Introduzione
Alcuni sostengono che la lingua cimbra dei Sette Comuni, dei Tredici Comuni e del Cansiglio - ormai in via di estinzione - possa essere una diretta discendenza della lingua longobarda. A portare avanti questa tesi sono stati Bruno Schweizer (1948), Alfonso Bellotto (1974) e più di recente Ermenegildo Bidese (2004). In realtà una simile proposta è contraddetta dall'evidenza dei fatti, come è possibile provare con solidi argomenti. Il cimbro - che prende questo nome dalla professione dei boscaioli e non dagli antichi Cimbri - è un'evoluzione naturale dell'antico bavarese, proprio come il bavarese moderno. Nonostante la grande somiglianza tra la lingua dei Longobardi e quella degli antichi Bavari, esistono alcune differenze significative che possono essere facilmente utilizzate per dirimere la questione una volta per tutte.
Per fissare le idee, se chiamiamo A il bavarese antico, B il cimbro con tutte le sue varietà e C il bavarese moderno, allora B e C sono lingue sorelle, perché entrambe derivate da A.
Prendiamo ora la lingua dei Walser, che al pari del cimbro non è comprensibile ai parlanti del tedesco standard. La lingua dei Walser in ogni sua varietà discende dall'antico alemannico. Ora, antico bavarese e antico alemannico erano lingue sorelle, tra loro abbastanza simili e mutuamente comprensibili, ma con caratteristiche un po' diverse, la cui divergenza si è accentuata nel corso dei secoli.
Così se A è l'antico bavarese, B è l'antico alemannico, C è il cimbro e D è il walser, allora C è figlio di A mentre D è figlio di B: ne consegue che C e D sono primi cugini.
Il longobardo non è né un fratello né un primo cugino del cimbro. Infatti si è separato dagli altri idiomi del germanico occidentale prima che in alto tedesco comparissero alcune caratteristiche.
Questi sono alcuni fatti salienti:
1) Il longobardo non ha ridotto /ai/ originario ad /e:/ e /au/ originario ad /o:/ in alcuni contesti come ha fatto l'antico alto tedesco in tutte le sue forme. In longobardo il dittongo /ai/ dà spesso luogo a /ei/, ma anche ad /a:/, mentre /au/ generalmente si conserva immutato (solo raramente si muta in /ao/). Dove si trovano i monottonghi /e:/ e /o:/ siamo in presenza di prestiti dal germanico orientale (es. ewa "legge"; treno "avambraccio").
2) Il longobardo non ha dittongato /e:/ originario in /ie/, /ia/, e parimenti non ha dittongato /o:/ originario in /uo/, /ua/.
3) Il longobardo non mostra il passaggio di /a/ ad /e/ chiusa quando è presente /i/ nella sillaba seguente (nelle fasi più antiche dell'antico alto tedesco il mutamento non era ancora completo); che io sappia soltanto in una parola attestata si trova /ei/ da un più antico /ai/ di natura secondaria, nato da una metatesi di un antico /j/ (stoleseyz "funzionario regio" rispetto a stolesazo id.).
4) Il longobardo mostra un diverso esito della serie dentale: collassa protogermanico */θ/ e */d/ in /d/ all'interno delle parole, trovandosi /t/ al posto di /d/ da */d/ in alcuni casi a causa di dissimilazione. In diversi dialetti longobardi l'originario /d/ iniziale resta.
5) La rotazione consonantica in alcuni dettagli assume esiti diversi, producendo ad esempio un'affricata dove l'antico alto tedesco ha una fricativa (come provato ad es. dalle parole italiane guazza, strozza e pizza).
6) L'aspirazione iniziale /h/ si è dileguata precocemente e in molti contesti è scomparsa anche in posizione mediana.
7) Alcune caratteristiche morfologiche accomunano il longobardo all'antico sassone (antico basso tedesco), e così pure diverse isoglosse lessicali.
8) Esistono infine numerosi prestiti dal germanico orientale (gotico), ben riconoscibili, che talvolta convivono con la forma ereditata.
Un'altra caratteristica delle lingue discendenti dall'antico alto tedesco non si trova in longobardo, ed è improbabile che si sarebbe sviluppata in seguito se la lingua fosse sopravvissuta: il longobardo preserva /sk/ in tutti i contesti. Forse in alcuni dialetti questo /sk/ tendeva ad aspirarsi in /sχ/ o /sx/ come in olandese, ma non si è mai avuta alcuna palatalizzazione, come invece è la norma in tutti i dialetti alto tedeschi attuali.
Sembrerebbe una notevole isoglossa tra il cimbro di Giazza e il longobardo il fatto di non avere il passaggio di /o/ [ɔ] ad /ö/ [ø] e di /u/ ad /ü/ [y] quando è presente un'antica /i/ nella sillaba seguente. Tuttavia analizzando bene il materiale a disposizione si scopre che anche nel cimbro di Giazza in non pochi casi si ha la vocale bemollizzata [ø], e che in certe varietà come il cimbro di Luserna la metafonesi si trova regolarmente. Si è ipotizzato che a Giazza le vocali bemollizzate (turbate) [ø] e [y] si siano ridotte alle vocali semplici [ɔ] e [u] in un secondo tempo.
Non sono riuscito a visionare gli studi di Schweizer, Bellotto e Bidese sul rapporto tra cimbro e longobardo. Nel caso di Schweizer, che aveva fatto parte della Ahnenerbe, posso immaginare che l'ipotesi di un'origine longobarda dei Cimbri si fondasse più sull'ideologia che su concrete evidenze linguistiche. Il modo migliore per mostrare quanto finora esposto è confrontare in concreto gli esiti di un gran numero di parole ereditate dal germanico comune in longobardo e in cimbro, prestando attenzione alle loro somiglianze e alle loro divergenze. Anche alcuni prestiti dal latino e dal romanzo possono essere interessanti. Non potendo disporre della testimonianza di parlanti di una lingua discendente dal longobardo, essendosi questo estinto da tempo, ricorrerò per un confronto alla conlang neolongobarda ricostruita a partire da quanto ci è documentato da antroponimi, termini contenuti nei codici e via discorrendo. Per questo motivo ometterò l'asterisco che marca le forme non attestate. Le parole cimbre utilizzate per quest'opera di confronto appartengono al dialetto di Giazza (Ljetzan in cimbro), in provincia di Verona - e sono tratte dalla grammatica di G. Cappelletti, curata da Bruno Schweizer e tradotta in italiano da Ermenegildo Bidese, Andrea Padovan e Alessandra Tomaselli. Il testo è consultabile e scaricabile al seguente link: