico discorso per gli aggettivi il cui nominativo singolare maschile ha queste caratteristiche.
Nomi con nom. sing. in -us:
asinus "asino" (gen. asini)
caseus "formaggio" (gen. casei)
digitus "dito" (gen. digiti)
equus "cavallo" (gen. equi)
murus "muro" (gen. muri)
caseus "formaggio" (gen. casei)
digitus "dito" (gen. digiti)
equus "cavallo" (gen. equi)
murus "muro" (gen. muri)
Aggettivi con nom. sing. m. in -us:
albus "bianco" (f. alba, n. album)
bonus "buono" (f. bona, n. bonum)
magnus "grande" (f. magna, n. magnum)
malus "cattivo" (f. mala, n. malum)
parvus "piccolo" (f. parva, n. parvum)
bonus "buono" (f. bona, n. bonum)
magnus "grande" (f. magna, n. magnum)
malus "cattivo" (f. mala, n. malum)
parvus "piccolo" (f. parva, n. parvum)
Nomi dalla radice in -r con nom. sing. senza terminazione in -us:
ager "campo" (gen. agri)
gener "genero" (gen. generi)
magister "maestro" (gen. magistri)
puer "bambino" (gen. pueri)
vir "uomo" (gen. viri)
gener "genero" (gen. generi)
magister "maestro" (gen. magistri)
puer "bambino" (gen. pueri)
vir "uomo" (gen. viri)
Aggettivi dalla radice in -r con nom. sing. m. senza terminazione in -us:
macer "magro" (f. macra, n. macrum)
niger "nero" (f. nigra, n. nigrum)
piger "pigro" (f. pigra, n. pigrum)
pulcher "bello" (f. pulchra, n. pulchrum) satur "sazio" (f. satura, n. saturum)
niger "nero" (f. nigra, n. nigrum)
piger "pigro" (f. pigra, n. pigrum)
pulcher "bello" (f. pulchra, n. pulchrum) satur "sazio" (f. satura, n. saturum)
Sono consapevole del fatto che nel mondo della scuola non è costume interrogarsi sui dettagli di quanto si apprende, ma a questa triste situazione va messa la parola fine. Per questo cercherò di riassumere in termini comprensibili le ragioni dell'aspetto delle parole qui trattate.
Nel latino arcaico la terminazione del nominativo singolare maschile -os era usata in tutti questi casi, anche quando la radice terminava in -r. Così si elencano le seguenti protoforme, trascritte con un'ortografia più adatta:
*agros "campo"
*makros "magro"
*nigros "nero"
*pigros "pigro"
*sakros "sacro" (1)
*wiros "uomo"
*makros "magro"
*nigros "nero"
*pigros "pigro"
*sakros "sacro" (1)
*wiros "uomo"
(1) = SAKROS, attestato in CIL I2 1
Il passo successivo fu la caduta di -o- quando la radice terminava in -r (quando preceduta da altra consonante, la rotica in questione diventava sillabica):
*agṛs
*makṛs
*nigṛs
*pigṛs
*sakṛs
*wirs.
*makṛs
*nigṛs
*pigṛs
*sakṛs
*wirs.
Infine la sequenza -rs diveniva -rr e si creava una vocale di sostegno -e- dove necessario:
*agerr
*makerr
*nigerr
*pigerr
*sakerr
*wirr
*makerr
*nigerr
*pigerr
*sakerr
*wirr
A questo punto si è giunti alle forme attestate.
Si noterà che la stessa assimilazione -rs- > -rr- è avvenuta nel corpo delle parole:
curro "io corro" < *kurso:
ferre "portare" < *ferse
porrum "porro" < *porsom
torreo "io arrostisco" < *torseo:
ferre "portare" < *ferse
porrum "porro" < *porsom
torreo "io arrostisco" < *torseo:
In particolare, il mutamento che abbiamo visto colpire il nominativo singolare in -os compare anche nei superlativi:
pigerrimus "il più pigro" < *pigersomos < *pigrisomos
sacerrimus "il più sacro" < *sakersomos < *sakrisomos
taeterrimus "il più orribile" < *taitersomos < *taitrisomos
sacerrimus "il più sacro" < *sakersomos < *sakrisomos
taeterrimus "il più orribile" < *taitersomos < *taitrisomos
A scanso di equivoci, faccio subito notare che dove si ha -rs- in latino classico, questo viene dalla semplificazione di un nesso complesso:
farsus "ripieno" < *farksos
Mars "Marte" < *Ma:worts
ursus "orso" < *urksos
vorsus "in direzione di" < *werts(t)os < *werttos
Mars "Marte" < *Ma:worts
ursus "orso" < *urksos
vorsus "in direzione di" < *werts(t)os < *werttos
Oppure si trova in parole che sono prestiti:
arsis "arsi, tempo forte" < greco ἄρσις
marsup(p)ium "sacco, tasca" < greco μαρσίππιον
marsus "marso" < sabellico *ma:rsies < *ma:wortios
versus, vorsus "misura di cento piedi quadrati" < etrusco vers- "cento" (2)
marsup(p)ium "sacco, tasca" < greco μαρσίππιον
marsus "marso" < sabellico *ma:rsies < *ma:wortios
versus, vorsus "misura di cento piedi quadrati" < etrusco vers- "cento" (2)
(2) Da non confondersi col quasi omofono vers(e) "fuoco", glossato uerse da Festo e attestato nel composto acnaś-vers "fuoco del possesso" (Lamine di Pyrgi), oltre che in alcuni gentilizi. Nel Liber Linteus troviamo versum spanza, che traduco con "e cento piattini", essendo a mio avviso la connessione con la parola "fuoco" incompatibile con la morfologia. Su un cippo (ET Ta 1.94) leggiamo mi versna apurval, verosimilmente "io sono l'estensione di cento unità di Apurvi" (il gentilizio è d'incerta lettura).
Veniamo dunque a coloro che attribuiscono al latino la pronuncia ecclesiastica ab aeterno. Costoro pronunciano le parole in cui -er è preceduto dalle lettere -c- e -g- usando suoni palatali:
ager /'adʒer/
macer /'matʃer/
niger /'nidʒer/
piger /'pidʒer/
macer /'matʃer/
niger /'nidʒer/
piger /'pidʒer/
Il problema è che assurdamente pensano che fosse così già nel Paleolitico. Ora, alla luce di quanto sopra esposto, si capisce che questa è una aberrazione. La palatalizzazione è tarda, secondaria e non può in alcun modo essere proiettata indietro a tempi remoti, dato che questo andrebbe contro la stessa struttura delle parole in questione - struttura che non avrebbe avuto motivo di formarsi.