domenica 8 giugno 2014

SUPEREROI E FONETICA DEI PRESTITI INGLESI IN ITALIANO

Una domanda angosciosa risuonava tempo fa dalla gola di un blogger splinderiano, senza trovare risposta. In un post si chiedeva basito: "Perché Superman si pronuncia Supermen e Batman non si pronuncia Betmen?". All'epoca sono stato distratto da qualcosa che nemmeno rammento e non ho così avuto occasione di apporre un commento chiarificatore. Anche se in deplorevole ritardo (Splinder si è estinto agli inizi del 2012), abbozzerò qui un tentativo di risposta. Forse il blogger in questione brancola ancora nel cyberspazio, e tramite una ricerca in un motore potrebbe raggiungere questo scritto, trovando qualcosa in grado di placare la sua ansia. 

In italiano Superman si pronuncia /supermen/ e Batman si pronuncia per contro /batman/ per il semplice fatto che i due nomi sono entrati nella nostra lingua in tempi diversi e con modalità diverse. A quanto pare non è stata la stessa persona ad introdurli, ed essi sono stati adottati dalle masse seguendo le rispettive pronunce che si utilizzavano nei media. L'autore della pronuncia /supermen/ aveva una vaga infarinatura di inglese scolastico, mentre l'autore di /batman/ può essere stato mosso anche da considerazioni meramente estetiche. Negli anni passati erano infatti popolari le scenette in cui si mettevano in ridicolo i dialetti della Puglia, presentati come un italiano vernacolare in cui la vocale /a/ tonica diventava sistematicamente un suono anteriore aperto che nei caratteri IPA è trascritto con /æe che in genere è percepito come una variante della e aperta. Chi non ricorda Lino Banfi pronunciare sèsso anziché sasso in una commediola con Gloria Guida? Così pronunciando il nome Batman con le vocali anteriori qualcuno avrebbe potuto chiedersi: "E che è Bètmen, il supereroe di Bèri?" La pronuncia /batman/ suonava meglio e non destava ilarità nelle masse frivole, per questo è stata favorita e si è quindi diffusa. 

sabato 7 giugno 2014

DUE PESI E DUE MISURE NELL'ORTOGRAFIA LATINA MODERNA

Una domanda viene spesso posta nel web: bisogna scrivere repetita juvant o repetita iuvant? In genere intervengono utenti furibondi e spocchiosi a stigmatizzare repetita juvant come se fosse uno strafalcione tipo un'albero o una luciertola, argomentando che gli antichi Romani la lettera j nemmeno la conoscevano. Orbene, c'è di certo del vero in questo. La lettera j fu infatti introdotta dall'umanista francese Pierre de la Ramée (1515-1575), noto anche come Pietro Ramo, e quindi fa parte delle cosiddette lettere ramiste. Tuttavia si può far notare che il ragionamento è fallace e da rigettarsi per un semplice motivo: anche la distinzione tra la lettera u usata per scrivere la vocale e la lettera v per scrivere la consonante è un'innovazione introdotta proprio dall'umanista francese in questione. Così anche repetita iuvant non sarebbe riconosciuto da un coetaneo di Cicerone. Infatti all'epoca si scriveva sempre usando la stessa lettera sia la vocale /u/ (breve o lunga) che la semiconsonante /w/, e le cose non cambiarono anche quando /w/ si sviluppò nella bilabiale / e infine nella labiodentale /v/. Nella scrittura monumentale era sempre V, in quella corsiva sempre u. Così a voler evocare Cicerone, si rischia di dover per coerenza scrivere REPETITA IVVANT in maiuscolo e repetita iuuant in minuscolo. Giova infine ricordare che i latinismi usati nei tempi moderni non sono necessariamente propaggini della lingua scritta dell'epoca classica. Pertanto reputo che non sia poi così biasimevole scrivere repetita juvant se l'espressione è intercalata in un testo in italiano. 

lunedì 2 giugno 2014

EDGAR A. POE E LA NATURA DELLA DEMOCRAZIA

Tutti conoscono Edgar A. Poe per racconti come Il gatto nero, La maschera della morte rossa, Il pozzo e il pendolo, Una discesa nel Maelström e via discorrendo. Eppure scrisse anche testi di diversa natura, meno noti al pubblico italiano ma non per questo meno significativi. Tra le opere di fantascienza pubblicate molto prima che si parlasse di questo genere, possiamo citare senza dubbio il suo racconto Mellonta Tauta (ossia "le cose a venire"), ambientato nel 2848. Molti preferiscono non parlare di fantascienza riferendosi a scritti di questo tipo, ma di protofantascienza. A parer mio, essendo il significato principale della parola "fantascienza" quello di "fantasia scientifica", la definizione calza a pennello e non è soggetta a vincoli cronologici rigidi - con buona pace di tutti coloro che ancora provano un grande disagio alla sola menzione della parola "fantascienza", come se si trattasse di una vergognosa forma di pornografia. Proponiamo a questo punto un brano particolarmente interessante estratto da Mellonta Tauta, in cui l'autore riflette in modo lucido quanto amaro sul concetto di Democrazia, arrivando ad intenderne in modo perfetto la vera natura e a profetizzarne la decomposizione. Quanto Poe scrisse nel XIX secolo è sotto i nostri occhi e ognuno potrà riconoscerlo. 

«5 aprile. Sono quasi divorata dall'ennui. Pundit è l'unica persona a bordo con cui si possano scambiare due parole; e, poverino! non sa che parlare di antichità. Ho passato tutto il giorno a cercar di convincermi che gli antichi Amriccani si autogovernavano! Si è mai sentita una simile assurdità? - che vivevano in una sorta di confederazione in cui ognuno pensava a sé, come i "lupi della prateria" di cui si legge nelle favole. Dice che presero le mosse dalla più strana idea che mai si possa immaginare, vale a dire che tutti gli uomini nascono liberi e uguali - una cosa che fa a pugni con le leggi della graduatoria, così visibilmente impressa in tutte le cose dell'universo sia morale che materiale. Ciascuno "votava", come si diceva - vale a dire, si impicciava degli affari pubblici - finché, alla fine, si scoprì che ciò che riguarda tutti non riguarda nessuno e che la "Repubblica" (tale era il nome di quella assurda cosa) non aveva nessun governo. Si racconta però che la prima circostanza che turbò profondamente l'autocompiacimento dei filosofi i quali avevano messo in piedi questa "Repubblica" fu la sorprendente scoperta che il suffragio universale dava adito a manovre fraudolente, grazie alle quali era possibile l'accaparramento del desiderato numero di voti, senza pericolo di essere scoperti o ostacolati, da parte di un qualsiasi partito abbastanza disonesto da non vergognarsi per quella frode. Un minimo di riflessione su quella scoperta fu sufficiente a portarne in luce le conseguenze - e cioè che la disonestà era destinata a prevalere - in breve, e che un governo repubblicano non poteva essere altro che un governo di disonesti. Tuttavia, mentre i filosofi erano occupati a vergognarsi della propria stupidità per non aver previsto questi inevitabili mali, e ad elaborare nuove teorie, la faccenda finì bruscamente ad opera di un tizio di nome Mob, il quale prese in mano le redini instaurando un dispotismo al cui confronto quello dei mitici Zeros ed Hellofagabaluses erano una rispettabile piacevolezza. Questo Mob (uno straniero, fra l'altro) pare fosse l'individuo più odioso che avesse mai calpestato la faccia della terra. Di statura gigantesca - insolente, avido, sporco; col fegato di un toro, il cuore di una iena, e il cervello di un pavone. Alla fine, morì stroncato dalle sue stesse energie. Comunque ebbe una sua utilità, come la hanno tutte le cose, per spregevoli che siano, e insegnò agli uomini una lezione che, ancora oggi, essi non corrono il rischio di dimenticare - quella di non andare mai contro le analogie naturali. In quanto al repubblicanesimo, non si trovò mai nulla di analogo sulla faccia della terra - se si eccettua il caso dei "cani della prateria" - eccezione che, se non altro, serve a dimostrare che la democrazia è la forma di governo ideale - per i cani.» 

Edgar Allan Poe, Mellonta Tauta  

sabato 31 maggio 2014


IL CAGNACCIO DEI BASKERVILLES
(The Hound of the Baskervilles, 1978)

Regista: Paul Morrissey

Scritto da: Peter Cook & Dudley Moore...

Data di uscita: Novembre 1980 (USA)

Genere: Commedia, parodia

Cast: 
 Peter Cook ... Sherlock Holmes
 Dudley Moore ... Doctor Watson / Mr. Spiggot / Mrs. Ada
 Holmes / Piano Player
 Denholm Elliott ... Stapleton
 Joan Greenwood ... Beryl Stapleton
 Hugh Griffith ... Frankland
 Irene Handl ... Mrs. Barrymore
 Terry-Thomas ... Dr. Mortimer
 Max Wall ... Arthur Barrymore
 Kenneth Williams ... Sir Henry Baskerville
 Roy Kinnear ... Selden the Axe Murderer
 Lucy Griffiths ... Iris (as Lucy Griffith)
 Dana Gillespie ... Mary Frankland
 Penelope Keith ... Massage Receptionist
 Jessie Matthews ... Mrs. Tinsdale
 Prunella Scales ... Glynis

TRAMA: 

Qualcuno è fermamente determinato ad estinguere la casata nobiliare dei Baskervilles. L'ultimo erede è sconvolto da un terrificante cagnaccio, che ha già sbranato suo zio. Si rivolge quindi a Sherlock Holmes e a Watson, descrivendo loro la bestia come un mostro perverso dotato di genitali smisurati, con la tendenza a violentare le sue vittime prima di ucciderle. Sherlock Holmes invia a Baskervilles Hall il suo fedele assistente Watson, e qui ha inizio una girandola di eventi a mio parere esilaranti. Gli abitanti dei pantani si rivelano genti stravaganti e dedite ad aberrazioni di ogni specie. Troviamo così un campionario incredibile di degenerati: un assassino cannibale che fa a pezzi la gente con un'ascia, una domestica rinchiusa da anni in una  latrina piena di mosche, un cacciatore folle legato alla sorella da una relazione incestuosa, una ninfomane scatenata che sogna di copulare con il cagnaccio, un allevatore di chihuahua dall'apparato urinario incredibilmente sviluppato. Tutto il film è giocato sull'ambiguità e sul grottesco.
Anche il ritratto di Sherlock Holmes è molto diverso dal solito stereotipo: lo vediamo tra l'altro in un bordello le cui "ragazze" sono carampane ipertricotiche e manesche, mentre l'unica donna appetibile, la maitresse, non trova di meglio che proporgli un "cetriolino eccitante" da assumersi a mo' di supposta. E che dire delle perle di Logica Lapalissiana esibite da Holmes? Egli arriva a dedurre, dopo elaborati giri di parole, che dove avviene un furto si viene a scoprire sempre che il colpevole è un ladro. Vi è persino una maliziosa allusione a John Holmes, quando il nome dell'investigatore di Baker Street viene convertito in codice in un irresistibile "Salsiccia Holmes". 

CRITICA:

Il Cagnaccio dei Baskervilles è stato ritenuto la peggiore pellicola di tutta la storia del cinema. A mio parere questo giudizio è ingeneroso. Era l'epoca in cui Dudley Moore era sposato con una Rothschild, che a quanto pare era una domina spietata che lo costringeva a pratiche di umiliazione estrema. Questo clima morboso deve avere influenzato l'opera.

Questa recensione, in assoluto la più significativa che ho trovato, è apparsa a suo tempo anche sul Corriere: 

Quante volte è stato portato sullo schermo il romanzo The Hound of the Baskervilles, scritto da Sir Arthur Conan Doyle nel 1902? Sfogliando l’Encyclopedia of Mistery & Detection (McGraw Hill, 1976), alla voce «Sherlock Holmes» ci imbattiamo subito in un film francese del 1915, seguito due anni dopo da un film tedesco diretto da Richard Oswald che lo rifà in Gran Bretagna nel 1929. Pochi anni dopo, nel 32, altro remake britannico con Robert Rendel; nel 39 è la volta di Basil Rathbone in un film hollywoodiano diretto da Alfred Werker; nel 59 l’inchiesta sul mastino omicida viene ripresa in patria da Peter Cushing, regia di Terence Fisher; dieci anni fa la caratteristica casquette dell’investigatore finisce sulla testa di Stewart Granger. Ora l’americano Paul Morrissey si è buttato sul vecchio libro con il programma di strappare risate a tutti i costi. Non sempre ci riesce, in un clima esagitato di comica finale, ma nel suo insieme lo spettacolaccio regge. Ai numerosi ammiratori di Flesh e di Trash, che si stupiranno di veder coinvolto l’ex allievo di Warhol in un’impresa tanto incongrua, consigliamo di ripescare l’agghiacciante intervista fatta a Morrissey da Dante Matelli (su La Repubblica», 6 agosto 78). In questo colloquio il cineasta si proclama di estrema destra e aggiunge: «Sa perché sono contento che in USA non si studi più il greco? Perché il greco significa democrazia».
Da Tullio Kezich, Il nuovissimo Mille film. Cinque anni al cinema 1977-1982, Oscar Mondadori

Questa è la sommaria descrizione fornita dal Morandini:

Sherlock Holmes in burletta: indagando in casa Baskerville inciampa in situazioni al limite del paradosso e, mentre il cagnaccio si diverte, deve persino difendersi dalle attenzioni di una "ninfomane" scatenata. E una parodia dell'arcifamoso romanzo (1902) di Arthur Conan Doyle, portato più volte sullo schermo. Nonostante le premesse e la presenza di attori discreti, è un film mancato. Oltre a interpretare Watson e, travestito, la madre di Holmes, Moore ha collaborato alla sceneggiatura e ha firmato le musiche.

Ancor più lapidaria ed impietosa la recensione del Dizionario del Cinema:

Terribile parodia della storia di Conan Doyle, scritta da Cook (che interpreta Sherlock Holmes), Moore (allo stesso tempo Watson e madre di Holmes) e dal regista Morrissey. Dopo un po' di risate, il film scade nello squallido e non recupera più. Che spreco di talento! La versione americana dura 78 minuti, con sequenze in ordine diverso.

I commenti aggiunti dai navigatori sono ancora più impietosi. Ne riporto uno abbastanza rappresentativo quanto devastante, lasciato in imdb il 9 settembre 2001:

A deeply horrendous film

I have scarcely, if *ever*, been so disappointed with a film as I was with this. My expectations were hardly particularly high going into the viewing... I certainly did expect more from a film involving Peter Cook, based around the enjoyable Holmesian mythos.
To begin with, the direction was appallingly unsuitable. Paul Morrissey evidently had all the wrong ideas about how to film a comedy and how to illicit comedic performances; he is following the Carry On formula, but this film considerably outstrips the majority of those in terms of the cringe-worthy. Morrissey merely 'directs' an astonishingly experienced and talented cast to go horribly - and I mean horribly - Over The Top, shout a lot, and mixes this with pointless, inapposite crudity. The veteran comic talents of Max Wall - barely in the film, much to his overwhelming relief I suspect - Joan Greenwood, Cook, Moore and Spike Milligan are frittered away carelessly, and allowed to dissolve in an acrid bath of self-abuse. The ageing Greenwood is given an appallingly crass role and embarrassing 'things to do'; Terry-Thomas, clearly an ill man by all accounts at this time, looks completely out of it: a saddening sight. Is Kenneth Williams another to be added to this unfortunate role-call of British comedy greats forcibly desecrated...? Well yes, his performance is every bit the unsubtle, irritating stereotype that many expect of him, including it seems, Paul Morrissey. Such a waste considering the ill-tapped talent the man clearly had; it is hardly surprising to read his increasing despondency about this project in his diaries.
Apparently, Pete n' Dud had a hand in the script-writing, but it really doesn't show; this is committee stuff to the letter, including 'topical' take-offs of "The Exorcist" (1973) as well as the spirit-crushingly inept attempts to 'emulate' the Carry Ons. There are, at best, perhaps one or two middling gags of theirs that surface, but they seem hopelessly out of kilter with the film's remainder. Cook is an aloof, stony-but-insubstantial presence as an 'actor' in this 'picture', Morrissey allowing him no scope for his usual absurdism, shoehorning him into a cardboard nonentity of a role - though surely he himself is culpable, if scripting? Moore is worse, faring poorly as an inept, 'Welsh' Holmes; never once amusing.
This truly is a dire, unspeakable film. The production side of matters is, if anything, as shabby as the rest of the picture; a slipshod shoddiness makes the visuals outright repellent. Strikingly, there is no attempt to truly parody or spoof the Sherlock Holmes mythos; it makes even mediocre films like "The Adventure of Sherlock Holmes's Smarter Brother" (1975) or "The Seven Per Cent Solution" (1976) seem like satiric masterworks in comparison. All this ends up doing is lamentably degrading the Holmes mythos it claims association with.
I hated this film intensely - as I am sure you gathered - and can say with the utmost confidence that it symbolises the utter fall from grace of a tradition of British (film) comedy.

In tutto il Web ho trovato soltanto un timido utente a difendere il Cagnaccio. Il suo intervento, che mi ha commosso, è questo: 

"Versione comica del mastino dei baskervilles. Mi ha fatto morire dal ridere.Pieno di situazioni assurde..."

venerdì 30 maggio 2014

LE RADICI DELL'ANTICO GALATTICO 

Janov Pelorat fremeva: i suoi dogmi erano stati sconvolti. Chiese di incontrare subito Golan Trevize. La notizia che doveva dargli era troppo elettrizzante. Aveva scoperto che la lingua parlata da quei bizzarri edonisti non discendeva dal Galattico Standard, ma che molte sue parole potevano spiegare termini dotti, ormai conosciuti solo dagli scienziati della Fondazione. La guardia civica lo lasciò passare e gli indicò la strada per gli alloggiamenti. Distratto com'era, Janov se la dimenticava sempre. Non amava i labirinti. La lingua, che a quanto pare era chiamata Hellingloss dai suoi parlanti, aveva una sonorità simile a quella del Galattico, ma il suo lessico di base era del tutto incompatibile. Era scritta con una strana e incerta ortografia. Aveva compilato una lista disordinata assieme ai suoi informatori, elencando vocaboli Hellingloss con la traduzione nella più antica forma ricostruibile della lingua universale. 

admit = wild
alpick = fox
ancoon = elbow
ander = virile man
anderjinick = she-male
anthrop = man
ape = pear
argeer = silver
arm = car
arsen = male
art = bear
art = bread
ask = bottle
aster = star
asternaw = starship
asternaw-strat = starship troops
atlieb = locust
awg = sorrow
bam = painting
bar = boat
bible = book
boal = throw
break = arm
bright = beer
broam = food
buy = life
by = sinew
callib = steel
canther = mule
car = nut
carp = fruit
cassita = tin
cawk = bronze, copper
clore = green
coal = gall, bile
copper = shit
copper-fag = shit eater 
core = boy
corn = crow
craddie = heart
crise = gold
cusglips = cunnilingus
custh = cunt
dactle = finger
dender = tree
derm = skin
drytom = woodcutter
eden = pleasure
eek = home, house
eelure = cat
een = wine
eerodactle = dawn
ellewtha = free
elluthry = freedom
ensefle = brain
entom = insect
erg = work
erretom = oar
erritha = red
ewer = large, broad
ewer = piss
ewerpot = piss drinker
ewerproct = asshole
fall = penis
fallen = whale
file = love
fill = leaf
freen = mind
glawf = cavern
glawk = azure
gleen = doll
gloss = tongue
glosspoyce = fellatio
gone = sperm
gont = knee
gram = letter 
heamer = day
heel = sun
heem = blood
helminth = worm
herpit = snake
hider = water
higher = sacred
hip = horse
hippit = liver
hom = same
hy = pig
icth = fish
ide = violet
jee = earth, land 
jerry = old man
jimmen = naked
jinick = woman
kawm = heat
keer = hand
lal = speech, sentence
larring = throat
leemick = snail
lex = words
like = wolf
limmen = lake
lithe = stone
log = word
luke = white
meal = apple
mealsperm = appleseed
meek = fucker
meer = thigh
meg = big
meletha = roof 
mellen = black
mellis = bee
melt = honey
mike = mushroom
mile = marrow
mollip = lead
monk = solitary, lonly
moor = huge
murmick = ant
my = fly
my = mouse
naw = ship
nay = temple
necker = dead
nee = new
neece = island
neem = leg
neffer = kidney
new = thought
newer = nerve
nict = night
nom = district
nooth = lazy
nose = knowledge
noy = mind
nume = breath
numen = lungs
oddont = tooth
oftom = eye
oiner = utility
ollisb = dildo
oneer = dream
onfle = navel
ops = face
ore = mountain
orkid = testicle
ornith = bird
orth = straight 
oss = eyes
osthew = bone
oy = egg
pant = all
parthen = girl
peed = child
peer = fire
pithick = monkey
plue = space voyage
pod = foot
poil = grey
pol = city, town
pol = many
pottom = river
presb = old
proct = anus
proglips = anilingus
queer = girl
rap = stick
rewm = stream
rine = nose
rize = root
rod = rose
roy = pomegranate
sam = hill, hillock
santh = yellow
sark = meat, flesh
score = dung
scott = shadow
seem = sign
sefle = head
sellen = moon
sewd = lie
sfeek = wasp
sidder = iron
sife = sword
sight = corn
sign = dog
signom = flea, louse
sike = fig
sike = passive gay man
sike = soul
sile = wood
sittick = parrot
smeegom = cock filth
soam = body
sperm = seed
splank = spleen
stiggom = sign
stoam = mouth
syan = blue
thallus = sea
thannit = death
thawn = earth
thawp = warm
thee = god
theebrom = chocolate
therm = hot
thime = smoke
tire = cheese
top = place
troaf = growth
uren = sky
zeen = divine 
zew = stormy sky
zoo = alive
zoy = life
 

Marco "Antares666" Moretti, ottobre 2007
LA MORTE DI DIONISO 

Mi è venuta l'ispirazione per un'opera eccezionale, una specie di copione teatrale in forma di pamphlet feroce. Con battute al fulmicotone metto in satira il concetto di "democrazia", lasciando nuda l'assoluta nullità delle masse lobotomizzate. Non se ne può più di ascoltare i piagnistei di pseudo-idealisti strepitanti che cianciano tanto di libertà e ne ignorano il senso. Il titolo trae spunto da un appellativo di Dioniso, Eleutheros, che significa appunto Libero. Eleutheria è Libertà, ma un genio malefico ha confuso i concetti nelle menti delle masse tramite un corpus di insegnanti scolastici dediti al lavaggio del cervello, abominevoli figuri simili a pasdaran del politically correct. La narrazione, leggera e paradossale, inizia con un tale, attivista pieno di fumo e di utopie ossimoriche, grande immanentizzatore dell'Eschaton, che esibisce le sue conoscenze di greco antico dichiarando che "demos" significa "libertà". Prosegue con un lamento, in cui il protagonista arriva con grande scandalo alla conclusione che Hitler è figlio della Democrazia, essendo stato scelto dal popolo tramite regolari elezioni. Qua e là un suggeritore compare reggendo un cartello con frasi atte a recare il massimo scandalo, del tipo: "Ad Atene c'erano gli schiavi", "Gli schiavi non fanno parte del Demos", "Ostracismo", "Hanno votato la tua morte", "Di che ti lamenti? È la legge dei numeri", etc. In una scena il boia aggiusta il capestro del condannato dicendo: "Democrazia è partecipazione". Andando avanti si arriva all'assoluta dissacrazione, definendo infine la "democrazia" come "quella cosa che ha condannato Gesù e salvato Barabba".

lunedì 19 maggio 2014


LA CICERCHIA E IL LATIRISMO

"Per secoli prima dell'era cristiana, il gelido soffio della Morte ha alitato sopra lande desolate dove cresceva soltanto la cicerchia: Lathyrus sativus. La cicerchia alligna nelle peggiori condizioni ambientali dove nessun'altra specie botanica sopravvive. Pianta particolarmente resistente, è stata storicamente il cibo a buon mercato di certe aree in via di sviluppo. Le conseguenze tragiche del suo consumo sembra fossero già note nel quarto secolo a.C., ma non a coloro che per sopravvivere erano costretti a cibarsene. La cicerchia riempie gli stomaci affamati di gustose e ricche proteine, cotte come ortaggi, pestate e fatte a polenta o macinate per ricavarne pane. In cambio esige un terribile pedaggio e attacca il sistema nervoso centrale producendo spasticità irreversibile. I primi sintomi si manifestano con difficoltà motorie, dolorosissimi crampi e debolezza nelle gambe. In ultimo arrivano la paralisi totale e la morte."
(Third World Research Foundation
)

Il neurologo Oliver Sacks parla dell'argomento nel suo libro L'isola dei senza colore (pagg. 237-238):

"Il latirismo è una forma di paralisi da tempo endemica in alcune parti dell'India, dove è associato al consumo di legumi della specie Lathyrus sativus. A piccole dosi, questi non sono nocivi, ma a volte rappresentano l'unico alimento disponibile - e allora la spaventosa alternativa è fra la paralisi e la morte per fame. Per certi aspetti, il latirismo è simile alla paralisi (jake paralysis) che immobilizzò decine di migliaia di americani durante il proibizionismo. Alla ricerca di qualche fonte di alcol, questi sventurati si erano rivolti all'estratto, facilmente accessibile, di zenzero giamaicano (jake), senza sapere che esso conteneva grandi quantità  di un veleno che poteva condurre alla paralisi, e che più tardi si rivelò un composto organofosforico tossico."

Nonostante la pericolosità del legume in questione, si assiste di questi tempi a svariati tentativi di diffonderne il consumo, spacciandolo per un prodotto sano e tradizionale. C'è da rimanere basiti a leggere notizie come questa: 

"Le regioni Lazio, Marche, Molise, Puglia ed Umbria hanno ottenuto dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, per le cicerchie prodotte in varie zone delle regioni stesse, il riconoscimento di prodotto agroalimentare tradizionale italiano."
(Fonte: Wikipedia

Per quanto molti critichino Wikipeda e considerino automaticamente (e spesso a torto) inattendibile ogni parola in essa riportata, un rapido controllo sui prodotti tipici delle regioni in questione porta a constatare che non si tratta di una bufala. Evidentemente le genti hanno dimenticato i tempi in cui il latirismo era una realtà in cui si poteva incappare a causa di carestie e siccità, così possono bersi con la massima naturalezza le panzane sulla tradizione della cicerchia. Andando avanti di questo passo si arriverà a pubblicizzare il consumo della cicuta, facendo passare tale veleno per una panacea. Non c'è limite al potere della disinformazione. Chierici traditori e ignoranza delle masse: un binomio potenzialmente letale. 

mercoledì 14 maggio 2014

LA SCUOLA DI RETORICA NORRENA A BAYEUX NEL X SECOLO

Un troviero normanno del XII secolo, Benoît de Saint-Maure, compose una versione in rima della Cronaca dei Duchi di Normandia, in lingua d'oïl. In quest'opera si può leggere un passo oltremodo interessante, che ci tramanda come Guglielmo Lungaspada (in norreno Viljálmr Langaspjót) facesse affidare suo figlio Riccardo al Conte Botho di Bayeux, affinché imparasse il norreno.

Se a Roem le faz garder
Et norir, gaires longement 
Il ne saura parlier neient
Daneis, kar nul ne l'i parole. 
Si voil qu'il seit à tele escole
Où l'en le sache endoctriner
Que as Daneis sache parler.
Ci ne sevent riens for romanz,
Mes a Baiues en a tanz
Qui ne sevent si Daneis non,
Et pur ço, sire quens Boton,
Voil que vos l'aiez ensemble od vos
De lui enseigner corius,
Garde e maistre seiez de lui. 

 
Se a Rouen lo faccio accudire
e nutrire, egli a lungo
non saprà parlare il Danese,
perché lì nessuno lo parla.
Voglio che sia educato alla scuola
dove lo sappiano indottrinare
affinché sappia parlare ai Danesi.
Qui non conoscono altro che il Romanzo,
ma a Baieux ci sono tanti
che conoscono soltanto il Danese,
e per questo, Sire Botho,
voglio che lo prendiate con voi,
per insegnargli con cura,
che siate suo tutore e maestro. 

Mi pare una notevole testimonianza di come i Duchi di Normandia
(in norreno Rúðujarlar) nel X secolo sentissero il legame con la loro terra d'origine come qualcosa di sacro, ma anche di come avessero grandi difficoltà a salvaguardare la lingua avita. Rouen (in norreno Rúða o Rúðuborg) era il centro del potere, dove i rampolli crescevano con le loro madri in un contesto di lingua romanza. Per contro, Bayeux era il cuore pulsante della tradizione scandinava, la scuola a cui venivano mandati i nobili di Rouen per il loro apprendistato. È ben possibile che la scuola del Conte Botho non insegnasse semplicemente a parlare un norreno essenziale, ma che istruisse nella retorica e nella poesia, trasmettendo un vocabolario ricchissimo e una raffinata eloquenza. In ogni caso, tutto questo è servito a ben poco, perché a decidere il futuro della Normandia non sono stati né il Conte Botho né i Duchi, ma le donne. Se gli uomini di Rollone avessero portato con sé molte donne dalla Danimarca e dalla Norvegia, anziché prendere con la forza quelle del luogo, la lingua norrena nella Francia Settentrionale sarebbe stata parlata per molti secoli e forse si sarebbe addirittura espansa. In numerosi casi la libidine e la scarsa lungimiranza di pochi capi hanno avuto conseguenze rovinose quanto durature sulle genti. Purtroppo le nostre conoscenze sono lacunose: non sappiamo se il Conte Botho ebbe eredi che portarono avanti la sua opera meritoria. Non sappiamo nemmeno chi fu l'ultimo Duca di Normandia a frequentare la scuola di Bayeux, né quando questa chiuse i battenti.

sabato 10 maggio 2014

LE CAUSE DELL'ESTINZIONE DEL NORRENO IN NORMANDIA

Quando il capo norvegese Gǫngu-Hrólfr (alla lettera Rodolfo il Camminatore), più noto come Rollone, si stanziò in una piccola regione della Francia Settentrionale con i suoi uomini, diede inizio a cambiamenti profondi, ponendo le basi di quello che sarebbe stato conosciuto come Ducato di Normandia. La storiografia è molto sobria sull'argomento: in genere i libri si limitano a riportare che nel 911 Rollone ottenne da Carlo il Semplice Rouen e altre contee della Neustria, e che per questo accettò di essere battezzato - aggiungendo che i Normanni non tardarono a diventare franchi di lingua e cattolici di religione. Naturalmente i manuali scolastici omettono di specificare non poche cose. Innanzitutto il battesimo di Rollone fu più che altro un atto formale, rimanendo egli un grande adoratore pagano: lo storico Ademaro d'Aquitania ci riporta che prima di morire Rollone ordinò che molti schiavi cristiani fossero sacrificati a Odino e a Thor. Dire "franchi di lingua" è un sostanziale errore, dato che in quei tempi il termine "franco" doveva riferirsi all'originaria lingua germanica dei Franchi (all'epoca moribonda), mentre quella adottata dai Normanni era la lingua galloromanza locale, la lingua d'oïl - ma su questo si può per il momento sorvolare. Il complesso processo di acculturazione dei Normanni ebbe cause sociali e demografiche. Essi giunsero in Francia non portando donne con sé dalla Danimarca e dalla Norvegia, e prendendo donne locali come spose e concubine, generando con esse bastardi - spesso tramite stupro. 

I primi tra i Normanni ebbero grande cura che i loro figli apprendessero il norreno, come ci è riportato da svariate fonti, ad esempio da Dudone. Tuttavia si ha motivo di pensare che questa educazione fosse imposta a suon di nerbate sulla schiena e che i giovani fossero pieni di risentimento verso i loro stessi padri. Abbiamo le prove che il terzo Duca di Normandia Riccardo I (933-996) apprese il norreno a Bayeux dal suo tutore, il Conte Botho. Bayeux sembra essere stato un centro in cui le tradizioni avite si mantenevano meglio che altrove, una roccaforte vichinga, mentre Rouen, sede ducale, era il centro della nuova cultura romanza. Pian piano la conoscenza dell'antico norvegese in Normandia dovette in ogni caso affievolirsi e sclerotizzarsi, cosicché nella maggior parte dei distretti la lingua divenne obsoleta nella seconda metà del secolo XI. 

Sappiamo che quando il capo vichingo Olaf Haraldsson (in seguito Re Olaf II il Santo) fu ospite del Duca di Normandia a Rouen dal 1013 al 1014, non solo poteva capirsi tranquillamente con il nobiluomo parlando l'idioma avito, ma una volta battezzato gli chiese numerosi preti affinché potesse portarli con sé in Norvegia per aiutarlo nell'opera di cristianizzazione. Questi preti avevano un'ottima conoscenza del norreno, segno che l'educazione in quella lingua era ancora praticata. Va però detto che il flusso demico dalla Danimarca e dalla Norvegia alla Normandia non cessò all'improvviso: alcune famiglie vi migrarono fino al XII secolo, portando nel corso degli anni nuovi parlanti norreni anche in contesti in cui la lingua doveva essere morta o moribonda e rendendo difficile fare un resoconto preciso della situazione. 

Lo storico inglese Roberto di Gloucester (1260-1300) ci dice che all'epoca della battaglia di Hastings (1066) i Normanni di Guglielmo il Conquistatore sapevano parlare soltanto in francese - ma è possibile che una serie di frasi fatte sclerotizzate, come ordini militari e simili, ancora sopravvivessero. Inoltre lo storico, che non era contemporaneo ai fatti, può essere stato semplicemente all'oscuro del modo in cui i feudatari di Normandia parlavano nelle loro case e della lingua da loro usata nelle diverse occasioni. 

D'altro canto, alcuni prestiti norreni nei dialetti francesi del Nord farebbero pensare a una sopravvivenza continuata del norreno e a una sua tarda evoluzione indipendente da quella dei paesi d'origine, almeno in alcuni luoghi. Tra questi prestiti citiamo l'importante vocabolo hougue (pron. /χu:g/), che significa "monte" e viene direttamente dal norreno haugr "collina, altura". All'epoca di Rollone il dittongo /au/ doveva pronunciarsi con una /a/ centrale, ma soltanto dopo diversi secoli cominciò ad acquisire un colorito labiale e infine divenne quasi /ɔu/ con il suono aperto /ɔ/: la pronuncia era ancora chiaramente /au/ all'epoca del primo trattato grammaticale islandese (XII secolo) e nell'Edda in prosa (inizi XIII secolo). Anche la conservazione dell'aspirazione presuppone una evoluzione locale del lemma, che l'idioma romanzo ha quindi preso a prestito. Purtroppo abbiamo conoscenze troppo scarse per poter trarre conclusioni sicure sui tempi esatti di morte del norreno in Normandia, perché esiste un abisso tra i documenti storici e l'uso concreto di una lingua in ambiti che non lasciano traccia scritta e che per necessità sono giudicati irrilevanti dai cronisti. 

Per diverse generazioni l'apprendimento dell'antico norvegese avveniva in età adulta come parte dell'educazione militare, e questo spiega il suo declino. I bambini imparavano la lingua romanza della Francia settentrionale dalle madri, quindi si trovavano ad avere a che fare con la lingua dei loro antenati paterni in un'età in cui la loro rete neurale aveva perso duttilità e malleabilità. La mancanza di locutori bambini è sempre un presagio funesto per la conservazione di una lingua. Soltanto un bambino ha quella curiosità innata e quella voglia di apprendere che è un presupposto per l'uso vibrante di una lingua. Nell'adolescenza spesso ogni interesse decade e subentrano blocchi mentali, difficoltà estreme ad adattare la propria mente alle strutture di una lingua diversa da quella appresa durante l'infanzia. 

domenica 4 maggio 2014

UN NUOVO DOCUMENTO IN GOTICO: IL FRAMMENTO DI BOLOGNA

Un nuovo testo in lingua gotica è stato recentemente scoperto a Bologna nell'Archivio di San Petronio. Si tratta di un palinsesto composto da due fogli scritti su entrambi i lati, con qualche lacuna nel testo. Il ritrovamento è di eccezionale importanza, ma non se ne è affatto sentito parlare in Italia. Naturalmente le genti ritengono molto più interessanti i pettegolezzi sulle orge di Arcore e la notizia deve essere sfuggita anche in ambienti scientifici. Riporto qui l'intero testo: 
[Foglio 1r]

01 […………]an. nasei unsis f(rau)ja g(u)þ unsar,
02 [………a]f þiudom, in þaimei nu ba[………….]
03 […………]jane allai iþ […]indo unsib-
04 [jaim jah frawau]rhtaim [(wis)andam bisunja-
05 ne uns[is…….]ta ald, ak ei þu f(rau)ja bairgais un-
06 sis jah gawitais unsis faura kunja þamm[a] du
07 aiwa. Inuh þis jah sa [lukana] praufetus da-
08 […..]arb[…] leik [….]uh [ ]an[d] kuni manne du
09 [……] ize f(rauj)in, jah skama [..h]ropeiþ qiþandans
10 [na]sei mik f(rauj)a unte faira[…] swe […] aiþþau air an[…]
11 nasei mik f(rauj)a unte [þu is] saei nasjai. ufar þuk f(rauj)a
12 nih airus nih aggilus nih andbahts nih ahma
13 ak silba f(rauj)a qimai nasjan [………..]swa auk jah
14 pawlus qiþiþ wainahs ik manna ƕas mik lau-
15 seiþ us þamma leika dauþaus þis nih witoþ
16 nih praufeteis nih staua[ns] nih þiudanos unh-
17 [……saiƕis] in þizei witoþ ta[ik]n warþ. stau-
18 [ai] fra[t]rudan warþ. praufetum usquman[…]
19 warþ weihaim […………]riurida[.]
20 […..]frawardida[……….] meinana [..]
21 n[…]e […] ei waurkjaiþ [……...] anana[..]
22 alla[………..] unsa[r] [……….]adai waurþun
23 wulþu[………..] in allaim wailadede is awi-
24 liudo gþa meinamma þairh i(es)u x[(ristu) saei ist nas-
25 jands allaize manne þishun þize ga[l]aub-
26 jandane. sa a[u]k þa(n) qaþ ganasjiþ managein
[Foglio 1v]

01 seina af frawaurhtim ize. [………..]
02 in [a.]jam apaustaul[u] sama [……….]
03 qiþanda [..] staua[.] þa(n) qaþ [……….us]
04 himina atgiban mat[……….]
05 ganisan. weis [alja] in namin [………] þeinai-
06 zo[………………..] israel. na-
08 sei mik f(rauj)a […………………] ma midja-
09 sweipainai. sa[……………..] ald[..] s[..]
10 ai. [..]os [……………………] a[…] e gþ [……] israel-
11 is faraon[.] jah [……………………..] ganasides
12 þatei jainans [………………………….]
13 re [.]an mis ala[…………………]num jah [.] ak is […...]
14 aleikamma an[…] ei [………….]andeis gana-
15 sides, þuei […………………..] frijondane aiwa ne
16 [..]nþ in [……………………]a ganasides
17 þu nu þa(n) qaþ fr(auj)a jah mik nasei ei ƕ[……] [qi]þan
18 […] in gþa naseins meina jah wulþus meins
19 jah f(rauj)ins ist naseins jah ana managei þeinai
20 þiuþeins þeina. nasei nu m[ik] […………] alja
21 allans þans wenjandans du þus þuei jah pai-
22 tru […] ƕan andstandanda ana marein gana-
23 sides. at paitrau qiþandin nasei unsis þai
24 qaþ fraqistnam, bi þanei jah ana […..]
25 qiþanda in tojam insandei [du i] at marein jah
26 athait seimona saei ananamnida paitrus
[Foglio 2r]

06 [hi]minis jah wairþa galeiks þamma hauhistins a-
07 kei jainþro dalaþ atdraga þuk þa(n) qaþ imma
08 frauja allwaldands: unte gþ hauhairtaim andstan-
09 diþ gþ haunidam gibiþ anst. bi þanei gameliþ
10 ist: ƕaiwa usdraus us himina satana [dia] sa in maur-
11 gin urrinnanda bi þanei f(rauj)a qaþ: saƕ satanan
12 swe lauhmunja dri[u]sandan us himina in ƕis
13 in hauhairteins seinaizos. inuh þis qiþiþ prau-
14 fetus, [..]aina [..] ni gabauiþ in midjamma garda
15 meinamma taujands hauhairtein [……] in þam-
16 ma faura su[..]wa n[…] a[..]ra[…]þ þatei ni sijai
17 gþ swe allai [………………] praufetu insakan
18 jah qiþan. qaþ unfroþs in hairtin seinamma
19 nis gþ: sa sama gateihiþ […] bi þamma qiþa-
20 nin qaþ: unsibjis ei frawaur[k]jai in sis silbin […]
21 sa sama ist jah fijands. bi þamma gamelidin […]
22 jands qam nasjan gatawida [……………] diabau-
23 lu. jabai nist gþ [..] ƕas gataih þus þata namo ƕas þus
24 gakannida […………..] ak ei in þamma afletiþ in þam-
25 ma sik afdomeiþ jah frawardeiþ jabai nist gþ
26 bi ƕana qaþ [praufetes] gatawida gþ þana mannan

[Foglio 2v]

06 da anþar du imma. jabai nist gþ bi ƕana qaþ
07 esajias sai magaþs in kilþein ganimiþ jah
08 gabairiþ sunu jah haitand namo is enmanuel
09 þatei ist gaskeiriþ miþ unsis gþ jabai nist
10 gþ bi ƕana qaþ praufetus gþ meins ni fair-
11 jais þuk af mis jah anþara managa ak ei ni
12 wilda galaubjan skaidai jah dail[..]da […]
13 wiste saei daig ainƕarjammeh hairtona ize
14 saei fraþjiþ in alla waurhta ize swaswe qiþ(and)
15 sumai. þaiei habaidedun hiwi gagudeins iþ
16 maht izos inwidandans þaiei iddjedun in wast-
17 jom lambe iþ innaþro sind wulfos wilwan-
18 dans. swaleiks wissa ƕa [….] ak ei [………]
19 qam swesamma […………….] swa sa gar[….]an sa
20 afguda farao saei [maþ…………….] þis jah is-
21 rael ni fraleta[………..] þis jah in marein [………]
22 sagqiþs warþ [……]jand […………..] na23
bukaudaunausaur ohta sis [………..]
24 þrim magum ƕaleiks gþ saei usþinsai izwis
25 us handum meinaim […] þis jah in [………]a þis
26 warþ du jiu[.]ta jah [………] allawerein
La fonte è la seguente:
Rosa Bianca Finazzi e Paola Tornaghi, "Gothica Bononiensia: Analisi linguistica e filologica di un nuovo documento", in Aevum 87 (2013), blz.113-155


Il Frammento di Bologna contiene estratti del De Civitate Dei di Agostino (nella parte iniziale) e un insieme di passaggi dell'Antico e del Nuovo Testamento.

Tra le parole attestate se ne citano alcune ricostruite dai linguisti e pienamente confermate:

Farao, "Faraone" f. 2v, 20
magaþs, "fanciulla" f. 2v, 7
þiuþeins, "benedizione" f. 1v, 20
unfroþs, "stolto" f. 2r, 18
unsibjis, "malvagio" f. 2r, 20

Altri lemmi non erano mai stati attestati prima:

Nabukaudaunausaur, "Nabucodonosor" f. 2v, 22
fairjan, "partire, andarsene" f. 2v. 10-11
ananamnjan, "denominare, dare un soprannome, chiamare" f. 1v, 26
atdragan, "trascinare giù" f. 2r, 7
fra[t]rudan, "calpestare" f. 1r, 18
gawitan, "difendere" f. 1r, 6
usþinsan, "strappare, portar via" f. 2v, 24

A quanto pare una traduzione in italiano è stata fatta dalle stesse autrici dell'articolo sul reperto, Rosa Bianca Finazzi e Paola Tornaghi
dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Tuttavia, questa traduzione non è disponibile online e non posso quindi inserire un link. Ne riporterò quindi una mia, seppur grossolana e compiuta in modo frettoloso, scusandomi se non è eccellente:

... salvaci Signore Dio nostro,
... dalle genti, nelle quali ora ...
... tutti così ... agli stolti
e ai peccatori che sono tra noi... 
generazione, ma che tu Signore ci nascondi e ci
difendi davanti alla stirpe per sempre.
Senza di ciò il profeta rinchiuso... 
il corpo e ... la stirpe degli uomini a...
al loro Signore, e vergogna ... chiama dicendo
salvami Signore perché ... come ... presto ...
salvami Signore perché Tu sei Colui che salva. Sopra di Te, Signore,
non vi è messaggero, né angelo, né servo e né spirito
ma lo stesso Signore venga a salvare ... anche e
Paolo dice: "Me uomo infelice! Chi mi libererà
da questo corpo di morte?" Da questo non la Legge
né i Profeti né i Giudici né i Re ...
vedi per conto del quale la Legge, il segno accadde.
Al giudizio venne calpestato. Ai profeti uccisi …
accadde ai santi ...
distrusse... il mio ... che compie  ...
tutti ... nostro.... divennero... 
gloria ... in tutti dei benefici, il suo
ringraziamento al mio Dio attraverso Gesù Cristo che è il Salvatore
di tutti gli uomini e di coloro che credono.
Così Egli disse quindi che salva la moltitudine

... sua dai loro peccati. ...
negli altri l'Apostolo stesso ...
dicendo ... il giudice ... quindi disse ...
<in> cielo liberare ...
essere salvo. Noi nel nome ... gli altri ... delle tue
... Israele. Salvami Signore ... nell'alluvione.
Il ... generazione ...
... Dio d'Israele al Faraone e ...
salvasti ciò che questi ... a me ... e ... ma egli ...
al simile ... che ... salvasti,
che Tu ... degli amici sempre ...
... in ... salvasti
Tu ora, quindi disse Signore salvami, che colui... dire...
la mia salvezza in Dio e la mia gloria ...
e del Signore è la Salvezza e
la Tua benedizione. Salvami ora ... l'altra ...
tutti coloro che sperano in Te, che Tu e Pietro...
che stanno di fronte al mare salvasti.
con Pietro dicendo: "Salvaci ... questi...
disse: "Saremo distrutti, per questo e in ...
dicendo ... "Manda al mare ... 
e chiama Simone che era soprannominato Pietro"

... del cielo e divengo simile a questo dell'Altissimo,

ma da qui ti trascinò giù, quindi gli disse: 
"Signore Onnipotente: perché Dio si oppone ai superbi,
Dio dà la grazia agli umili". Per questo è scritto:
come Satana cadde dal Cielo, così egli stava procedendo 
nel mattino, di lui il Signore disse: "Ho visto Satana
cadere come un fulmine dal Cielo nella sua superbia per questo".
Senza di questo il profeta dice,
... non abita nel mezzo della mia corte
insuperbendosi ... in questo davanti ... che non sia
Dio come tutti ... il profeta ... designare
e dire. Disse lo stolto in cuor suo
non sei Dio: egli stesso dichiara ... per questo
disse: "Malvagio che pecchi in se stesso ...
egli stesso è il nemico". Per questo scritto ...
venne a salvare, fece ... il Diavolo.
Se non è Dio ... colui che ti disse questo nome, che
chi conobbe ... ma in questo lascia, in questo
subisce giudizio e perisce, se non è Dio
di cui il profeta disse: "Dio fece questo uomo" 

... l'altro a lui. Se non è Dio, per chi disse
Isaia: "Ecco la vergine portare in grembo e
artorire il figlio e dargli il nome Emmanuel?"
che questo si spiega come "Dio è con noi". Se non è
Dio di cui disse il profeta: "Il mio Dio non ti fa
partire da me e molte altre cose, ma non volle
credere, divida e ripartisca...
degli esseri, colui che plasmò ad alcuno i loro cuori,
colui che capisce tutte le loro opere, come dicono
alcuni, che essi hanno parvenza di pietà, ma
negano il suo potere, coloro che andarono nelle vesti
di pecore mentre all'interno sono lupi predatori.
quanto seppe chi ... ma ...
venne a egli stesso ... così questo ... questo
empio Faraone che ... di questo e Israele
non libera... di questo e in mare ...
fu affondato ...
Nabucodonosor ebbe paura ...
ai tre ragazzi quale Dio <è> colui che vi strappa
dalle mie mani ... di questo e in ... di questo
divenne a ... e ... la rettitudine