Il vocabolo basco aberats "ricco" è formato da abere, che attualmente ha il significato di "grande animale domestico", tramite il suffisso -tsu che marca l'abbondanza. Questa è la trafila dei mutamenti: aberats < *aberatsu < *aberetsu. Se supponiamo che abere < lat. habe:re avesse l'originario senso di "proprietà, possesso", ben attestato nella Romània, non sarebbe necessario alcuno slittamento semantico per spiegare aberats. Così *aberetsu "che ha molti averi" si sarebbe sviluppato direttamente nel basco aberats "ricco".
Nel database di Sergei Starostin, il prof. John Bengtson afferma che lo slittamento semantico dal latino habe:re "avere" al basco abere "animale" sarebbe contorto, e suggerisce un'etimologia nord-caucasica:
«Cf. PNC*bü̆ɫV 'horned animal'. The variant abel- appears in compounds such as abel-buru 'head of cattle'. Michelena (1961) derives this word from Lat. habere, though the semantic derivation is tortuous ('to have' > 'possession' > 'animal'), and internal reconstruction brings us to *a(=)bele, phonetically and semantically a straightforward match with PSC *bVɫV.»
Tuttavia noi possiamo notare queste evidenze:
1) Lo slittamento in questione è molto comune in società pastorali;
2) Esistono buoni esempi di simili slittamenti in nomi del bestiame, come il castigliano ganado "bestiame" da ganar "guadagnare", e analogamente il portoghese gado < *ganado.
3) Nelle lingue romanze sono ben documentati termini derivanti dal latino habe:re come protoforma produttiva. Riguardo a queste denominazioni del bestiame e di animali, questo è riportato sul dizionario etimologico di Manuel Agud e Antonio Tovar alla voce ABERE:
2) Esistono buoni esempi di simili slittamenti in nomi del bestiame, come il castigliano ganado "bestiame" da ganar "guadagnare", e analogamente il portoghese gado < *ganado.
3) Nelle lingue romanze sono ben documentati termini derivanti dal latino habe:re come protoforma produttiva. Riguardo a queste denominazioni del bestiame e di animali, questo è riportato sul dizionario etimologico di Manuel Agud e Antonio Tovar alla voce ABERE:
«Parece estar fuera de duda que es el lat. habere en la acepción sustantivada de 'hacienda', 'bienes', que se halla en lenguas románicas (esp., prov., fr. etc.: Luchaire Origenes 45, Sch. ZRPh 27, 625, Mich. FHV 226 y FLV 17, 193, FEW 4, 364), y más específicamente con la acepción de 'bienes en ganado'. (Cf. lat. pecus / pecunia, esp. ganar / ganado : Corominas 2, 655): haberío, abrío significa 'mula' en Aragón y Ribera de Navarra, 'asno' en Soria, averío en Murcia 'bestias para el trabajo agriesto', en Segovia 'ganado', en Cataluña avería 'cabeza de ganado mayor', en gall. haber 'res vacuna' (GDiego RFE 8, 411 Y Corominas 2, 859 y 655) prov. aver 'animales, rebaño' (con el cual lo relaciona Mich. 1. c.); norm. aver 'animales'; lyon. avair 'enjambre de abejas'; cat. aviram, que ha sido aproximado a avería 'bétail' (Rohlfs Gaseon 63 y RIEV 24, 336; REW 3958) (Corominas 10 da como cruce de los sinónimos aviam (< auiamen) con averza (de habere).»
Come sopra riportato, l'altra obiezione di Bengtson è che abere dà nei composti abel-, e che questo punterebbe a una protoforma *abele. Anch'io sono stato sedotto da simili considerazioni, al punto che ero giunto ad affermare in modo indipendente già anni prima che il lavoro di Bengtson fosse pubblicato. Questo argomento, condiviso con l'amico Octavià Alexandre, ha nel frattempo fatto strada: anche António Marques de Faria nella pubblicazione digitale Crónica de onomástica paleo-hispânica (in portoghese) ha scritto quanto segue:
«Em relação a abel, não podemos deixar de notar que, em contraposição à tradicional etimologia latina unanimemente prescrita para o basco abere ‘animal’, ‘gado’, assente no lat. habere (DEV I, pp. 282–283), foi, em data recente, sugerido por Octavià Alexandre que “el vasco abere supone un pre‑vasco *abele, como muestran la forma combinatoria abel‑ y las inscripciones aquitanas e ibericas”»
Tuttavia a distanza di anni, dopo aver lasciato sedimentare i miei studi sulla lingua Euskara, mi rendo conto che l'idea di una protoforma *abele è abbastanza inverosimile. Ho riflettuto a lungo non solo sui paralleli romanzi della parola basca, troppo diffusi e differenziati per essere prestiti, ma anche sul fatto che in basco esistono esempi di -l- derivata da -r- in composti formati a partire da alcuni significativi prestiti dal latino:
amore "amore" : amol-tsu "docile, amabile"
< lat. amo:re(m)
zamari "cavallo" : zamal-dun "cavaliere"
< lat. sagma:riu(m)
< lat. amo:re(m)
zamari "cavallo" : zamal-dun "cavaliere"
< lat. sagma:riu(m)
Sarebbe assurdo separare basco amore dal latino amo:re(m) ricostruendo un fantomatico *anbole, o separare zamari da sagma:riu(m) ricostruendo *zanbali: è evidente che a dispetto di -l-, le protoforme sono latine e hanno -r-.
Potrebbe trattarsi di residui di un fenomeno affine alla lisca di Livorno, una singolare pronuncia che trasforma -r- e -s- davanti a consonante in -l-, per cui Livorno diventa Livolno. L'origine di questa "lisca" in basco potrebbe però anche essere analogica e formata a partire da importanti parole native, come ad esempio gari "grano", che realmente deriva da *gali e che dà composti come galbae "setaccio per il grano", galburu "spiga di grano", galsoro "campo di grano", galtzuri "grano duro".
Così per analogia con zamari, è accaduto che abere ha dato forme in abel-. In origine doveva essere *aberdun (notiamo che tra l'altro un aberedun è documentato), poi la variante abeldun è prevalsa.
Le forme iberiche e aquitane assonanti con abel-, hanno a parer mio una differente origine, che riconduco a un indoeuropeo preceltico *abell- "frutto, mela", affine al celtico *aball- "mela", in ultima analisi da IE *abel-, di origine sconosciuta. Di questo avremo modo di parlare in seguito.