LUCENTE, RAPIDO, LETALE
Il corpo dell’indigeno giaceva lì seduto in quel girone di fango, carbonizzato. Nelle mani stringeva ancora gli elettrodi. Il Capo Ricercatore della Società Petrolifera, Jim Lodd, diede uno sguardo alle apparecchiature e subito constatò che erano bruciate. Un’altissima tensione le aveva attraversate, fondendo la loro struttura in un magna nanomolecolare del tutto indistinto. Miliardi di dollari erano stati investiti invano in quella rete neurale ipersenziente. Adesso dei microelaboratori restava solo il Nulla: uno spesso strato di ossido nero ne ricopriva la maggior parte della superficie. Eppure sembrava che per il nativo andare incontro a una simile morte fosse stata una cosa irrilevante. Il corpo aveva l’aspetto di una mummia vecchia di secoli, intrisa di fetido salnitro. Portava solo residui di calzoni neri stracciati e non aveva alcun copricapo: il cranio pelato aveva lo stesso colore giallastro della palta circostante, della sostanza contaminata che ricopriva tutto quel cratere. La dentatura della vittima era ben in mostra in quel sorriso ebete che neppure il rigor mortis aveva saputo cancellare. Gli incisivi prominenti formavano un’arcata grottesca, che non si poteva neppure credere appartenente a un essere umano. In effetti sembrava più un ominide che altro, una specie di subumano oligogenetico. Gli occhi annientati dalle esalazioni caustiche sprigionate all’improvviso dal terreno, erano piccoli globi rinsecchiti all’interno delle orbite infossate, mentre le palpebre rigonfie somigliavano ad oscene grandi labbra. Solo a stento si sarebbe potuta distinguere i residui della maglietta dalla cute sclerotizzata e solcata da profondi canaloni.
Chiunque sia stato, ha mostrato un certo ingegno nel suo sporco lavoro, pensò Jim Lodd. Proprio un bel modo di iniziare la giornata! Ma i sistemi di sicurezza non erano quantistici, impostati su combinazioni uniche di nucleoni e di colle gluoniche? A oltrepassare tali barriere non poteva essere stato una semplice spia industriale: sarebbe rimasta folgorata al primo tentativo. Per qualche attimo lo scienziato fu colto da un lieve stato di trance, con dettagli di insidiosi trasferimenti dimensionali che si accalcavano nella sua memoria. Equazioni finanziarie si mescolavano a rappresentazioni multidimensionali di equazioni di Schrödinger in grafi senza senso. Gemiti di fatica lo riportarono alla realtà. Per quanto si sforzassero, i manager non riuscivano a staccare quegli stramaledetti elettrodi dalle mani del morto. Ma quelle erano mani o piuttosto artigli? I tendini avevano spaccato la pelle accartocciata in diversi punti, emergendo come corde delle antiche balestre. Le unghie si erano spezzate per la potenza della stretta, spaccandosi alla radice e facendo uscire la polpa livida. Uno spettacolo impressionante. Guardando meglio, Lodd si accorse che c’erano dei fili ridotti ad ammassi di materiale nerastro, sporgevano dal corpo dei blocchi di metalloplastica tenuti ancora ben stretti dal subumano.
Altri impiegati della Società Petrolifera accorsero per vedere se potevano aiutare i loro compagni e il loro principale. Nulla da fare, neanche unendo i propri sforzi a quelli dei nuovi arrivati era possibile ottenere qualcosa. Eppure erano solo tre ossa deformi e un po’ di carne di mummia! Niente da fare, pareva saldato al terreno, come se gli fosse stato colato dentro del piombo fuso. Uno dei top manager della squadra esagerò e pensando di liberare un elettrodo strappò il braccio destro di quel cadavere rachitico. Non uscì neanche una goccia di sangue dalla carne lacerata: i fluidi ematici si erano coagulati nelle vene e nelle arterie, formando grossi ammassi della consistenza di formaggio nero. Una folata di carogna appestò l’aria. Sotto la crosta secca del derma e dei muscoli superficiali, la decomposizione dei tessuti interni era andata avanti. Le cose stavano prendendo una brutta piega.
Si rese necessario chiamare il Responsabile Extra-Rete, Job Names, che avrebbe avuto l’autorità di far intervenire l’Esercito. Pochi minuti dopo che il Capo Ricercatore l’ebbe chiamato, Job Names arrivò in quella miniera a cielo aperto. Era un uomo calvo e dal fisico asciutto, dagli occhi neri e furbi. Tutti lo conoscevano per il suo costante buonumore e per la sua capacità di mantenere la calma nei momenti difficili. Altri, più malevoli, dicevano che la sua euforia fosse causata dal doping – era un ciclista dilettante – e che la sua ponderatezza fosse soltanto ignavia mascherata. Quando vide lo scempio, rimase di sasso, e tutta l’aria ridanciana che ostentava fino a pochi attimi prima svanì. Non gli importava niente dell’uomo-scimmia, tanto ne avrebbero sintetizzati altri a basso costo. Tirchio com’era, sapeva valutare il dare e l’avere in ogni situazione che si presentasse. Il vero colpo allo stomaco fu il fato degli elettrodi, la cui distruzione avrebbe comportato un nuovo contratto con la Gross-Kampff.
Senza alcun preavviso, una scocca fece sobbalzare le mani del morto. Nessuno si aspettava di vedere un segno di vita negli elettrodi. Non era possibile. Non secondo le leggi della fisica che ancora si ostinavano a voler governare l’Universo, con buona pace dei Vingeani.
- Diavolo! – esclamò Jim Lodd – Se non c’è tensione e i circuiti sono inceneriti, come accidenti fa quella cosa a scintillare?
- Io non ho visto niente! – strillò Erd Fakes, esasperato da tre notti insonni e vicino alla soglia di un’esplosione isterica. Tutta quella faccenda non gli sembrava di buon auspicio.
- Invece sì, guardate! – urlò Job Names indicando le barre metalliche – Le macchine si stanno riattivando! Forse riusciamo a recuperarle!
Di fronte a quanto detto dal Responsabile Extra-Rete, Erd Fakes non poteva permettersi di perdurare nel suo scetticismo, e anche se i suoi occhi continuavano a non cogliere mutamenti, assunse un’espressione stranita.
Job Names non riusciva a trattenere la propria frenesia: - Ecco ancora che si muove!
- Lo vedete? – disse Jim Lodd – Avevo ragione io! Qualcosa sta dando energia…
Non fece neanche in tempo a finire la frase: un lampo di luce viola scaturì dal sinistro marchingegno penetrandogli nel cranio e schiantandolo al suolo, tra le miriadi di rottami informatici e di liquami cianurali di terre rare radioattive. La poltiglia scura sembrò inumidirsi per un istante, come se fosse intrisa da un’occulta ondata di acqua filtrata dalle viscere della pianeta. Nonostante il terrore, una paralisi nervosa impediva a tutti di muovere anche un solo muscolo. Nessuno dei presenti riusciva a credere ai propri occhi, per quanto assurdo era ciò che i sensi stavano loro comunicando. In preda a un panico muto, come bruchi paralizzati da una vespa parassitogena, i top manager non poterono che subire in modo passivo gli eventi. Ridotti ad oggetti, avevano perso la loro stessa ontologia. L’attività ectoplasmica non accennava a cessare. Dall’elettrodo distrutto e vulcanizzato uscì all’improvviso un lampo di orrore liquido in forma di scarafaggio. La blatta bioluminescente viaggiava su una guida tensoriale invisibile, percorrendo con avidità la traiettoria che le era stata destinata ancor prima che l’eternità avesse inizio. Le antenne erano tese, ricetrasmittenti collegate alle galassie più remote, in grado di captare i segnali di morte di quasar agonizzanti nel cancro cosmico. Volando sul cursore d’aria, l’immondo artropode dell’etere zampettò fino alla faccia del Responsabile Extra-Rete, penetrandogli ardente in un nervo ottico, scavando il proprio destino ultimo in quella molle cavità grigiastra e cedevole.
Marco "Antares666" Moretti
Altri impiegati della Società Petrolifera accorsero per vedere se potevano aiutare i loro compagni e il loro principale. Nulla da fare, neanche unendo i propri sforzi a quelli dei nuovi arrivati era possibile ottenere qualcosa. Eppure erano solo tre ossa deformi e un po’ di carne di mummia! Niente da fare, pareva saldato al terreno, come se gli fosse stato colato dentro del piombo fuso. Uno dei top manager della squadra esagerò e pensando di liberare un elettrodo strappò il braccio destro di quel cadavere rachitico. Non uscì neanche una goccia di sangue dalla carne lacerata: i fluidi ematici si erano coagulati nelle vene e nelle arterie, formando grossi ammassi della consistenza di formaggio nero. Una folata di carogna appestò l’aria. Sotto la crosta secca del derma e dei muscoli superficiali, la decomposizione dei tessuti interni era andata avanti. Le cose stavano prendendo una brutta piega.
Si rese necessario chiamare il Responsabile Extra-Rete, Job Names, che avrebbe avuto l’autorità di far intervenire l’Esercito. Pochi minuti dopo che il Capo Ricercatore l’ebbe chiamato, Job Names arrivò in quella miniera a cielo aperto. Era un uomo calvo e dal fisico asciutto, dagli occhi neri e furbi. Tutti lo conoscevano per il suo costante buonumore e per la sua capacità di mantenere la calma nei momenti difficili. Altri, più malevoli, dicevano che la sua euforia fosse causata dal doping – era un ciclista dilettante – e che la sua ponderatezza fosse soltanto ignavia mascherata. Quando vide lo scempio, rimase di sasso, e tutta l’aria ridanciana che ostentava fino a pochi attimi prima svanì. Non gli importava niente dell’uomo-scimmia, tanto ne avrebbero sintetizzati altri a basso costo. Tirchio com’era, sapeva valutare il dare e l’avere in ogni situazione che si presentasse. Il vero colpo allo stomaco fu il fato degli elettrodi, la cui distruzione avrebbe comportato un nuovo contratto con la Gross-Kampff.
Senza alcun preavviso, una scocca fece sobbalzare le mani del morto. Nessuno si aspettava di vedere un segno di vita negli elettrodi. Non era possibile. Non secondo le leggi della fisica che ancora si ostinavano a voler governare l’Universo, con buona pace dei Vingeani.
- Diavolo! – esclamò Jim Lodd – Se non c’è tensione e i circuiti sono inceneriti, come accidenti fa quella cosa a scintillare?
- Io non ho visto niente! – strillò Erd Fakes, esasperato da tre notti insonni e vicino alla soglia di un’esplosione isterica. Tutta quella faccenda non gli sembrava di buon auspicio.
- Invece sì, guardate! – urlò Job Names indicando le barre metalliche – Le macchine si stanno riattivando! Forse riusciamo a recuperarle!
Di fronte a quanto detto dal Responsabile Extra-Rete, Erd Fakes non poteva permettersi di perdurare nel suo scetticismo, e anche se i suoi occhi continuavano a non cogliere mutamenti, assunse un’espressione stranita.
Job Names non riusciva a trattenere la propria frenesia: - Ecco ancora che si muove!
- Lo vedete? – disse Jim Lodd – Avevo ragione io! Qualcosa sta dando energia…
Non fece neanche in tempo a finire la frase: un lampo di luce viola scaturì dal sinistro marchingegno penetrandogli nel cranio e schiantandolo al suolo, tra le miriadi di rottami informatici e di liquami cianurali di terre rare radioattive. La poltiglia scura sembrò inumidirsi per un istante, come se fosse intrisa da un’occulta ondata di acqua filtrata dalle viscere della pianeta. Nonostante il terrore, una paralisi nervosa impediva a tutti di muovere anche un solo muscolo. Nessuno dei presenti riusciva a credere ai propri occhi, per quanto assurdo era ciò che i sensi stavano loro comunicando. In preda a un panico muto, come bruchi paralizzati da una vespa parassitogena, i top manager non poterono che subire in modo passivo gli eventi. Ridotti ad oggetti, avevano perso la loro stessa ontologia. L’attività ectoplasmica non accennava a cessare. Dall’elettrodo distrutto e vulcanizzato uscì all’improvviso un lampo di orrore liquido in forma di scarafaggio. La blatta bioluminescente viaggiava su una guida tensoriale invisibile, percorrendo con avidità la traiettoria che le era stata destinata ancor prima che l’eternità avesse inizio. Le antenne erano tese, ricetrasmittenti collegate alle galassie più remote, in grado di captare i segnali di morte di quasar agonizzanti nel cancro cosmico. Volando sul cursore d’aria, l’immondo artropode dell’etere zampettò fino alla faccia del Responsabile Extra-Rete, penetrandogli ardente in un nervo ottico, scavando il proprio destino ultimo in quella molle cavità grigiastra e cedevole.
Marco "Antares666" Moretti