mercoledì 28 agosto 2019



PERDERE LA TERRA 

Titolo originale: Losing Earth
Autore: Nathaniel Rich

Anno: 2019
Data di pubblicazione: Luglio 2019
Lingua originale: Inglese
Editore: Arnoldo Mondadori Editore 
Collana: Orizzonti
Tipologia narrativa: Narrazione romanzata
Genere: Problemi irrisolti, ecologia, cambiamento climatico   
Sottogenere: Problemi irrisolvibili, illusioni, moralismi alla
     francese, fede nei Puffi e nella bacchetta magica di Harry
     Potter
Classifiche: Posizione n° 13 in Ideologia ambientalista 

Traduzione italiana: M. Faimali
Codice ISBN-10: 8804715200
Codice ISBN-13 (aka EAN): 978-8804715207
Pagine: 176 pagg. (secondo altri 184)
Formato: rilegato
Tipo di copertina: rigida
Peso: circa 1 kg (tutto sulle gonadi)


Risvolto: 

C’è stato un momento, fra il 1979 e il 1989, in cui i rappresentanti politici e la grande industria si sono dimostrati disposti a mettere in primo piano la tutela del pianeta e a collaborare con scienziati e attivisti per affrontare le conseguenze del riscaldamento globale. In più occasioni, durante quel decennio, le maggiori potenze mondiali sono arrivate a un soffio dal condividere un serio impegno sul cambiamento climatico. Ma non ce l’hanno fatta.

Perdere la Terra racconta i retroscena di questo fallimento, concentrandosi sul ruolo di uno dei principali responsabili di emissioni di anidride carbonica, gli Stati Uniti d’America, e ricostruendo l’infaticabile contributo di alcuni eroi che hanno lottato per risvegliare la coscienza pubblica, come Rafe Pomerance, «lobbista per l’ambiente», e James Hansen, astrofisico e climatologo. Il primo si muove attorno al mondo della politica, il secondo parte dalla ricerca scientifica, ma il loro obiettivo è comune: spingere il governo del loro paese ad agire prima che sia troppo tardi, e a farsi promotore di un accordo internazionale vincolante. Le loro vicende personali e professionali si intrecciano con quelle di numerosi altri personaggi: scienziati appassionati e incerti; filosofi ed economisti «fatalisti»; negazionisti senza scrupoli; compagnie petrolifere e del gas, come Exxon, interessate ai benefici economici di un clima stabile e di risorse energetiche alternative; giornalisti alternativamente allarmisti e sprezzanti; giovani politici, come Al Gore, che provano a cambiare le cose dall’interno delle istituzioni; e presidenti degli Stati Uniti, come Ronald Reagan e George H.W. Bush, capaci, con il loro entourage, di alterare da un giorno all’altro il destino del mondo intero.

Quella raccontata da Rich sembra una classica storia americana, in cui buoni e cattivi si danno battaglia a suon di rapporti scientifici e disegni di legge, udienze pubbliche e commissioni, tentativi di censura e campagne infamanti. Ma di questa storia tutti noi, oggi, siamo vittime e insieme protagonisti, perché il finale è ancora da scrivere. Il passato ci insegna che politica, scienza, tecnologia ed economia da sole non bastano a raggiungere una soluzione di fronte al cambiamento climatico. È necessario riportare al centro la dimensione etica del problema. Ora che l’esistenza della nostra civiltà è incontrovertibilmente minacciata, cosa siamo disposti a fare? Siamo disposti a modificare il nostro stile di vita? Riusciremo a scrivere una storia diversa per i nostri figli e nipoti? 

Recensione:  

Non sono contrario all'ambientalismo in quanto tale. Non sono affatto un negazionista climatico: il problema esiste. Non sono un ultraliberista convinto che le emissioni di gas serra portino prosperità. Sono innanzitutto un fisico ambientale e conosco bene le dinamiche del cambiamento climatico, nella misura in cui è dato a un essere umano conoscerle. Proprio per questo mi sento in dovere di assestare al libro di Rich una critica serrata. Non ce l'ho con Greta Thunberg perché ci ricorda che la nostra casa comune, la Terra, sta andando a fuoco. Infatti le stesse cose le penso anch'io, e le facevo notare - irriso e schernito - quando la svedese ingrugnita dalle lunghe trecce ancora poppava il latte materno. Correva l'anno 2006 quando copiai sul mio pc il testo di un articolo trovato nel Web, lo incollai in un file txt che intitolai "I laghi frizzano". Parlava dello scioglimento del permafrost siberiano, mentre le masse pensavano alla vita segreta di Lady Berlusconi e ad altre similari amenità. Solo adesso si sta capendo il potenziale catastrofico del fenomeno. Non ce l'ho con la Thunberg perché è affetta dalla sindrome di Asperger, perché lo sono anch'io. Quello che desta la mia ira e il mio sommo fastidio è l'incapacità mostrata da lei e da ogni attivista ambientalista di fare i conti col Secondo Principio della Termodinamica, l'impossibilità di capire due parole molto semplici e dal suono ben brutto: "IRREVERSIBILITÀ" ed "ENTROPIA"

Premesse innegabili 

Cosa dovrebbero fare i politicanti?
Quale partito vorrebbe avere meno votanti? Quale ministro vorrebbe avere meno influenza e meno potere? "Non seguiteci! Non partecipate alla vita democratica!" Questo dovrebbe essere il nuovo motto di ogni partito. E quale capo politico sarebbe disposto a sostenere un'idea del genere? La politica vuole crescere: sono gli elettori a darle potere. Più la politica cresce, più aumentano le emissioni di CO2. Greta Thunberg, svegliati!


Cosa dovrebbero fare i capitalisti?
Quale azienda vorrebbe avere meno acquirenti per i propri prodotti? Quale plutocrate vorrebbe guadagnare meno? "Non comprate!" Questo dovrebbe essere il nuovo motto di ogni azienda produttrice di beni. E quale amministratore delegato sarebbe disposto a sostenere un'idea del genere? L'economia vuole crescere: sono i consumatori a darle potere. Più l'economia cresce, più aumentano le emissioni di CO2. Greta Thunberg, svegliati!


Cosa dovrebbero fare i religiosi? 
Quale Chiesa vorrebbe avere meno fedeli? Quale setta vorrebbe adescare meno gente? "Non seguiteci!" Questo dovrebbe essere il nuovo motto di ogni religione. E quale capo religioso sarebbe disposto a sostenere un'idea del genere? La religione vuole crescere: sono i fedeli e i figli procreati a darle potere. Più la religione cresce, più aumentano le emissioni di CO2. Greta Thunberg, svegliati! 

Conseguenze ineluttabili

Homo politicus  
Pretendi forse, o svedese ingrugnita dalle lunghe trecce, che i politicanti lascino centinaia di milioni di persone senza luce, senz'acqua, senza carburanti, senza sostentamento e senza farmaci? Non lo faranno mai, perché il loro potere finirebbe di colpo in un nuovo Terrore. Robespierre ritornerebbe!

Homo oeconomicus  
Pretendi forse, o svedese ingrugnita dalle lunghe trecce, che i capitalisti smettano di produrre e di consegnare viveri e ogni genere di bene materiale, lasciando centinaia di milioni di persone nella miseria più assoluta? Non lo faranno mai, perché il loro potere finirebbe di colpo in un nuovo Terrore. Robespierre ritornerebbe! 

Homo religiosus  
Pretendi forse, o svedese ingrugnita dalle lunghe trecce, che i religiosi smettano di sostenere il matrimonio e la procreazione? Pensi che sposeranno la causa dell'Estinzionismo? Non lo faranno mai, proprio loro che nei secoli hanno perseguitato chiunque osasse sostenere l'Estinzionismo, ricorrendo anche alla tortura e allo sterminio! Dovrebbero cambiare rotta proprio adesso? Non lo faranno mai, perché il loro potere finirebbe di colpo in un nuovo Terrore. Robespierre ritornerebbe! 

L'imbroglio delle emissioni di CO2 mancanti 

Nel trattato di Rich si fa a malapena menzione a un fatto alquanto scabroso. Per la rendicontazione delle emissioni di gas climalteranti, si considerano arbitrariamente nulle le emissioni di CO2 da combustione di biomassa (es. legna). Questo è l'artificioso ragionamento addotto dalle teste d'uovo dell'IPCC: quando si brucia della legna o del biogas, la CO2 che ne deriva fa parte del ciclo naturale del carbonio, così per quanta ne viene emessa, altrettanta ne viene assorbita. Il solo carbonio che contribuisce all'effetto serra, affermano gli esperti, è quello proveniente da combustibili fossili, perché è stato fissato in altre ere geologiche. La verità è ben altra: quelli dell'IPCC sono ben consapevoli del fatto che se queste emissioni da biomassa fossero computate nel bilancio, non si potrebbe assolutamente evitare che la temperatura del pianeta cresca oltre i 2 °C rispetto alla media preindustriale nel corso del XXI secolo. In parole povere, dovrebbero ammettere una scabrosa verità, di essere soltanto parassiti che vivono sul groppone dei lavoratori. Veniamo ora al loro "argomento". Essi vogliono far credere ai politicanti che quando bruciamo un albero, da qualche parte del globo ne spunti all'istante un altro identico, grazie ai Puffi o alla bacchetta magica di Harry Potter! Ci vogliono attimi per liberare in atmosfera il carbonio che un albero ha fissato in decenni o addirittura in secoli.

La natura ineluttabile degli Elementi

Per allettare i plutocrati, ecco che le emissioni di CO2 da attività umane sono state ridotte a "quote" per poterne fare commercio. Un tentativo truffaldino che nulla può contro la severità della Natura Matrigna. Così ne è nato un grottesco mercato, con tutta la sua potenza di corruzione e d'inganno. Sono addirittura fiorite società per la vendita di certificati, a detta dei loro gestori capaci di "compensare le emissioni di CO2". Anche quelle di una festa di laurea, di un viaggio in aereo o di un matrimonio. Come? Semplice: selezionando un appezzamento di foresta in qualche paese tropicale - già esistente da secoli - e stampando un pezzo di carta in cui si dichiara che tale appezzamento sarebbe in grado di azzerare le emissioni del cliente. Natura non confundenda

La crisi del permafrost 

Se c'è qualcosa di cui non si parlerà mai abbastanza, è proprio lo scioglimento del permafrost artico a causa dell'aumento della temperatura media globale. Come conseguenza di questo processo, si hanno emissioni di carbonio in atmosfera che rinforzano la crescita dell'effetto serra, dando origine a una diabolica morsa cibernetica, a un anello di feedback da cui non c'è scampo. Molti scienziati hanno lanciato l'allarme, eppure l'IPCC non considera nemmeno questa sorgente di gas climalteranti perché non può essere ridotta a gretti calcoli politici. Non dipendendo dalla volontà umana, il processo è dichiarato irrilevante. Per decreto imperiale. In pratica, vediamo i decisori e altri farabutti mettere la testa sotto la sabbia di fronte all'Idra di Lerna. 

Una diagnosi chiara e ineluttabile:
siamo fottuti

Molti si chiederanno: "Come cavolo è potuto succedere?" Domanda retorica e I - DIO - TA. Risposta semplice: siamo miliardi e continuiamo a crescere, come mosche che razzano nella merda. Immaginiamo di avere sotto mano la bacchetta magica di Harry Potter e di poter come per incanto ridurre le emissioni annue di CO2 del 50%, ossia della metà. Noi attiviamo quella bacchetta mirabile e "puff!", metà delle emissioni di CO2 buttate fuori in un anno spariscono nel Nulla. Che accadrebbe? Che impiegheremmo 20 anni ad arrivare allo stesso livello di compromissione a cui arriveremmo in 10 anni non facendo nulla (posto che il processo sia lineare). Inutile dire che 20 anni o 10 anni sono lassi di tempo assolutamente insignificanti su scala storica. Questo mostra la vanità, l'inanità di tutti i tentativi politici di opporsi al mutamento climatico. Stando le cose come stanno, il genere umano può soltanto crollare sotto il peso di innumerevoli criticità!

L'unica soluzione è considerata un tabù  

Homo sapiens non è davvero una specie intelligente. Non esito a dirlo: è soltanto una specie semi-intelligente. Possiede un linguaggio simbolico e ha tutto un suo universo concettuale, eppure sembra soffrire di profonde carenze logiche. Lamento e lamenterò sempre, fino alla Fine, quello che considero un autentico scandalo: l'unica vera soluzione è sempre stata sotto gli occhi di tutti ma nessuno ne ha mai voluto sentir parlare. Fanno ancora oggi finta che neppure esista, che neppure sia concepibile da mente umana. Ormai è tardi: si potrebbe soltanto proporre una cura palliativa, volta ad alleviare un po' le inevitabili sofferenze. A suo tempo sarebbe bastato smetterla di versare la sburra nel canale vaginale, per apportare un concreto e rapido sollievo al globo terracqueo. Non si sarebbe nemmeno arrivati a una popolazione di più di 7 miliardi di dannati su un pianeta che a stento potrebbe reggerne 1 miliardo. Eppure i copulatori fecondi non si fermano: se nessuno provvederà, presto saremo 8 miliardi, poi 10 e così via, fino al finale col botto. Tutti i porci dell'IPCC tacciono per non dare fastidio ai culti idolatrici della fecondità. Certo, meglio della cura palliativa sarebbe l'Eutanasia Planetaria. Se non fosse che lo stramaledetto DNA non vuol saperne di estinguersi!   

Il Fato di Ghilah 

Ora vi racconterò una bella storiella. Molti milioni di anni fa, Venere era un pianeta come la Terra. Era abitabile e abitato. Aveva una rotazione simile alla nostra e identica atmosfera. Vi erano masse continentali e oceani estesi. Ci vivevano gli antenati degli stessi umani che poi hanno popolato anche il nostro mondo. I nomi che davano al loro globo terracqueo erano GHILAH e BELGHIM, a seconda delle lingue. Data l'abbondanza delle risorse, i popoli di Ghilah crebbero senza limite, fino ad innescare una spaventosa crescita dell'effetto serra. Erano un po' come i milanesi: non si fermavano mai. Gravati da religioni fetolatriche e granitiche, hanno potuto soltanto procedere verso la catastrofe. I risultati del loro progresso, del loro sviluppo, della loro morale stupida e opprimente, li possiamo vedere tutti ancor oggi. Se vogliamo conoscere il futuro della Terra, dobbiamo guardare Venere.

sabato 24 agosto 2019

ETIMOLOGIA DI GILOUBIRRO, GILOUBIRRARI 'ERETICO'

Nella vasta produzione letteraria in Antico Alto Tedesco, l'antenato dell'odierna lingua di Germania e di molti suoi dialetti, è citata un'interessante parola per indicare il concetto di 'eretico': giloubirro, con diverse varianti come giloubirri e giloubirrâri. L'origine è dal sostantivo gilouba 'Fede' (attualmente Glaube) e dal verbo irrôn, che significa 'errare', 'sbagliare' (chiaramente un prestito dal latino errare). Così è infatti spiegato il vocabolo con una glossa più estesa: ther sînera gilouba irrit, cioè "colui che sbaglia nella propria Fede", o ther unrehtera gilouba ist, "colui che ha una Fede errata". Si trova persino il quasi sinonimo ungiloubâri, che corrisponde all'italiano 'infedele' o 'ateo'. Per tradurre il concetto di 'Eresia' si usa irrido giloubirra, oppure heidani, che però significa propriamente 'paganesimo'. Siccome queste parole si trovano in vocabolari posteriori all'VIII secolo ma pur sempre altomedievali (ad esempio quello di Notker Labeone il Teutonico, X secolo), la loro presenza resta un mistero. Infatti gli studiosi ci dicono che al tempo di Carlo Magno (742 - 814) l'Eresia era praticamente estinta in ogni sua forma in Occidente: quando nel XI secolo comparvero nuovi fermenti ereticali, le autorità religiose si trovarono sorprese e spiazzate. Allora perché in Germania si è sentita la necessità di coniare un vocabolo nella lingua corrente anziché adottare un comodo prestito tecnico dal latino ecclesiastico?

Già in passato ho fatto notare come nella parola Ketzer, derivata dal vocabolo greco Katharos e tuttora in uso in tedesco con il significato di 'eretico', si nota l'azione dell'Umlaut (metafonesi) palatale che trasforma la vocale tonica -a- in -e-. Orbene, siccome l'Umlaut ha cominciato ad agire nei secoli V e VI, e non si è mai generato in alcune lingue come quella dei Longobardi, si può pensare che la parola fosse già conosciuta ai tempi di Carlo Magno. Se fosse posteriore, non avrebbe subito la metafonesi. Ma questo vuol dire che l'epiteto Catari era in uso in un'epoca in cui nessuno storico si azzarderebbe a proporre l'esistenza di idee dualiste in Occidente. A quanto mi risulta, nessuno studioso ha finora considerato questa stranezza, che pure mi sembra abbastanza palese. Forse i Fundaiti giunti dalla Bulgaria hanno trovato residui di antichi Manichei o Marcioniti in Germania, adottandoli.

CHIESE E BARBE

Così scrive Jean Duvernoy nel suo benemerito volume La Religione dei Catari (pag. 256) a proposito di due antiche denominazioni dei Buoni Uomini, di certo comuni negli ambienti catari: 

Ci sono due termini, di uso corrente presso i credenti, che risultano documentati per una fase più avanzata. Sono quelli di "Chiese", che figura solo in bocca a un pastore e quello di "Barbe" (las bonas barbas), il quale sarebbe poi stato, al maschile, tradizionalmente usato dai valdesi. Questo termine, che si spiega di per sé, deve essere anteriore alla persecuzione, poiché nel periodo in cui viene adoperato i perfetti andavano senza barba. Esso trova riscontro nei connotati del predicatore eretico indicati da San Bernardo nel suo Sermone 65: "senza tonsura ma con tanto di barba", e che Eberardo di Béthune schernisce: "esibendo il pallore del volto, andando in giro senza tonsura, con i capelli lunghi e la barba, o barbarie barbuta!" (*). 

(*) Il testo originale in latino è il seguente: "Praetendentes faciei pallorem, intonsi cum capillorum prolixitate et barbati, o barbata barbaries!" 

Quanto riportato non è del tutto vero, in quanto pecca di incompletezza e contraddice un'altra citazione dello stesso Duvernoy nello stesso volume (pag. 201): egli riporta infatti che Peire Autier, l'Apostolo di Linguadoca, chiamava Chiese i Consolati: 

L'unica Chiesa di Dio sta dove c'è un buon cristiano, perché egli è la Chiesa di Dio". "Egli si vantava di aver vestito a sue spese tredici "Chiese", in quanto chiamava "Chiese" gli eretici vestiti (perfetti). 

La nota in calce ci dà il riferimento: Registre de Jacques Fournier, op. cit., t. I, p. 230, t. II, p. 38

Con queste parole, Peire Autier (chiamato da Duvernoy Pierre Authié) ci fa sapere che ha trasmesso il Consolamentum a un buon numero di Postulanti, facendone altrettanti Successori degli Apostoli, e ci testimonia al contempo che la denominazione Chiese attribuita ai Buoni Uomini non era una cariatide isolata, un hapax legomenon estratto da un manuale eresiologico, bensì qualcosa di vivo e vitale, una locuzione a quei tempi in uso tra i Credenti. Il fondamento scritturale è chiaro e cristallino. Nel Vangelo di Matteo Cristo dice: "Ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo". Con questo, il Figlio di Dio intende che dovunque ci sono Buoni Uomini che han ricevuto lo Spirito, lì c'è la Chiesa di Dio, che non è fatta di pietra. 

A proposito delle Barbe, il linguaggio dei Valdesi ha preso a prestito dai Buoni Uomini questa locuzione, come giustamente accennato dal Duvernoy. Ricordo di aver letto uno scritto di Guido Ceronetti in cui descriveva una Torino spettrale e al limite del sopportabile, oppressa dal culto idolatrico della Sindone e di altri feticci, in cui soltanto alcuni barbèt, ossia Credenti Valdesi, osavano mettere in discussione la natura degli idoli. Così dovremmo chiamarci anche noi Credenti Catari in attesa di poter diventare Chiese. Dobbiamo recuperare questa Tradizione, chiamandoci barbèt

giovedì 22 agosto 2019

DUE INTERESSANTI TOPONIMI: BABUNA E BOGOMILA

Bogomila è il nome di un villaggio della Macedonia situato nell'area di Azot, sul fiume Babuna, il tributario destro del Vardar, ad ovest di Veles. Il significato di questo interessante toponimo è "<villaggio> di Bogomil". Una tradizione attribuisce al villaggio di Bogomila i natali del Pop Bogomil, affermando che ivi si troverebbe la sua tomba, usata come rifugio dai Buoni Uomini durante le persecuzioni. In quel luogo sarebbe custodito il loro Libro Segreto. La cosa sembra piuttosto improbabile: è Bogomila ad essere derivato dal nome Bogomil, piuttosto che non l'inverso. In ogni caso, questa documentazione è oltremodo interessante, attestando una presenza di Buoni Uomini in quelle terre. 

Allo stesso modo, l'idronimo Babuna ha il significato di "<fiume> del Babun", essendo Babun sinonimo di Bogomilo. Questo appellativo compare in molti toponimi della Macedonia. Esiste un Monte Babuna, situato tra Prilep e Veles, ed anche un'area chiamata Babuna nella parte occidentale del Monte Klepa, lungo il bacino del fiume Babuna. Anche in questo caso, sono i toponimi in questione ad aver preso nome dai Dualisti stabilitisi in quelle aree. Queste attestazioni toponomastiche non vanno trascurate, al fine di portare a compimento la difficile opera di ricerca di eredi diretti del Pop Bogomil. Quello che deve essere chiaro è che per rifondare il Catarismo occorre procedere verso la sua sorgente, che si trova in Oriente.  

ETIMOLOGIA DI BABUN 'ERETICO; SATANISTA'

Nome che i Serbi davano ai Bogomili, e che tuttora essi attribuiscono ai Satanisti, il termine babun ha il significato letterale di 'uomo dalla faccia rugosa'. La Regola della Chiesa di Bosnia era severissima e vietava di ridere o anche soltanto di sorridere, così i Buoni Uomini avevano i volti perennemente contratti in espressioni truci. L'origine ultima della parola in questione è comunque incerta. 

Dragojlovic ritiene che l'appellativo babun come sinonimo di 'eretico' e in particolare di 'dualista' sia stato portato da dissidenti religiosi venuti dalla Siria, detti Babini, che sarebbero stati deportati dallo Zar Giovanni Tsimiski come coloni in Tracia e Macedonia. Purtroppo tutto ciò che si sa su questi Babini sembra ridursi al loro nome e alla loro origine geografica.

Secondo un'altra ipotesi, in epoca più antica questa parola sembra aver indicato gli Orfici. Non sono riuscito a reperire una documentazione attendibile, anche se è di per sé meritevole di qualche interesse: gli antichi Orfici aborrivano la carne e il coito ed erano chiamati Katharoi, ossia 'Puri'. La loro presenza nella regione dei Balcani all'epoca dell'Impero è ben attestata. 

In ogni caso epoca medievale, il Bogomilismo era certamente noto ai Serbi come Dottrina Babun. Importato dalla Bosnia, non riuscì mai ad avere fortuna in terra serba, dove a quanto pare abbondavano gli energumeni. Questo riporta Runciman nel suo libro The Medioeval Manichee

"Probabilmente l'estrema bellicosità dei Serbi li rese nel complesso poco suscettibili ad essere convertiti a tale religione. Certamente non fu fino ai tempi del Re Stefan Dushan, verso la metà del XIV secolo, che in Serbia si sentì nuovamente parlare del Bogomilstvo, sotto il nome di Dottrina Babun. Dushan, nel suo gran codice legale, comminò particolari pene agli eretici Bogomili o Babun. Un nobile che predicava le dottrine Bogomile era multato di cento pezzi d'oro, un plebeo invece era multato di dieci pezzi d'oro ma doveva anche essere flagellato. Chiunque desse ospitalità o protezione agli eretici doveva essere punito nello stesso modo. La necessità di queste misure probabilmente non era dovuta tanto alla rinascita dell'eresia in Serbia, ma all'estensione del dominio di Dushan in Macedonia, indugiando nel territorio della Bosnia, il centro del movimento ereticale."  

L'importanza data a Satana nella Teologia Dualista era spesso fraintesa dal popolino come dal clero ortodosso: proprio questo ha portato al moderno slittamento semantico del termine, che nei giorni odierni evoca immagini di tregende e orge diaboliche. Di certo non sarebbe piaciuta a nessun Buon Uomo di Oriente o di Occidente una simile identificazione abusiva, eppure essa ha avuto modo di compiersi in questo oscurissimo mondo animato dalla Perversione.

ETIMOLOGIA DI KRSTJANI 'DISSIDENTI DUALISTI'

Krstjani è il nome slavo dei Buoni Uomini della Chiesa di Bosnia, ossia dei Bogomili o Patereni, la cui dottrina è dualista e attribuisce al Diavolo la creazione del mondo sensibile. Chiaramente questa denominazione slava significa 'Cristiani', senza bisogno di aggiungere altro. Per colmo del paradosso, coloro che abiuravano ed entravano nella Chiesa di Roma dovevano rinunciare a questo titolo. In altre parole, chiamarsi Cristiano era ritenuto un reato contro il Pontefice. Tutto questo dovrebbe far molto riflettere. Se la Chiesa di Roma fosse davvero cristiana, come le genti del mondo ritengono, non avrebbe mai mostrato di avere in abominio il nome di Cristiano, eppure ciò è ben documentato, ad esempio sotto il regno di Innocenzo III: in particolare è documentato e riportato da Lambert che alcuni apostati nel 1203 promisero di non chiamarsi più tra loro Cristiani, ma soltanto Fratelli. In altre parole, veniva meno la condizione che fa il Vero Cristiano, ossia il Sacramento del Battesimo Spirituale. 

martedì 20 agosto 2019

ETIMOLOGIA DEL COGNOME BONOMIO

Bonomio è un raro cognome italiano attualmente presente in due comuni della Lombardia. È di sicura origine catara e deriva direttamente dall'occitano Bonome o Bo Home 'Buon Uomo', denominazione che si trova spesso latinizzata in Bonomius nei testi. L'origine è ovviamente dallo sviluppo occitano della forma latina Bonus Homo, plurale Boni Homines, che indica chi ha ricevuto il Battesimo di Spirito. Possiamo così dedurre che gli antenati dei Bonomio non soltanto erano Catari, ma che provenivano da comunità della Linguadoca, dove deve aver avuto origine il soprannome del capostipite. Anche nella Guascogna esistevano simili denominazioni. 

Il bizzarro caso di San Bonomio

Esiste anche un San Bonomio, ben rappresentato nella toponomastica piemontese (a Curino, a Settimo Rottaro e a Pozzolengo). Il punto è che quando si cercano informazioni concrete su questo santo, si scopre che sembra essere sorto dalla cattiva lettura di San Bononio. San Bononio Abate o Bononio di Lucedio (XI secolo) prese il suo nome dalla città di Bologna (lat. Bononia), di cui era nativo. Improbabile che possa derivare dall'ebraico Benoni 'Figlio del mio dolore', come pure è stato suggerito. In modo sorprendente, il sito santiebeati.it riporta informazioni confuse. Ci si imbatte infatti in una pagina (n. 1648) molto sintetica:

San Bononio

L'onomastico viene festeggiato il 30 agosto in ricordo din (sic) San Bonomio (sic), abate di Bologna, nativo di Lucedio (Vercelli) morto nel 1206.

Sullo stesso sito esiste poi un'altra pagina (n. 92417) dedicata a San Bononio Abate, che riporta informazioni corrette, tra cui la data di morte, il 1026. Evidentemente il 1206 è un errore nato dall'inversione di due cifre. Si specifica anche che il luogo di nascita è Bologna e non Lucedio, dove il santo fu invece abate. 

Qual è l'origine di tutta questa confusione? Forse un autentico San Bonomio il cui nome era sentito come scomodo? Forse è stato oscurato cum dolo

ETIMOLOGIA DI BONOSI 'DISSIDENTI DUALISTI'

Tra i molti termini usati in Linguadoca per indicare i Catari, c'era anche la denominazione Bonosi. Alcuni autori, tra i quali Jean Duvernoy, hanno tentato di connettere questa denominazione con Boni Homines, facendo riferimento a citazioni del  tipo "ad Bonomios sive Bonosios". Tuttavia per ragioni fonetiche l'ipotesi risulta destituita di qualsiasi fondamento. Di fronte a questo nome, avevo pensato che potesse significare 'bosniaco' e che derivasse quindi dal nome della Bosnia - tesi questa sostenuta esplicitamente da Malcolm Lambert. 

Questo riporta infatti tale autore: 

"La dinastia Trencavel era complice dell'eresia. Il Lavaur era nelle terre di Ruggeri II quando vi si erano rifugiati gli eretici per motivi di sicurezza. Il cronista Guglielmo di Puylarens narra l'aneddoto doloroso del vescovo di Béziers, ingannato da un suo parente cataro in punto di morte, che insistette per essere sepolto tra i "Bonosii", ossia i bosniaci (questo termine alludeva ai catari); si riferisce con tutta probabilità a Guillaume Peyre de Brens, il siniscalco di Ruggero".
(I Catari, pag. 97) 

La metatesi necessaria per far tornare l'etimo non mi ha però mai davvero convinto. Ho poi scoperto che l'origine è invece da Bonoso, un antico eresiarca, Vescovo di Sardica a cavallo tra il VI e il V secolo. Egli riteneva Cristo figlio adottivo di Dio. Essendo questa anche l'idea dei Buoni Uomini, ecco come mai il termine Bonosi è passato ad indicare i Catari. La spiegazione è questa: "Bonosi Episcopi Haeretici sectatores, Christum non verum, sed adoptivum Dei Filium esse, delirarunt" (fonte: Hofmann, Johann Jacob: Lexicon Universale. - Leiden, 1698). Si noti però che gli eresiologi denominavano Bonosiani i seguaci di Bonoso, la cui dottrina era in nettissima opposizione con quella dei Buoni Uomini, in quanto ammetteva la natura carnale di Cristo. Mentre per i Catari Cristo era un angelo fatto di Spirito, per i Bonosiani Maria ebbe molti figli nella carne. Essendo questa denominazione derivata da ignoranza ed equivoco, va respinta con fermezza. 

Si nota infine che il cognome Bonosi è tuttora presente in Catalogna ed anche in Italia: nella nostra penisola è raro ma documentato in tre comuni situati in Lombardia, in Trentino e in Toscana. 

domenica 18 agosto 2019

ETIMOLOGIA DI OSSOP, OSEPH 'INFERNO'

Parole di etimologia incerta, Ossop e Oseph indicano questo mondo, l'Inferno. Secondo alcuni, si tratterebbe della Valle di Giosafat di cui in Gioele 3,2: "Io adunerò tutte le nazioni, e le farò scendere nella valle di Giosafat. Là le chiamerò in giudizio a proposito della mia eredità, il popolo d'Israele, che esse hanno disperso tra le nazioni, e del mio paese, che hanno spartito fra di loro." 

La forma Ossop è contenuta nella Redazione di Carcassonne dell'Interrogatio Iohannis, mentre la variante Oseph è contenuta in una glossa alla Redazione di Vienna, che spiega il termine così: "Vallis Josaphat idem sunt, scilicet Oseph et Asco et Infernus et Tartarus et generatio ignis, sed secundum diversas linguas nominantur, non est spiritus neque aliquid vitale, sed locus est, sicut est Bossina et Lombardia et Tuscia".

La Redazione di Carcassonne spiega Ossop come "Principio del Fuoco", usando l'enigmatica parola per indicare l'Inferno in cui Lucibello si è calato dai Cieli del Dio dei Buoni Spiriti: 

"Et cum descendisset deorsum, invenit suum ossop, quod est genus ignis, et postea non potuit descendere deorsum propter flammam ignis ardentis."

Bisognerà assumere la spiegazione di Ossop e Oseph come Valle di Giosafat, data l'assenza di altre proposte plausibili. Tale luogo biblico era infatti associato all'idea di Fine dei Tempi e ritenuto sinonimo di Armageddon. L'etimologia ultima sarebbe dunque dall'ebraico Yehoshaphat (יְהוֹשָׁפָט) 'Dio ha giudicato'.

Non c'è contraddizione alcuna in queste definizioni di "paese come la Bosnia, la Lombardia o la Toscana" e al contempo "Principio del Fuoco". Questo mondo è l'Inferno, è l'Abisso, definito proprio come l'Estrema Palude dei testi manichei. Infatti è il luogo in cui gli Spiriti Caduti sono stati intrappolati. Quando giungerà la Fine dei Tempi, gli elementi da cui sono state plasmate le sue forme visibili saranno dissolti e tutto in esso arderà. Anche questo trova rispondenza nelle fonti manichee antiche - ma soprattutto nel Vangelo, letto con la corretta Esegesi.

ETIMOLOGIA DI ILEM, YLEM 'MATERIA PRIMORDIALE'

Nel Tesoro Volgarizzato di Brunetto Latini (il celebre letterato che Dante mise all'Inferno per sodomia), figura un interessante lemma usato in ambienti catari. 

Ilem
n. sost.

Materia primitiva, di cui Dio fece il mondo. Ma ella (materia) era di sè fatta norma e sì apparecchiata, ch'elli ne potea figurare e traggere quello che delli volea, e quella matèra è appellata Ilem p. 52. 
Chè alquante cose funo fatte di neiente: ciò sono li angeli e 'l mondo e la chiarezza e Ilem P. 53.

Come si vede, la teologia esposta dal Latini si accorda col Catarismo soltanto ammettendo che quel Dio di cui parla sia il Rex Mundi, Satana. In ogni caso, la parola ilem fu ritenuta spesso dagli Inquisitori una prova sufficiente di adesione alla religione dei Buoni Uomini. I Credenti di scarsa cultura negavano di conoscere il lemma.  

Questo riporta Jean Duvernoy: 

"È possibile che i catari colti abbiano identificato il cattivo principio con la materia. Un'opera attribuita a Prevostino da Cremona fa dire lotro che "Il diavolo ha creato ylem, vale a dire la materia originaria del mondo, che Platone chiama ciste". Andando oltre, il vescovo inquisitore Jacques Fournier, nel 1320, cerca di far dire a una vedova di costumi leggeri di avere inteso dire a dei catari che il diavolo era in sé e per sé un principio e che gli si dava il nome di hyle. Lei naturalmente rispose di no."

L'origine di ilem, ylem è dalla forma latinizzata hylem (in caso accusativo) del lemma greco hyle, spesso usato col significato di 'materia' (in origine 'legna', 'foresta'). Per quanto riguarda l'etimologia, il parente latino genuino di questa parola è silva, di origine etrusca. L'uso di hyle nell'accezione teologica di 'materia' è ben  documentato negli scritti degli antichi Manichei già prima di Agostino d'Ippona: è una traduzione greca del lemma persiano Az

Girando nel web, si scopre che qualcuno in ambienti scientifici usa tuttora ylem per indicare la materia primordiale: il nome è stato proposto per indicare uno stato della materia anteriore al Big Bang e alla formazione degli elementi chimici.   

ETIMOLOGIA DI MANISOLA, MALISOLA 'FESTA DEI MANICHEI'

Con grande stupore nel corso dei miei studi mi sono imbattuto in una menzione della Manisola. Una parola controversa. La versione inglese di Wikipedia ancora nel 2009 riportava la seguente definizione: 

"The Manisola was a holiday or feast celebrated by the Cathars, a Christian religious sect that emerged during the Middle Ages in the Languedoc region of France. It was a major initiation ceremony of the Perfecti, the members of the spiritual elite according to Cathar doctrine." 

ossia: 

"La Manisola era una festa celebrata dai Catari, una setta religiosa Cristiana che è emersa durante il Medioevo nella regione della Linguadoca in Francia. Era una cerimonia maggiore di iniziazione dei Perfetti, i membri della classe spirituale, secondo la Dottrina Catara".

Il riferimento riportato, "De Rougemont, Denis. Love in the Western World", è alquanto dubbio. 

Infatti i contenuti in questione sono stati in seguito rimossi dai Wikipediani in quanti spurii, assieme a farfugliamenti su Otto Rahn, sul Graal e sul Nazismo esoterico. L'intera pagina relativa alla voce Manisola è stata quindi cancellata. 

Noi sappiamo che i Rituali con cui un Postulante veniva ammesso tra i Buoni Uomini erano chiamati diversamente. Si parla sempre di Tradizione della Preghiera e di Consolamentum (Battesimo di Spirito), mai di Manisola. Una volta mi sono imbattuto in un massone inglese che su Facebook parlava della Manisola come di una festa dei Catari in cui i partecipanti si sarebbero scambiati del sale, qualcosa di molto diverso da un'iniziazione. Forse aveva associato in qualche modo -sola con sal 'sale', cosa a dir poco assurda. Questa definizione massonica, ovviamente posticcia, è in netta contraddizione con il fatto incontestabile che la Buona Gente non aveva feste di alcun tipo.  

Un tentativo di razionalizzare la Manisola, di cui tuttora si trova traccia nel Web, consiste nell'identificarla con l'imposizione delle mani, atto facente in effetti parte del rituale del Battesimo di Spirito. La falsa etimologia proposta è quasi lapalissiana, dal latino manus 'mano'. Il problema, oltre all'assenza di fonti, è che il suffissoide -sola continuerebbe a restare oscuro.  

La voce wikipediana spuria poi cancellata è inattendibile anche per un altro motivo. Studiando la Storia del Catarismo, si capisce che il Bene non è affatto emerso in Linguadoca, come popolarmente si crede. Le Chiese di Linguadoca si erano originate altrove, nella Francia Settentrionale, nelle Fiandre, la sorgente essendo in Bulgaria. 

A conferma di questo, ho scoperto che il mome Malisola (non Manisola) è davvero documentato. Non in Linguadoca, bensì in territorio germanico. 

Il Dizionario della Sorbona della media e bassa Latinità, riporta questa definizione

MALISOLA, Festum Manichæorum. Vide Bema

BEMA, Festum Manichæorum, sic appellatum : dies nempe quo Manes occisus est, quem Manichæi quinque gradibus instructo tribunali, et pretiosis linteis adornato, ac in promptu posito et objecto adorantibus, magnis honoribus prosequebantur, ut est apud S. Augustinum contra Episto. Manichæi cap. 8. Vide eumdem lib. 18. contra Faustum cap.  4. et Anselmum Episc. Havelbergensem lib. 3. Dialog. cap. 12. Eckbertus Schonaviensis contra Catharos Serm. 1. ait idem festum a Catharis sui temporis Malisola appellatum. Vide Glossar. med. Græc. voce Βῆμα col. 196.  

In seguito qualcuno deve aver modificato Malisola in Manisola per migliorare l'assonanza con il nome di Mani. A quanto sembra, per la maggior parte degli studiosi, le citazioni di Ecberto di Schönau sarebbero state fabbricate a bella posta per dimostrare un nesso diretto tra i Catari e gli antichi Manichei. L'argomento della Malisola è tuttora irrisolto, data la carenza di fonti cristalline. 

venerdì 16 agosto 2019

ETIMOLOGIA DI BUGGERARE, BUGGERONE

Tutti sanno che la parola buggerare significa 'imbrogliare', 'ingannare'. Ebbene, essa in origine significava 'sodomizzare', e buggerone indicava il sodomizzatore. Lo slittamento semantico è del tutto analogo a quello subito dal veneziano gazarar 'imbrogliare': buggerone corrisponde al francese bougre e all'occitano bolgre, derivati a loro volta dal latino tardo bulgarus, ossia 'bulgaro'. Il motivo di questo è semplice: bulgarus era un epiteto dato ai Catari, la cui religione proviene in ultima analisi dalla Bulgaria. L'associazione con la sodomia nasceva dalla condanna del matrimonio e della procreazione, come già spiegato analizzando il sopracitato lemma veneziano. Per molto tempo in italiano bulgaro (variante bulghero) è stato usato come sinonimo di buggerone e di sodomita. Il termine buggerone ha avuto immensa fortuna. Passato anche in inglese come bugger, è diffuso con molte varianti dialettali in aree anche molto lontane: nei dialetti lombardi è documentato bolgiròn, in quelli veneti buzeròn, in siciliano buzzarruni. Echi si trovano anche nel tedesco Puzeron (ora desueto), nello spagnolo bujarrón (notare gli sviluppi fonetici anomali), nel basco bugre (dal francese) e persino nel cèco buzerant

All'epoca in cui la dissidenza dualista ancora fioriva in Occidente, esisteva anche il corrispondente femminile del buggerone: era la buggeressa (o buggioressa) 'donna che si lascia sodomizzare'. Un'attestazione notevole si ha in Rustico Filippi (fra il 1230 e il 1240 - fra il 1291 e il 1300), fiero ghibellino di Firenze con fama di misogino d'assalto. Glorioso maestro del vituperium, in una soave poesia intitolata Dovunque vai con teco porti il cesso, menziona una "buggeressa vecchia puzzolente". Tutto ciò è segno che nell'immaginario dell'epoca la buggeressa non faceva venire in mente una bella morettina donatrice di delizia. Comunque sia, ancora nella Firenze in cui infuriava il Savonarola, vi si trovavano donne dedite al coito anale - cosa che mandava il fanatico frate su tutte le furie. 

Girando nel web mi sono imbattuto in alcuni documenti antropologici sulla prostituzione nel XIX secolo, che poi non sono più riuscito a ritrovare. La propaganda cattolica è stata a dir poco martellante e a lungo non si è trovata alcuna resistenza. Mi sono reso conto di come fino a pochi decenni fa fosse ben dura la vita del povero buggerone, specie se era un uomo virile e bramoso di infilare il randello in un deretano femminile. Ancora quando ero giovane la norma era questa: nessuna donna, per quanto libidinosa e dissoluta, amava prestarsi a una tale penetrazione. Persino le meretrici di più infima categoria rifuggivano i clienti che chiedevano loro di potersi infilare nell'entrata posteriore. Non accettavano di soggiacere alla sodomia nemmeno se pagate a peso d'oro.

ETIMOLOGIA DI CAZZAGAZARO 'INQUISITORE'

Ormai pochi sanno che cazzagàzaro era il termine veneto usato per indicare l'inquisitore. Questa voce non dovrebbe cadere nel dimenticatoio, eppure è stata relegata all'oscurità dell'Ignoto perché è caduta in disuso l'istutizione maligna che serviva a descrivere. Letteralmente significa 'caccia-catari': si tratta di un composto di cazzar 'cacciare' e di gàzaro 'cataro'. Di solito il cazzagàzaro era un frate domenicano, ma spesso l'odioso incarico era ricoperto da francescani o da cistercensi. Sarebbe un errore lasciarsi ingannare dalla proverbiale mitezza dell'Ordine di San Francesco d'Assisi, visto che al suo interno si sono trovate anche delle autentiche belve. 

Nel Glossarium mediæ et infimæ latinitatis, un meritorio sito dell'Università della Sorbona, troviamo questa definizione:

CAZZAGAZARO, vox Ferrariensis dialecti, qua Cazaro, pro Cattaro, dicebatur : Itali pronunciarent Caccia Cattaro ; quo titulo utebantur hi, qui Catharos seu eorum sectarios insectabantur ex officio, uti notat Murator. ad Examen testium ab ann. 1270. tom. 5. Antiq. Ital. med. ævi col. 124 : 

    Dominus Henricus, qui erat officialis inquisitoris in 1270. die iij. exeunte Novembri juratus dicit, etc.

Et col. 127 :

    Dominus Nicolaus......
    []
    juratus dicit, quod modo sunt octo anni vel circa, quod ipse testis erat officialis inquisitoris et Cazzagazaro pro ecclesia Veronæ.

ETIMOLOGIA DI GAZARAR 'IMBROGLIARE'

In veneziano è tuttora in uso il verbo gazarar, ossia 'imbrogliare'. La connessione etimologica è con Gàzari 'Catari', per una complessa serie di slittamenti semantici. La motivazione profonda è di carattere dottrinale. Il Catarismo condanna ferocemente il matrimonio e la procreazione, che sono le cause prime della condizione infernale in cui l'essere umano si trova imprigionato. Come conseguenza ritiene la sodomia - per quanto peccaminosa - migliore di un rapporto procreativo. Così i cattolici iniziarono a collegare i Catari con la sodomia. 

In questo modo in Veneto, territorio in cui la denominazione Gàzari era assai diffusa, il verbo gazarar è stato usato per indicare l'immissio penis in anum, cioè il coito sodomitico (indipendentemente dal sesso del soggetto ricevente). Si capisce a questo punto come  gazarar sia passato da 'sodomizzare' a 'imbrogliare'. In modo abbastanza naturale - se mi si consente l'ironia. Colui che è stato imbrogliato, ingannato, è paragonato a colui a cui è stata carpita la verginità anale. Per questo spesso si dice inculare per 'imbrogliare' e inculato per 'imbrogliato'.

Un parallelo meno ovvio ma semanticamente simile è il verbo italiano infinocchiare 'imbrogliare', che in origine significava alla lettera 'rendere finocchio', ossia 'sodomizzare un uomo' - essendo finocchio derivato da un diminutivo del latino femina (cfr. napoletano femminiello), usurato foneticamente e venuto a collassare col nome del vegetale.

ALBIGESI E ALBANESI

Com'è risaputo, le genti del mondo chiamano i Buoni Uomini e i Credenti usando molte denominazioni, tra cui una delle più note ed usate è Albigesi. Ad esempio, la funesta guerra di sterminio bandita da Innocenzo III contro la Linguadoca è chiamata crociata contro i Catari e gli Albigesi. Il funesto pontefice romano voleva sradicare i suoi ex correligionari dalla società umana, emanando un Decreto di Estinzione che non è mai stato revocato: così come gli Israeliti hanno tuttora il comandamento di estinguere la stirpe di Amalek, allo stesso modo è ancora incluso nei canoni della Chiesa Romana il comandamento di annientarci, dovunque noi siamo, anche se tutto ciò che ci resta è un'idea. Il nome Albigesi è stato attribuito in modo prevalente ai Buoni Uomini e i loro Credenti per tutto il XIX secolo e buona parte del XX. Eppure non si tratta di una definizione teologica, bensì geografica. 

Come fa notare il Duvernoy, l'origine del termine Albigesi risiede nella lingua del Paese di Oïl, dove era uso comune chiamare in questo modo l'intera popolazione della Linguadoca. In particolare l'aggettivo si riferisce alla città di Albi, che in epoca antica era chiamata Albiga. Pars pro toto. Si pensa che il toponimo sia di origine ligure, anteriore all'arrivo dei Celti: è derivato da una radice *alb- che indica l'altura, la montagna, e che si ritrova non soltanto nel nome delle Alpi, ma anche in quelli di città come Alba Longa. A conferma dell'uso geografico dell'epiteto, sono stati chiamati Albigesi non soltanto i Buoni Uomini e i loro Credenti, ma anche i Valdesi, che non aderiscono certo all'Entendensa de Be. Non sono rare le menzioni di autori del XVIII e del XIX secolo riguardanti i Valdesi, descritti erroneamente come discendenti di Albigesi. Ancora oggi alcuni integralisti cattolici sono convinti dell'origine catara del Valdismo soltanto perché alcune comunità di Credenti Catari hanno trovato scampo nelle Valli Valdesi in Piemonte, permanendovi a lungo. 

Altro significativo problema è quello dell'origine del termine Albanese, che in Italia indicava coloro che professavano il Dualismo Assoluto della Chiesa di Dragovitsa - ad esempio la comunità di Desenzano. Secondo alcuni tale epiteto sarebbe semplicemente derivato dal nome di un Vescovo chiamato Albano, ma va detto che di un tale prelato dualista non si trova alcuna traccia sicura nelle cronache. Resta ad illuminarci come un faro il Compendio scritto da Giovanni di Lugio, che afferma in una frase: "i Veri Cristiani che a giusto titolo sono chiamati Albanesi"

Jean Duvernoy nota: "Se si trattasse di un appellativo di convenzione derivato da una località oppure da una persona, ormai dimenticata, "a giusto titolo" (recto nomine) non avrebbe senso. Quale sinonimia può esserci tra "veri cristiani" e "albani o albanesi"? Se, invece, Albanenses è la forma italiano di Albigesi, come non vedere dei veri cristiani in coloro che si richiamano ai martiri dell'immenso massacro?" (maiuscole e minuscole sono dell'autore).

Altre ipotesi più stravaganti ipotizzano che il termine Albanesi sia derivato da Alba, in Piemonte, oppure dall'Albania. Secondo i dati del sito Gens Labo, il cognome Albigese, inequivocabile, è presente in due soli comuni, uno i Friuli e uno in Campania. Un cognome Albigesi, altrettanto sicuro, si trova nei pressi di Torino. 

mercoledì 14 agosto 2019

ETIMOLOGIA DI CASTELNAUDARY

Situato a circa 55 km da Tolosa e a circa 30 km da Carcassonne, Castelnaudary sorge nei pressi del centro che nell'antichità era chiamato Sostomagus. Il toponimo, chiaramente preromano, mostra il tipico suffisso celtico -magos 'campo'. In lingua occitana l'abitato è invece conosciuto come Castelnau d'Arri, che è da interpretarsi come 'Castelnuovo di Ario', con riferimento al gran numero di dissidenti dualisti che vi abitavano quando fu edificato il maniero che diede nome al centro medievale. In latino il luogo è citato come Castellum Novum Arri. La prima menzione risale al 1103; in un altro documento del 1118 si cita: "Castellum novum quod cognominatur Arri". Si trova anche la variante Castellum novum Arianorum, ossia 'Castello Nuovo degli Ariani'. 

Alcuni autori hanno messo in dubbio questa etimologia, interpretando invece Arri come la parola guascone arri, harri, che indica il rospo. Questa connessione con il nome di un anfibio non è probabile, dato che non rende conto delle forme latine e non è giustificabile a livello grammaticale. La parola guascone (h)arri 'rospo' è senza dubbio un termine del sostrato preindoeuropeo, ma non sono al momento in grado di fornirne una spiegazione più profonda. Non mi sembra molto credibile l'opinione di coloro che associano il vocabolo in analisi al basco harri 'pietra', affermando che un grosso batrace verrucoso somiglierebbe a una roccia scabra. Nel lessico neolatino del guascone la consonante h- in genere è derivata da una precedente f- (es. hemna 'femmina'). 

Esiste in provincia di Mantova un comune chiamato Castel d'Ario (o Casteldario). Certo, sarebbe suggestivo immaginare che l'origine sia simile a quella di Castelnaudary. Ebbene, possiamo escluderlo. Fino al 1867 Castel d'Ario si chiamava più prosaicamente Castellaro (in mantovano Castlàr). Il sindaco Luigi Boldrini chiese a Giosuè Carducci, suo amico, di trovare una denominazione poetica per il borgo lombardo, qualcosa che facesse sognare. Ecco che il poeta, autore degli eroici versi "Vino e ferro vogl'io, come a' begli anni...", trasse spunto dalle tradizioni locali che volevano il paesino fondato da un centurione chiamato Ario (o Dario). Nacque così Castel d'Ario, che nulla ha a che fare con l'eresiarca alessandrino o con i Dualisti medievali - pure molto numerosi in quelle terre.

ARIANO, ARRIANO, ARIÀN

Nel Vocabolario Milanese-Italiano di Francesco Cherubini è riportata la voce ariàn per indicare il bestemmiatore, nella locuzione "bestemmà come on ariàn", facente rima con "bestemmà come on can". Questo vocabolo non era sconosciuto all'italiano, nelle forme ariano e arriano. Anche in alcuni dialetti piemontesi se ne trovava traccia. 

L'origine del termine è dal nome del prete alessandrino Ario (256 - 336 d.C.), che negava la consustanzialità del Figlio rispetto al Padre, ritenendolo invece una sua creatura. Ario diede origine alla Chiesa Ariana, che si diffuse soprattutto tra i popoli di lingua germanica, come Ostrogoti, Visigoti, Vandali, Eruli, Burgundi e Longobardi. 

In passato era molto diffusa l'idea che non esistesse differenza tra opinioni eterodosse e parole blasfeme, e ancora oggi si sente a volte usare la parola eresia con il senso di 'bestemmia' o di 'sproposito'.  

Ci si potrebbe chiedere come mai fino a non molto tempo fa persistessero ricordi dei seguaci di Ario in Italia. La risposta a questo interrogativo è semplice: non si tratta di una denominazione conservata ininterrottamente dai tempi della Chiesa Ariana, ma di una sua reintroduzione avvenuta nel XI secolo per designare i Protocatari. Come riporta Duvernoy, la prima attestazione sicura di questo termine attribuito a dissidenti dualisti è molto precoce, addirittura del 1048. In una lettera del Vescovo Vasone di Liegi al Vescovo di Châlons si parla esplicitamente di eresia ariana con riferimento al rifiuto di certi eretici di uccidere animali per cibarsene. Il Legato Enrico di Marsiac nel 1178 affermò che "Ario è risorto in Occidente"

In epoca successiva ricorre specialmente in Francia la denominazione Ariani o Arriani, applicata specificamente ai Buoni Uomini e ai loro Credenti. Ad esempio Bernardo di Chiaravalle nel XII secolo scrisse della presenza di una setta a Tolosa, i cui membri erano da lui chiamati Ariani. Il fatto che egli li definisse anche Tessitori è prova sicura che fossero Catari. A dire il vero, il Duvernoy sostiene che il termine sarebbe stato usato soprattutto dai Cistercensi, ritenendolo quasi esclusivo della Francia, cosa quest'ultima che forse è un po' esagerata, dato il perdurare di suoi residui cristallizzati in Italia almeno fino al secolo XIX. Una simile imprecisione nell'opera dello studioso francese la trovo a dir poco singolare.  

Occorre fare a questo punto qualche precisazione. La dottrina di Ario, l'Arianesimo, non è dualista. Tecnicamente parlando non è nemmeno antitrinitaria: ammette la Trinità, ma anziché ritenerla composta da persone uguali e distinte come fa la dottrina della Chiesa Romana, ritiene che il Padre sia distinto dal Figlio e dallo Spirito Santo e che ne sia il Creatore. Così Ario afferma che c'era un tempo in cui esisteva unicamente il Padre. La creazione delle altre persone della Trinità sarebbe quindi avvenuta tramite il meccanismo platonico delle emanazioni.

I Buoni Uomini professavano parimenti la creaturalità di Cristo, che divenne Figlio di Dio essendo in origine un angelo, ma per il resto non esiste nulla in comune con gli insegnamenti della Chiesa Ariana. I seguaci di Ario credevano nell'Incarnazione e ritenevano che esistesse un solo Principio, il Dio unico che al pari dei Niceni credevano essere il Creatore del Cielo e della Terra. Chiamare Ariani i Catari è quindi frutto non solo di un malinteso, ma della scarsa preparazione dei teologi della Chiesa di Roma nel XI secolo. 

Va infine notato che i termini Ariani e Arianesimo qui discussi non hanno nulla a che fare con le dottrine razziali di Adolf Hitler. In tale accezione il termine Ariani deriva invece dalla parola sanscrita ārya, che significa 'di stirpe nobile'. Trovo necessario specificarlo, perché mi è capitato di udire una persona usare in modo improprio la parola Arianesimo con riferimento al colore chiaro dei capelli, facendo un commento sui bambini-zombie del film Il villaggio dei dannati (Wolf Rilla, 1960). Non aveva neppure idea dell'esistenza di un significato diverso.

MANI, MANICHEO, MANICHEISMO

Il significato più comune della parola manicheismo di questi tempi è quello di "ideologia, teoria, dottrina che ponga in netto contrasto il bene e il male" (fonte: Il Sabatini Coletti, dizionario della lingua italiana). Per estensione, il manicheo è "chi accentua le differenze di opinioni, teorie, posizioni, ecc., ritenendole inconciliabili". Secondo il dizionario di Wikipedia, la definizione è una persona che "vede il mondo o bianco o nero e non percepisce una zona grigia". Questa in sintesi l'accezione dei vocaboli in questione nel mondo moderno. 

Tempo fa ho trovato persino un blog in Splinder (ora estinto), manicheo.splinder.com, che era gestito da un personaggio da caricatura. Costui si presentava come Nero-Bianco e apponeva ad ogni cosa una netta etichetta: "bene" o "male". Così riteneva Sartre, Prevert e Kerouac "male", e per colmo del paradosso venerava Ratzinger e il Vaticano, definendoli "bene" - con tutto quello che la Chiesa Romana ha fatto ai veri Manichei. In giorni più recenti, un amico ha protestato in un suo post contro il "manicheismo da stadio" che a sua detta affliggerebbe questa nazione. 

Anche senza arrivare a simili grotteschi estremi, non ci sono dubbi che in questo mondo moderno termini come manicheo e manicheismo siano molto impopolari, quasi capri espiatori dell'assurda condizione in cui siamo costretti a vegetare. Vediamo quindi di recuperare la corretta etimologia di queste parole, a pubblica edificazione. 

Il termine manicheo non proviene da manica e nemmeno da manichino, come qualche individuo faceto ed irriverente osa talvolta supporre, bensì dal nome di Mani, fondatore di una forma di Dualismo Anticosmico che ebbe vasta diffusione a partire dal III secolo d.C., irradiandosi dalla Persia fino in Britannia, in Spagna, in Africa, in India, in Cina e persino in Siberia. 

Il Profeta Mani era chiamato Mar Mani, dove l'epiteto Mar significa "Signore". In Aramaico, era noto come Mani Hayya, ossia "Mani il Vivente", donde è derivato proprio il Greco Manichaios, dato in prestito al Latino come Manichaeus. Le varianti attestate sono numerose: in Greco troviamo anche Manys, genitivo Manytos o Manentos, mentre in Latino è molto comune Manes, genitivo Manetis

Molti fanno correttamente notare che non esiste una derivazione diretta del Catarismo dal Manicheismo, e che i Buoni Uomini sono andati al rogo accusati di essere Manichei, pur senza aver mai sentito nominare Mani. Eppure la Dottrina dei Buoni Uomini è ancora più radicale di quella di Mani, attribuendo al Male anche la creazione degli astri. In realtà non esiste contraddizione: il Catarismo trae la sua vera origine nei Vangeli, letti nella corretta esegesi radicale, e questa stessa esegesi è anche il fondamento primo della religione di Mani.  

Ritengo scorretto il significato corrente di manicheo e manicheismo, parole che devono essere riportate alla loro corretta origine. Così si deve intendere manicheo soltanto come: 

1) Un seguace della Religione di Mani;
2) Un Cristiano Dualista, ossia un Marcionita, un Bogomilo, un Pauliciano, un Cataro. 


È bene ricordare che nella nostra accezione i Cristiani Dualisti sono i soli Veri Cristiani. Questo indipendentemente dall'origine filogenetica e dal percorso storico della religione professata.

lunedì 12 agosto 2019

BOGOMIL, L'AMICO DI DIO

Il nome Bogomil significa 'Amico di Dio' ed è la traduzione slava del greco Philos Theou. Si noti come la locuzione Philos Theou sia completamente diversa dal nome Theophilos, che significa invece 'Amato da Dio': nel secondo caso l'uomo che porta il nome è oggetto dell'Amore Divino. 

Cosma, il prete bulgaro che durante il regno dello Zar Pietro (927-969) scrisse un trattato contro i Dualisti di Bulgaria, faceva discendere il Movimento Bogomilo da un prete di nome Bogomil, il cui nome egli traduce erroneamente con Theophilos. Egli scrisse infatti empiamente che i Bogomili trassero il loro nome "da un prete chiamato Bogomil, ma in verità indegno della misericordia di Dio"

Come fa notare il Duvernoy, la radice mil- ha il significato di 'grazia' e 'misericordia' se unita al prefisso po-, tanto che Kyrie eleison è tradotto in slavone con Gospodi pomiloui. Tuttavia se usata senza il prefisso, tale radice ha significato di 'amore' e 'benevolenza'. L'espressione Philos Theou, corrispondente a Bogomil, compare nella Lettera di Giacomo, che rimanda a Isaia 41,8 nel parlare di Abramo (Giac 22,24). Eusebio di Cesarea la usa nel rivolgersi ai fedeli nell'atto di inaugurare la basilica di Tiro, verso il 315: Philoi Theou kai hiereis, ossia 'Amici di Dio e sacerdoti'.  

Anche in Origene se ne trovano interessanti menzioni. Questo dettaglio rimanda quindi al Cristianesimo più antico e non alle tradizioni sviluppatesi in epoca posteriore. Il titolo di Philos Theou è usato da Origene per indicare i Cercatori di Verità che riescono ad avere accesso a insegnamenti escatologici che non possono essere conosciute dai comuni fedeli, in quanto "Solo Dio le conosce e coloro che sono suoi amici grazie a Cristo e allo Spirito Santo". Questi dettagli possono ben rendere conto dell'origine del Catarismo dalla Linea degli Apostoli. 

Più che un nome dato a un bambino all'atto del battesimo di Giovanni, Bogomil sembra dunque essere un titolo religioso acquisito in età adulta. Se questo fosse provato, ignoreremmo il nome con cui il Pop Bogomil era noto prima di dedicarsi alla diffusione dell'Insegnamento. Il nome Amico di Dio era infatti attributo di ogni Buon Cristiano. 

In Occidente la locuzione Amici di Dio fu usata dai Catari. A Maurens-Scopont nell'Alta Garonna, nel 1225 una donna incontrò alcuni Buoni Uomini che non conosceva, e chiese loro chi fossero, e le fu risposto che essi erano Amici di Dio. Un'altra documentazione si ha nel Manoscritto di Tolosa, contenuto nel Registro d'Inquisizione del 1245-1253, in cui un imputato è accusato di aver creduto "che gli eretici fossero dei buoni uomini ed avessero una giusta credenza e fossero veritieri e amici di Dio". Questa formula notarile non faceva che registrare il linguaggio stesso dei Buoni Uomini, come confermato da altre testimonianze. 

Nel 1273 un Buon Uomo a Tolosa usò le seguenti parole nella sua opera missionaria: "Gli Amici di Dio, che la Chiesa Romana perseguita, si sobbarcano a grandi fatiche, fanno grandi penitenze e conducono una vita di austerità" (Ms. Doat, t. XXXV, f. 46v.). A Montaillou, all'inizio del XIV secolo, i Buoni Uomini erano definiti "Santi, Probi Viri, Amici di Dio, Signori". Alcuni anni dopo l'esecuzione di Guilhem Belibasta, l'ultimo Buon Uomo noto in Linguadoca, una donna fu bruciata sul rogo per aver detto che Peire Autier era un vero Amico di Dio. 

Con buona pace di coloro che negano la connessione tra Catarismo Occitano e Bogomilismo, fino alla fine visse nel Sabarthès un epiteto che è l'esatta traduzione di Bogomil. Questo perché il Catarismo non è una Chiesa Nazionale originatasi nella regione pirenaica, come tuttora qualcuno si ostina a credere, ma in buona sostanza Bogomilismo d'Occidente. 

La locuzione Amici di Dio non deve comunque trarre in inganno e ingenerare confusioni, in quanto fu in seguito usata in ambiti che non hanno alcuna connessione con il significato che aveva assunto in contesto dualista. Si chiamarono Amici di Dio persino le comunità religiose che in Svizzera e in Germania nel XIV seguirono gli insegnamenti mistici dei Domenicani tedeschi come Meister Eckhart. Persino Josemaría Escrivá De Balaguer, fondatore dell'Opus Dei, scrisse un'opera intitolata Amici di Dio.

Lo scrittore di fantascienza Philip K. Dick nel suo romanzo Valis ha descritto una comunità i cui membri si definiscono Amici di Dio. Questi non hanno nulla a che vedere con i Buoni Uomini, trattandosi di deliranti tossicomani californiani convinti di essere in realtà ciclopi alieni sotto mentite spoglie umane.