domenica 27 aprile 2014

 

I CAMPI DI INUMAZIONE DELLA BLOGOSFERA 

Nonostante la piattaforma blogosferica Splinder sia andata distrutta all'inizio del 2012, il motore di ricerca Splogspot.com continua ad etichettare come splog numerosi portali da lungo tempo distrutti. Riporto qui un breve elenco di reperti di archeologia blogosferica composto nel 2010, pubblicato a suo tempo nel mio vecchio blog Esilio a Mordor - a sua volta estinto. Agli indirizzi più significativi avevo aggiunto una sommaria descrizione dei contenuti che all'epoca erano ancora accessibili. Ripropongo tutto ciò a pubblica edificazione, affinché eventuali lettori possano meditare sulla caducità di ogni cosa. Ovviamente i link splinderiani presenti in Splogspot sono ora meri fantasmi che portano tutti identicamente in Peeplo.  

Amo le api
(amoleapi.splinder.com)
Blog di un apicoltore friulano, ingiustamente catalogato come splog. Ricordo di averlo incrociato in home e di esserci entrato qualche anno fa. Avevo pensato di chiedergli se producesse idromele, ma poi vi ho rinunciato.  


An awful ribbon against bird flu
(theawfulribbon.splinder.com)
Un titolo che incuriosisce, ma è il portale è stato cancellato. 


Antea
(antea.splinder.com)

Il blog della mia amica Antea, bella e bionda. Abbandonato nel settembre 2007. Posso garantire che non è uno splog. Ultime parole: "Chiuso momentaneamente per stufisia. Si. Sono stufa. Sono stufa dei tanti personaggi che girano qui attorno. Gente che non si degna mai di venirti a trovare e tu sei sempre sopra al blog degli altri per salutare. Sono stufa di dover aggiornare qualcosa che non porta a niente se non a distribuire delle immagini che in pochi apprezzano." Ho inviato una notifica per avvertire Splogspot che Antea non è uno splog; tuttavia permane nella lista nonostante i miei sforzi. 


Babbuini di ceramica enormi 
(babbuinidiceramicaenormi.splinder.com)
È stato reso privato e non ho la più pallida idea del suo contenuto. 


Bloggers contro la guerra 
(bloggerscontroguerra.splinder.com)
Agonizzante nel 2007, estinto con un post discontinuo nell'ottobre 2008. Era un blog spesso in home che ha goduto di una certa fama ai tempi in cui impreversava Bush. La sua inclusione tra gli splog mi appare incomprensibile. 


Blog habbo
(violetta4.splinder.com)
Abbandonato nel maggio 2006. Ricordo che a quell'epoca questa setta chiamata "Habbo" subì feroci persecuzioni. Qualcuno scrisse sulla schermata di un portale annientato: "Questo sito è pieno di habbomani e merita il rogo". Non ho mai capito, se devo essere sincero, quale sia l'etimologia di questo singolare nome e di cosa si occupi la setta in questione. Guardando i blog "Habbo", si direbbe che siano innocui portali di grafica dedicati a un qualche tipo di realtà virtuale.  


BLOG - IL FLUIDO CHE UCCIDE!!!! 
(hystaspes.splinder.com)
Purtroppo è stato reso privato, mi sarebbe piaciuto visitarlo.  


Covo di bestemmie e scatarrate
(fioreselvaggio.splinder.com)
Si è spento (ultimo post aprile 2009). Una perla: "..prima o poi tutti finiremo i nostri giorni al bar". L'autore si presentava "No, non è Dawsone"; pubblicava post di Beppe Grillo e video di Marco Travaglio. Il suo capolavoro si intitola "Bradipo smarrito"


Defenestrazione virtuale 
(defenestrazionevirtuale.splinder.com)
Abbandonato ad aprile 2010, è un semplice diario online come tanti altri e non è certamente uno splog. "Esternazione di pensieri scomodi, difettosi, importanti... espulsione corporea di sensazioni, sentimenti... desideri e immaginazioni... Un cestino insomma, raffinato e sottile, ma pur sempre un cestino. E Caliel è l'angelo custode di questo luogo..."  


Deliri di un Demone
(abraxs.splinder.com)
Abbandonato nel settembre 2006. "Appena scopro chi e cosa sono ve lo fò sapere..." Alcuni deliri sono particolarmente bizzarri: "L'amica lesbica naturalmente non prova interesse al mondo maschile... ma cari omini...lesbiche non lo siamo un pò tutti???" 


Delle Bislacche Ombre
(aronar.splinder.com)
Abbandonato nel febbraio 2008. Include un banner "Scemo-Pride" ormai invisibile. Non sembra essere uno splog. 


Demografia Online
(demography.splinder.com)
Spento nel 2006, completo di annuario statistico degli aborti. 


Ergon
(ergon.splinder.com):
Abbandonato nel novembre 2008. Era interessante, pieno di storie fantasiose su un pianeta alieno chiamato per l'appunto Ergon, davvero ben studiato. Notevoli i nomi e le parole nella lingua locale. Peccato che abbia interrotto le pubblicazioni. 


Exoteric Sex Electronics 
(exoteric.splinder.com)
Un blog davvero caotico ma ricco di spunti, scritto in un denso slang inglese. Tratta di argomenti eterogenei e quasi incomprensibili, qualcosa che ha a che fare con discografia underground, fantasmi, corpi astrali e pornografia retro. Si è spento nel novembre 2009, lasciando il link a Nil By Mouth (www.exoteric- zine.com/nilbymouth/), il nuovo quartier generale. La prima volta che ho sentito la locuzione Nil By Mouth, ho pensato ingenuamente all'invenzione di una subcultura punk avversa alla fellatio, mentre in realtà si riferisce a qualcosa di ben più drammatico. 


HEI SONO TUTTA NUDA, GUARDAMI !
(pinkpanik.splinder.com)
Abbandonato nell'ottobre 2009. Voleva assomigliare a una lucertola al sole. 


In Absentia Lucis Tenebrae Vincunt 
(eternalgraveyard.splinder.com
Lo ricordo dall'epoca dei vagabondaggi blogosferici di qualche anno fa. Lo si vedeva spesso in home, tra i pochi dal titolo latino con le desinenze corrette. In genere viene usato il "latino dei metallari", con capolavori tipo "Dominus Tenebra" e simili. 


Interfaccia col Nulla  
(interfacciacolnulla.splinder.com)
Titolo promettente, contenuti deludenti. "PERLE DI SAGGEZZA: C'è un gruppo di lupi mannari che è immune alle pallottole d'argento. L'unico materiale che li può uccidere è... IL TITANIO!"; "I PROPOSITI IRRINUCIABILI: raggiungere nuove vette di stupidità". In pratica il blog di Harry Crumb. 


Kiss my Fucking Soul  
(kissmyfuckingsoul.splinder.com)
Cancellato, l'url non corrisponde più ad alcuno spazio virtuale. 


La Torre di Babele di Pino Scaccia
(pinoscaccia.splinder.com)
Non ho parole. Ogni ulteriore commento mi pare superfluo. 


Le Ragazze Arrapanti  
(leragazzearrapanti.splinder.com)
Abbandonato nel gennaio 2006. Chi vi cercasse un sito hard rimarrebbe deluso nel visitarlo.  


Le scimmie ti guardano
(adesivisland.splinder.com)
Abbandonato nel febbraio 2008. Era tra i produttori di template, una pratica un tempo molto diffusa nella blogosfera splinderiana, oggi praticamente estinta. 


MANIFESTO TAMPAX 
(manifestotampax.splinder.com)
È stato annientato, prima che Carlo d'Inghilterra potesse infilarci dentro il naso.  


Mille Calci Negli Zebedei  
(facciadicazzo.splinder.com)
Abbandonato nel giugno 2008. 


Naturale processo di eliminazione
(inoculailmiogerme.splinder.com)
È stato reso privato. Peccato. Almeno a giudicare dal nome prometteva bene. 


NaziBoy - Ragazzo nazista
(naziboy.splinder.com)
Abbandonato nel novembre 2005. Il diario di un sedicente nazionalsocialista. Ho curiosato nel suo contatore Shinystat, scoprendo che i rarissimi visitatori arrivano con chiavi di ricerca stravaganti, come "nazisti handicappati" e "donne ingravidate da anonimo negro"


NO AL BLOG MODERNO 
(noalblogmoderno.splinder.com)
Abbandonato nell'aprile 2008. Mi ricorda tanto un amico che cercava dvd dell'epoca vittoriana. 


Occhi Astigmatici  
(occhiastigmatici.splinder.com)
Abbandonato nel dicembre 2005. "Un luogo dove l'asimmetria può regnare a fianco del lineare e del coerente. Uno spazio dove il triangolo scaleno va a braccetto con l'equilatero." 


Orbite Eccentriche
(caosritmici.splinder.com)

Uno dei tanti tentativi abortiti, un blog aperto per noia e subito interrotto. 


Puffomynkja, Il figlio di LapsusMagazine  
(puffomynkja.splinder.com)
Abbandonato nel novembre 2009. "Ecco cinque buone ragioni per leggere questo blog: 1)contiene più latte e meno cacao; 2)tiene lontani i pidocchi; 3)porta fortuna: un mio amico l'ha letto, ed oggi scopa come un facocero; 4) migliora la memoria; 5)porta fortuna: un mio amico l'ha letto, ed oggi scopa come un facocero".  Permane qualche incertezza sulla pronuncia. Si pensa che la -j- stia per la semivocale e che si legga "Puffominchia". Se fosse invece il suono palatale espresso dalla lettera inglese, il nome risulterebbe quasi impronunciabile.  


Regno del Crepuscolo 
(regnodelcrepuscolo.splinder.com)
Abbandonato nel novembre 2009, parla di contatti con alieni, catastrofi lisergiche e altre amenità.  


Schiavi della libertà, liberi da Windows 
(giorgix.splinder.com)
Abbandonato nel novembre 2005. "Uno spazio di unione per la libertà e contro la dittatura Microsoft". Intento lodevole, ma pubblicazione discontinua, assenza di disciplina, linguaggio poco incisivo. Il ciclo vitale di questo blog è compreso nell'arco di soli 10 giorni, fiorendo il 21 di novembre per essere già decomposto il 30. 


Sito Forno 
(sitoforno.splinder.com)
Abbandonato nel luglio 2008. Ovviamente "Forno" sta per "Phorno", alterazione goliardica di "Porno". Ricordo bene questo blog. Adesso sono rimasti sono pochissimi post insignificanti, ma un tempo era ben diverso. L'autore aveva la peculiarità di parlare scambiando tra loro "f" e "p", e se ne usciva con trovate esilaranti, tipo "fornodiva in Fakistan", "non lo safevo", etc. L'ultimo messaggio ancora visibile recita: "Fensa allora se safessero di Flatinette!" 


Sputi di anfetamina
(loststar.splinder.com

La schermata azzurra ha una raccomandazione interessante (Join Unhappines) e rimanda a un altro portale, a sua volta privato e con solo la scritta bah. Senso dell'umorismo bacato. 

The Human Condition
(dreamsandtragedies.splinder.com

Certo non sembra essere uno splog, ma solo un normalissimo diario online, quali se ne vedono centinaia e centinaia ogni giorno. 

The Land of Sadness
(kelom.splinder.com)
Estinto, cancellato. Mi incuriosisce per il suo nome antico, KELOM, difficilmente compatibile con quelle migliaia di blog adolescenziali che uniscono titoli suggestivi a testi assolutamente vacui. Ormai però è troppo tardi per stabilire qualcosa. 


Tutte le donne che mi sono scopato 
(10ragazzeperme.splinder.com).
Che dire? Buona sifilide! 


Un criceto tra le uvette è un terrorista 
(nanocattivo.splinder.com)
Abbandonato nel settembre 2009. "c'era una volta Gengis Gangillo, che il tempo s'è portato via lasciando il posto a personaggi di dubbia fama. Qui sono racchiusi racconti di gloriose battaglie perse, d'eroi passati senza lasciare il segno e di piccole banlieue impertinenti, romanticamente e fieramente arretrate. Romanticismo e volgarità, d'altronde, aspettano solo che sia buio per trombare come criceti." 


Vampirismo Animale
(gattavampira.splinder.com)
Abbandonato nel giugno 2008. 


Vertigine di Piombo  
(vertiginedipiombo.splinder.com)
Abbandonato nel luglio 2006. "Impossibile visualizzare il suo pensiero". Dal titolo sembrerebbe un pezzo da collezione della Biblioteca di Babele di Borges.

sabato 26 aprile 2014

LA LINGUA DEI TAIFALI

Tra i popoli più misteriosi e singolari della tarda antichità si possono citare senza dubbio i Taifali. Si tratta di una popolazione le cui sedi originarie erano in quella che attualmente sono le regioni orientali della Germania. L'etnonimo è noto con numerose varianti: Taiphali, Taifalae, Theifali, Tafili, Thaphili, Tayfali. Migrati a meridione, i Taifali sono giunti in Oltenia, nel territorio della Dacia che trae il suo nome dal fiume Olt (antico Alutus). La loro storia, assai tormentata, li porta ad associare per molto tempo le loro sorti a quelle dei Goti, pur essendo a mio avviso chiara la loro origine dissimile.

Se alcuni si dicono tanto certi dell'origine germanica dei Taifali da ritenerli un ramo dei Goti, non tutti sono d'accordo con quest'idea semplicistica. Esiste una radicata tradizione sull'origine sarmatica di queste genti, ma non esiste alcuna prova convincente in favore di tale ipotesi. I Sarmati erano popolazioni nomadi di linqua iranica, che abitavano nelle steppe orientali. Discendenti degli Sciti, il loro ultimo residuo è il popolo degli Osseti, che abita tuttora nel Caucaso. In passato gli Alani (etnonimo corradicale di sanscrito arya- "signore"), di stirpe sarmatica, sono giunti in Occidente, dando origine a numerosi stanziamenti in Italia, nelle Gallie e in Iberia. A far propendere diversi autori per la tesi della natura sarmatica dei Taifali stanno principalmente alcuni fatti di valore tuttavia scarso:

1) I Taifali erano nomadi e bellicosi come i Sarmati
2) I Taifali erano cavalieri eccellenti
3) I Taifali avevano vicini Sarmati

Da ciò è stato dedotto che tutto ciò che non è chiaramente germanico debba essere ritenuto sarmatico. Difficilmente argomenti simili sarebbero presi in considerazione in un altro campo dello scibile umano. A quanto pare soltanto in linguistica vige una tale faciloneria. Le fallacie logiche sono evidenti. I costumi e la cultura materiale possono essere presi a prestito; se si hanno prove dell'esistenza di Germani e di Sarmati nelle regioni orientali d'Europa, questo non implica che non esistessero altre genti di ceppo diverso (non sequitur; dall'assenza di prove non segue la prova dell'assenza). Va precisato che sia le lingue germaniche che quelle iraniche non sono di alcun aiuto nello spiegare l'etnonimo. Mi è capitato persino di imbattermi in una soluzione di compromesso che parla di "un'etnia di origine vandalica fortemente sarmatizzata". Da respingersi senza indugio l'idea di chi deriva Taifali dal vocabolo arabo taifa "tribù", che è un evidente anacronismo.  

L'emblema dei Taifali era un drago blu con due perle su sfondo bianco. La perla centrale era circondata da un bordo rosso, ed è un elemento difficilmente compatibile con un'origine nelle steppe asiatiche: implica per necessità che i lontani antenati di questo popolo vivessero in prossimità del mare. Questo emblema ci è ben conosciuto in quanto compariva sugli scudi dell'unità degli Equites Honoriani Taifali seniores, stanziata in Britannia, e dell'unità degli Equites Honoriani Taifali iuniores, stanziata in Gallia. 

A proposito dei Taifali, Ammiano Marcellino (IV secolo) riporta che erano sessualmente depravati e animati da una fortissima lussuria che li spingeva ad indulgere in tutta una serie di atti sessuali definiti ripugnanti. In particolare destava scandalo l'uso dei Taifali di nominare un tutore per ogni loro figlio maschio, con diritto di abusare del suo corpo tramite coito sodomitico e di imporgli ogni umiliazione sessuale. L'unico modo che un rampollo di queste genti aveva per liberarsi da tale vincolo innaturale era superare una prova virile che consisteva nell'uccidere un orso o un un grosso cinghiale. Colui che dimostrava così il proprio valore era esentato all'istante dal subire sodomia e dal dover fellare.  
Si noti che Ammiano Marcellino era un autore pagano: la repulsione per i costumi taifalici non gli veniva dal Cristianesimo.

"Taifalorum gentem turpem obscenae vitae flagitiis ita accepimus mersam, ut apud eos nefandi concubitus foedere copulentur maribus puberes, aetatis viriditatem in eorum pollutis usibus consumpturi. Porro si qui iam adultus aprum exceperit solus vel interemerit ursum immanem, conluvione liberatur incesti."
(Res gestae a fine Corneli Taciti, Liber XXXI, IX, 5.)

Questi costumi non erano tipici dei Germani, anche se qualcuno riporta che tra gli Eruli i ragazzi dovevano subire pederastia nel corso di rituali di iniziazione guerriera. Anzi, in genere i Germani erano piuttosto puritani e avevano la tendenza ad attribuire il coito anale passivo ai necromanti, odiatissimi per la loro supposta capacità di provocare disgrazie, sconfitte in battaglia e carestie. I costumi dei Taifali sono invece simili a quelli dei Celti, che erano veri e propri fanatici della penetrazione anale. Si dice che tra i Galli i giovani dovessero giacersi con i guerrieri più anziani e li dovessero soddisfare, potendo condurre la loro vita in modo indipendente solo dopo aver superato una prova di valore. Di per sé queste usanze non escludono però una vicinanza all'area sarmatica, dal momento che Diodoro Siculo riporta che i costumi dei Celti erano simili a quelli degli Sciti in materia di omosessualità e di coito anale.

Cosa sappiamo in concreto sull'appartenenza etnica dei Taifali e sulla loro lingua? Non sarò reticente: la risposta è che non si sa nulla di certo. Sono tuttavia dell'avviso che qualcosa in più si possa dedurre da un'attenta analisi degli scarsi dati a nostra disposizione.  

Innanzitutto i Taifali sono ritenuti della stessa stirpe dei Victofali, altro popolo misterioso della Germania Orientale, il cui nome presenta numerose varianti come Victovali, Victufali, Victohali, Victuali. La terminazione -fali è la stessa nei due casi. Se ipotizziamo che la forma originaria fosse Victovali, ecco che il nome si dimostra essere senza dubbio celtico. La radice *wiχto- significa "battaglia" (irlandese antico fecht "spedizione militare"), e la radice *walo- significa "potente" (antico irlandese faln- "dominare", antico gallese gwaladr "signore supremo"). Così l'etnonimo significa "potenti in battaglia". Ora, cos'è accaduto al nome dei Victovali per diventare prima Victofali, poi Victufali, Victohali, Victuali? Semplice: l'originario suono /w/ è diventato /β/ all'inizio della parola e /f/ all'interno. Quindi /f/ si è indebolito in /h/, con tendenza a scomparire. Questi mutamenti non sono tipici delle lingue germaniche. Sono invece compatibili con l'ipotesi che la lingua in questione fosse celtica.
Possiamo a questo punto formulare una proposta etimologica per Taifali. L'etnonimo deriverebbe da *deiwo-walo-, ossia "divinamente potente" o "potente come gli Dei". La radice *deiwo- "dio", che in gallico ha dato de:wo- (scritto devo-), di:wo- (scritto divo-), evolvendosi in neogallico in di:o (attestato come dio a Lione), ha dato invece in lingua taifalica *taif-, *theif-. Il dittongo /ei/ si è conservato, mostrando una tendenza a divenire /ai/. Non sappiamo se fosse una lingua celtica con /kw/ conservato (celtico Q) o labializzato in /p/ (celtico P). Si potrebbe ipotizzare una rotazione consonantica, con i seguenti mutamenti: 

1) /t/ /k/ diventate /th/ /x/ (scritte come th, ch) - tranne che in alcuni contesti postconsonantici (es. se precedute da /s/)
2) /b/ /d/ /g/ diventate /p/ /t/ /k/ e quindi /ph/ /th/ /kh/ (scritte p, t, c ma anche ph, th, ch).

Un altro dato determinante è il nome di Senoch, un monaco della stirpe dei Taifali vissuto nelle Gallie all'epoca dei Merovingi (VI secolo). Si deve infatti sapere che i Taifali si sono stanziati soprattutto in due regioni: quella che ora è l'Emilia-Romagna, in particolare a Modena, Reggio e Parma, e nella regione francese del Poitou, dove il toponimo vandeano Tiffauges ancora ricorda il loro nome. Evidentemente in seguito alla migrazione e al cambiamento delle loro abitudini (da razziatori sono diventati agricoltori), le costumanze pederastiche che li caratterizzavano sono venute meno, così come sono stati anche cristianizzati. Tuttavia, hanno mantenuto molto a lungo la loro identità, almeno fino al VI secolo.
Ora, il nome Senoch è di chiarissima origine celtica e significa "vecchio". È possibile che l'austero abate avesse i capelli bianchi dalla nascita e che per questo abbia ricevuto un simile nome.
La radice celtica *seno-, attestata in antroponimi gallici come Seno-carus, Seno-condus, Seno-uirus (la desinenza -us è adattamento latino del gallico -os), alternava con *senoko-. Esiste una glossa gallica senoca che indicava la febbre malarica, e che più anticamente designava il tremore della vecchiaia. In irlandese antico senchae "storico" deriva da *senokios, e senchas "antichità, storia antica" deriva da *senokađđu-. L'antroponimo taifalico doveva pronunciarsi con una fricativa velare o uvulare finale, /senoχ/, che conferma quanto da me in precedenza dedotto. Purtroppo non sono riuscito a recuperare altri antroponimi di questo popolo. Sarò sempre grato a chi mi permetterà di colmare questa lacuna, ammesso che le informazioni che vado cercando esistano da qualche parte.

I Taifali sarebbero stati quindi l'estrema sopravvivenza di un antico popolamento celtico rimasto per molto tempo isolato e lontano dalle genti dello stesso ceppo.

Com'è immaginabile, la lingua taifalica doveva avere nel suo lessico numerosi prestiti dal germanico. Così la città di Taphaleschat (Corrèze) deriva il suo nome da *Taifale-skatt, ove la radice skatt- in germanico indica il tesoro o il tributo (gotico skatts "moneta", norreno skattr "tesoro").

Potremmo addirittura azzardarci a comporre un breve vocabolarietto di lingua taifalica dei secoli V-VI d.C.: al momento si può catalogare la lingua da me ricostruita come una conlang, e per questo non appongo l'asterico alle voci ipotizzate. Chiedo scusa in anticipo se nuove consistenti scoperte dovessero smentire quanto da me dedotto.

amm, nome
ampacht, servo
arcanth, argento
arth, orso
athir, padre
aucar, freddo
auchsel, alto
aucht, gelo
cais, lancia
caistal, ostaggio
calar, malattia
caran, gru 
chacht, schiavo
chail, portento
chanth, cento
chanthal, canzone
chara, amico
charf, cervo
chath, battaglia
clan, puro
clast, verde, blu
cnath, figlio
kelf, giallo
keneth, ragazza
lapar, linguaggio
lauch, splendente
lauthar, bagno
mar, grande
march, cavallo
marf, morto
mathir, madre
naim, bellezza 
naip, vigore
nama, nemico
nanth, battaglia
nanth, valle
nathrich, serpenti
nem, cielo
nemeth, bosco sacro
nerth, forza
oman, terrore
paith, cibo
panf, porcello
path, morte
pif, vivo
pith, mondo
plath, fiore
prathir, fratello
pricht, magia
prif, ponte
raut, rosso
recht, legge
ri, re
saithal, età, vita umana
sachar, brutto
scachsal, demone
scaith, scudo
scath, tenebra
senoch, vecchio
senth, sentiero
sfat, dolce
sfesur, sorella
tac, buono
tacfir, buon uomo
taif, dio
terf, quercia
tharf, toro
thauth, tribù 
thir, terra
truch, cattivo
truchfir, uomo cattivo
trufit, sapienti
tuchtir, figlia
tup, nero
vicht, -ficht, battaglia
vint, -fint, bianco
vir, -fir, uomo

Per chiarire una volta per tutte l'origine dei Taifali potrebbero essere utili indagini genetiche. La proposta è quella di raccogliere campioni genetici delle genti di Parma, Modena e Reggio alla ricerca di aplogruppi comuni a campioni prelevati nel Poitou e in altre regioni in cui è storicamente accertata la presenza di Taifali. Ovviamente non c'è garanzia di successo, ma sono convinto che si potrebbero trovare riscontri interessanti. Essendo le regioni padane state spopolate più volte da peste e altre calamità in tempi antichi, non è improbabile che gli abitanti attuali dell'Emilia siano in maggioranza discendenti diretti di Taifali. Stando a quello che posso ipotizzare i Taifali fossero genti di grande bellezza: alti, slanciati, con capelli biondi o castani, occhi chiari e carattere passionale.

martedì 22 aprile 2014

UN VOCABOLO VANDALICO NEL SARDO CAMPIDANESE: MARTSU 'MARTORA'

Un vocabolo di origine vandalica si trova nel sardo campidanese del Sulcis: martsu "martora", attestato con le varianti mártsiu, marču, mraču. La forma d'origine è il gotico *marþus, che trova perfetta corrispondenza nel norreno mǫrðr e nell'anglosassone mearþ, permettendo la ricostruzione di una forma proto-germanica *marθuz (le lettere þ e θ indicano la fricativa interdentale sorda, che si ritrova in parole inglesi come thin, thing, both). L'alto tedesco continua invece una variante proto-germanica *marθraz: antico alto tedesco mardar, tedesco moderno Marder. Dalla stessa protoforma deriva in ultima istanza anche l'italiano martora. Come dimostrato da Wagner, la voce campidanese non è un prestito dal genovese martiu id. - che in ogni caso deriva dalla stessa parola della lingua gotica - ma di una forma genuinamente sorta in loco. Le varianti palatalizzate sono dovute a un fenomeno locale.

UN VOCABOLO VANDALICO NEL SARDO LOGUDORESE: MAUNIRE 'ORDINARE'

Uno dei pochissimi germanismi diretti nella lingua sarda è il verbo maunire "ordinare, maneggiare", usato in sardo logudorese e derivato dal gotico manwjan "preparare", corradicale di manwus "pronto". Il vocabolo, raccolto dallo Spano e confermato dal Wagner per il territorio di Ozieri, è giunto in Sardegna con i Vandali, la cui lingua era una varietà di gotico (germanico orientale), ed è uno dei pochi segni della loro occupazione (456-534 d.C.), durata circa 80 anni. I verbi germanici in -jan sono in molti casi assegnati alla coniugazione in -ire nelle lingue romanze (es. *bastjanbastire; *frumjan > fornire *warjanguarire). Nel passaggio da manwjan a maunire si è prodotta una metatesi del suono -w-, che ha prodotto il dittongo. La forma provenzale amanavir, amanoir (pron. amanoìr), che deriva come l'italiano ammannire dalla stessa radice germanica, non è invece adatta a spiegare il termine logudorese: non solo mancano nelle varietà sarde prestiti dal provenzale, ma non vi sono mai stati contatti diretti tra Sardegna e Provenza; anche i dettagli fonetici non si spiegherebbero, in quanto una metatesi dell'elemento labiale non avrebbe potuto prodursi in un simile contesto.

domenica 20 aprile 2014

DUE ANTICHI ETNONIMI GERMANICI IN LATINO

I Cimbri si spostarono a meridione assieme ai Teutoni e ad altre genti, giungendo nel Norico nel 113 a.C., invadendo quindi le Gallie, l'Iberia e il territorio della Repubblica Romana, finendo distrutti nella battaglia di Vercelli (101 a.C.). 

Il loro etnonimo sopravvive fossilizzato nel toponimo danese Himmerland (antico Himbersysel), cosa che prova la ricostruzione di un proto-germanico *ximbraz, dove /x/ esprime il suono fricativo velare o uvulare. Secondo alcuni autori il nome sarebbe celtico, passato in germanico come antico prestito, ed è possibile che all'epoca dell'incontro dei Cimbri con i Romani la consonante iniziale non fosse ancora sottoposta alla Prima Rotazione Consonantica (Legge di Rask-Grimm), e suonasse quindi come una occlusiva velare /k/.

Lascia perplessi il fatto che un piccolo popolo giunto assieme a Cimbri e Teutoni portasse il nome Charudes, con le varianti Charydes e Harudes, che mostra la consonante /x/ con tendenza a passare a semplice /h/ come nelle lingue germaniche storiche. Evidentemente a quei tempi la Prima Rotazione Consonantica non aveva colpito tutte le genti germaniche contemporaneamente e allo stesso modo. È possible che i Cimbri conservassero l'antica /k/, mentre i Charudes già l'avessero mutata in /x/. In modo simile a quanto visto per i Cimbri, anche i Charudes hanno lasciato il loro nome al loro distretto di origine, la regione norvegese di Hordaland (Hörðaland in norreno).

Secondo un'ipotesi il suono fricativo /x/ non avrebbe trovato adeguata trascrizione in latino, rimanendo così assimilato a un suono occlusivo velare. Questa possibilità è stata ovviamente formulata senza tener conto dell'etnonimo Charudes, in cui risulta evidente che una trascrizione sensata esisteva. D'altro canto i Greci, che pure avrebbero potuto trascrivere il nome dei Cimbri con una consonante aspirata, hanno scelto la lettera
Κ, chiamandoli Κίμβριοι e riportando come Κιμβρική Χερσόνησος il nome di quello che oggi è lo Jütland. Per contro Charudes si trova trascritto con una Χ: Χαροῦδες.

L'origine ultima dell'etnonimo Cimbri non è conosciuta e sono state fatte numerose ipotesi. Accennerò appena ad alcuni tentativi paretimologici, come l'assurda correlazione tra il nome dei Cimbri e quello dei Cimmeri (già formulata nell'antichità), o l'assonanza con il nome Cymru del Galles - che viene invece dal britannico *Kombrogion (< *kom- "insieme" + *broga: "paese"). Parimenti è annosa la diatriba tra coloro che vogliono i Cimbri un popolo di lingua germanica e coloro che li vogliono di lingua celtica.
È ben possibile che fossero Germani e che avessero acquisito durante la migrazione una grande dimestichezza con la lingua celtica per motivi di prestigio. Secondo Festo nella lingua gallica cimbri significava "ladri", ma è possibile che il vocabolo fosse derivato dall'etnonimo anziché fornirne l'etimologia.

Quello che mi interessa notare in questa sede sono pochi semplici fatti certi:  

1) Il nome dei Cimbri importato in latino aveva una consonante occlusiva velare /k/
2) I Romani hanno preso questo etnonimo scrivendolo con la lettera C.

Coloro che sostengono assurdamente che in latino i suoni palatali sarebbero sempre esistiti, non possono spiegare perché i Romani non abbiano scelto sistematicamente K o CH per trascrivere un'importante voce germanica con /k/ davanti alla vocale anteriore /i/. Una simile scelta avrebbe potuto evitare qualsiasi ambiguità e sarebbe stata comodissima.
È evidente: i Romani hanno trascritto Cimbri con la lettera C perché questa all'epoca esprimeva sicuramente il suono /k/ davanti a qualsiasi vocale, con buona pace di qualche insegnante di latino non aggiornato. 

domenica 13 aprile 2014



THE SILVER ROPE

Directors: Fabio Guaglione
Fabio Resinaro
 
Writers: Fabio Guaglione (written by)
Fabio Resinaro (written by)

Genre: Short | Drama | Mystery | Sci-Fi | Thriller more
Tagline: The End Comes Before Anything Can Make Sense.

Cast (Credited cast)
 Michele Cantù ...  Michael
 Eugenia Caruso ...  Anne
 Natsumi Chirico ...  McPhee - CSI Detective
 Enrico Ciotti ...  Ward
 Antonio Clema ...  Roper 1
 Giovanni De Giorgi ...  Victim
 Enzo Giraldo ...  Ropers' Chief
 Riccardo Marino ...  Roper 4
 Domagoj Mazuran ...  Roper 2
 Michael McDuff ...  Roper 3
 Alessandro Mucci ...  Ropers' Chief Assistant
 Simon Puccini ...  Doctor
 Anthony Smith ...  Ropers' Captain
 Sveta Sotnikova ...  Being
 Andrea Tibaldi ...  Vincent
 Fabrizio Vigano ...  Ben

Additional Details
Parents Guide: Add content advisory for parents
Runtime: 31 min (director's cut) | Italy: 33 min 
Country: Italy
Language: English
Color: Color (16 mm version) | Color
Sound Mix: Stereo
Filming Locations: Como, Lombardia, Italy
Company: FastAndForward

TRAMA:
"Le emozioni, i misteri e i conflitti personali di alcune persone si intrecciano in un mondo per sempre cambiato da un’incredibile scoperta scientifica: la localizzazione dell’anima, la nascita di un’ingegneria dello spirito, la morte concettuale di Dio". 
 
Struggente, spettrale, di un'infinita malinconia, ogni suo singolo istante è come il suono di un violino che tocca le più intime corde dell'anima. Comunica tutto un insieme di emozioni che fungono da anticipazione, da premonizione di quel fatale momento in cui una Scienza inumana annuncerà che l'Essere viene dal Nulla, è Nulla ed è diretto verso il Nulla. Quella sinfonia di tristezza che per anni è stata rinchiusa nello scrigno del mio cuore, è riemersa in modo prepotente durante la proiezione alla AstraCon. Quasi mi è sembrato di dover cadere in un baratro di annientamento. Eppure, nonostante le certezze dei gelidi scienziati meccanicisti, qualcosa non torna: la morte improvvisa di un numero sempre crescente di persone, da un momento all'altro private della loro struttura endospirituale, fa pensare a un contagio che non può essere spiegato in termini di materia...

Co-prodotto da Sky, Interactive Group e Metaxa Productions, "The Silver Rope" è la seconda creazione in pellicola dei due registi italiani Fabio & Fabio, già creatori di E:D:E:N, il cortometraggio che nel 2004 ha vinto come miglior corto a Manchester e come miglior Contributo Artistico e miglior Regia all’Arcipelago Film Festival di Roma.


Un fortissimo applauso!

E:D:E:N

Titolo originale: E:D:E:N
Paese: Italia
Anno: 2004
Durata: 14'
Colore: colore
Audio:  sonoro
Genere: fantascienza
Regia: Fabio Guaglione, Fabio Resinaro
Sceneggiatura: Fabio Guaglione, Fabio Resinaro
Interpreti e personaggi:
Fabrizio Viganò Semyaza
Camilla Frontini Requael
Angelo d'Agostino Armen
Domagoj Mazuran Rumyal

Fotografia: Paolo Bellan
Montaggio: Fabio Guaglione, Fabio Resinaro, Domagoj
    Mazuran
Effetti speciali: Fabio Resinaro
Musiche: Andrea Bonini, Fabio Resinaro
Scenografia: Max Cortellini
 

TRAMA:
L'umanità è sull'orlo dell'estinzione. Dopo una difficile esplorazione dello spazio circostante il suo mondo di origine, ormai consunto, finalmente viene trovato un pianeta abitabile. Il problema, non marginale, è che questo nuovo globo terracqueo è già abitato. L'equipaggio della nave di ricognizione si divide: Semyaza è un fautore intransigente dell'epurazione, e vuole annientare la vita autogena del pianeta per far spazio alla razza umana. Requael invece è contraria, e minacciandolo con una pistola gli intima ripetutamente di interrompere il lancio. Dopo qualche minuto di estrema tensione, i proiettili partono e gocce di sangue fluttuano in gravità zero. Il missile termonucleare raggiunge il pianeta, e a questo punto viene rivelato il vero senso di tutta la vicenda: sagome di carnosauri giganti si sfaldano nella luce della fusione. Pochi sanno che Semyaza, traducibile alla lettera come "Nome di Uzza", è un antico epiteto di Lucibello... 

Densissimo di significati esoterici, meritorio in sommo grado, la sua proiezione alla AstraCon mi ha fatto molto piacere. Noto con grande dispiacere che il sito ufficiale di questo suggestivo cortometraggio (www.edentheproject.com) non è più accessibile, e la mia mente paranoica sospetta l'azione del maglio censorio...


 
THE ASPHYX (1973)

Alias:
Spirit of the Dead
The Horror of Death (USA)


Regia di
Peter Newbrook


Scritto da (in ordine alfabetico) 
Christina Beers   story
Laurence Beers   story
Brian Comport   


Cast (in ordine dei titoli) verified as complete
 Robert Stephens ....  Sir Hugo Cunningham
 Robert Powell ....  Giles Cunningham
 Jane Lapotaire ....  Christina Cunningham
 Alex Scott ....  Sir Edward Barrett
 Ralph Arliss ....  Clive Cunningham
 Fiona Walker ....  Anna Wheatley
 Terry Scully ....  Pauper
 John Lawrence ....  Mason
 David Grey ....  Vicar
 Tony Caunter ....  Warden
 Paul Bacon ....  1st Member 

 
Prodotto da
John Brittany ....  producer 
Maxine Julius ....  associate producer 
 
Musiche originali di
Bill McGuffie   
 
Fotografia di
Freddie Young   
 
Montaggio di
Maxine Julius   
 
Scenografie di
John Stoll   
 
Arredatore
Arthur Taksen   
 
Costumi di
Evelyn Gibbs   
 
Trucco
Jimmy Evans ....  makeup artist 
Stephanie Kaye ....  hair stylist 
 
Direttore di produzione
Ted Sturgis ....  production manager 
 
Aiuto regista
Roger Simons ....  assistant director 
 
Sonoro
Peter Bond ....  sound editor 
John Cox ....  sound supervisor 
Bob Jones ....  sound re-recordist 
Ken Ritchie ....  sound recordist 
 
Effetti speciali
Ted Samuels ....  special effects 
 
Camera and Electrical Department
Chris Holden ....  camera operator 
Mike Roberts ....  focus puller (uncredited) 
 
Altro personale
Ron Bareham ....  production accountant 
Phyllis Crocker ....  continuity 

 




TRAMA:
Hugo è un brillante scienziato vittoriano, amato e rispettato dalla
famiglia e dagli amici, ammirato dai colleghi. Presto però le sue ricerche sulla morte lo ossessionano. Assieme al suo assistente scatta fotografie ai moribondi, e nota che un'apparizione simile a una macchia nera sfocata rimane sempre impressa. Egli si domanda che cosa possa essere. All'inizio, influenzato dal clima positivista, crede che sia l'anima che si distacca dal corpo... Un fine settimana porta la famiglia a una scampagnata e sperimenta una macchina di sua invenzione che gli permette di filmare. La festa finisce in un disastro: il figlio dello scienziato batte la testa contro un ramo mentra va in barca, cade nel fiume e affoga. Quando guarda il filmato, Hugo si rende conto che una spettrale macchia nera vola verso il figlio prima dell'incidente, svanendo nel suo corpo. La scoperta prende corpo: ognuno ha un proprio Spirito della Morte, che egli chiama Asphyx. Quando qualcuno sta per morire, l'Asphyx viene a reclamare la vittima e si nutre del suo essere. A questo punto Hugo si chiede se è possibile raggiungere l'immortalità catturando questo spirito immondo e impedendogli ogni via di fuga. È l'inizio di un incubo, che lo porterà alla peggiore di tutte le condanne: vivere in eterno l'esistenza degradata di un divoratore di cadaveri... 

RECENSIONE: 
Un film che non si può dimenticare. Il suo grande merito è quello di presentare Thanatos come un'essenza funesta che non è pura e semplice mancanza di vita. Ogni Asphyx è un essere ben definito, un demone che esiste al solo scopo di ghermire l'essenza della sua preda. Nell'impianto narrativo, appare evidente che la comparsa di un essere vivente nel teatro dell'Universo - sia egli uno scienziato o un criceto - porta alla contemporanea creazione di un principio letale condensato che costituisce la sua Nemesi. Tutto ciò è sublime, perché si pone in rotta di collisione con le religioni e con le filosofie che prevalgono tra le genti. Atroce è lo strazio del protagonista quando si accorge che l'ombra nera fotografata vicino al figlio prossimo alla morte è qualcosa che converge su di lui, che non è l'anima che lascia il corpo. Tutte le costruzioni mentali e culturali che danno un'idea positiva della condizione mortale umana sono così annientate. Più in generale, si afferma l'esistenza di un'oscurissimo cosmo di orrore assoluto, di una spaventosa vastità, al cui confronto il nostro mondo non è altro che un gioco di luci illusorie. 

Mors Ontologica

Se le cose stessero come affermava Epicuro, non ci sarebbe alcun terrore della Morte. Infatti, secondo i suoi argomenti, quando la Morte arriva, noi non esistiamo più, mentre quando ci siamo noi, non c'è la Morte. Cos'è quindi il terrore in questione? Possiamo senz'altro dire che sia come il terrore di un mostruoso predatore che giunge per dilaniarci, dandoci molto dolore. In realtà è presente la consapevolezza che la Morte non è che l'inizio di un processo di degradazione dell'Essere, come se di noi sopravvivesse la traccia di un'ombra dannata e incapace di estinguersi.  Una condizione di tenebra assoluta, al cui confronto persino l'Inferno dantesco sarebbe considerato paradisiaco. 

Etimologia di Asphyx 

Nel film si fa riferimento agli Asphyx come a creature della mitologia greca e in un punto viene mostrato un vaso antico che li rappresenta. Si tratta di una'ispirata creazione degli sceneggiatori, su questo non c'è alcun dubbio. La parola Asphyx deriva dal greco antico. Il suo inventore vuol comunicare il concetto di "cessazione della vita". Questa è la famiglia di vocaboli ellenici che sono alla base della sua formazione:  

ἀσφυξία "cessazione del polso"
ἀσφυγμία "mancanza del polso"
ἀσφυκτέω "essere senza pulsazione"
ἄσφυκτος "senza pulsazione, senza vita"


In ultima analisi si tratta di parole ottenute tramite il ben noto prefisso negativo a partire dal seguente verbo di origine ignota:

σφύζω "palpitare, battere violentemente" (dorico σφύσδω


Noi usiamo il termine asfissia col senso di "cessazione del respiro", ma si tratta di un equivoco moderno. Nel XVIII secolo, quando asphyxia cominciava ad essere attestato nel latino medico, esisteva l'idea di simultaneità assoluta tra cessazione del polso e cessazione del respiro, dimostratasi poi errata: il polso continua per un breve tempo una volta venuta meno la respirazione. 

Eredità musicale 

Dal capolavoro di Peter Newbrook hanno tratto il nome gli Asphyx, un gruppo musicale death doom metal olandese che canta la morte, la dannazione, l'incubo e l'occulto. La fondazione degli Asphyx, ad opera di Bob Bagchus e di Tony Brookhuis, risale al lontano 1987. Nel corso degli anni numerosi componenti sono cambiati, ma intatta resta la carica distruttiva e anticosmica della musica del gruppo. Il terzo album in studio, risalente al 1994, si intitola proprio Asphyx. Per far capire quanto profondo sia il legame col film omonimo, riportiamo i titoli dei brani dell'album in questione: 

1) Prelude of the Unhonoured Funeral
2) Depths of Eternity
3) Emperors of Salvation
4) 'Til Death Do Us Apart
5) Initiation into the Ossuary
6) Incarcerated Chimaeras
7) Abomination Echoes
8) Back into Eternity
9) Valleys in Oblivion
10) Thoughts of an Atheist

sabato 12 aprile 2014

GIOCARE D'AZZARDO CON I DADI ETRUSCHI

Come sa chiunque si sia occupato anche marginalmente della lingua degli Etruschi, esiste una polemica secolare sul valore dei numerali śa e huθ, causata dai famosi dadi di Tuscania, gli unici due finora noti che mostrano i valori scritti come parole anziché indicati da punti.

Esistono a questo proposito due scuole ermeneutiche. La prima sostiene che huθ significhi "quattro" e che śa significhi "sei", mentre la seconda sostiene l'inverso, ossia che śa significa "quattro" e huθ significa "sei". Alla prima di queste scuole in genere tendono ad aderire coloro che credono di poter dimostrare la natura indoeuropea della lingua dei Rasna; la seconda attrae invece coloro che la considerano una lingua non indoeuropea.
Dico questo in linea di massima: un tempo pensavo anch'io che
huθ significasse "quattro" e che śa significassse "sei", pur affermando già all'epoca la natura non indoeuropea dell'etrusco. D'altronde non amo essere classificato come appartenente a una data scuola o ad un'altra: la faziosità è da sempre nemica della Scienza. 

Gli argomenti a favore della traduzione di
huθ come "quattro" si fondano soprattutto sull'esistenza del toponimo pregreco HYTTENIA, che è un antico nome di TETRAPOLIS.
Coloro che affermano invece che
śa sia "quattro" fondano il loro giudizio sulla famosa Regola del Sette, che fa sì che la somma dei punti sulle facce opposte di un dado debba dare per l'appunto sette. Siccome nei dadi di Tuscania śa è opposto a ci (che significa certamente "tre") e huθ è opposto a θu (che significa certamente "uno"), le traduzioni indicate ne conseguirebbero in automatico.

Esistono anche altri argomenti, di per se stessi piuttosto labili, a sostegno dell'una o dell'altra traduzione, ma per adesso non me ne occuperò.

Un tempo molti etruscologi tendevano a ipotizzare che huθ fosse "quattro" e che śa fosse "sei", pur con qualche incertezza - in genere espressa da un punto di domanda dopo la traduzione - e questa è anche la vulgata di Pallottino. Da qualche tempo sembra che l'etruscologia ufficiale si sia orientata invece a favore dell'opposta identificazione. Ad esempio, i professori Facchetti e Benelli traducono śa con "quattro" e huθ con "sei"

L'argomento HYTTENIA è di per sé poco convincente per i seguenti motivi:

1) Non è sicuro che il toponimo provenga da una lingua imparentata con l'etrusco;
2) Non sembra probabile che si tratti di una traduzione (non incorpora una radice tradotta con POLIS);
3) Non si conoscono i dettagli storici, per cui è possibile che gli Elleni abbiano dato il nome Tetrapolis a una nuova reatà, 
indipendentemente dalla denominazione antica, da loro non capita;
4) Si danno non pochi casi di cristallizzazione di numerali, ad esempio la parola italiana "quartiere" che è nata da una divisione in  quattro ed è giunta a indicare una realtà più generale, o la parola gallese wythnos che attualmente indica la settimana pur contenendo il  numerale wyth "otto" e risalendo a un antico raggruppamento di otto notti. 

Il grottesco delle polemiche non conosce tuttavia confini. Tra coloro che sostengono a spada tratta che huθ sia "quattro", alcuni arrivano a dire che i loro  avversari sarebbero addirittura "brutti e cattivi" perché pensano che i dadi senza la regola del sette non esistano. Così si affannano a riportare il caso di un singolo dado con uno schema diverso pretendendo in questo modo di distruggere le argomentazioni degli etruscologi dell'opposta fazione, come se ciò avesse in sé la forza di provare che huθ debba essere "quattro" di riffa o di raffa. La fallacia logica in cui cadono è quella del non sequitur

Per un approfondimento sulle ragioni degli aderenti alla scuola indoeuropeizzante che traduce huθ con "quattro" si rimanda ai siti di Carlo d'Adamo e di Massimo Pittau:



Se non ho capito male, il professor Pittau afferma il principio - di per sé nient'affatto disprezzabile - secondo cui gli argomenti provenienti dalla linguistica debbano avere la precedenza su quelli suggeriti dall'archeologia o più in generale da evidenze extralinguistiche. Questo principio però funziona bene solo nel caso di lingue ben conosciute, mentre può portare a risultati fallaci se applicato a realtà poco note, le cui connessioni con il mondo esterno non portano a risultati ben definiti. Se avessimo dell'etrusco una mole di conoscenze certe paragonabile a quella che abbiamo del sumerico, di certo potremmo dire molte più cose sensate.

I tentativi di ricostruire protoforme comuni ragionevoli per l'indoeuropeo e l'etrusco appaiono inconsistenti: in realtà le parole di origine indoeuropea in etrusco sono prestiti, proprio come le parole neolatine in inglese sono giunte da fuori. Di questo però si dovrà parlare in un'altra occasione. 

A un certo punto questo confuso panorama dei numerali etruschi è cambiato come per l'intervento di un Deus ex Machina, anche se molti non se ne sono affatto accorti, perché proprio da metodi extralinguistici è giunta la soluzione all'annoso problema. I ricercatori Gilberto Artioli, Ivana Angelini e Vincenzo Nociti del Dipartimento di Geoscienze dell'Università di Padova hanno pubblicato sull'argomento un articolo di estremo interesse, GAMBLING WITH ETRUSCAN DICE (2011), scritto in inglese. 


Riassumo i risultati della loro ricerca, efettuata su un campione di una novantina di dadi, e su questo sunto invito tutti a meditare:

1) I dadi ritrovati nell'Etruria propria sono di due tipi:
 a) enantiomorfici, ossia con uno stesso punteggio su due facce (rari)
 b) non enantiomorfici, ossia con punteggi diversi su ogni faccia (molto comuni)
2) Considerando i dadi non enantiomorfici, si trovano soltanto due schemi dei 15 teoricamente possibili: 
 a) lo schema progressivo (differenza tra facce opposte uguale a uno)
 b) la Regola del Sette (somma tra facce opposte uguale a sette)
3) Gli schemi soggiaciono a un criterio temporale rigido:
 a) I dadi hanno soltanto lo schema progressivo prima del V secolo a.C.
 b) Nel V secolo a.C.. compare la Regola del Sette, che si diffonde lentamente
 c) Nel IV secolo a.C. sia la Regola del Sette che lo schema progressivo erano diffusi
 d) Dopo dal III secolo a.C. si trova soltanto la Regola del Sette 

Aggiungerò che i dadi non enantiomorfici con schemi diversi dal progressivo e dalla Regola del Sette hanno queste caratteristiche:

1) Provengono per lo più da necropoli esterne all'Etruria propria (es. Spina, etc.)  
2) Non hanno alcuno schema razionale riconoscibile.
 
Detto questo, da analisi approfondite sul supporto materiale e soprattutto da considerazioni sulla forma delle lettere, risulta che i dadi di Tuscania risalgono al IV secolo a.C., un'epoca in cui erano diffusi sia lo schema progressivo che la Regola del Sette. Non essendo i dadi di Tuscania dotati di schema progressivo, ne consegue che devono avere la Regola del Sette. Quindi
śa si deve tradurre con "quattro" e huθ con "sei".
Questo è quanto.

giovedì 10 aprile 2014

SU ALCUNI PRESTITI GRECI IN LATINO

Autori greci come Polibio e Plutarco hanno trascritto nelle loro opere antroponimi e vocaboli latini, trasmettendoci preziose informazioni molto utili sulla pronuncia della lingua di Roma loro contemporanea.
Esistono però anche numerosi vocaboli greci passati in latino. Alcuni di questi prestiti, molto comuni nella lingua quotidiana, sono stati trasmessi in eredità alle lingue neolatine e sono usati ancora oggi. Particolarmente interessanti sono i prestiti greci che hanno i suoni velari /k/, /kh/ e /g/ davanti alle vocali anteriori /e/,
/e:/, /i/, /i:/, /ü/, /ü:/.
Riporto alcuni esempi significativi:

gr. βραχίων > lat. brachium
gr. γυρός > lat. gyrus
gr.
κερασός > lat. cerasus
gr.
κοιμητήριον > lat. coemeterium
gr.
κῦμα > lat. cyma
gr. dor.
μαχανά > lat. machina

Dall'analisi di queste parole possiamo dedurre con sicurezza quanto segue:

1) Le parole greche prese a prestito in latino avevano i suoni velari ("duri") davanti a vocali anteriori al momento dell'adozione; 
2) Questi prestiti greci sono stati trattati dai parlanti latini come parole ereditate;
3) Si passa da una situazione in cui sussistono consonanti velari ("dure") a una situazione più tarda in cui si trovano invece consonanti affricate ("molli").

Vediamo infatti come le parole in questione si sono evolute in italiano: 

lat. brachium > it. braccio
lat. *ceresia > it. ciliegia
lat. coemeterium > it. cimitero
lat. cyma > it. cima
lat. gyrus > it. giro
lat. machina > it. macina

Tutti possono constatare che in ciascuno di questi casi si sono sviluppati suoni palatali. A scanso di equivoci, la parola italiana "macchina" è stata reintrodotta dal latino letteraro "machina" molto tempo dopo che questa si era evoluta regolarmente in "macina" per genuina usura fonetica popolare. 

Tutto ciò prova la vanità della perversa idea di coloro che a dispetto d'ogni evidenza si ostinano a sostenere che i suoni consonantici palatali /tʃ/ e /dʒ/ siano sempre stati presenti in latino.
Infatti se il latino avesse pronunciato C e G davanti a E e I come affricate da epoca immemorabile, i prestiti greci sarebbero stati sì adottati con suoni velari, ma non avrebbero avuto nulla in comune con le parole native con suoni palatali e non avrebbero avuto motivo di svilupparli nel passaggio dal latino volgare alle parlate italiane: sarebbero ancora oggi pronunciati con suoni velari.
La stessa esistenza di queste parole dimostra che la palatalizzazione si è sviluppata soltanto in un'epoca posteriore alla loro entrata nella lingua latina, a causa di un mutamento fonetico regolare e molto graduale, di cui i parlanti non si sono resi conto.

domenica 6 aprile 2014



I CRIPTOETRUSCHI

In questi giorni continua a frullarmi nella testa un racconto degno di nota che mi è capitato di leggere quando ero ancora un ingenuo nerd foruncoloso. Forse si tratta solo di un sogno confusionario, perché mi sembra di ricordare che l'autore fosse un etruscologo serio e che riportasse la cosa come un aneddoto, ma la precisione dei miei ricordi mi fa credere che non si sia trattato di una mia invenzione poi scambiata per verità. D'altro canto, i motori di ricerca sembrano non ritornare proprio nulla sull'argomento. Si diceva che in un paese della Toscana la popolazione tramanderebbe in segreto la lingua e la religione politeista degli Etruschi dai tempi di Roma Antica. Si riportavano anche fatti molto singolari connessi a queste tradizioni segrete, come i rapporti di una persona che era stata in quel paese e si era trovata in una grotta ad assistere a riti di moderni Lucumoni, salvandosi poi per miracolo. Si dava l'idea di gente molto chiusa e capace di uccidere senza pietà pur di conservare il segreto della propria esistenza. Così veniva ascritto a loro un attentato dinamitardo che impedì la costruzione di una linea ferroviaria passante per quel paese. Persino l'avvelenamento di un papa rinascimentale sarebbe stato opera di questi Criptoetruschi. Almeno era un racconto originale e inquietante, privo della volgarità dei moderni misteriologi fanatici di teschi di cristallo, feti di coniglio e Templari di origine extraterrestre. Nelle profondità della mia anima, non ho mai smesso di sperare che i Criptoetruschi esistano davvero, anche se so che la cosa è a dir poco improbabile. Intanto il sito Gens Labo dice che esiste una famiglia toscana il cui cognome coincide con l'endoetnico degli Etruschi, Rasna, il che è senza dubbio una cosa di estremo interesse storico

sabato 5 aprile 2014

LE LETTERE CLAUDIANE

Sappiamo che l'Imperatore Claudio (10 a.C - 54 d.C.) ha avviato una riforma ortografica che però non ha avuto successo. Egli era ossessionato dall'idea di rendere l'ortografia del latino nobile più aderente alla realtà. Così ha pensato di introdurre tre nuove lettere, conosciute come lettere claudiane.

 

La prima lettera claudiana è detta antisigma, e serviva a rendere il suono /ps/, scritto PS o BS a seconda delle parole (come in urbs, trabs, ipse, etc.). La seconda è detta digamma inversum, e serviva a notare la consonante labiale /w/ (con tendenza ad evolvere in bilabiale /β/ durante il I secolo d.C.) scritta tradizionalmente come la vocale /u/. La terza è detta littera H dimidia, che serviva a rendere un suono vocalico intermedio tra /i/ e /u/, probabilmente affine al greco Υ, che si trovava in parole come optimus (scritto anche optumus) e libet (scritto anche lubet). Sono note alcune iscrizioni che mostrano digamma inversum e H dimidia, mentre a quanto pare finora non ci è giunta alcuna attestazione dell'antisigma.

L'Imperatore Claudio avrebbe ben potuto scegliere di usare l'antisigma per esprimere un suono palatale, come avevano fatto i Volsci, se questo fosse effettivamente esistito a suoi tempi. Invece non ha creduto necessario riformare l'ortografia introducendo lettere nuove per C e G davanti a vocali anteriori E e I, dato che alla sua epoca i fonemi /k/ e /g/ non avevano ancora subito alterazione in tali contesti. Ha preso invece l'antisigma e l'ha usato per esprimere il suono /ps/, cosa a parer mio del tutto priva di necessità, data la scarsa importanza del nesso nella lingua latina. A spingerlo è stata infatti l'analogia con la lettera X usata per esprimere in forma sintentica il nesso /ks/.

L'ESTINZIONE DELLE LINGUE È UNA REALTÀ

Da un po' di tempo rifletto su un bizzarro argomento, che secondo me riveste il massimo interesse etnologico: l'originale lingua dei Pigmei. Pochi sanno infatti che le popolazioni africane conosciute come Pigmei non conservano una lingua loro propria, ma hanno appreso nel corso dei secoli le lingue delle popolazioni vicine con le quali hanno sviluppato rapporti di dipendenza. Così la grande maggioranza parte dei Pigmei parla lingue Bantu, mentre qualche gruppo ha adottato lingue di ceppo diverso. 

Secondo Cavalli-Sforza, due sarebbero i tipi genetici sprovvisti di una lingua propria nota: i Pigmei e i Sardi. I Sardi attuali infatti parlano una lingua derivata direttamente dal Latino. Anzi, il Sardo è una delle lingue neolatine meglio conservate. Prima di apprendere il Latino, i Sardi parlavano Punico e Nuragico. Il Punico era una linga affine all'Ebraico, mentre sul Nuragico si possono fare soltanto congetture, anche se con tutta probabilità era affine al Basco. 

Va detto che mentre i Pigmei dell'Africa non conservano una lingua loro propria, ci sono molti altri gruppi detti Khoi-San, ossia i Boscimani e gli Ottentotti, che hanno lingue peculiari e irriducibili a qualsiasi altro ceppo. Due popoli di cacciatori-raccoglitori della Tanzania, i Sandawe e gli Hadza, hanno lingue prive di parentele, né tra di loro né con altre lingue, salvo forse quelle di gruppo Khoi-San.

Se si guarda la situazione fuori dall'Africa, si scopre che anche in Asia esistono popolazioni di bassa statura, con capelli crespi e la pelle molto scura: sono quelli che gli Spagnoli chiamarono Negritos. I primi esploratori venuti dalla Spagna che si imbatterono in queste genti si dissero certi della loro origine africana. Tra questi popoli ci sono i Semang della Malesia, gli Aeta delle Filippine e altri gruppi sparsi per l'arcipelago dell'Indonesia. Nessuno di questi gruppi parla una lingua propria: la situazione è simile a quella dei Pigmei Africani. La massima parte di loro ha adottato una lingua del ceppo Austronesiano, come ad esempio il Malese. Ci sono anche altri popoli peculiari di origine certamente remota: i Vedda di Sri Lanka e le genti delle Isole Andamane. Gli Andamanesi hanno mantenuto lingue proprie, a differenza degli altri ceppi, che sono del tutto prive di qualsiasi somiglianza nel resto del mondo. Tale è l'arcaicità degli Andamanesi che ignoravano del tutto il modo di accendere il fuoco. Per colmo dell'ironia, un proverbio dei Pigmei dell'Africa suonerebbe irrispettoso se applicato agli Andamanesi: "La scimmia non è un uomo, solo perché non sa accendere il fuoco".

A dire il vero se si studiano bene le lingue dei Pigmei dell'Africa e quelle dei Negritos dell'Asia, si scopre che qualche parola antica è sopravvissuta. Nell'idioma dei Baka, ad esempio, il 30% del vocabolario è di origine sconosciuta. Tra i gruppi africani sono prive di relazioni esterne le parole relative alla vita nella foresta, alla raccolta del miele, oltre ai numerali. Anche tra i Semang (che parlano Malese) e i Vedda (che parlano Singalese) si trovano molti termini isolati. Presso i Vedda si segnalano ad esempio termini come GALREKKI 'ascia', RUHANG 'amico', KUKKA 'cane', OKMA 'bufalo', TOMBA 'lumaca' e via discorrendo. Così esisterebbe modo di approfondire gli studi fino a capire qualcosa di più. Cercando in Rete, ho trovato alcuni interessantissimi documenti, anche se il materiale che trattano è limitato. Purtroppo noto che non c'è molta apertura mentale. Mi sono infatti imbattuto in un post scritto da un anglofono, che usa il Rasoio di Occam, negando la possibilità che tutte quelle lingue siano andate perdute. Così, in nome di una semplicità dogmatica e compulsoria, questa persona è arrivata a sostenere che gli antenati dei Pigmei erano esseri del tutto privi di parola, e che a un certo punto hanno imparato a parlare dai loro vicini. "Cosa c'è da stupirsi?" - si domanda addirittura in un passo - "In fondo le scimmie antropomorfe non hanno ancora imparato a parlare".

Non mi hanno mai convinto le teorie di Hannah Arendt sulla "banalità del Male". Il Male non è mai banale, proprio in virtù della sua esistenza come principio ontologico separato. Dopo aver letto il post insulso di questo sedicente studioso, sto però cominciando a capire che esistono anche realtà che sono ben al di sotto dello stesso concetto di banalità.