I MORTI VIVENTI:
STORIA E SOLUZIONE DI UN ENIGMA
STORIA E SOLUZIONE DI UN ENIGMA
Un primo passo verso la comprensione dell'Oscurità
Dietro ogni leggenda si nasconde un nucleo anche vago di verità. In alcuni casi è però possibile andare oltre il campo delle supposizioni e dimostrare scientificamente l'esistenza della causa prima che ha generato il mito. Un esempio è quello degli zombie, che tutti conosciamo come Morti Viventi, protagonisti di centinaia di film horror al pari dei vampiri e di altre creature delle Tenebre.
La miglior definizione è quella data dal libro Voodoo (1959) di Alfred Metraux, secondo il quale gli zombie sono quelle persone "la cui morte non solo è stata appurata, ma che sono state sepolte da tempo... e che improvvisamente ricompaiono, magari anche dopo anni... in una condizione di vita completamente obnubilata, come se fossero inconsapevoli idioti".
A chi non è familiare il modo quasi robotico di camminare di questi cadaveri rianimati? È in ogni caso ovvio che la massima parte della popolazione releghi queste narrazioni nel regno della superstizione, come ubbie generate dall'ignoranza degli schiavi africani deportati nel Nuovo Mondo. Haiti è il centro di diffusione di quella che a prima vista parrebbe solo una singolare credenza.
Seabrook, ne "L’isola magica" (1929), racconta: «La luna piena saliva lentamente nel cielo, sbiancando le colline e le piantagioni di cotone, ed io me ne stavo seduto davanti alla porta di casa con Costantino Polinice, un fittavolo haitiano, a parlare di demoni, licantropi e vampiri. Il discorso cadde sugli zombi. Avevo sentito dire che lo zombi è un corpo privo di anima, clinicamente morto, che riacquista magicamente un’apparenza di vita puramente meccanica; un cadavere che agisce, si muove, cammina come se fosse vivo, grazie alle arti di uno stregone. Questi sceglie un cadavere sepolto di fresco che non abbia ancora avuto il tempo di decomporsi e lo sottopone ad una specie di galvanizzazione. Poi lo asservisce sia per fargli commettere qualche delitto, sia per affidargli, come capita più sovente, lavori agricoli o domestici pesanti. Non appena il morto accenna a rilassarsi, questi lo bastona come una bestia da soma. Quando ne parlai a Polinice, il mio scettico amico mi rispose: 'Creda a me, non si tratta di una superstizione. Fa parte purtroppo dei nostri usi e costumi. Sono cose vere ad un punto che voi bianchi non sospettate neppure. Lei non si è mai chiesto perché i contadini più poveri seppelliscono i loro morti sotto massicce torri di muratura? Che altro motivo vuole che ci sia se non quello di difendere i propri morti?'»
Per comprendere la natura e la formazione di tale macabro contesto, occorre dare qualche cenno di storia. L'isola di Hispaniola, di cui Haiti rappresenta la porzione occidentale, fu scoperta da Cristoforo Colombo nel 1492 e colonizzata dagli Spagnoli. Le genti indigene, della stirpe degli Aruachi, furono in parte sterminate e in parte ridotte in una durissima schiavitù. Incapaci di sopportare le fatiche della vita nelle miniere, si estinsero nel giro di poche generazioni. Si rese così necessario importare schiavi dall'Africa. Nel XVII secolo ebbero luogo nuovi flussi migratori: nel 1697 la parte occidentale dell'isola fu ceduta ai Francesi.
Sotto i Francesi le condizioni in cui vivevano gli schiavi erano disumane come lo erano state sotto gli Spagnoli. I neri venivano governati con pugno di ferro sotto la costante minaccia di torture raccapriccianti. Ad ogni minima insubordinazione venivano straziati e uccisi senza esitare nei modi più atroci e raffinati. Potevano essere inchiodati ad alberi, e dopo essere stati cosparsi di melassa, lasciati spolpare da eserciti di formiche giganti. Particolarmente in auge era il cosiddetto "scoppio dell'asino nero": l'intestino retto del condannato veniva riempito di polvere da sparo, alla quale veniva dato fuoco tramite una miccia. Ci si può immaginare cosa restasse della vittima. I Francesi assistevano volentieri a questo truculento spettacolo, tra risa di scherno. Non ci vuole molto a capire il doppio senso, il gioco di parole tra "asino nero" e "ano nero".
Una simile vita era peggiore della morte, così non erano in pochi a rischiare tutto nel tentativo di fuggire. In molti casi l'impresa riusciva, e i fuggitivi, chiamati Maroons, trovavano rifugio in luoghi inaccessibili dell'interno, in valli isolate in cui il potere dell'uomo bianco non arrivava. In queste aree avevano preso forma comunità nelle quali fioriva la religione Voodoo, libera dall'oppressione delle autorità cattoliche.
Si narra la storia di Macandal, uno schiavo nato in Guinea (Africa) nel 1728, che deportato ad Haiti finì con un braccio stritolato da una pressa in un'industria per la produzione dello zucchero. Fuggito sui monti, trovò rifugio presso i Maroons, ai quali aveva insegnato l'arte dell'avvelenamento. Si faceva chiamare il Messia Nero, e predicò la ribellione contro il potere dell'oppressore francese. Come conseguenza, ci fu un'orrida strage di bestiame e molti coloni furono uccisi allo stesso modo. Tradito, Macandal fu processato e condannato al rogo. Questa condanna non risolse il problema: nonostante il suo corpo fu in effetti consumato dalle fiamme, si diffuse la voce che il mago fosse riuscito a ingannare gli esecutori e a fuggire grazie alle sue arti arcane. Questo episodio ebbe conseguenze durature: non soltanto portò all'inoculazione di germi rivoluzionari tra i Maroons, ma ebbe come conseguenza anche la scoperta di una portentosa mistura.
La prima ad intuire la verità fu una studiosa, Zora Neale Hurston, che nel 1936 trovò nella valle haitiana di Artibonite una donna nuda che vagava in stato di automatismo, del tutto priva di memoria. Dalle indagini fatte, risultò che la donna era morta all'età di 29 anni e che era stata seppellita. Ricoverata in ospedale, fu descritta dalla studiosa come una donna "dal viso pallido, gli occhi morti, le palpebre bianche come se fossero state bruciate dall'acido".
Non ci potevano essere dubbi: delle persone effettivamente tornavano in vita dopo il trapasso, in una condizione che poteva essere descritta come un incubo perpetuo. In seguito ad alcune voci raccolte, avanzò l'ipotesi che a indurre uno stato simile alla morte fosse l'effetto di un qualche veleno. A causa del clima di omertà alimentato dal terrore, non fu comunque in grado di trovare persone disponibili a comunicarle informazioni più accurate.
Ritornata in patria, la Hurston fu accolta dalla comunità scientifica in modo glaciale: avendo violato i dogmi del positivismo venne bollata come "un po' troppo superstiziosa". Aveva riportato quanto aveva visto, eppure i suoi colleghi non solo non cercavano di trovare una spiegazione razionale a questi fatti, ma non li credevano affatto veri.
Eppure il suo maestro, Metraux, giunto ad Haiti per indagare, si imbatté lui stesso nei Morti Viventi. In un'occasione incontrò un sacerdote della religione Voodoo, un houngan. Aveva l'aspetto di un nano dalla lunga barba bianca, e lo aveva invitato a casa sua. Qui i due vennero a un'accesa discussione sul reale potere di una formula magica chiamata wanga. Per vincere lo scetticismo dell'americano, l'houngan fece un cenno, e uno zombie entrò dalla porta. In questo cadavere deambulante, riconobbe un amico del luogo, un certo M. Celestin, che era morto da più di 6 mesi. Lo zombie protese le sue mani e prese gli occhiali dell'uomo in preda al terrore, e come questi cercò di riprenderli, il nano glielo proibì, dicendo che "non c'è nulla di più nefando e pestifero di dare o prendere un qualsiasi oggetto dalle mani di uno zombie, un morto vivente". Gli rivelò che M. Celestin era stato ucciso da una formula di morte di un potente mago malvagio, un bokor, che resolo zombie glielo aveva poi venduto per venti dollari come schiavo. Metraux riportò anche altri casi nel suo libro, ma non fu mai in grado di fornire una spiegazione. In preda all'inquietudine, non poteva far crollare il suo mondo di certezze illuministe, così liquidò l'accaduto come pura e semplice superstizione.
Ci vollero molti anni perché l'ipotesi della Hurston fosse ripresa da uno studioso canadese, Wade Davis, che per primo fu in grado di identificare alcune componenti del veleno utilizzato nel processo di zombificazione. In due libri memorabili ha raccolto le conoscenze acquisite: "The Serpent and the Rainbow" (1985) e "Passage of Darkness: The Ethnobiology of the Haitian Zombie" (1988).
Anche se non fu in grado di impossessarsi della ricetta completa della mistura, Davis ne poté comunque fornire un campione a una casa farmacologica per un'analisi approfondita. I princìpi attivi sono quelli contenuti nella pelle del rospo Bufo marinus (la bufotenina), nelle viscere del pesce palla (tetradotossina) e in una pianta cosmopolita, la Datura stramonium, che le tradizioni locali associano ai Morti Viventi. Alla droga vengono aggiunte dai bokor diversi ingredienti inutili ma creduti magicamente potenti, come terriccio di cimitero e penne di gallo nero ridotte in cenere. Non appena la vittima viene a contatto con il veleno, subisce una serie di lesioni cerebrali e cade in uno stato di catalessi. A questo punto viene dichiarata morta e inumata. Non è raro che l'intossicato sia consapevole di quanto gli sta accadendo, ed assista con lucidità alla propria sepoltura senza poter muovere un muscolo. I bokor fanno attenzione a inserire nella fossa un tubicino per assicurare alla vittima la respirazione. Quindi nel corso di rituali notturni, la riesumano e le somministrano un antidoto di composizione ignota. Tra il terrore generale dei partecipanti, ecco che la persona data per morta si anima!
Ogni aspetto della tradizione haitiana trova una spiegazione. In particolare la tetrodotossina possiede una curiosa proprietà: blocca i canali submicroscopici che consentono il passaggio degli ioni di sodio attraverso le membrane delle cellule nervose e muscolari. Questo blocco ionico impedisce le attività muscolari. Si produce così una paralisi del sistema muscolare e una depressione del sistema nervoso. Ha un fondamento anche la prescrizione di evitare di somministrare agli zombie il sale in qualsiasi forma: l'aumento della concentrazione di ioni di sodio si opporrebbe al blocco ionico indotto dalla tetrodotossina. La bufotenina, contenuta in grande quantità nella pelle e nelle ghiandole salivari del Bufo marinus, diminuisce le pulsazioni del cuore, aumentando al contempo la pressione sanguigna.
Eppure, nonostante tutte queste prove scientifiche, esiste ancora chi usa un insano scetticismo, arrivando in modo assurdo a ritenere la zombificazione un "fatto culturale", e i Morti Viventi semplici vagabondi e minorati mentali.
Segnalo infine l'articolo 246 del Codice Penale Haitiano, che fa esplicito riferimento agli zombie:
"Si considera attentato per avvelenamento alla vita di una persona, qualsiasi impiego che si faccia contro di lei di sostanze che, senza dare la morte, possano produrre uno stato letargico più o meno prolungato, e questo senza tener conto del modo di utilizzo di suddette sostanze o del suo conseguente risultato. Se in seguito di questo stato letargico la persona è stata inumata, il fatto sarà ritenuto assassinio".