lunedì 23 ottobre 2017


LA NOTTE DEI MORTI VIVENTI

Titolo originale: Night of the Living Dead
Titoli alternativi: Night of the Flesh Eaters; Night of
    Anubis 
Lingua originale: Inglese
Paese di produzione: USA
Anno: 1968
Durata: 96 min
Dati tecnici: B/N
Rapporto: 1.37:1
Genere: Orrore
Regia: George A. Romero
Soggetto: John A. Russo, George A. Romero
Sceneggiatura: John A. Russo, George A. Romero
Produttore: Karl Hardman, Russell Streiner
Fotografia: George A. Romero, Joseph Unitas
Montaggio: John A. Russo, George A. Romero
Effetti speciali: Tony Pantanello, Regis Survinski
Musiche: AA.VV., Karl Hardman, Marilyn Eastman, George
     A. Romero
Trucco: Bruce Capristo, Karl Hardman
Interpreti e personaggi   
    Duane Jones: Ben
    Judith O'Dea: Barbara
    Karl Hardman: Harry Cooper
    Marilyn Eastman: Helen Cooper
    Keith Wayne: Tom
    Judith Ridley: Judy
    Kyra Schon: Karen Cooper
    Charles Craig: radiocronista
    S. William Hinzman: zombie del cimitero
    George Kosana: sceriffo McClelland
    Russell Streiner: Johnny
    Bill Cardille: cronista
Doppiatori italiani   
    Giancarlo Maestri: Ben
    Ada Maria Serra Zanetti: Barbara
    Carlo Sabatini: Harry Cooper
    Adriana De Roberto: Helen Cooper
    Sergio Di Stefano: Tom
    Rino Bolognesi: Radiocronista
    Emilio Cigoli: Radiocronista
    Pierangelo Civera: Johnny
Premi: National Film Registry (1999)


Trama: 

Barbara e Johnny Blair stanno viaggiando in auto nelle campagne della Pennsylvania, dirigendosi al cimitero in cui è sepolto loro padre per deporre fiori sulla sua tomba: si tratta della loro visita annuale al defunto genitore. A un certo punto, mentre si trovano tra le tombe, Barbara è attaccata da un uomo alto e dai movimenti impacciati, dotato di forza sovrumana. Johnny cerca di difendere la sorella, ma viene gettato contro una lapide e finisce ucciso. La donna fugge a gambe levate e riesce a raggiungere l'auto, che però a un certo punto si schianta. Segue una corsa precipitosa fino a un casolare. Il telefono è isolato e al piano di sopra la proprietaria giace morta, ormai in avanzato stato di putrefazione, col cranio fracassato. A un certo punto entra in scena Ben, un robusto mandingo che con grande coraggio combatte contro i morti viventi che in numero sempre maggiore cercano di entrare nell'abitazione. Mentre Barbara gradualmente perde il contatto con la realtà, Ben organizza la resistenza contro gli assedianti, inchiodando tavole di legno alle finestre. Appena l'afroamericano scopre che i mostri temono il fuoco, ha l'idea di usare del combustibile per incendiarli e compie una sortita con una torcia dopo aver spinto fuori una poltrona in fiamme. Nella casa ci sono altre persone che vi hanno cercato un riparo: una coppia di fidanzati e i coniugi Cooper con la figlioletta, che risulterà malata a causa del morso di una creatura cadaverica. La televisione della casa funziona e trasmette notizie sull'accaduto: una sonda esplorativa di ritorno da Venere ha irradiato la Terra, contaminandola e dando origine a un'epidemia apocalittica che colpisce i morti rianimandoli. I cadaveri il cui cervello non è danneggiato risorgono ineluttabilmente, aprono gli occhi e sono presi da un'irrefrenabile bramosia cannibalica. Mordendo un vivo lo trasformano in un loro simile e possono essere uccisi soltanto col fuoco o lesionando loro il cervello. Ecco perché Ben è riuscito ad abbatterne un certo numero colpendoli con una spranga, mentre i colpi di fucile nel petto non li fanno neanche barcollare. I tentativi di rompere l'assedio finiscono in tragedia. I fidanzati finiscono bruciati vivi mentre tentano di fuggire con un furgone; la bambina, che già stava banchettando con le carni del padre da poco spirato, uccide la madre in modo crudelissimo. Barbara si ritrova davanti il fratello redivivo. L'orrore procede in crescendo, verso il finale annichilente.         

   

Recensione: 

Questo film, pietra miliare del cinema horror, deve essere a pieno titolo ascritto anche al genere fantascientifico. Molti si stupiranno di questa classificazione, essendo abituati a separare nettamente l'horror dalla Science Fiction. A costoro faccio notare una cosa: il fattore scatenante che porta all'Apocalisse degli Zombie è una sonda che torna da Venere riversando sulla Terra una quantità immane di radiazioni di origine sconosciuta. Mentre Rabid di Cronenberg (1977), che trae ispirazione dall'opera di Romero, può essere classificato come fantamedicina, Night of the Living Dead è della stessa natura de Il villaggio dei dannati di Wolf Rilla (1960), tratto dal romanzo fantascientifico I figli dell'invasione di John Wyndham (1957). Questo romanzo a sua volta presenta analogie con Il giorno dei trifidi (1951), sempre di John Wyndham, in cui compare la stessa idea di una catastrofe importata sulla Terra dallo spazio esterno. A mio avviso questo paragone regge, anche se Il giorno dei trifidi appartiene propriamente alla fantabotanica, dato che la specie invasiva è un mostruoso vegetale. La comparsa improvvisa degli zombie nel film di Romero, dei bambini mutanti nel film di Rilla e dei trifidi nel romanzo di Wyndham ha cause molto simili, per quanto la Scienza si dimostri incapace di sondarle e di fornirne una descrizione pienamente razionale.


L'ultimo uomo sulla Terra

La genesi del capolavoro di Romero è complessa. Il romanzo da cui deriva il tema del Superstite, l'ultimo uomo sulla Terra assediato da mostri, è I Am Legend (Io sono leggenda aka I vampiri) di Richard Matheson, pubblicato per la prima volta nel 1954. Si tratta di un robusto horror fantascientifico fondato su un'idea innovativa e geniale. Se le classiche storie di vampiri immaginano un non morto immerso in un mondo di esseri umani, qui avviene un'inversione: un essere umano costretto a sopravvivere in un mondo di non morti, con tutto quello che ne consegue. Proprio come nel film Rabid di Cronenberg, in I Am Legend un agente patogeno, per la precisione un batterio, trasforma tutti gli umani infettati in vampiri, diffondendosi a macchia d'olio. Nel romanzo di Matheson il morbo finisce con l'estendersi all'intero pianeta risparmiando soltanto un uomo, Robert Neville. Oltre che nel film di Romero, il tema di I Am Legend è stato trasposto più volte in pellicola: The Last Man on Earth di Ubaldo Ragona e Sidney Salkow (1964), The Omega Man di Boris Sagal (1971) e I Am Legend di Francis Lawrence (2007).   


Zombie, politica e cannibalismo

Molti critici hanno cercato di proiettare sugli zombie le proprie categorie mentali e politiche, vedendoli come metafore dei sovietici o dei Viet Cong. Per la verità a quell'epoca non c'era una sola cosa sotto il cielo d'America che non fosse interpretata in funzione della guerra fredda o del conflitto in Vietnam. Siccome le febbri politiche ardevano con incredibile virulenza, contagiando tutto e tutti, ci sarebbe semmai da pensare di paragonare tale patologia mentale all'epidemia zombificante descritta da Romero. Per altri il film sarebbe una critica della libera ed eccessiva circolazione delle armi tra i cittadini americani, ma questa idea non mi sembra troppo furba, dato che proprio le armi hanno parato il culo ai pochi superstiti della Zombie Apocalypse, che altrimenti non avrebbero potuto salvarsi. La spiegazione più probabile del capolavoro di Romero è anche la più lampante: si tratta di un'opera sul cannibalismo, che sonnecchia in molti umani aspettando di emergere al momento opportuno. Le analogie più forti sono col mito di Wendigo. Secondo la tradizione degli indiani Algonchini, una persona che violando il tabù si nutre di carne umana, è destinato a trasformarsi in un mostro umanoide e antropofago chiamato per l'appunto wendigo o windigo (derivato dal proto-algonchino *wi·nteko·wa "che ha l'aspetto di un gufo") A questo demone si attribuisce il potere di trasmettere la sua condizione tramite morso, analogamente a quanto accade con i vampiri.      


Zombie e razzismo

La scelta di un attore afroamericano nel ruolo del protagonista è un fatto ben singolare per l'epoca. Quando Romero era in viaggio verso New York per portare una copia stampata del film, apprese dalla radio la notizia dell'omicidio di Martin Luther King. Il regista temette subito che alla sua opera sarebbe stato dato un significato politico che egli non aveva inteso. In un'occasione ebbe a dire di aver optato per Duane Jones semplicemente perché il suo provino era risultato il più convincente. Quali che fossero le sue intenzioni, il film venne a simboleggiare l'inveterata e mai risolta questione razziale in America. Resta inoltre da notare un fatto singolare. Lo sceriffo con i suoi uomini hanno tutta l'aria di essere membri del Ku Klux Klan, ben riconoscibili dall'atteggiamento e dalla postura. Si vede che lo sceriffo si accorge senza dubbio che il mandingo asserragliato nella casa colonica è armato di fucile, quindi è assolutamente certo che non può essere uno zombie, dal momento che i morti viventi non sono in grado di usare armi da fuoco. Ecco che lo sceriffo fa un cenno appena percettibile a un suo uomo, che immediatamente fa fuoco con grande precisione, abbattendo il nero. Si nota anche la ferocia con cui gli uomini dello sceriffo infieriscono sul cadavere di Ben, trascinandolo con ganci come se fosse la carcassa di una fiera, per poi bruciarlo assieme ai resti sanguinolenti di un gran numero di zombie.


Zombie e femminismo radicale  

Il film destò la reazione furiosa delle convulsionarie della setta femminista, che si scagliarono contro il modo in cui erano stati dipinti i personaggi del gentil sesso. A detta delle seguaci della velleitaria castratrice Mary Daly, una donna non può essere mostrata debole e remissiva, perché questo significherebbe forzarla nelle categorie della società patriarcale. L'idea che una donna privata del fratello in circostanze tragiche e assaltata da cadaveri semoventi possa legittimamente essere terrorizzata, non sfiora nemmeno di striscio queste virago isteriche. Vorrei proprio come andrebbe a finire se qualcuna di loro fosse presa e immersa in un potente macchiario capace di simulare tramite realtà virtuale la narrazione di Night of the Living Dead. Inveirebbero ancora davanti agli zombie o tremerebbero di terrore come chiunque altro?

Le incongruenze degli zombie a colori

Per finire parliamo delle colorizzazioni, a mio parere scandalose. Sono convinto che il film di Romero abbia senso soltanto in bianco e nero: l'assenza di colore serve a descrivere bene una realtà che sprofonda nell'Ade e in cui non esiste nemmeno il concetto di speranza. Nel 1986 gli Hal Roach Studios rilasciarono una versione colorizzata in cui i morti viventi hanno la pelle di un color verde malato. Nel 1997 ci fu una nuova colorizzazione, questa volta ad opera della compagnia Anchor Bay Entertainment, in cui la pelle degli zombi era grigiastra. Questo crea una difficoltà narrativa. All'inizio del film, Johnny Blair mette in guardia la sorella Barbara, che ha visto uno zombie venire verso di lei. Entrambi pensano che sia un essere umano, un qualunque signore giunto lì in visita ai defunti, tant'è che Johnny dice a Barbara di non disturbarlo. Se il colore della pelle del cadavere deambulante fosse stato anomalo, ad esempio verdastro o grigio pallido, Johnny non avrebbe pronunciato quella frase stupida e la stessa Barbara si sarebbe accorta del pericolo all'istante, prima di subire l'attacco. Il regista non può aver trascurato la questione, dato che all'inizio era partito con l'idea di realizare un film a colori, per poi desistere a causa di difficoltà economiche. Forse aveva in mente un colorito pallido ma non tanto anomalo da permettere l'immediato riconoscimento degli zombie.

domenica 22 ottobre 2017


L'ESPERIMENTO DEL DOTTOR K.

Titolo originale: The Fly
Lingua originale: Inglese
Paese di produzione: Stati Uniti
Anno: 1958
Durata: 90 min
Rapporto: 2.35 : 1
Genere: Orrore, fantascienza
Regia: Kurt Neumann
Soggetto: George Langelaan
Sceneggiatura: James Clavell
Produttore: Kurt Neumann,
    Robert L. Lippert (non accreditato)
Casa di produzione: Twentieth Century Fox Film
    Corporation
Fotografia: Karl Struss
Montaggio: Merrill G. White
Effetti speciali: James B. Gordon
Musiche: Paul Sawtell
Scenografia: Theobold Holsopple, Lyle R. Wheeler,
    Eli Benneche, Walter M. Scott (arredamenti)
Costumi: Adele Balkan
Charles Le Maire, executive wardrobe designer
Trucco: Ben Nye
Interpreti e personaggi   
    Vincent Price: François Delambre
    David Hedison: André Delambre
    Patricia Owens: Hélène Delambre
    Herbert Marshall: Ispettore Charas
    Kathleen Freeman: Emma
    Betty Lou Gerson: l'infermiera Anderson
    Charles Herbert: Philippe Delambre
    Charles Tannen: medico
Doppiatori italiani   
    Emilio Cigoli: François
    Sergio Fantoni: André
    Dhia Cristiani: Hélène
    Gualtiero De Angelis: Ispettore Charas

Trama:  

A Montreal, lo scienziato André Delambre viene trovato morto sotto una pressa idraulica, di notte, in circostanze misteriose. Il suo cadavere ha il cranio e un braccio ridotti in poltiglia sanguinolenta dal macchinario. La moglie di André, Hélène, viene trovata da un guardiano notturno sul luogo del delitto. Subito la donna confessa di essere responsabile dell'omicidio, prima al cognato François e poi anche all'Ispettore Charas. Tuttavia si rifiuta ostinatamente di spiegare i motivi della sua azione. Con molta pazienza, il fratello della vittima cerca di convincere la donna a parlare servendosi di un astuto stratagemma. A un certo punto nota che lei è ossessionata dalle mosche e che in particolare parla di una mosca con la testa bianca. Quando François le dice, mentendo, di avere quella mosca in suo possesso, Hélène accetta di parlare e comincia a raccontargli un racconto che ha dell'assurdo. André aveva inventato un macchinario in grado di disintegrare qualsiasi oggetto in atomi, per inviarli a un secondo macchinario identico che li reintegrava. La sua scoperta era un sistema di teletrasporto, anche se nel film la parola non viene mai menzionata. I primi esperimenti comportavano la disintegrazione-reintegrazione di oggetti inanimati. Davanti agli occhi della scettica Hélène, lo scienziato aveva trasferito una ciotola. Tuttavia l'esito dell'operazione non era stato soddisfacente per un semplice motivo: la scritta MADE IN JAPAN sul fondo della ciotola si presentava invertita specularmente. Una cosa piuttosto imbarazzante, risolta pasticciando complessi ammassi di formule fantamatematiche. Anche il primo tentativo di trasferire un essere vivente era stato fallimentare: assieme alla ciotola, André aveva messo una gattina, riuscendo a reintegrare l'oggetto inanimato ma disperdendo l'animale in un'invisibile nuvola di atomi. Con altre manipolazioni del formulario, finalmente era riuscito il trasferimento di un porcellino d'India, giunto incolume a destinazione nella cabina ricevente. Galvanizzato da questo successo e contro ogni senno, il marito di Hélène aveva deciso di sperimentare la sua invenzione su se stesso, con esiti catastrofici a causa di una mosca che era riuscita a infilarsi nella cabina di trasmissione. Il risultato: uno scambio di membra tra i due esseri. André aveva avuto la testa e un braccio della mosca, mentre la mosca aveva avuto la testa e un braccio dello studioso. Dopo vani e angoscianti tentativi di ritrovare la mosca aberrante per trasferirla assieme all'uomo-mosca e riottenere i corpi originari, André è stato preso dallo sconforto e ha distrutto i suoi macchinari, pregando la moglie di aiutarlo a suicidarsi. Qui finisce la narrazione di Hélène, la cui situazione non è certo rosea. Per salvarla dal manicomio, l'unica fievolissima speranza è proprio il rinvenimento dell'ibrido mosca-uomo...  

Recensione: 

In genere si ritiene che The Fly di Cronenberg (1986) sia semplicemente un remake del film di Neumann, mentre in realtà si fonda su un concetto molto diverso, riflesso della radicale diversità dei tempi. Mentre Cronenberg è introspettivo e si concentra sulla graduale alterazione del genoma di Seth Brundle, Neumann non attribuisce alcuna reale importanza ai singoli personaggi e ci mostra soprattutto dei fatti concreti e improvvisi. Quando ho visto il film del '58 per la prima volta, ho temuto che il risultato dell'ibridazione tra uomo e mosca mi sarebbe stata nascosta fino alla fine delle sequenze, tale è il ricorso alla discutibile tecnica dell'off-camera, che consiste nel nascondere gli eventi critici. Non vediamo l'attimo in cui la mosca entra nella cabina trasmittente. Non vediamo la catastrofica interazione del dittero con il corpo dello scienziato, anche perché gli effetti speciali dei tardi anni cinquanta non permettevano di gestire una situazione simile. Lo spettatore viene esasperato da un André Delambre muto con la testa coperta da un rudimentale cappuccio nero, che stranamente gli permette di vedere. Poi, finalmente, il cappuccio viene rimosso e si riesce a vedere un uomo dalla gigantesca testa di mosca, rappresentata come un globo nero peloso con due grossi occhi iridescenti.   


Stranamente, lo scienziato perde la capacità di proferire verbo a causa dell'apparato buccale ereditato dall'insetto, ma non perde affatto il suo cervello, che continua a concepire idee e a vedere le cose dalla visuale di un essere umano. Questo mostruoso uomo-mosca riesce a intendere le parole della moglie, a provare sentimenti per lei e conservare la perfetta conoscenza della lingua scritta: per comunicare si serve di un gessetto e di una lavagna, oppure di una macchina da scrivere. Solo a un certo punto, quando sorge la determinazione suicidaria, l'ibrido confessa alla moglie che i suoi pensieri stanno mutando. Tutto ciò pone qualche problema. In teoria, l'uomo-mosca avrebbe dovuto ereditare dalla mosca anche il sistema nervoso centrale, il che avrebbe comportato l'impossibilità di qualsiasi comunicazione con esseri umani. Non sembra esserci una reale commistione tra il genoma della mosca e quello dell'uomo: la trasformazione sembra invece comportare il trasferimento di parti del corpo generando una sorta di chimera, in cui certi tessuti hanno genoma pienamente umano e altri invece hanno soltanto il corredo cromosomico dell'insetto. Possiamo notare l'immenso cambiamento della prospettiva dal 1958 al 1986, frutto del progresso della nostra comprensione degli acidi nucleici e dei loro meccanismi di replicazione.     


A prima vista potremmo scorgere marcate somiglianze tra la figura di André Delambre e quella del più famoso dottor Victor Frankenstein di Ginevra. Non sono tuttavia convinto che il paragone possa reggere. Frankenstein, il novello Prometeo, era tormentato e manipolava cadaveri. Il suo essere era innervato da una spaventosa tensione e ogni aspetto della sua vita ci è descritto come tragico, oscuro come l'abisso di tenebra eterna da cui ha tratto la sua creatura senz'anima. Per contro, il prometeismo di Delambre è elementare e di un'ingenuità assoluta: è l'erede diretto di quel positivismo che pretendeva di arrivare a spegnere e accendere il sole come se fosse una lampadina. Lo scienziato è innamorato della Natura e professa questo suo sentimento alla moglie, che ne rimane estasiata. Egli è convinto che il genere umano potrà servirsi della sua invenzione per trasferire viveri ai bisognosi a costo quasi nullo, risolvendo così il problema della fame nel mondo e dell'indigenza - senza sospettare minimamente la realtà dei fatti. Solo per fare un esempio, non riesce a comprendere che la fame nel mondo non è il prodotto della mancanza di risorse, ma dell'eccesso di nascite. André Delambre è accecato dall'Ignoranza, che lo porterà alla catastrofe. In realtà è soltanto un praticone che procede per tentativi senza conoscere nulla delle leggi fisiche e senza domandarsi nulla sui problemi filosofici insiti nel processo di disintegrazione - che è morte a tutti gli effetti. Nel film si scorgono venature di biolatria cattolica, come nella sentenza "Sarebbe buffo se ogni vita non fosse sacra". Il dilemma avrebbe dovuto sorgere già al primo teletrasporto di un vivente, in questo caso di un felino. Un'altra sentenza, pronunciata da François, è "La ricerca della verità è il lavoro più importante, ma anche il più pericoloso", in cui alcuni critici hanno scorto un'amara venatura di diffidenza moralistica e religiosa nei confronti della Scienza. Certamente c'è del vero nella frase, soprattutto se la ricerca non ha una solida base teorica e il ricercatore si pone qualche domanda soltanto a disastro avvenuto.  


Memorabile la scena finale della mosca con volto e braccio umano intrappolata nella ragnatela di un grosso ragno, che cala su di lei per divorarla: le stridule urla dell'infelice creatura ibrida attirano l'attenzione dell'Ispettore Charas, che ne rimane sconvolto. Queste sono sequenze di una tale genio da far meritare al film l'immortalità. Il dilemma morale è il seguente: se la povera Hélène ha ucciso un uomo con la testa di mosca, l'ufficiale di polizia ha ucciso una mosca con la testa d'uomo. Sono dunque entrambi colpevoli di omicidio, allo stesso identico modo. Questa considerazione porta Charas a restituire alla donna la libertà. A questo punto si può passare ad argomenti più ameni. In una scena vediamo il pasto di François Delambre con il figlio di André. Egli ha davanti a sé una bottiglia di vino rosso. Al bambino viene dato un bicchiere della bevanda inebriante, appena diluita con una piccola quantità d'acqua. Al giorno d'oggi non sarebbe più possibile mostrare in un film qualcosa di simile. La diversa sensibilità dei nostri tempi rispetto a quelli di Neumann è evidente anche nella vicenda del teletrasporto della gatta di Hélène. Se al giorno d'oggi un uomo provocasse la dispersione in atomi di un animale d'affezione della propria moglie, questa si vendicherebbe atrocemente su di lui, come minimo pugnalandolo fino a provocarne la morte. Le urla stridule di lei si sentirebbero da Montreal fino a Ushuaia, e i giudici la manderebbero senza dubbio assolta, "perché il fatto non costituisce reato". Poi andrebbe in giro a dire che il vero cognome del marito era Weinstein. 

André Delambre e Franz Kafka

Nella massima parte dei paesi del mondo, credo anche in Abkhazia, il titolo del film di Neumann è la traduzione letterale dall'inglese. In Italia no. Noi facciamo le cose in modo completamente diverso e non senza originalità. Anziché tradurre un banalissimo "The Fly", abbiamo preferito evocare un inesistente Dottor K., che nella pellicola non compare mai. Naturalmente l'iniziale K. sta per Kafka, per via del famosissimo racconto La metamorfosi, il cui protagonista si sveglia da un sonno inquieto e si ritrova trasformato in un gigantesco e orrido insetto ("fand er sich in seinem Bett zu einem ungeheuren Ungeziefer verwandelt."). Si noterà che il protagonista del racconto si chiama Gregor Samsa, il cui cognome non inizia affatto con K. come quello dell'autore. Tuttavia nell'immaginario collettivo, sembra che l'insetto stesso - tradizionalmente considerato uno scarafaggio - sia designato con il nome "Kafka". Forse è una riprova del fatto che in Italia si dice tanto di divorare centinaia di libri e non se ne legge attentamente nemmeno uno.

mercoledì 18 ottobre 2017


IL PASTO NUDO

Titolo originale: Naked Lunch
Paese di produzione: Canada, Regno Unito, Giappone
Anno: 1991
Durata:
115 min
Genere: Drammatico, fantastico, fantascienza
Regia: David Cronenberg
Soggetto:
William S. Burroughs
Sceneggiatura: David Cronenberg
Produttore: Jeremy Thomas
Casa di produzione: Film Trustees Ltd.
Distribuzione (Italia): DARC - Erre Produzioni (1993)
  Vivivideo, Panarecord (VHS)
  Eagle Pictures (DVD)
Fotografia: Peter Suschitzky
Montaggio: Ronald Sanders
Effetti speciali:
David Wiezer
Musiche: Howard Shore, Ornette Coleman
Scenografia: James McAteer, Elinor Rose Galbraith
Interpreti e personaggi    
    Peter Weller: Bill Lee
    Judy Davis: Joan Lee/Joan Frost
    Ian Holm: Tom Frost
    Julian Sands: Yves Cloquet
    Roy Scheider: dottor Benway
    Joseph Scoren: Kiki
    Monique Mercure: Fadela
    Nicholas Campbell: Hank
    Michael Zelniker: Martin
Doppiatori italiani    
    Luigi La Monica: Bill Lee
    Bruno Alessandro: Tom Frost
    Fabrizio Pucci: Yves Cloquet
    Michele Kalamera: dottor Benway
    Edoardo Nordio: Kiki
    Angelo Maggi: Hank
    Roberto Del Giudice: Martin
    Rodolfo Bianchi: voce delle creature


Trama: 

William Lee per vivere fa lo sterminatore di scarafaggi e sogna di diventare scrittore. Presto scopre che la moglie si droga iniettandosi la polvere gialla di piretro da lui usata nel suo lavoro. Portato alla polizia con l'accusa di possesso di stupefacenti, in preda ad allucinazioni vede un bacherozzo gigantesco che gli ordina di uccidere la moglie, a sua detta una spia della Interzone Incorporated. In preda alla furia, Lee ammazza l'insetto. Riuscito a sottrarsi ai poliziotti e tornato a casa, vi trova la moglie intenta a copulare col suo amico Hank. Mentre la donna a gambe aperte viene stantuffata meccanicamente dall'amante annoiato e incapace di giungere al culmine, il giovane Martin recita poesie senza né capo né coda. A questo punto Lee dice alla moglie che è giunto il momento di giocare a Guglielmo Tell: le mette un bicchiere sulla testa, quindi estrae la pistola e le pianta una pallottola in fronte. A causa di questo spiacevole incidente, William Lee deve lasciare l'America. Finisce così in un bar in cui incontra un mugwump, ossia un grosso alieno grigiastro e verrucoso che sembra il prodotto di un incubo. Il mugwump fornisce al fuggiasco un biglietto per l'Interzona e gli raccomanda di acquistare in loco una macchina da scrivere "Clark Nova" per comporre i suoi rapporti. È l'inizio di un incubo lisergico. L'aspirante scrittore, giunto nell'Interzona - che in buona sostanza è il Marocco - perde definitivamente il contatto con la realtà quando si imbatte in Joan Frost, una donna che somiglia talmente alla sua defunta consorte da poter essere un clone. Tutto procede in modo precipitoso fino al paradossale epilogo... 

Recensione:

Questo disturbante film di Cronenberg è stato soltanto in piccola parte tratto dall'omonimo romanzo dello scrittore William Seward Burroughs (Saint Louis, 1914 - Lawrence, 1997), esponente della Beat Generation e tossicomane estremo, che nella vita ha sperimentato ogni genere di droga in quantità tanto massicce da poter sterminare un esercito, vivendo abbastanza a lungo per descrivere le sue esperienze. Si è iniettato di tutto. Ha fumato di tutto. Ha inalato di tutto. Ha inghiottito di tutto. Si è infilato di tutto tramite supposte. Dato che la trama del romanzo è a dir poco confusa, il regista ha deciso di svilupparla includendovi numerosi episodi della vita reale dello scrittore di Saint Louis. Così le deliranti sequenze in cui si vede William Lee giocare a Guglielmo Tell con la moglie, fulminandola con una pallottola in fronte, si basano su fatti realmente accaduti. Burroughs dovette davvero fuggire a causa dell'uxoricidio preterintenzionale, rifugiandosi a Tangeri dopo lunghe peregrinazioni. Proprio l'ambiente della Casba marocchina, in cui un pappone procurava prostituti ai visitatori occidentali e la droga circolava liberamente, ha fornito l'ispirazione della famosa Interzona. I nomi non sono certo casuali. Studiando un po' la biografia di Burroughs, si comprendono le origini del nominativo del suo alter ego William Lee, che trae il suo cognome da quello della madre, Laura Lee. Egli lavorò davvero come disinfestatore, ovvero come sterminatore di scarafaggi, lavoro che lo tenne impegnato per sei mesi. Ci vorrebbero anni per sviscerare ogni dettaglio della vita di un personaggio così complesso. Un'altra vicenda realmente accaduta è mostrata nella seconda parte del film, quando due suoi amici, Martin e Hank, lo raggiungono nell'Interzona, trovandolo in preda al delirio tossico. Senza perdersi d'animo lo riconducono nella sua stanza e lo aiutano a sistemare i suoi scritti sparsi in centinaia di fogli, incitandolo a farne un volume e a pubblicarlo. Ecco, in realtà Martin e Hank rappresentano Allen Ginsberg e Jack Kerouac. Proprio da questi appunti sparsi è nato il romanzo Naked Lunch (noto anche come The Naked Lunch). In realtà sembra che il titolo dell'opera avrebbe dovuto essere Naked Lust, ossia "Lussuria Nuda", soltanto che Ginsberg lesse male la scrittura di Burroughs e se ne uscì a pronunciare "lust" come "lunch". L'idea piacque e della scelta nata dal caso fu data dallo stesso Kerouac la seguente spiegazione: "Il titolo significa esattamente ciò che le parole esprimono: Pasto NUDO – l’istante, raggelato, in cui si vede quello che c’è sulla punta della forchetta."  

Cose poco note sul Guglielmo Tell

Burroughs sparò nel cranio della moglie a Città del Messico e sull'accaduto non è mai stata fatta piena luce. Molti si sono chiesti perché lo scrittore non sia stato condannato per omicidio volontario. La storia, come al solito molto intricata, iniziò qualche tempo prima. Lo scrittore si amputò una falange in un non meglio precisato "rituale iniziatico indiano", partorito con ogni probabilità dalla sua fantasia malata. Si recò dallo strizzacervelli con la falange vantandosi dell'accaduto e come conseguenza fu subito internato. Uscito dal manicomio, si sposò con Joan Vollmer, un'amica appassionata consumatrice di stupefacenti, proprio come lui. Va detta una cosa: Burroughs era omosessuale. All'epoca era convinzione diffusa che l'omosessualità fosse curabile tramite il matrimonio, e forse fu questa la ragione della scelta. Mentre lo scrittore e la moglie abitavano in Texas, generarono un figlio, quindi si spostarono in Louisiana. Siccome era nell'aria un possibile arresto, i due espatriarono in Messico, pensando di rimanervi almeno cinque anni: giusto il tempo necessario per far cadere in prescrizione le imputazioni. Occorre considerare che in America la prescrizione giunge in fretta, ma decade all'istante e per sempre se un imputato viene arrestato anche solo un giorno prima della scadenza. A Città del Messico la coppia giunse presto ai ferri corti. Lo scrittore, trovandosi senza eroina, cominciò ad abusare delle droghe disponibili, principalmente benzedrina, cosa che gli destò un'insopprimibile avidità di rapporti sodomitici con altri uomini. Questo ingelosì la moglie, che si sentì abbandonata e si diede all'alcol. In preda all'ubriachezza, strombazzava a destra e a manca i vizietti del marito. Essere un maricón in Messico a quei tempi era molto più di un gravoso fardello: comportava il rischio di attacchi violenti e persino di linciaggio. Fu così che Burroughs trovò la moglie in un noto bar frequentato da americani, estrasse una pistola e in stato di alterazione le disse: "It's time for our William Tell act." La moglie, essa stessa ubriaca, costrinse il marito a metterle sul capo un bicchiere e a centrarlo. Il colpo partì, ma non colpì il bicchiere. Il Messico era un paese arretrato che tollerava in sostanza l'uxoricidio. Dopo 13 giorni di  carcere, gli ufficiali che si dovevano occupare del caso furono corrotti dal fratello di Burroughs, che riuscì a far liberare il prigioniero. Alla fine il tribunale lo condannò in contumacia a due anni di prigione, una pena irrisoria per un omicidio che in ogni caso fu ritenuto preterintenzionale. L'accaduto lasciò profonde cicatrici nell'autore di Naked Lunch, e nel film la scena del Guglielmo Tell è addirittura mostrata due volte.    

 

Entomologia burroughsiana

Il perno attorno a cui ruota l'intero film è costituito da una bizzarra forma di vita aliena che prende corpo nella fantasia allucinatoria dello sterminatore di scarafaggi fino a diventare densa e concreta come solo la realtà di veglia sa essere. Si tratta di un grosso coleottero senziente dalle elitre coriacee e dal ventre molle, rosato, con in mezzo un ano carnoso e flatulento che usa per proferire verbo. Questo insetto, che compare per la prima volta mentre Lee si trova al commissariato, in seguito prende forma dalla sua macchina da scrivere, fondendosi con le sue parti meccaniche, tanto da presentare sul suo capo una tastiera distorta, accartocciata tra i minuscoli occhi e le poderose mascelle. Anche senza considerare la capacità di parlare, l'ano dorsale è un dettaglio unico, che rende la creatura uno pseudo-coleottero, in realtà tassonomicamente molto distante dai veri insetti.

 

Il Mugwump

Nella lingua algonchina dei Massachusett, detti anche Natick o Wampanoag, la parola mugumquomp (anche mugquomp, mugguomp) indica il signore della guerra. Da questa parola indiana deriva il vocabolo inglese americano mugwump, che in origine aveva un forte connotato politico: era il soprannome dato a quei repubblicani che andando contro il loro partito sostennero il candidato democratico nelle presidenziali del 1884. Nel film descrive invece un alieno molto bizzarro, con la pelle coriacea e ricoperta da strane escrescenze, il muso vagamente simile a quello di un pappagallo. Sulla testa ha turgide appendici eccitabili e simili a peni, da cui scaturiscono fiotti di un liquido inebriante che è chiaro simbolo dello sperma. Quando William Lee conosce per la prima volta un mugwump in un bar, gli viene presentato come un amico "specializzato in ambivalenze sessuali". L'alieno dal muso di pappagallo sta lì seduto al bancone, sorseggiando con la sua lingua nera e carnosa un succo di frutta (forse di banana, ma potrebbe benissimo essere uno zabaione). Verso la fine del film, si vede uno spaventoso allevamento in cui i Mugwump vengono tenuti in catene e appesi, mentre numerose persone di ambo i sessi fellano avidamente le appendici peniene situate sul cranio corrugato per ottenerne il succo intossicante. Inutile dire che questa operazione di mungitura ricorda in modo sorprendente la fellatio.


Un simbionte degno di Ridley Scott

Il film di Cronenberg è stato realizzato anni dopo Alien di Ridley Scott (1979) e dopo Aliens - Scontro finale di James Cameron (1986), così possiamo pensare che il simbionte che sbuca da una macchina da scrivere sia stato concepito proprio grazie all'influenza della creatura parassitogena a noi tutti ben nota. In pratica è proprio un simbionte di xenomorfo con un paio di chiappe di donna proprio sotto il carapace dorsale e le esili zampe, con la coda che si prolunga dal coccige. A parte l'aspetto poco rassicurante, questa creatura sembra del tutto innocua, al più affetta da qualche stravagante morbosità sessuale: la domina Fadela la caccia via a frustate quando la scopre nell'atto di strusciarsi sui genitali di Joan Frost. A mio avviso le potenzialità di queste creazioni xenobiologiche erano immense, peccato che siano state disperse in una narrazione con poco costrutto. 

Il meme della droga telepatica  

Burroughs era convinto che la telepatia si sarebbe sviluppata tra gli oppressi, diventando l'arma con cui difendersi dal potere dello Stato e dalla sua capillare ingerenza. Spinto da questa certezza incrollabile, egli pensava di poter ottenere tali facoltà di comunicazione telepatica attraverso l'ingestione di un'erba amazzonica chiamata yagé. La sua previsione non si è affatto realizzata. Anzi, vediamo che la telepatia esiste, ma non è affatto il prodotto di una droga: è invece il prodotto della tecnologia ed è in mano ai potenti. Zuckerberg controlla telepaticamente la popolazione servendosi di captatori che scandagliano in tempo reale centinaia di milioni di cervelli che nulla possono contro la sua tirannia. Si può affermare senza timore di essere smentiti che la telepatia che siamo costretti a subire sia l'esatto contrario della fantomatica telepatia liberatoria di cui parlava l'autore di Naked Lunch. Ancora una volta vediamo come un genio del XX secolo si sia dimostrato incapace di profetizzare lo spaventoso mondo della nostra epoca. Per quanto riguarda la pretesa erba telepatica detta yagé, altro non è che l'ayahuasca, da cui si produce un intruglio potentemente emetico che non è certo in grado di permettere a chi lo ingurgita di leggere la mente altrui. A propalare il meme dei poteri dell'ayahuasca a quanto pare è stato un viaggiatore, Rafael Zerda Bayón, nel 1905. Quasi due decenni dopo, nel 1923, il chimico colombiano Guillermo Fischer Cárdenas avrebbe addirittura isolato una sostanza nell'ayahuasca, subito battezzata col nome di "telepatina". Queste informazioni, tratte dal Web dove compaiono ripetute ad nauseam, potrebbero essere a loro volta pacchetti memetici senza fondamento. Fatto sta che il meme della droga telepatica negli anni '30 e '40 si è indebolito ed è caduto in quiescenza, come spesso accade, per poi essere riesumato proprio da Burroughs. 

Altre recensioni e link interessanti:

Segnalo due sintetiche recensioni, una su Mymovies.it e l'altra su Comingsoon.it:



(Trovare un banner pubblicitario dei salumi Rovagnati nel bel mezzo di una pagina su Naked Lunch non ha prezzo. 😀)

Riporto infine qualche pagina che può essere utile per approfondimenti: 





domenica 15 ottobre 2017



RABID - SETE DI SANGUE

Titolo originale: Rabid
Paese di produzione: Canada
Anno: 1977
Durata: 90 minuti
Genere: Orrore
Regia: David Cronenberg
Soggetto: David Cronenberg
Sceneggiatura: David Cronenberg
Produttore: John Dunning
Fotografia: René Verzier
Montaggio: Jean LaFleur
Interpreti e personaggi   
    Marilyn Chambers: Rose
    Frank Moore: Hart
    Joe Silver: Murray Cypher
    Howard Rysphan: Dr. Dan Keloid
    Patricia Cage: Dr. Roxanne Keloid
   
Susan Roman: Mindy Kent
    Roger Periard: Lloyd Walsh
    Lynne Deragon: Infermiera Louise
    Terry Schonblum: Judy Glasberg
    Victor Désy: Claude LaPointe
    Julie Anna: Infermiera Rita
    Gary McKeehan: Smooth Eddy
    Terence G. Ross: Il fattore
    Allan Moyle: Giovane uomo nella loggia

Trama:

Rose è una motociclista che ha un grave incidente mentre viaggia col suo ragazzo, Hart. I due giovani vengono portati d'urgenza alla clinica del Dottor Keloid (nomen omen derivato da cheloide, ossia cicatrice indurita), che si trova nei pressi del lugo dello schianto. Questo Keloid è un chirurgo estetico che conduce studi poco ortodossi sul trapianto di cute prelevata dai morti. La sua ossessione sono i batteri che pullulano sulla pelle. Il realtà la pelle non è il luogo più carico di germi, come crede Keloid, che pare dimenticarsi dell'intestino e di quella pasta batterica marrone chiamata merda. Siccome la bellissima Rose è in pericolo di vita e rischia di rimanere sfigurata, il Dottor Keloid decide di effettuare su di lei un rischiosissimo trapianto di cute prelevata da alcuni cadaveri e conservata. Così facendo, la parte inferiore del corpo di Rose riceve una pelle nuova. Il trapianto sembra riuscito, eppure la paziente non riprende i sensi. Quando si sveglia, qualcosa in lei è mutato in modo irreversibile. Il suo corpo è splendido come prima dell'incidente, perfetto in ogni dettaglio... tranne che per un particolare: sotto un'ascella le è spuntato un ano preternaturale, dalla corona infiammata, da cui fa capolino uno stronzo rosso come il sangue e armato di un terribile aculeo. Sconvolta dalla sete di sangue, Rose si alza dal letto e si allontana nella notte per predare. È l'inizio di un incubo atroce che dilaga come una pestilenza, dato che ogni persona morsicata dalla donna si trasforma in uno zombie-vampiro. Presto la contrada si riempi di cadaveri deambulanti dal volto sporco di sangue e la situazione sfugge al controllo delle autorità. Rose, che oltre a essere il "paziente zero" è una portatrice sana, si reca a Montreal da sua sorella, innescando la catena di eventi che porterà il genere umano alla rovina.     

Recensione:

Questo film, uscito due anni dopo Shivers - Il demone sotto la pelle, ne ricalca molto la struttura e presenta ambientazioni simili. Utilizza anche alcuni attori, al punto che sembra quasi che tra le due narrazioni esista una continuità sostanziale. Troviamo ad esempio Murray Cypher, lo pseudo-Asimov interpretato da Joe Silver, che in Shivers veniva aggredito da uno stronzo semovente, corroso dall'acido e infine ucciso a sprangate. Anche qui lo stesso personaggio fa una fine orribile e in qualche misura assimilabile: entrato nel proprio appartamento, viene aggredito e ucciso in modo atroce dalla moglie mutata in zombie-vampiro, subito dopo aver scoperto che il suo figlio piccolo era stato dilaniato. Sembra il medesimo geroglifico d'orrore nei due film: lo scienziato che nel cuore della notte fa il suo ingresso in una casa e trova la sua orrenda nemesi. Lo stronzo paonazzo che emerge dall'orifizio formatosi sotto un'ascella di Rose-Marilyn Chambers è talmente simile agli stronzi di Shivers da apparire formato usando lo stesso materiale scenico, a cui è giusto stato applicato un aculeo.


La pornodiva di Providence

Magistrale l'interpretazione di Marilyn Chambers (1952-2009), che - non dimentichiamolo - era una pornodiva originaria in quella stessa Providence che diede i natali all'immortale H.P. Lovecraft. L'attrice raggiunse la fama nel 1970 con il film hard Behind the Green Door (Dietro la porta verde), dei fratelli Mitchell, che fu il primo porno ad essere distribuito regolarmente negli Stati Uniti. Quello fu anche il primo film in assoluto a mostrare una scena di sesso interrazziale tra la stessa Chambers e il pugile mandingo Johnny Keyes - cosa che recò immenso scandalo nella stessa industria del cinema hard, che evidentemente applicava le leggi di Jim Crow. Negli USA è assai raro che una pornodiva possa ricoprire ruoli di qualche importanza nel cinema non hard. Questo è accaduto alla Chambers, che in Rabid ha ottenuto il ruolo di protagonista. Il produttore Ivan Reitmann, probabilmente in stato di bizzarria, ha deciso che il film avrebbe avuto un grande successo all'estero se fosse stato interpretato da una famosa pornodiva. Sappiamo a posteriori che la sua trovata si è dimostrata vincente, così in genere viene definita "astuta". Cronenberg non conosceva la Chambers e aveva scelto come protagonista Sissy Spacek, che fu tuttavia scartata dai dirigenti dello studi per via del suo accento, giudicato inidoneo. Probabilmente si trattò di un singolare contrattempo, visto che la Spacek ebbe però successo interpretando Carrie - Lo sguardo di Satana, proprio nello stesso periodo in cui Rabid veniva prodotto. In ogni caso il regista fu impressionato dall'impegno e dalle doti drammatiche dell'attrice hard e fu presto entusiasta della sua recitazione. È stato un vero peccato che dopo Rabid la ragazza di Providence sia tornata a interpretare pellicole pornografiche, a partire da Insaziabile (Insatiable), del 1980, uscendo così dal genere cosiddetto "mainstream": avrebbe potuto dare altri contributi interessanti al cinema horror e drammatico. 


Eros e Thanatos

Come già nel suo film gemello Shivers, in Rabid emerge il tema profetico del contagio dell'AIDS. Mentre Shivers trattava l'associazione tra il sesso e le feci, qui si approfondisce l'associazione tra il sesso e il sangue: sono due aspetti complementari dello stesso connubio tra Eros e Thanatos. Il tema della contaminazione venerea si intreccia in modo indissolubile con quello dell'alterazione del corpo, che si esprime nella comparsa di un nuovo ano sotto un'ascella della protagonista (non somiglia affatto a una piccola vagina, come alcuni sostengono). Il pungiglione di Thanatos che emerge da questa apertura è un simbolo della predazione insita in ogni attività sessuale. Siamo lontani anni luce dall'idea melensa che le masse hanno del connubio tra i sessi come espressione di un sentimento idilliaco: qui si mette a nudo la vera natura della copula, uno scontro tra forze ferali che plasmano l'Inferno chiamato "vita", questa mostruosa anomalia cosmica, questo sfregio pestilenziale inferto alla quiete della Non Esistenza. Eccola la Verità: il sesso è merda, è conflitto, è terrore. Per alcuni, Cronenberg ci vuole parlare dell'impossibilità di accedere all'amore sessuale. "L'atto amoroso, impossibile altrimenti, è sublimato nell'atto di succhiare il sangue alle malcapitate vittime, maschi o femmine che siano." (Fonte: Wikipedia, 10/2017). A me pare piuttosto che l'atto amoroso sia descritto servendosi della metafora vampirica perché è un'aberrazione che contiene in sé il seme della Mors Ontologica.


Origini del vampirismo

Gli zombie assetati di sangue che vediamo in Rabid non presentano nessun elemento soprannaturale. Sono semplicemente le vittime di un morbo, il cui corpo agisce spinto dai comandi del patogeno che li ha infettati. Non si ha alcuna intrusione nel vasto reame della demonologia. Pur assimilando entrambi sangue umano per sopravvivere, i contagiati descritti da Cronenberg e il Nosferatu di Murnau sono tassonomicamente del tutto diversi. Si nota la profonda influenza del film La notte dei morti viventi (Night of the Living Dead), di George A. Romero (1968). Com'è a tutti chiaro, i morti viventi non hanno alcuna necessità di riuscire affascinanti. "Generalmente, la figura del vampiro tradizionalmente mostrata al cinema, aveva come tratto distintivo (eccetto rari casi) la componente seduttiva. In questo film invece la soddisfazione sessuale, e di conseguenza anche l'amore, sono resi impossibili dalla condizione stessa dell'essere vampiro." (Fonte: Wikipedia 10/2017). In una luttuosa epoca come quella in cui viviamo, afflitta dalla melensaggine di infiniti vampiri innamorati, sarebbe proprio il caso di ritornare all'esempio di Rabid e di mostrare personaggi disumanizzati, ridotti a cadaveri deambulanti che brancolano alla ricerca di sangue per placare la loro bramosia.

Batteri e virus

Il contagio che trasforma in zombie-vampiri è attribuito dai medici e dalle autorità a una variante della rabbia, pur presentando una sintomatologia molto differente. La rabbia è una malattia virale tipica dell'essere umano e di numerosi animali a sangue caldo. Può essere trasmessa da cani, lupi, volpi e persino procioni. Causa un'infiammazione acuta del cervello e se conclamata porta quasi ineluttabilmente alla morte. Tuttavia nel film, la causa della pandemia di vampirismo zombificante sembra essere piuttosto un batterio. Ci viene mostrato un campione della cute impiantata a Rose analizzato al microscopio e pullulante di batteri simili alla spirocheta della sifilide (Treponema pallidum). Sembra che il regista non avesse ben chiara la differenza tra virus e batteri, che appartengono a rami molto distanti dell'Albero della Vita. 


Exitus

Il terrificante epilogo, che è la gioia per ogni estinzionista come me, segna la Fine dell'Umanità. Vediamo che la pandemia di vampirismo zombificante si è sparsa su tutto il pianeta e che i pochissimi superstiti non colpiti dal morbo lottano duramente per sopravvivere. Rose, il cui stato privilegiato di portatrice sana è venuto meno in seguito al morso di un malato, giace in mezzo all'immondizia in un vicolo, lo sguardo pietrificato. Non si capisce bene se il suo corpo sia senza vita o se invece sia semplicemente colpito da paralisi. Arriva il camion con gli addetti allo smaltimento, paludati in pesanti tute anticontaminazione, con maschere in grado di evitare il benché minimo contatto col materiale infetto. Afferrano l'immobile corpo di Rose e lo gettano senza tanti complimenti nella macchina che tritura i rifiuti.

LA MOSCA

Titolo originale: The Fly
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 1986
Durata: 92 min
Genere: Orrore, fantascienza
Regia: David Cronenberg
Soggetto: George Langelaan
Sceneggiatura: Charles Edward Pogue, David
    Cronenberg
Produttore: Stuart Cornfeld
Casa di produzione: Brooksfilm
Fotografia: Mark Irwin
Montaggio: Ronald Sanders
Effetti speciali: Chris Walas, Jon Berg, Louis Craig,
    Hoyt Yeatman
Musiche: Howard Shore
Scenografia: Carol Spier
Interpreti e personaggi   
    Jeff Goldblum: Seth Brundle/il Brundlemosca
    Geena Davis: Veronica Quaife
    John Getz: Stathis Borans
    Joy Boushe: Tawny
    Leslie Carlson: Dr. Brent Cheevers
    George Chuvalo: Marky
    David Cronenberg: ginecologo
    Carol Lazare: infermiera
    Shawn Hewitt: impiegato
Doppiatori italiani   
    Romano Malaspina: Jeff Goldblum
    Pinella Dragani: Veronica Quaife
    Renato Cortesi: Stathis Borans
    Massimo Foschi: Dr. Brent Cheevers
    Stefano De Sando: ginecologo

Trama: 

Veronica "Ronnie" Quaife è una giornalista, futile e annoiata, che lavora per un'importante rivista scientifica. A un party incontra un bizzarro scienziato, Seth Brundle. Dovendo scrivere un servizio ma non sapendo bene su che argomento farlo, Ronnie finisce con l'intervistare lo studioso. Introverso e problematico, questi è molto lusingato dall'interesse della donna bellissima e le rivela di aver fatto una scoperta scientifica che cambierà il mondo. Si tratta del prototipo di una macchina del teletrasporto, che ha costruito sfruttando i fondi che gli arrivano dall'ente per cui lavorava. L'uomo vive in una specie di scantinato, dove ha assemblato un computer collegato a due grosse capsule metalliche: una è il trasmettitore, in cui entra l'oggetto da teletrasportare, l'altra è il recettore, dove l'oggetto teletrasportato si materializza. Convinta di aver messo le mani sullo scoop del secolo, Ronnie convince lo scienziato a permetterle di seguire e di documentare ogni fase della sperimentazione, mantenendo però il segreto fino a che non sarà raggiunto il risultato definitivo: il teletrasporto di un essere umano. Infatti la macchina è in grado di trasferire da una capsula all'altra soltanto oggetti inanimati. Se si cerca di teletrasportare materia vivente, si ha un'inversione di simmetria. Un babbuino usato per la sperimentazione finisce rovesciato come un guanto e trasformato in un orribile ammasso di carne pulsante. Ronnie spera di ottenere dal suo capo ed ex-amante Stathis Borans la pubblicazione del materiale raccolto, anche se questi si dimostra scettico. A questo punto nella vita di Seth Brundle accade un piacevole imprevisto, i cui frutti saranno tuttavia luttuosi. La sensuale giornalista, allo scopo di assicurarsi ogni esclusiva e di motivare il ricercatore, gli si concede. Ispirato dallo stato di beatitudine trasmessogli dal sesso, all'improvviso Seth ha un'intuizione geniale e riesce a capire come rimediare all'inconveniente della sua macchina. L'esperimento di teletrasporto di un secondo babbuino riesce alla perfezione. L'intenzione è di festeggiare, ma proprio sul più bello Ronnie dice al suo amante che deve chiudere alcuni conti con il passato, e allo scopo si reca da Borans. Seth si sente abbandonato e tradito. Dopo aver consumato uno squallido pasto cinese e aver bevuto molto spumante, è roso dalla gelosia e teme che la sua Ronnie si sia messa sotto la scrivania di Borans a fellarlo. Così si accende in lui la determinazione a compiere un atto spaventoso, che avrà conseguenze assolutamente funeste: decide di sperimentare le capsule del teletrasporto su se stesso. Si verifica infatti una fatalità, che forse sarebbe stata evitata se Seth non si fosse lasciato traviare da una donna: una mosca si infila con lui nella capsula un istante prima che la macchina si attivi. Il computer, ottuso come tutte le macchine, non sapendo come risolvere il problema, opta per la fusione a livello genetico e molecolare dell'uomo con l'insetto... 


Recensione:

Come ormai sanno anche i sassi, al centro del pensiero di Cronenberg sta il corpo umano con tutte le sue possibili trasformazioni, specie se teratogene. L'origine di questo film è il racconto La mosca (The Fly) di Georg Langelaan, risalente al 1957 e pubblicato per la prima volta su Playboy. Prima che se ne occupasse l'illustre regista di Toronto, il racconto di Langelaan era già stato tradotto in pellicola da Kurt Neumann nel 1958. Il film in questione, interpretato da Vincent Price, è anch'esso intitolato The Fly, che in Italia è stato reso come L'esperimento del Dottor K. per via della sua indebita associazione con Kafka. Va detto che tra l'opera di Neumann e quella di Cronenberg sussistono differenze abissali. Il film del 1958 ci mostra il tragico fallimento di uno scienziato positivista e prometeico la cui personalità è del tutto priva di spessore. Per contro, il film del 1986 ruota attorno a Seth Brundle, una figura tenebrosa e conflittuale, di cui ci viene mostrata la caduta agli Inferi. L'universo di Cronenberg è un abisso di tenebra assoluta in cui non filtra nemmeno un raggio del sole dell'illusione. Incomunicabilità totale e disperazione. I personaggi sono come fantasmi alla deriva nel vuoto intergalattico mentre ogni struttura del cosmo collassa, sono mere fluttuazioni di nulla quantistico sommerse dal rumore di fondo della morte ontologica.


Una terribile rivelazione

Cronenberg descrive magistralmente la catabasi di Seth Brundle, il suo passare dalle tenebre dell'ignoranza alla terribile Luce Nera dell'Annientamento man mano che si manifestano gli effetti della sua contaminazione genetica e molecolare. All'inizio, appena operato il proprio teletrasporto, l'uomo di scienza è convinto di aver subito una catarsi totale. Si sente forte e brillante, ogni sua naturale capacità fisica e mentale è enormemente accresciuta. Egli attribuisce questo prodigioso effetto a una sorta di palingenesi compiuta dal processo di riaggregazione del corpo disintegrato: è come un filtro che agisce su ogni singolo atomo eliminando ogni scoria, permettendo a tutti gli organi di funzionare al massimo delle proprie possibilità. A smentire queste rosee razionalizzazioni, presto fanno la loro comparsa sintomi subdoli, chiari soltanto allo spettatore. Alcuni peli neri e setosi crescono sulla ferita dove l'insetto ha fatto il suo ingresso. La pelle comincia ad alterarsi, coprendosi di foruncoli. Gli appetiti si esasperano e si fanno ben strani: l'uomo comincia a mangiare quantità industriali di dolci, arrivando al punto di affogare il caffè nello zucchero. Copula con l'amante in modo instancabile, sfinendola e facendola sudare come in un bagno turco: presto la donna non riesce a fornirgli prestazioni sufficienti, così lui va a cercare la compagnia di una prostituta. L'odore della pelle comincia a diventare nauseabondo, come il sentore delle mosche, in cui al dolciastro si mescola lo sterco. Subentrano segni di rigetto, dalla perdita dei padiglioni auricolari alla caduta dei denti. Anche le modalità dell'alimentazone cambiano: l'uomo-mosca rigurgita una poltiglia acida biancastra sulle merendine, sciogliendole, quindi si sorbisce il tutto. Due genomi incompatibili, uno umano e uno di dittero, lottano tra loro in ogni cellula, plasmando il corpo secondo un progetto incoerente a cui si può soltanto dare il nome di cancro


Punti deboli nella narrazione 

A parer mio viene meno troppo rapidamente l'impossibilità di teletrasportare esseri viventi o loro parti. Non si capisce affatto quale fosse il problema e ancor meno quale sia stata l'intuizione che ha portato Seth Brundle a risolverlo, riuscendo così nei propri intenti. Questa improvvisa accelerazione narrativa nuoce un po' alla comprensione. Forse il regista avrebbe potuto giocare meglio sul thriller filosofico, con tutte le sue implicazioni, magari enucleando qualche terribile segreto della fisica subatomica. Una grave omissione è invece riscontrabile nelle pulsioni della mosca che emerge sempre più nel Seth ibridato: Cronenberg non ci mostra quella che è la caratteristica principale di quell'insetto, la coprofagia! A mio avviso il ricercatore mutato avrebbe dovuto cercare gli escrementi di Ronnie e poi quelli della prostituta per ingurgitarli avidamente, anche a costo di sfidare radicati tabù, come aveva invece osato in un altro suo film: Shivers - Il demone sotto la pelle.   

Difficoltà ontologiche

Al momento la Scienza è in grado di teletrasportare soltanto particelle subatomiche, per l'esattezza fotoni (quanti di luce). Se anche il teletrasporto esistesse e fosse operativo per esseri umani, non mi azzarderei mai e poi mai a sperimentarlo. Nessuno può dare la certezza che l'essere che arriva sia lo stesso di quello che parte. In altre parole, l'individualità della persona scompasta e quella della persona riassemblata potrebbero benissimo essere due cose diverse. Chi entrasse nella capsula potrebbe morire all'istante come la macchina entra in funzione, e potrebbe comparire altrove un essere differente, dotato di tutti i ricordi e di tutte le emozioni della persona appena scomparsa nel niente - ma con una storia interamente fittizia. Il problema è che non può esistere alcun esperimento capace di risolvere la questione. Questa indeterminazione è talmente tremenda, che penso sia meglio non sperimentare mai una simile tecnologia su esseri viventi - posto che si arriverà mai a portarla a compimento. 

Contraddizioni insanabili

Ovviamente questo splendido film va preso per quello che è, senza elucubrare troppo su ciò che è possibile e su ciò che è impossibile. Tuttava non posso fare a meno di pormi domande e di cercare risposte. In realtà non sarebbe necessaria una mosca per innescare la catastrofe: il rudimentale computer con interfaccia primitiva avrebbe incontrato lo stesso problema con i moltissimi acari demodex che infestano la cute dell'uomo, annidandosi nei follicoli sebacei. Sono presenti su tutti gli esseri umano. Anche le modelle ne hanno, anche se in piccolo numero e senza segni visibili - mentre io ne ho un allevamento che mi provoca irritazioni, punti neri e foruncoli purulenti. Per non parlare dei batteri. Come potrebbe fare il computer a teletrasportare la flora batterica mantenendone la coerenza? Se la macchina fosse stata capace di farlo, a maggior ragione avrebbe teletrasportato anche la mosca tenendola separata dall'uomo. O dobbiamo forse pensare che il processo di teletrasporto presenti difficoltà soltanto con esseri al di sopra di certe dimensioni? Se così fosse, quale ne sarebbe mai il motivo?

Altre recensioni:

Segnalo un interessantissimo articolo sul film, apparso su Sentieriselvaggi.it

giovedì 12 ottobre 2017

I MILLENNIALS E IL CONTESTO

In questo macrosistema possiamo identificare la Generazione Y, o Millennials, come quella che prova a emergere, ritagliandosi tra mille difficoltà uno spazio fra le consolidate gerarchie lavorative e sociali. Questa generazione è quella composta da ragazzi nati dal 1980 fino ai primi anni 2000. Si parla di giovani che hanno goduto di ottime condizioni di partenza e hanno potuto dedicarsi allo studio; infatti una buona percentuale di loro è laureata ed è depositaria di un sapere e un saper fare ignoti ad altri gruppi di popolazione.

Cosa impedisce ai Millennials di prendere il posto che spetterebbe loro di diritto? Tra le tante cause possibili c'è senz'altro la situazione di contesto.

La tecnologia e la globalizzazione hanno contratto lo spazio e il tempo e stanno trasformando la società da stazionaria (lavoro a tempo indeterminato, casa di proprietà, comunità locali) a nomade (lavoro a progetto, continui traslochi, comunità online).

Questo influisce fortemente sulle abitudini delle nuove generazioni, che faticano a trovare stabilità economica, sociale, affettiva, spirituale ed emotiva. Come osserva Zygmunt Bauman: "La generazione meglio equipaggiata tecnologicamente di tutta la storia umana è anche quella afflitta come nessun'altra da sensazioni di insicurezza e d'impotenza."2

  2 Z. Bauman, Paura Liquida, Roma-Bari, Laterza, 2006

Data l'imprevedibilità dei mutamenti in atto, le azioni da intraprendere devono rispondere a una forma mentis differente rispetto a quanto si continua a insegnare. Le dinamiche che regolano il mondo diventano sempre più complesse, ma l'educazione è affrontata ancora in maniera settoriale e riduzionistica: la Generazione Y che esce dalle università si ritrova a fare i conti con un sistema economico e sociale che non rispecchia le sue aspettative.

Accade spesso che, a fronte di esperienze universitarie molto valide, ci si ritrovi a contestare quanto le figure professionali che si prefigurano in ambito accademico non coincidano con quelle che possono operare proficuamente nella realtà attuale. Qualche anno fa, ho frequentato un corso di Design industriale e, per quanto l'esperienza in generale sia stata molto formativa, non ho potuto fare a meno di  constatare l'assenza di un pensiero critico che riflettesse sul legame profondo fra il designer e il contesto nel quale opera. Ciò che viene insegnato non tiene in considerazione il suo impatto sociale e ambientale. Spesso si tratta di formare tecnici al servizio delle aziende, in grado di trasformare in prodotto analisi di marketing basate su tipologie e target specifici.
Vicktor Papanek, già negli anni Settanta scriveva: "There are professions more harmful than industrial design, but only a very few of them. And possibly only one profession is phonier. Advertising design, in persuading people to buy things they don't need, with money they don't have, in order to impress others who don't care, is probably the phoniest field in existence today. Industrial design, by concocting the tawdry idiocies hawked by advertisers, comes as a close second".

Tornando al contesto, mi sono sempre chiesto cosa significhi fare il designer industriale in un Paese senza grandi industrie. Con una tradizione di piccole e medie imprese forse sarebbe più utile puntare sull'imprenditorialità, insegnare ai giovani progettisti come poter essere indipendenti, condividere il proprio sapere con altre figure professionali complementari e costruire insieme dei percorsi utili per se stessi e per gli altri. È solo un esempio, ma è possibile osservare come nell'ambiente accademico la frammentazione e l'iperspecializzazione delle conoscenze spingano sempre più giovani a non riflettere approfonditamente sul senso del loro lavoro, sul loro potenziale ruolo innovativo e positivo nella società.

Dario Bucci, Generazione 2030
Equilibri. Rivista per lo sviluppo sostenibile, Il Mulino, 1/2016

Peccato che Zygmunt Bauman e l'autore del contributo alla rivista Equilibri non tengano conto di alcuni fattori molto importanti. 

1) La generazione dei Millennials è la prima nella storia del genere umano ad essere cresciuta in uno stato di completo scollamento dalla realtà. Le competenze da loro accumulate sono tante ma non hanno alcuna utilità pratica.
2) La generazione dei Millennials è caratterizzata da una crescita lenta. I giovani nati in epoca digitale mostrano un notevole ritardo a fare ingresso nel mondo degli adulti, come conseguenza delle condizioni estremamente agiate e vantaggiose in cui sono cresciuti. Vale questo nesso causale: 

Nessuna necessità di crescere causa contesto agiato => Nessuna necessità di applicare le conoscenze teoriche e schematiche acquisite.  
3) Quando i Millennials tentano di trovare il loro posto nel mondo vengono macinati perché il peso del loro scollamento dalla realtà li schiaccia e li stritola. Questo non avviene per problemi ambientali, legati al contesto, come piace pensare alla futile setta dei sociologi: la vera causa è genetica e ontologica. Si colgono segni evidenti di un processo a cui possiamo dare un solo nome: Involuzione della Specie.  

Queste tendenze si accentuano drammaticamente nella generazione successiva a quella dei Millennials (detta iGen, Generazione Z, Post-Millennials, Centennials o Plurals), formata da persone nate dopo i primi anni del XXI secolo. L'Involuzione continua, tanto che emergono sempre più i tratti caratteristici di un processo di riscimmiazione.

In realtà questa definizione potrebbe sembrare ingenerosa nei confronti delle scimmie e delle loro capacità. Lo scimpanzé che utilizza pietre per schiacciare le noci o i fili d'erba per estrarre le termiti da un termitaio, è padrone di una tecnologia che gli permette di migliorare le proprie condizioni. Grazie a queste competenze, il Pan troglodytes riesce a strappare qualche beneficio alla funesta Natura, integrando la propria dieta con nutrienti preziosi altrimenti inaccessibili. Per contro, l'adolescente riscimmiato dei nostri giorni dipende interamente da una tecnologia di cui ignora i princìpi fondanti. Se gli venisse a mancare la connessione a Internet, se gli venissero a mancare gli smartphone, si troverebbe in uno stato di isolamento assoluto dall'universo circostante. Uno stato che potremmo descrivere come catatonia solipsistica. Un simile giovane non potrebbe competere con le capacità di un babbuino: sarebbe nelle condizioni di una scimmia cieca e paralitica.

Una generazione di zombie con meno neuroni di un baco da seta. "Uno su due andrà all'università". Se ne usciranno archeologi, investiranno capitali per cercare l'account Facebook e il numero di cellulare dell'Imperatore Costantino.

mercoledì 11 ottobre 2017


 
NETANYAHU NEUTRALIZZATO
DA ZUCKERBERG 

Gli zeloti hanno una profonda idiosincrasia nei confronti dell'orina, delle feci e dell'orifizio anale. La religione condiziona ogni aspetto della loro vita e li porta a tumultuare spesso. Non passa giorno senza che quei settari minaccino la pace sociale in Israele. Netanyahu non può permettersi di inimicarseli, o per lui è finita. Questo circolo vizioso lo ha portato al disastro e lo ha reso impotente. La mia ricostruzione dell'accaduto è assai semplice. Zuckerberg ha presto trovato il modo di ricattare Netanyahu, avendo raccolto su di lui dati a dir poco cruciali. Minacciando di rendere pubblico materiale che avrebbe annientato il Primo Ministro israeliano, il Signore di Facebook ha ottenuto il suo scopo. Perché, vedete, tale materiale è talmente compromettente che anche solo una fuga di notizie riuscirebbe disastrosa. Si può dedurre qualcosa di più preciso sulla natura del materiale in questione: con ogni probabilità mostra Netanyahu nell'atto di lappare il boccone del prete alle prostitute e di farsi da loro orinare addosso. Proprio ciò che manda in bestia gli zeloti. Questo spiega perché alle continue e tonanti minacce di Bibi non abbiano fatto seguito atti concreti di sorta. Se le notizie sui suoi vizietti si fossero risapute, gli Haredim si sarebbero rivoltati, ed egli avrebbe anche perso il rispetto dei suoi stessi militari, con conseguenze catastrofiche. Così Netanyahu è rimasto paralizzato, proprio come la preda di un ragno. Si tenga conto che Zuckerberg agisce per spingere tutti gli Israeliti del mondo a migrare in massa nella loro terra ancestrale. Per questo motivo favorisce con ogni mezzo la diffusione del più feroce antisemitismo tra le genti. Ha permesso scientemente la propagazione capillare delle opere di Julius Streicher e dei Protocolli dei Savi di Sion, rendendo rampante l'odio antisemita. Gli ostacoli al suo dissennato progetto sono numerosi, ma lui non si perde d’animo ed escogita sempre nuove soluzioni di un cinismo davvero raggelante. Solo per fare un esempio, gli ebrei residenti in Europa sono molto furbi: in Israele non vogliono andarci, perché non si sta molto bene in un paese in cui se si esce al mattino non si sa se si rincasa alla sera. Così Zuckerberg intensifica il proliferare dell’antisemitismo nei paesi dell’Unione, mirando a far addensare nuvole temporalesche sulle comunità ebraiche, agendo affinché in tutta Europa si scatenino torbidi e sommosse, permettendo che gli antisemiti più radicali vi pullulino. In Francia, dove la situazione è già grave per via della presenza di grandi masse di musulmani ostili, si segnalano appelli delle autorità rabbiniche che consigliano ai membri delle comunità l’emigrazione in Israele. Sono consapevole del fatto che per molti quanto affermo suoni assurdo e paradossale, ma questa è la realtà dei fatti. Se ci fosse anche soltanto una minaccia di ascesa al potere di partiti antisemiti e se si cominciasse addirittura a parlare del rischio di pogrom, per Zuckerberg sarebbe meglio ancora: si innescherebbe in men che non si dica un esodo verso Israele.

  
USO STRUMENTALE DELLE ATROCITÀ

In questa società terminale, i fatti più orribili non destano raccapriccio per la loro natura: vengono invece usati strumentalmente per sostenere o confutare una qualche tesi politica. A nessuno sembra interessare se una ragazza viene stuprata, ma solo se lo stupratore è autoctono o allogeno. Si è arrivati a tal punto, che se uno stupro conferma le proprie tesi, i commentatori gioiscono. Non esiste nessuna pietà per le vittime. Nemmeno nella Roma antica c’erano simili mostruosità. Si trovavano corpi di bambini esposti e di adulti gettati nelle fogne a cielo aperto a marcire, i folli e i crudeli non mancavano di certo, ma non si trovava la forma mentis aberrante che impera nei social network. Non si trovavano esempi di completo scollamento dalla realtà dei fatti, come quelli a cui assistiamo oggi. Il processo di degenerazione cognitiva è giunto a tal punto che potremmo definire il genere umano un tumore. I pochi anticorpi sopravvissuti si agitano nella solitudine e nella disperazione. “La specie umana è moribonda e spera di risorgere. Gli esseri umani sono frutto del caso: un tentativo fallito. E quando un esperimento fallisce, non ci si ostina a ripeterlo: si ricomincia da zero. E si seguono premesse e schemi migliori. Loro non meritano una seconda possibilità. E io la impedirò a tutti i costi.” (cit.). Se lavorassi in un laboratorio di xenobiologia, nel giro di pochi anni comincerebbero a circolare i neomorfi.

martedì 10 ottobre 2017



IL LINGUAGGIO DESTRUTTURATO
DEI GIORNALISTI

Apro la sezione “Salute e Benessere” di ANSA e mi imbatto nella seguente perla: “Oetzi, la mummia di Similaun trovata in Alto Adige, era più geneticamente predisposta all'infarto rispetto all'uomo moderno”. Forse i giornalisti non riescono a capire una cosa molto semplice: quella povera mummia, essendo un corpo morto da millenni, difficilmente può esserere affetta da infarto. Nessuno insegna più il metodo logico-deduttivo di Sherlock Holmes? Evidentemente no. Eppure non ci sarebbe voluto molto a scrivere “Oetzi, l’uomo la cui mummia è stata trovata in Alto Adige, era geneticamente più predisposto all’infarto rispetto all’uomo moderno”. Già, perché non ha senso neanche dire che una mummia era “più geneticamente predisposta all’infarto”. Si deve dire che quell’uomo (da vivo) era “geneticamente più predisposto all’infarto”. L’ordine delle parole in italiano dovrebbe avere ancora un senso. Si consideri poi la locuzione “uomo moderno”. Nel linguaggio corrente sta per “uomo attuale”, mentre per i paleontologi indica la specie Homo sapiens, di cui anche l’individuo soprannominato Oetzi faceva parte. Anche se Homo sapiens fa parte della famiglia degli ominidi, il sottotitolo “Studi sul suo corpo e su quello di altri ominidi” fa pensare che Oetzi fosse una specie di uomo arcaico come l’uomo di Neanderthal e i Denisovani, il che è falso. Anche un articolo così interessante è stato guastato da giornalisti privi di qualsiasi competenza scientifica e linguistica, della stessa pasta di quelli che tempo fa hanno scritto “Casetta per uccelli antincendio” e “Cadavere trovato in appartamento in avanzato stato di decomposizione”.

domenica 8 ottobre 2017


ALCUNE CONSIDERAZIONI SUI VACCINI
E SULL'ANTIVACCINISMO

Le probabilità di subire una reazione avversa in seguito a una vaccinazione sono molto minori di quelle di avere un incidente stradale. È più facile essere rapiti dai terroristi dell'ISIS che incorrere in una reazione infausta dopo l’iniezione di un vaccino, questo è fuor di dubbio. Per contro è un dato di fatto inconfutabile che gli incidenti stradali sono molto comuni, che possono essere molto gravi e che spesso portano conseguenze indesiderabili come l'invalidità permanente, il coma irreversibile e la morte. Eppure non gliene frega un cazzo a nessuno! Nessuno rinuncia a guidare per paura delle conseguenze, gli automobilisti non ci pensano nemmeno per un attimo a smettere, perché fa loro comodo condurre veicoli. Ogni guidatore si crede immortale e invulnerabile. Inoltre va detto che con la macchina si lavora, si scopa, si va in vacanza, si adempie a tutti i culti idolatrici di questo presente materialista. Non esiste quindi l'antiautomobilismo, nessuno ha neppure l’ombra di un vago interesse a sostenerlo, nessun politico investirà mai in una simile idea, né potrà trarre vantaggi dalla sua propagazione. Il pubblico sarà sempre composto da pecore lobotomizzate, manovrabili a piacimento da chi le tosa, le castra e le scanna.